Devitalizzazione Eseguita In Modo Incompleto O Errato E Risarcimento Danni

La devitalizzazione o terapia canalare è una procedura odontoiatrica finalizzata a trattare un dente gravemente compromesso da carie profonda, infezione pulpare o trauma. Consiste nella rimozione della polpa dentaria infetta o necrotica, nella disinfezione dei canali radicolari e nella loro otturazione ermetica per prevenire recidive batteriche.

Quando eseguita correttamente, la devitalizzazione consente di conservare il dente ed evitarne l’estrazione. Tuttavia, errori tecnici, negligenza clinica o omissioni diagnostiche possono compromettere l’intero trattamento, provocando dolore cronico, infezioni persistenti, ascessi, granulomi apicali, fino alla necessità di nuove cure endodontiche o di estrazione dentale.

Una devitalizzazione incompleta o errata può costituire una forma di responsabilità odontoiatrica se ha causato un danno evitabile, anche solo estetico o funzionale. In questi casi, il paziente ha diritto a richiedere un risarcimento per i danni subiti.

In questo articolo analizzeremo le cause principali degli errori endodontici, i sintomi di una devitalizzazione fallita, le conseguenze cliniche, le leggi aggiornate al 2025, esempi di risarcimenti riconosciuti e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quali sono le cause più frequenti della devitalizzazione eseguita in modo incompleto o errato?

La devitalizzazione, o trattamento endodontico, è una delle procedure odontoiatriche più comuni e al tempo stesso più delicate. Il suo obiettivo è quello di rimuovere il tessuto pulpare infetto o necrotico all’interno di un dente, disinfettare i canali radicolari e sigillarli ermeticamente per evitare recidive infettive. Quando eseguita correttamente, questa terapia consente di salvare denti che altrimenti sarebbero destinati all’estrazione. Ma non sempre le cose vanno come previsto. Un trattamento canalare incompleto, errato o approssimativo può diventare la causa scatenante di dolori persistenti, infezioni croniche, ascessi ricorrenti e, nei casi peggiori, la perdita del dente. E spesso il paziente scopre l’errore solo mesi o anni dopo, quando ormai è troppo tardi per rimediare con semplicità.

Una delle cause più frequenti di errore endodontico è la mancata individuazione di tutti i canali radicolari. Molti denti, in particolare i molari superiori e inferiori, hanno una morfologia complessa con canali accessori o nascosti, difficili da individuare senza l’ausilio di strumenti ottici ingrandenti e tecnologie avanzate. Se anche uno solo di questi canali resta non trattato, il tessuto infetto contenuto al suo interno può continuare a generare infiammazione e dolore. In molti casi, il dentista si ferma dopo aver trattato due o tre canali, convinto che siano tutti, ma un quarto canale non individuato può vanificare l’intera procedura.

Un altro errore critico è l’inadeguata detersione e sagomatura dei canali. Rimuovere la polpa non basta: è necessario pulire accuratamente le pareti interne, sagomare i canali con lime calibrate, irrigare con soluzioni disinfettanti efficaci e creare le condizioni per una sigillatura stabile. Se si usano strumenti non aggiornati, se la tecnica è superata, se la detersione è frettolosa o poco profonda, i residui batterici possono sopravvivere, proliferare, e generare infezioni ricorrenti, anche a distanza di tempo.

La lunghezza di lavoro è un parametro tecnico fondamentale. Devitalizzare un dente significa arrivare fino all’apice del canale, senza oltrepassarlo e senza fermarsi troppo prima. Ma questo equilibrio richiede misurazioni precise, con strumenti elettronici di localizzazione apicale e radiografie endorali di controllo. Se si lavora “a stima”, senza dispositivi adeguati, si rischia di lasciare porzioni di canale non trattate, oppure di spingere il materiale di riempimento oltre l’apice, provocando dolore, infiammazione dei tessuti periapicali o addirittura parestesie se il materiale invade strutture nervose. Una devitalizzazione non è solo una procedura tecnica: è una questione di millimetri.

Anche la scelta del materiale di otturazione endodontica gioca un ruolo essenziale. Guttaperca e cementi canalari devono essere di buona qualità, biocompatibili, ben miscelati e compattati. Una sigillatura imperfetta, disomogenea o non aderente alle pareti canalari permette l’infiltrazione di batteri, liquidi e tossine, con conseguente fallimento del trattamento. E se il dente viene successivamente ricoperto con una corona o una ricostruzione definitiva senza avere certezza della corretta chiusura dei canali, il rischio di insuccesso aumenta.

Le radiografie post-operatorie sono spesso l’unico strumento per valutare la qualità del trattamento. Ma se il dentista non esegue un controllo a fine devitalizzazione, o se lo esegue ma non lo interpreta correttamente, può non accorgersi di spazi vuoti, canali non riempiti, o materiale fuori apice. In alcuni casi, anche quando le immagini mostrano un risultato subottimale, si procede comunque alla ricostruzione del dente. Il paziente crede che tutto sia stato fatto bene, ma nel tempo cominciano i dolori, i gonfiori, le infezioni. E solo una nuova radiografia fatta da un altro specialista svela l’errore originale.

L’assenza di isolamento del campo operatorio è un altro errore ancora troppo diffuso. Il diga di gomma serve a isolare il dente dalla saliva e dai batteri orali durante la procedura, garantendo un ambiente sterile. Lavorare senza diga aumenta drasticamente il rischio di contaminazione batterica, che può compromettere l’intero trattamento. Eppure, per comodità o per mancanza di formazione, molti professionisti omettono questo passaggio, facendo entrare in gioco un elemento esterno che vanifica la sterilità del trattamento.

La gestione inadeguata del dolore post-operatorio può far perdere tempo prezioso. Dopo una devitalizzazione, un certo fastidio è normale. Ma se il dolore persiste oltre una settimana, peggiora, o si associa a gonfiore, alitosi o febbre, bisogna sospettare un’infezione residua. Spesso, però, il paziente viene tranquillizzato, invitato ad “aspettare ancora qualche giorno”, oppure riceve solo antibiotici senza una rivalutazione clinica e radiografica. Il ritardo nel riconoscere una devitalizzazione fallita può rendere necessaria una terapia più invasiva: ritrattamento, apicectomia o estrazione.

Nei pazienti con canali calcificati, tortuosi o stretti, la difficoltà tecnica aumenta notevolmente. Serve esperienza, pazienza, strumenti flessibili e una conoscenza approfondita dell’endodonzia moderna. Se il dentista forza gli strumenti, può causare la frattura di lime nel canale, che poi restano incastrate e rendono impossibile completare il trattamento. Se la sagomatura viene interrotta, o la lima si blocca troppo in alto, il rischio di insuccesso aumenta, ma non sempre il paziente viene informato dell’accaduto. E in assenza di trasparenza, la fiducia crolla.

In alcuni casi, l’errore più grande avviene prima ancora di iniziare la devitalizzazione: la scelta sbagliata di eseguire la procedura su un dente non recuperabile. Se il dente ha fratture radicolari, carie estese sottogengivali, mobilità avanzata o lesioni ossee troppo estese, la devitalizzazione non porterà alcun beneficio. Ma alcuni professionisti, per tentare comunque un salvataggio o per motivi economici, procedono lo stesso. E il fallimento non è una possibilità: è una certezza differita.

Dal punto di vista medico-legale, la devitalizzazione incompleta o errata è una delle cause più frequenti di contenzioso odontoiatrico. Le perizie si basano sulle radiografie pre e post trattamento, sulla cartella clinica, sulle immagini CBCT se disponibili, e sulle relazioni tra sintomi riferiti e manovre eseguite. Se emerge che sono stati lasciati canali non trattati, materiali oltre apice, strumenti fratturati non segnalati, o che non è stato rispettato l’obbligo di informare il paziente, la responsabilità professionale è difficile da contestare.

In conclusione, devitalizzare un dente non è semplicemente “togliere il nervo”: è una procedura complessa, minuziosa, tecnica e scientifica. Richiede attenzione, formazione continua, tecnologia moderna, strumenti adeguati e trasparenza nella comunicazione con il paziente. Ogni passaggio ha un margine d’errore, e ogni errore non corretto può tradursi in sofferenza, spese inutili, perdita del dente e contenzioso legale. Perché un canale lasciato incompleto oggi è un’infezione domani. E ciò che non si vede sul momento può riemergere, dolorosamente, nel tempo.

Quali sintomi indicano un trattamento errato?

  • Dolore persistente o pulsante dopo la devitalizzazione;
  • Gonfiore gengivale, ascessi o fistole nella zona trattata;
  • Alitosi persistente o sapore sgradevole;
  • Sensibilità al caldo o alla masticazione;
  • Alterazioni radiografiche (granulomi, radiotrasparenze apicali);
  • Perdita del dente a distanza di poco tempo dal trattamento.

Quali sono le conseguenze di una devitalizzazione fallita?

  • Necessità di ripetere la terapia canalare con costi e disagi aggiuntivi;
  • Trattamenti chirurgici correttivi (apicectomia, ritrattamento);
  • Estrazione del dente con compromissione estetico-funzionale;
  • Infezioni croniche con rischio di osteomielite o sinusite mascellare;
  • Protesizzazione forzata (ponti, impianti) a carico del paziente.

Quando si configura la responsabilità medica per devitalizzazione eseguita in modo incompleto o errato?

La terapia canalare, comunemente nota come devitalizzazione, rappresenta una delle procedure odontoiatriche più frequenti e al tempo stesso più delicate, perché finalizzata alla conservazione di un dente compromesso da carie profonda, infezione o trauma. Quando correttamente eseguita, consente di eliminare la polpa infetta o necrotica, sigillare il canale radicolare e ripristinare la funzione dell’elemento dentario. Tuttavia, una devitalizzazione incompleta, errata o tecnicamente inadeguata può non solo vanificare l’obiettivo terapeutico, ma causare danni rilevanti al paziente, rendendo pienamente configurabile una responsabilità professionale dell’odontoiatra.

La corretta esecuzione di una devitalizzazione richiede una diagnosi precisa, una strumentazione adeguata, un’accurata conoscenza dell’anatomia radicolare, l’uso di materiali certificati e il rispetto di protocolli clinici validati. Gli errori possono riguardare molteplici fasi dell’intervento: accesso coronale scorretto, misurazione imprecisa della lunghezza del canale, detersione insufficiente, riempimento incompleto o eccessivo, frattura di strumenti all’interno del canale, perforazione radicolare, contaminazione batterica per scarsa sterilità del campo operatorio.

L’errore più frequente e al contempo più insidioso è il mancato trattamento completo dei canali radicolari. Alcuni elementi, come i molari superiori, possono avere più canali (in particolare il secondo canale mesiovestibolare) che devono essere identificati, sagomati e sigillati correttamente. Se uno di questi canali viene trascurato o trattato solo parzialmente, il tessuto infetto residuo può provocare un’infiammazione persistente, ascessi, dolore cronico o riassorbimento osseo periapicale. In questi casi, la responsabilità è pienamente configurabile quando l’errore dipende da imperizia o negligenza professionale.

La documentazione radiografica è l’elemento chiave per valutare la qualità della terapia. Le linee guida internazionali indicano che devono essere eseguite almeno tre radiografie: pre-operatoria, intra-operatoria (per determinare la lunghezza di lavoro) e post-operatoria (per verificare il corretto sigillo canalare). Se tali radiografie mancano, o se mostrano chiaramente un’otturazione corta, non conica, traboccante o che lascia spazi vuoti visibili, la prestazione è da considerarsi tecnicamente scorretta. La responsabilità si manifesta non solo per l’esito negativo, ma anche per l’assenza di conformità alla prassi clinica.

Anche la frattura di strumenti canalari all’interno del dente può rappresentare fonte di responsabilità, ma solo in determinate condizioni. Si tratta di una complicanza possibile anche in mani esperte, soprattutto in canali curvi o calcificati. Tuttavia, se il frammento non viene comunicato al paziente, se non viene tentata la sua rimozione o bypass, se viene lasciato in sede senza un controllo periodico né documentazione radiografica, l’omissione informativa e il comportamento passivo aggravano la posizione del professionista. Il paziente ha diritto a sapere e a partecipare alle scelte successive.

Una devitalizzazione incompleta può inoltre predisporre a complicanze sistemiche. Infezioni persistenti alla radice possono fungere da focolaio batterico per infezioni a distanza, in particolare in pazienti immunodepressi o con valvulopatie. La persistenza di granulomi, la comparsa di fistole gengivali o la necessità di estrazione precoce del dente trattato sono tutte spie di un insuccesso tecnico. Se tali complicanze derivano da una terapia eseguita senza requisiti minimi di diligenza, accuratezza e conoscenza, la colpa medica è giuridicamente sostenibile.

Il consenso informato ha un ruolo centrale nella valutazione della responsabilità. Ogni paziente deve essere informato delle possibilità di insuccesso, della complessità anatomica del dente, dei rischi connessi alla terapia (inclusa la frattura di strumenti, la necessità di ritrattamento o di apicectomia). Se il consenso è assente, generico o firmato senza una spiegazione verbale, e il paziente subisce un danno per una complicanza non spiegata, anche questo profilo può concorrere alla responsabilità professionale.

La giurisprudenza italiana ha affrontato numerosi casi di contenzioso per devitalizzazioni errate. Le sentenze evidenziano che l’odontoiatra ha l’obbligo di prestazione secondo la regola dell’arte, e non può limitarsi a difendersi invocando la difficoltà anatomica o l’imprevedibilità della reazione biologica. Se la prestazione è carente sotto il profilo tecnico e documentale, il professionista risponde per danno biologico, morale ed eventualmente per aggravamento della patologia preesistente.

Anche la scelta dei materiali e delle tecniche utilizzate può essere oggetto di contestazione. L’uso di sigillanti canalari obsoleti, la mancanza di diga di gomma per l’isolamento, l’assenza di strumenti rotanti in NiTi, o l’utilizzo di metodiche non validate possono configurare un comportamento clinico inadeguato. Se un collega, in sede di ritrattamento, rileva evidenti errori tecnici nella prima devitalizzazione, e ciò è confermato da perizia medico-legale, la condotta del primo operatore può essere ritenuta imprudente o imperita.

La responsabilità si estende anche alla gestione post-operatoria. Un paziente che lamenta dolore persistente dopo la devitalizzazione deve essere rivalutato, sottoposto a nuovo imaging, informato su eventuali necessità di ritrattamento o apicectomia. Se viene rassicurato con superficialità, o se si attende troppo prima di agire, il ritardo diagnostico può comportare aggravamento e perdita dell’elemento dentario.

La struttura sanitaria o lo studio odontoiatrico può essere chiamato in causa se la prestazione è avvenuta in condizioni logistiche inadeguate. Ambienti non sterilizzati, strumenti non monouso o non sterilizzati correttamente, assistenza carente o cartelle cliniche incomplete aggravano la posizione legale dello studio, soprattutto in presenza di protocolli interni carenti o personale non regolarmente formato. La responsabilità è anche organizzativa, non solo individuale.

La prevenzione di queste controversie passa per la qualità, la trasparenza e la comunicazione. L’odontoiatra ha il dovere di documentare fotograficamente e radiologicamente ogni fase critica del trattamento, di discutere apertamente i limiti del caso, di offrire alternative terapeutiche e di gestire con tempestività ogni segnale di insuccesso. Ogni millimetro di canale trascurato, ogni radiografia non eseguita, ogni sintomo ignorato, può trasformarsi in un contenzioso.

In conclusione, la responsabilità medica per devitalizzazione eseguita in modo incompleto o errato si configura ogniqualvolta il trattamento endodontico venga svolto in violazione delle buone pratiche cliniche, senza la necessaria diligenza, senza strumenti e tecniche adeguate, o senza un adeguato supporto diagnostico e informativo, e da ciò derivi un danno al paziente. È una responsabilità che nasce da superficialità o impreparazione, ma che ha conseguenze dirette sulla salute, sulla fiducia e sulla qualità della vita del paziente.

Ogni canale non trattato è un’infezione lasciata viva. Ogni errore nascosto è un dolore che torna. Ogni dente perso dopo la cura è una fiducia sprecata. Perché nella devitalizzazione, curare bene non significa solo riempire un vuoto: significa anche sapere dove arrivare, e quando fermarsi. E non c’è niente di più visibile di un errore che doveva essere evitato.

Quali leggi regolano il risarcimento per danni da devitalizzazione?

  • Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), che disciplina la responsabilità sanitaria;
  • Art. 2043 c.c., per danno ingiusto da fatto illecito;
  • Art. 2236 c.c., in caso di colpa tecnica del professionista;
  • Art. 590 c.p., per lesioni personali colpose;
  • Linee guida odontoiatriche ed endodontiche aggiornate al 2025.

Quali risarcimenti sono stati riconosciuti in Italia?

  • Paziente con devitalizzazione incompleta, sviluppa ascesso ricorrente e granuloma apicale: risarcimento di 90.000 euro;
  • Donna 37enne con dente trattato male, costretta a impianto protesico e chirurgia ossea: risarcimento di 130.000 euro;
  • Uomo con perforazione radicolare e fistola oro-sinusale: risarcimento di 150.000 euro.

A chi rivolgersi per ottenere giustizia?

In caso di devitalizzazione eseguita in modo errato o incompleto, è fondamentale rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in responsabilità odontoiatrica e danni da trattamenti endodontici.

La tutela comprende:

  • Analisi della documentazione clinica e radiologica;
  • Verifica della correttezza tecnica dell’intervento;
  • Collaborazione con odontoiatri forensi, endodontisti e medici legali;
  • Valutazione del danno biologico, estetico, esistenziale e patrimoniale;
  • Azione risarcitoria civile e assistenza anche nella fase peritale.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con consulenti esperti in odontoiatria, endodonzia e medicina legale, offrendo una difesa fondata su indagini cliniche, normative e perizie odontoiatriche.

Quando un dente viene danneggiato da una devitalizzazione mal eseguita, il paziente ha il diritto di ottenere un risarcimento per l’errore subito. La giustizia si esercita anche in poltrona odontoiatrica.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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