Il glaucoma è una patologia oculare cronica e progressiva che danneggia il nervo ottico, spesso a causa di un aumento della pressione intraoculare. È una delle principali cause di cecità irreversibile nel mondo, ma se diagnosticato e trattato precocemente, può essere tenuto sotto controllo per tutta la vita.

Quando il glaucoma non viene diagnosticato in tempo oppure, pur essendo noto, non viene trattato in modo adeguato, può portare alla perdita progressiva e irreversibile del campo visivo fino alla cecità totale. In questi casi, se il danno è causato da negligenza, imperizia o imprudenza del medico, il paziente ha diritto a un risarcimento per malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più comuni della cecità da glaucoma non trattato, dovuta a colpa medica
Il glaucoma è una patologia cronica, progressiva e silente che, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può condurre a un danno irreversibile del nervo ottico e, nei casi più gravi, alla cecità. Si stima che una parte significativa dei casi di glaucoma, soprattutto nelle forme primarie ad angolo aperto, venga diagnosticata solo nelle fasi avanzate, quando il campo visivo è già compromesso in modo severo. Nel contesto della responsabilità medica, la cecità da glaucoma non trattato può configurare una colpa grave, soprattutto quando il medico ha avuto le informazioni, i segni o i dati necessari per intervenire, ma non l’ha fatto.
Una delle cause più frequenti è la mancata diagnosi in fase iniziale, nonostante la presenza di fattori di rischio evidenti. Pazienti con familiarità per glaucoma, età avanzata, miopia elevata, ipertensione arteriosa o patologie vascolari dovrebbero essere sottoposti regolarmente a controlli oculistici con misurazione della pressione intraoculare, esame del nervo ottico e del campo visivo. Tuttavia, la visita oculistica di routine viene spesso limitata alla misurazione della vista o alla prescrizione di occhiali, e non include esami fondamentali per individuare precocemente il danno glaucomatoso.
L’ipertono oculare misconosciuto o non indagato rappresenta un’altra causa centrale di errore. È comune che un paziente venga visitato per altri motivi, come una congiuntivite, una cataratta o una semplice visita per calo visivo, e venga riscontrata una pressione oculare elevata. In molti casi, questa viene sottovalutata, attribuita a fattori momentanei o ignorata in assenza di sintomi, nonostante il fatto che il glaucoma possa progredire per anni in modo asintomatico, danneggiando progressivamente il nervo ottico.
L’assenza di esami strumentali mirati è un altro fattore decisivo. L’esame del fondo oculare, la tomografia a coerenza ottica (OCT), la pachimetria corneale, la gonioscopia e il campo visivo computerizzato sono strumenti fondamentali per diagnosticare il glaucoma e valutarne la progressione. Se il medico non dispone di questi strumenti o non indirizza il paziente verso uno specialista, la valutazione resta incompleta e il danno ottico può progredire inosservato. Anche l’interpretazione errata del nervo ottico durante l’esame del fundus può portare a una falsa rassicurazione: un’escavazione aumentata, un rapporto cup/disc alterato o emorragie peripapillari sono segni da non trascurare.
Il trattamento farmacologico inadeguato o non prescritto è un altro ambito di colpa. Nei casi in cui il glaucoma è già stato diagnosticato, il medico ha il dovere di iniziare tempestivamente una terapia ipotonizzante con colliri specifici e, se necessario, avviare il paziente verso la chirurgia o il trattamento laser. Se il paziente riferisce difficoltà nella somministrazione o nell’aderenza alla terapia, è compito del medico trovare soluzioni alternative, semplificare il regime terapeutico, offrire supporto educativo o coinvolgere la rete familiare. L’inerzia terapeutica, ovvero la decisione di non intervenire perché la situazione è “ancora stabile”, può risultare fatale per il nervo ottico.
Una delle situazioni più gravi è il mancato monitoraggio nel tempo del paziente glaucomatoso già in cura. Anche i pazienti in terapia devono essere sottoposti a controlli regolari: la sola normalizzazione della pressione oculare non garantisce la stabilità della malattia. È necessario controllare l’eventuale progressione del danno campimetrico, la tenuta della fibra nervosa retinica, le fluttuazioni pressorie durante il giorno. Un paziente apparentemente stabile può diventare cieco se il medico non individua in tempo un peggioramento silente.
La sottovalutazione della progressione della malattia è una causa insidiosa di colpa medica. Nei casi in cui vi sia una lenta ma continua riduzione del campo visivo, o una diminuzione della sensibilità retinica, il medico può decidere di “attendere” anziché modificare la terapia. Questo atteggiamento prudente può però portare a un punto di non ritorno. Il nervo ottico danneggiato non guarisce, e ogni mese di attesa senza adeguato controllo è una finestra chiusa sulla possibilità di conservare la vista.
Errori di gestione post-operatoria rappresentano un’ulteriore area critica. Pazienti sottoposti a chirurgia filtrante, a laser trabeculoplastica o a impianto di dispositivi drenanti devono essere seguiti con attenzione. Infezioni, cicatrizzazione eccessiva o ipotono possono compromettere il risultato. Se il medico non interviene tempestivamente su questi eventi, la perdita visiva può diventare inevitabile, e il paziente può perdere fiducia nel sistema di cura.
La comunicazione medico-paziente carente è un ulteriore fattore di rischio. Il glaucoma è una malattia cronica, spesso invisibile agli occhi del paziente. Se il medico non spiega chiaramente la gravità della patologia, le conseguenze dell’interruzione della terapia o l’importanza dei controlli periodici, è più probabile che il paziente abbandoni il percorso di cura. In questi casi, anche se l’errore materiale non è diretto, l’omessa informazione rappresenta una colpa professionale.
Infine, la frammentazione dell’assistenza può portare alla perdita di dati clinici fondamentali. Se il paziente viene visto da più medici, in centri diversi, senza un coordinamento tra referti, OCT, campi visivi e pressione oculare, la progressione della malattia può non essere riconosciuta. La mancanza di un fascicolo sanitario elettronico aggiornato e condiviso amplifica il rischio di errore sistemico, lasciando che ogni specialista veda solo una parte del problema.
In conclusione, la cecità da glaucoma non trattato rappresenta un fallimento silenzioso e profondo della medicina preventiva e gestionale. Non si tratta solo di una malattia che colpisce il nervo ottico: colpisce la fiducia del paziente, la continuità delle cure, la responsabilità del medico. È una cecità che si poteva evitare, e proprio per questo, pesa di più.
Ogni pressione oculare alta è un segnale. Ogni paziente a rischio merita attenzione. Ogni campo visivo che si restringe deve essere una chiamata all’azione, non un dato da archiviare. Perché quando il glaucoma si prende la vista, lo fa senza rumore. E solo un medico che ascolta il silenzio può salvare ciò che resta della luce.
Quando si configura la responsabilità medica per glaucoma non trattato
La responsabilità medica per glaucoma non trattato si configura quando il medico non diagnostica tempestivamente la malattia, omette di iniziare una terapia adeguata, non controlla l’efficacia dei farmaci prescritti o non monitora nel tempo la progressione del danno al nervo ottico, permettendo così una perdita visiva progressiva, irreversibile e del tutto evitabile con una gestione corretta. Il glaucoma è una delle principali cause di cecità nel mondo occidentale, ed è noto per la sua natura silenziosa: i pazienti non avvertono sintomi nelle fasi iniziali, ma subiscono una progressiva riduzione del campo visivo fino alla visione tubulare e, infine, alla cecità. Quando la medicina tace di fronte a una malattia che non urla, la responsabilità diventa doppia.
L’errore più grave consiste nel non riconoscere i segnali di rischio durante i controlli oculistici periodici. Pazienti con familiarità per glaucoma, ipertensione oculare, miopia elevata, età avanzata o cornee sottili devono essere sottoposti a screening regolare. Se il medico omette di misurare la pressione intraoculare, di esaminare la papilla ottica o di richiedere un esame del campo visivo, la mancata diagnosi precoce configura una colpa chiara, perché esistono strumenti semplici, economici e ampiamente disponibili per identificarlo.
Anche quando il glaucoma è già noto, la responsabilità può emergere per sottovalutazione clinica della sua evoluzione. Se il paziente continua a perdere campo visivo nonostante la terapia, e il medico non rivede il trattamento, non valuta la compliance, non esegue una tomografia a coerenza ottica (OCT) o una gonioscopia nei tempi raccomandati, la malattia avanza nell’indifferenza clinica, e il danno si configura come prevedibile e prevenibile.
Una delle situazioni più critiche riguarda il glaucoma ad angolo chiuso o il glaucoma acuto. In presenza di dolore oculare, visione annebbiata, aloni colorati, nausea e vomito, il quadro deve essere riconosciuto come emergenza oftalmica. Se il paziente si presenta in pronto soccorso con questi sintomi e viene erroneamente trattato per emicrania, disturbo gastrointestinale o con analgesici senza visita oculistica urgente, la responsabilità non è solo dell’oculista assente, ma di ogni medico che ha ignorato un quadro tipico di urgenza oftalmologica.
Il medico di medicina generale ha anch’egli un ruolo importante. Se riceve un paziente che riferisce calo visivo periferico, affaticamento visivo o difficoltà nella visione notturna, deve inviarlo per tempo allo specialista. La perdita del campo visivo laterale è un segno precoce del glaucoma e non può essere attribuita alla semplice età o a stanchezza senza esami approfonditi. Il ritardo nel referral specialistico compromette la possibilità di arrestare il danno e apre le porte alla responsabilità professionale.
Nel trattamento del glaucoma cronico, la responsabilità può emergere anche nella gestione della terapia ipotonizzante. Se il paziente segnala effetti collaterali importanti (bruciore, iperemia, alterazioni del visus) e il medico decide di sospendere il farmaco senza prescrivere un’alternativa o senza controllare la pressione oculare nei giorni successivi, l’interruzione terapeutica non controllata può favorire un picco pressorio dannoso per il nervo ottico.
I casi più gravi si verificano quando la cecità avanza in modo silenzioso e il paziente, convinto di essere sotto controllo, scopre solo a distanza di anni che la malattia non era monitorata correttamente. Esami non aggiornati, OCT mai eseguiti, campi visivi datati, pressioni sempre ai limiti ma mai associate a una rivalutazione della terapia. In questi scenari, il medico può non accorgersi che la papilla sta subendo una escavazione progressiva, che il campo visivo si riduce e che la malattia è già in stadio avanzato. In assenza di monitoraggio attivo, anche il miglior farmaco perde efficacia.
La responsabilità è ancor più evidente nei casi di glaucoma secondario, ad esempio da steroidi topici o sistemici, traumi, uveiti croniche o complicanze chirurgiche. Se il paziente è in terapia cortisonica prolungata e nessuno controlla la pressione oculare, o se dopo un trauma non viene valutato il tono endoculare, la mancata prevenzione del danno glaucomatoso configura una negligenza assistenziale.
Il ruolo dell’informazione al paziente è altrettanto fondamentale. Se il medico non spiega chiaramente che il glaucoma è una malattia cronica, che la terapia va assunta ogni giorno, anche in assenza di sintomi, e che i controlli devono essere regolari per tutta la vita, la non aderenza terapeutica può essere conseguenza diretta di una carenza comunicativa. E questa omissione è giuridicamente rilevante, perché un paziente non correttamente istruito è un paziente più esposto al danno.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si valuta in base al nesso tra condotta omissiva o errata e il danno visivo effettivo. Non è necessario dimostrare che il paziente avrebbe conservato la vista al 100%, ma che una diagnosi più precoce, una terapia più adeguata o un monitoraggio più accurato avrebbero rallentato o contenuto la perdita visiva. Il concetto di perdita di chance è centrale in questi casi.
Le consulenze tecniche analizzano la cronologia degli esami, la documentazione clinica, la programmazione dei controlli, la registrazione dei valori pressori e la congruenza della terapia rispetto all’evoluzione della malattia. Se emerge che un medico diligente avrebbe potuto adottare comportamenti diversi e più efficaci per limitare la progressione del glaucoma, la colpa professionale si configura pienamente per imperizia, negligenza o imprudenza.
Il glaucoma non perdona le distrazioni. Avanza senza rumore, mentre il nervo ottico si consuma lentamente. Quando la cecità arriva, non ci sono cure che possano restituire ciò che è stato perso. Ma se quel danno era evitabile, se quel campo visivo poteva essere salvato con una visita in più o un farmaco diverso, allora la responsabilità non è della malattia. È di chi avrebbe dovuto combatterla, e ha smesso di farlo troppo presto.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), che regola la responsabilità sanitaria e la sicurezza delle cure;
- Art. 2043 Codice Civile, per danno ingiusto causato da fatto illecito;
- Art. 1218 e 1228 Codice Civile, sulla responsabilità contrattuale della struttura e del professionista;
- Art. 2236 Codice Civile, per prestazioni complesse in ambito medico specialistico;
- Art. 590 Codice Penale, per lesioni personali colpose.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Paziente con ipertono oculare non trattato per anni, cecità bilaterale a 55 anni: risarcimento di 1.450.000 euro;
- Glaucoma già noto, peggioramento non rilevato per mancanza di controlli: risarcimento di 1.100.000 euro;
- Omessa prescrizione di terapia in paziente con campo visivo in rapido deterioramento: risarcimento di 1.200.000 euro;
- Ritardo di oltre un anno nella diagnosi in soggetto con familiarità e sintomi: risarcimento di 980.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
Se hai perso la vista o subito un grave danno visivo a causa di un glaucoma non trattato, è fondamentale:
- Rivolgerti a un avvocato esperto in malasanità oculistica, con esperienza in danni visivi;
- Richiedere una perizia medico-legale con supporto di un oculista forense, per analizzare cartelle cliniche, esami, controlli mancati o terapie omesse;
- Dimostrare il nesso causale tra la condotta medica e il danno visivo subito;
- Avviare una causa civile o una mediazione risarcitoria, per ottenere un indennizzo per danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con oculisti legali, medici specialisti e periti forensi, per garantire una tutela completa e specializzata ai pazienti danneggiati.
Conclusione
Il glaucoma è una malattia subdola ma curabile, se riconosciuta e seguita con rigore. Quando l’errore medico interrompe questa possibilità e porta a cecità evitabile, la legge tutela chi ha subito il danno.
Se pensi di aver perso la vista per un glaucoma trascurato, non restare nel dubbio. Agisci subito: verità, giustizia e risarcimento sono un tuo diritto.
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