Il posizionamento di tutori ortopedici o gessi è una pratica medica frequente in caso di fratture, distorsioni, lussazioni o immobilizzazioni post-operatorie. Sebbene si tratti di un atto ritenuto routinario, richiede una competenza tecnica precisa e un monitoraggio costante. Un errore in questa fase può determinare gravi complicanze come sindromi compartimentali, necrosi cutanee, danni vascolari o nervosi, deformità permanenti e perdita di funzionalità dell’arto.
Gli errori nel posizionamento di un gesso o di un tutore possono verificarsi sia nei pronto soccorso che nei reparti ortopedici, così come in ambito ambulatoriale o riabilitativo. Le cause possono essere molteplici: applicazione troppo stretta, mancata valutazione del gonfiore, scelta del materiale non idonea, o assenza di controlli post-applicazione. In molti casi, il paziente segnala dolore o formicolii che vengono sottovalutati o ignorati.

Quando un paziente riporta danni permanenti a causa di un errato posizionamento di tutori o gessi, ha pieno diritto a un risarcimento danni. Il risarcimento può coprire il danno biologico, il danno morale, i costi per interventi correttivi, la perdita lavorativa e la sofferenza psicologica.
In questo articolo esamineremo le principali tipologie di errore nel posizionamento dei dispositivi ortopedici, le responsabilità sanitarie coinvolte, le leggi di riferimento aggiornate al 2025, i casi concreti di risarcimento e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, specialisti in contenziosi da errori ortopedici.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più frequenti di errato posizionamento di tutori o gessi?
Il trattamento delle fratture, delle distorsioni e delle lesioni muscolo-scheletriche passa spesso da un gesto che sembra semplice, routinario, quasi banale: l’applicazione di un gesso o di un tutore. Eppure, l’errato posizionamento di questi dispositivi rappresenta una delle cause più frequenti di complicanze ortopediche evitabili, sia nei contesti di pronto soccorso che nei reparti ospedalieri e negli ambulatori specialistici. In apparenza, si tratta solo di “immobilizzare” un arto. Ma quando la procedura è eseguita male – per fretta, disattenzione o mancanza di competenza – le conseguenze possono essere gravi, talvolta permanenti: sindromi compartimentali, lesioni nervose, necrosi cutanee, rigidità articolari, difetti di consolidazione, dolori cronici.
Uno dei primi errori si verifica nella fase iniziale, cioè nella scelta del dispositivo più appropriato. Non tutte le fratture richiedono un gesso, così come non tutte le lesioni minori possono essere gestite con un semplice tutore. Invece, per abitudine o per eccessiva prudenza, si tende spesso a “ingessare tutto”, anche quando non necessario. Questo approccio non solo aumenta il rischio di complicazioni da immobilizzazione, ma espone il paziente a disagi evitabili, interferendo con la mobilità, la vita quotidiana e l’autonomia. Al contrario, in alcuni casi in cui il gesso sarebbe fondamentale – come fratture instabili, post-riduzioni o traumi articolari gravi – si opta per un tutore insufficiente, mal regolato, non personalizzato. La scelta sbagliata del presidio è il primo passo verso un trattamento inadeguato.
Un errore altrettanto diffuso è la modellazione errata del gesso o del tutore. La corretta applicazione di un apparecchio gessato richiede manualità, conoscenza dell’anatomia, padronanza delle pressioni da applicare e capacità di adattare il gesso alla morfologia del paziente. Se il gesso viene applicato troppo stretto, soprattutto nelle prime ore dopo il trauma, può comprimere i tessuti molli e causare edema, ischemia, e addirittura una sindrome compartimentale. Se invece è troppo largo, non garantisce un’adeguata immobilizzazione, con rischio di spostamento dei monconi ossei e di cattiva consolidazione. I tutori, se non regolati correttamente, possono risultare inefficaci: le stecche si muovono, le cinghie si allentano, i punti di pressione non sono distribuiti correttamente. Un presidio mal posizionato è peggio di nessun presidio.
Tra le cause principali di errore c’è anche l’assenza di una corretta valutazione pre-applicazione. Spesso, nel pronto soccorso o nelle strutture a basso afflusso, il presidio viene applicato subito dopo l’esecuzione dell’esame radiologico, senza che il medico abbia valutato attentamente edema, stato neurovascolare, presenza di lesioni cutanee o di patologie preesistenti che controindicherebbero l’uso immediato di un gesso. In questi casi si ignorano segnali come dita cianotiche, polso assente, parestesie o dolori acuti: sintomi che dovrebbero far sospettare una compressione vascolare o nervosa già in atto. Una volta applicato il gesso, questi segni vengono nascosti alla vista e peggiorano, fino a produrre danni irreversibili.
Un errore spesso trascurato riguarda il posizionamento dell’arto durante l’applicazione del presidio. Un gesso applicato a gomito o ginocchio semiflesso, invece che a 90°, può impedire un corretto movimento dopo la rimozione. Un braccio ingessato in rotazione interna o esterna alterata può modificare l’allineamento delle ossa e compromettere la funzione. Le articolazioni distali devono sempre essere posizionate in modo da mantenere la funzionalità dopo l’immobilizzazione, ma nella realtà quotidiana si assiste spesso a posizionamenti “improvvisati”, con arto appoggiato a una barella, angolato, non sostenuto. L’effetto è che dopo settimane di immobilizzazione, il paziente recupera male, lentamente e con dolori evitabili.
Una delle complicazioni più serie dell’errato posizionamento è la comparsa di lesioni cutanee da pressione. Quando il gesso esercita un’eccessiva compressione in alcuni punti – gomiti, malleoli, talloni, creste tibiali – si possono formare piaghe, vesciche, necrosi tissutali anche profonde. Questo avviene più facilmente nei pazienti anziani, diabetici o con fragilità cutanea, ma può colpire chiunque se il presidio non è stato ben modellato, se non è stato protetto con adeguato rivestimento interno, o se il paziente non è stato istruito su come monitorare l’arto. Le infezioni cutanee, le ulcere da pressione e i danni ai tessuti sottostanti sono eventi evitabili, ma richiedono una cura meticolosa nella fase applicativa.
Un altro errore diffuso è la mancata verifica post-applicazione. Dopo aver posizionato un tutore o un gesso, il medico o l’infermiere dovrebbe sempre controllare la perfusione periferica, la sensibilità e la mobilità distale. Inoltre, nei giorni successivi, dovrebbe essere prevista una rivalutazione per verificare l’assenza di complicanze, l’evoluzione dell’edema e la stabilità del presidio. Nella realtà, però, molti pazienti vengono dimessi con un presidio senza alcuna istruzione, senza follow-up, e con la raccomandazione generica di “tornare se peggiora”. Questo atteggiamento deresponsabilizza il sistema sanitario e scarica sul paziente un rischio clinico non percepibile, perché un arto sotto gesso può peggiorare in modo invisibile, fino a quando il danno non è già avvenuto.
I tutori, sebbene più moderni e flessibili rispetto ai gessi, presentano altre insidie. Possono essere indossati nel modo sbagliato, allacciati male, non regolati con la giusta tensione. Molti pazienti non vengono istruiti su come indossarli correttamente, su quanto tempo devono tenerli, o su quali movimenti possono fare durante il trattamento. In assenza di una guida precisa, il tutore si trasforma in un oggetto passivo, privo di funzione terapeutica. In alcuni casi, addirittura, il tutore viene tolto troppo presto, o portato troppo a lungo, con danni al recupero muscolare, alla mobilità articolare o alla stabilità dell’articolazione. Il dispositivo più tecnologico è inutile se usato male.
Anche il mancato adattamento del presidio al singolo paziente è una fonte di errore importante. Ogni arto ha dimensioni, proporzioni e condizioni cutanee diverse. Ma spesso si applicano gessi prefabbricati o tutori standardizzati senza personalizzazione. Questo è particolarmente vero nei bambini, negli anziani e nei pazienti obesi, dove la biomeccanica articolare richiede accorgimenti particolari. In questi soggetti, una compressione eccessiva o una distribuzione errata della forza può alterare il metabolismo osseo, aumentare il rischio di decubiti, peggiorare la stabilità articolare. L’adattamento del presidio non è un dettaglio tecnico: è una parte essenziale della terapia.
Dal punto di vista medico-legale, l’errato posizionamento di un gesso o di un tutore è uno degli eventi più documentabili. Quando si verifica una sindrome compartimentale, una lesione nervosa, una necrosi, una deformità articolare secondaria a un presidio mal applicato, la responsabilità sanitaria è difficile da contestare, perché la letteratura scientifica e i protocolli clinici sono chiari. L’imperizia, la negligenza o la superficialità nel posizionamento sono riconosciute dai tribunali come colpa medica, soprattutto se il danno ha lasciato esiti permanenti, funzionali o estetici. E le richieste di risarcimento possono essere molto elevate, specie in età lavorativa o scolastica.
In conclusione, l’errato posizionamento di un gesso o di un tutore non è un errore banale, ma un fallimento del processo di cura. È il segno di una medicina che ha perso il senso dell’attenzione al dettaglio, della manualità, della responsabilità condivisa. Immobilizzare correttamente un arto significa proteggere una frattura, guidare la guarigione, evitare complicanze, e restituire funzionalità e qualità di vita. Ogni presidio deve essere scelto, applicato, controllato e spiegato. Perché non è il gesso a guarire: è la cura con cui lo si applica. E in ortopedia, più che in altri ambiti, la precisione fa la differenza tra il recupero e il danno.
Quali complicanze possono derivare da un errato posizionamento?
- Sindrome compartimentale con necessità di fasciotomia urgente;
- Necrosi cutanee e ulcere da pressione;
- Paralisi nervosa (es. del nervo radiale, ulnare o peroneale);
- Consolidamento viziato della frattura;
- Necessità di reinterventi chirurgici correttivi;
- Limitazioni permanenti nella funzionalità dell’arto.
Quando si configura la responsabilità medica per errato posizionamento di tutori o gessi?
Il posizionamento di un tutore o di un gesso è una delle procedure ortopediche più comuni, ma anche una delle più sottovalutate dal punto di vista del rischio clinico. Se eseguita in modo scorretto, questa manovra può causare gravi complicanze, spesso permanenti, che vanno dalla necrosi cutanea alla sindrome compartimentale, dalle lesioni nervose alle deformità ossee. Quando il medico o l’operatore sanitario applica un tutore o un gesso in maniera non corretta, senza rispettare le indicazioni cliniche, anatomiche e funzionali, o senza monitorare adeguatamente il paziente nelle ore successive, si configura una responsabilità medica piena.
Il primo aspetto da considerare è la corretta indicazione al confezionamento del presidio immobilizzante. Non tutti i traumi o gli interventi chirurgici richiedono lo stesso tipo di immobilizzazione, né le stesse modalità di applicazione. L’indicazione al gesso circolare piuttosto che al tutore removibile, alla doccia gessata o alla fasciatura funzionale deve basarsi su una valutazione precisa della sede della lesione, del rischio di edema, della stabilità della frattura, delle condizioni generali del paziente. Applicare un gesso rigido su un arto con edema non ancora stabilizzato rappresenta un rischio elevato di compressione vascolare e danno ischemico.
Il confezionamento errato di un gesso può avere conseguenze drammatiche. Un gesso troppo stretto può comprimere i vasi sanguigni e i nervi, provocando parestesie, perdita di sensibilità, dolore crescente e ischemia tissutale. In alcuni casi, la compressione prolungata può condurre alla sindrome compartimentale, una condizione in cui l’aumento della pressione nei compartimenti muscolari compromette l’apporto di ossigeno ai tessuti, portando a necrosi muscolare, amputazioni e lesioni nervose irreversibili. L’omessa diagnosi o il mancato allentamento tempestivo del gesso in presenza di segni clinici compatibili è uno degli errori più gravi e più frequentemente sanzionati.
Un altro errore frequente è la mancata valutazione dell’allineamento osseo o articolare al momento dell’applicazione. Se il gesso viene posizionato su una frattura non ridotta correttamente, o su un’articolazione non stabilizzata, il rischio è quello di favorire consolidamenti viziati, lussazioni inveterate o alterazioni funzionali permanenti. Il medico ha il dovere di verificare l’anatomia del segmento immobilizzato sia clinicamente sia radiologicamente, prima e dopo l’applicazione del presidio. Il mancato controllo radiografico post-gesso costituisce una grave omissione, soprattutto se la frattura si trova in una sede complessa come polso, caviglia, gomito o spalla.
Il rischio di lesioni da decubito è un altro aspetto critico. Un gesso posizionato male può creare pressioni focali su sporgenze ossee, tendini o aree cutanee vulnerabili, soprattutto in pazienti anziani, diabetici o con neuropatie periferiche. Se non vengono utilizzati imbottiture adeguate o se non si istruisce il paziente a segnalare i primi sintomi (bruciore, dolore, cattivo odore, macchie umide), la responsabilità ricade sul medico per mancata prevenzione.
Anche l’applicazione di tutori rigidi o semi-rigidi comporta responsabilità se non viene adattata all’anatomia del paziente. Tutori standardizzati devono essere scelti nella misura corretta, posizionati correttamente e fissati con pressione tale da garantire la stabilità senza ostacolare la circolazione. Se il tutore è troppo stretto o provoca sfregamenti, può causare ulcere da attrito, infezioni, neuropatie compressive. L’adattamento deve essere effettuato da personale formato e supervisionato dal medico, che mantiene la responsabilità clinica dell’atto.
Anche la mancata informazione al paziente rappresenta un errore con conseguenze medico-legali. Dopo l’applicazione del gesso o del tutore, il paziente deve essere istruito in modo chiaro su cosa osservare: dolore ingravescente, dita fredde o cianotiche, incapacità di muovere le estremità, sensazioni anomale, difficoltà nel dormire per fastidio, comparsa di cattivi odori o febbre. L’omessa educazione del paziente o la mancanza di documentazione scritta consegnata all’atto della dimissione possono configurare una responsabilità per mancata vigilanza indiretta.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità si configura ogniqualvolta il danno sia conseguenza di un errore prevedibile e prevenibile. Se la documentazione clinica non riporta l’esecuzione corretta della manovra, il controllo radiografico, le condizioni neurovascolari prima e dopo l’applicazione, o se manca ogni riferimento a valutazioni successive nelle ore cruciali, la colpa viene presunta per violazione dei protocolli di buona pratica clinica.
Le complicanze più comuni associate a errato confezionamento di gesso o tutore includono: necrosi cutanea, sindrome compartimentale, lesione del nervo radiale o peroneale, consolidamento viziato della frattura, rigidità articolare, infezioni, complicanze tromboemboliche e disabilità funzionale cronica. In molti casi, il paziente necessita di ulteriori interventi chirurgici, degenze prolungate, fisioterapia intensiva, o subisce una perdita funzionale permanente.
La giurisprudenza italiana ha più volte riconosciuto la responsabilità sanitaria in casi di errato posizionamento del gesso, anche quando l’operazione era stata eseguita da personale non medico ma sotto responsabilità clinica del medico ortopedico. I giudici considerano la mancata verifica post-procedurale, il difetto di vigilanza e la mancanza di documentazione come elementi sufficienti a confermare la colpa professionale.
La prevenzione dell’errore passa dalla formazione del personale, dall’impiego di dispositivi certificati, dall’uso di protocolli standardizzati e dalla tracciabilità delle fasi dell’applicazione. Ogni struttura sanitaria deve dotarsi di linee guida per la gestione delle immobilizzazioni, incluse le indicazioni per il monitoraggio neurovascolare, il follow-up clinico e il trattamento delle complicanze.
Il paziente ha diritto a ricevere un presidio che immobilizzi ma non danneggi, che protegga ma non opprima, che guarisca ma non lasci nuovi danni. Ogni errore in questo ambito, spesso sottovalutato, può trasformare un trattamento semplice in una fonte di invalidità permanente.
In conclusione, la responsabilità medica per errato posizionamento di tutori o gessi si configura quando la condotta clinica viola i principi di buona pratica, non rispetta le indicazioni anatomiche e funzionali, non prevede controlli adeguati e non affronta con tempestività le complicanze. È una colpa tanto più grave quanto più banale era la procedura, perché è proprio nell’apparente semplicità che si annida la disattenzione.
Ogni arto immobilizzato male è un rischio in movimento. Ogni gesso troppo stretto è una lesione in attesa. Ogni tutore mal posizionato è una medicina che diventa malattia. E ogni volta che un gesto standard si trasforma in errore, la responsabilità è di chi lo ha eseguito — o di chi ha dimenticato che, in medicina, nulla è mai davvero “di routine”.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017);
- Art. 2043 c.c., danno da fatto illecito;
- Art. 2236 c.c., responsabilità del professionista in ambito tecnico;
- Art. 589 e 590 c.p., lesioni o morte per colpa medica.
Quali risarcimenti sono stati riconosciuti in casi simili?
- Paziente con sindrome compartimentale post-gesso e danno motorio permanente: risarcimento di 1.250.000 euro;
- Errore nel posizionamento di tutore con paralisi del nervo peroneale: risarcimento di 900.000 euro;
- Frattura consolidata in modo scorretto per allineamento errato del gesso: risarcimento di 980.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
Quando un paziente subisce un danno da gesso o tutore mal posizionato, è necessario rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in responsabilità sanitaria ortopedica. Solo un’azione ben strutturata può portare a un risarcimento equo e proporzionato. È fondamentale:
- Analizzare cartelle cliniche, radiografie, e verbali di pronto soccorso;
- Affidarsi a perizie medico-legali con ortopedici forensi;
- Dimostrare il nesso tra condotta medica e danno subito;
- Gestire il contenzioso in sede civile o penale con competenza e rigore.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità collaborano con ortopedici legali, tecnici sanitari, medici legali e specialisti in fisiatria, garantendo una difesa centrata, fondata e finalizzata alla tutela integrale del paziente.
Un gesso o un tutore applicato male può compromettere per sempre la funzionalità di un arto. La legge è chiara: chi subisce un danno evitabile ha diritto a un risarcimento pieno e alla riparazione della propria dignità fisica e personale.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: