L’implantologia dentale è una branca della chirurgia odontoiatrica che consente di sostituire denti mancanti attraverso l’inserimento di viti in titanio nell’osso mascellare o mandibolare, su cui vengono successivamente posizionate protesi fisse. Si tratta di una procedura che, se eseguita correttamente, garantisce risultati estetici e funzionali duraturi. Tuttavia, un errato posizionamento dell’impianto dentale può causare danni gravi e permanenti.
Le conseguenze di un impianto mal posizionato includono dolore cronico, infezioni, lesioni ai nervi, compromissione di altri denti, difficoltà nella masticazione e fallimento dell’intervento. In alcuni casi, è necessario rimuovere l’impianto, eseguire interventi chirurgici correttivi o ricorrere a ricostruzioni ossee complesse.

Se il danno deriva da una tecnica errata, da una pianificazione inadeguata o da negligenza professionale, il paziente ha pieno diritto al risarcimento.
In questo articolo approfondiremo le principali cause del posizionamento scorretto di impianti dentali, gli errori clinici ricorrenti, le conseguenze mediche, le leggi aggiornate al 2025, i risarcimenti riconosciuti e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più frequenti dell’errato posizionamento di impianti dentali?
L’implantologia dentale è oggi una delle branche più avanzate e richieste dell’odontoiatria moderna. La possibilità di sostituire uno o più denti mancanti con impianti osteointegrati ha cambiato la vita di milioni di persone, restituendo funzionalità, estetica e sicurezza. Tuttavia, proprio perché si tratta di una procedura chirurgica di precisione, ogni minimo errore può avere conseguenze gravi e, in alcuni casi, irreversibili. L’errato posizionamento di un impianto non è solo una complicanza tecnica: è un fallimento che può compromettere l’intera riabilitazione orale, causare dolore, infezioni, perdita ossea, alterazioni estetiche e persino danni nervosi o sinusali. E troppo spesso questi errori non dipendono da fattori imprevisti, ma da scelte sbagliate, mancanze diagnostiche e sottovalutazioni operative.
Una delle prime cause di errato posizionamento è l’insufficiente pianificazione pre-chirurgica. Un impianto dentale non si improvvisa: richiede studio, misurazioni precise, imaging tridimensionale, analisi dell’osso residuo e progettazione digitale del caso. Quando si lavora solo su una panoramica o su una TAC non segmentata, senza software dedicati o modelli 3D, il rischio di valutare male la posizione ideale aumenta in modo esponenziale. L’impianto viene inserito troppo palatalmente, troppo vestibolarmente, inclinato, troppo vicino ai denti adiacenti o a strutture anatomiche delicate. E da quel momento inizia una catena di problemi clinici e protesici difficile da risolvere.
La mancanza di una guida chirurgica personalizzata è un altro fattore determinante. In passato, gli impianti venivano inseriti “a mano libera”, basandosi sull’occhio clinico e sull’esperienza dell’operatore. Ma oggi, grazie alle tecnologie digitali, è possibile pianificare con precisione millimetrica l’asse, la profondità e la posizione dell’impianto attraverso guide stampate su misura. Quando queste guide non vengono utilizzate – per mancanza di tempo, per contenere i costi o per semplice sottovalutazione – il margine di errore aumenta notevolmente, anche nelle mani più esperte.
L’inesperienza dell’operatore, in molti casi, è il nodo centrale. Non tutti i dentisti che posizionano impianti hanno una formazione chirurgica avanzata. Alcuni si affidano a protocolli standard, senza considerare le variabili individuali. Un impianto posizionato troppo profondamente può perforare il pavimento del seno mascellare o avvicinarsi pericolosamente al nervo alveolare inferiore. Uno inserito troppo superficialmente può esporre le spire e portare a fallimento per mancata osteointegrazione. E quando la biomeccanica è compromessa, neanche la protesi più bella potrà garantire successo nel tempo.
Anche la scarsa valutazione della qualità e quantità ossea è un elemento ricorrente. Se l’osso è scarso in altezza o spessore, o ha una densità troppo bassa, l’impianto deve essere scelto con criteri personalizzati. In alcuni casi serve una rigenerazione ossea prima dell’inserimento. Ma quando si decide di procedere comunque, magari scegliendo impianti troppo corti o inclinati per adattarsi allo spazio disponibile, si rinuncia alla stabilità a lungo termine. Un impianto posizionato in osso inadeguato è come una vite in una parete di cartongesso: inizialmente può reggere, ma crollerà alla prima sollecitazione.
Il mancato rispetto delle distanze biologiche è un’altra causa tecnica spesso ignorata. Un impianto troppo vicino a un altro impianto, o a un dente naturale, può compromettere l’apporto vascolare, causare riassorbimento osseo, infiammazione cronica, perdita precoce di supporto. Se non si mantiene una distanza minima di sicurezza, anche il miglior impianto si troverà circondato da osso che si ritira e da gengive che non guariscono. E il fallimento, in questi casi, non è immediato: arriva dopo mesi o anni, quando l’intero lavoro va rifatto da capo.
L’ignoranza dell’anatomia specifica del paziente è un’altra causa comune. Ogni bocca è diversa. Ci sono pazienti con sinusite cronica, con varianti nervose, con creste ossee asimmetriche o con canali mandibolari superficiali. Se non si analizzano queste variabili con attenzione, un impianto può lesionare un nervo, entrare nel seno mascellare, provocare parestesie, emorragie o dolore cronico. In alcuni casi, l’impianto va rimosso chirurgicamente, con ulteriore danno per il paziente e costi aggiuntivi che potevano essere evitati.
La fase protesica è strettamente legata al posizionamento implantare. Se l’impianto è fuori asse, troppo inclinato, troppo profondo o troppo vestibolare, la realizzazione della corona o della protesi sarà un incubo. Il tecnico dovrà compensare con angolazioni, abutment personalizzati, spessori irregolari. Questo può generare carichi eccessivi, estetica compromessa, difficoltà igieniche. E spesso si arriva a soluzioni instabili, con viti che si allentano, corone che si fratturano, protesi che si decementano. Quando l’impianto è sbagliato, anche la protesi lo sarà. E il paziente sarà il primo a notarlo, a viverlo e a soffrirne.
Nei casi peggiori, il posizionamento errato compromette anche le strutture nervose e vascolari. Il nervo alveolare inferiore è una delle strutture più a rischio. Se viene toccato o lesionato durante la preparazione del sito o l’inserimento dell’impianto, può determinare parestesie permanenti a labbro, mento, gengiva. La sensibilità viene alterata, il paziente avverte formicolii, bruciori, assenza di percezione tattile. E in molti casi questi sintomi non regrediscono più, diventando un danno medico-legale permanente, con risarcimenti anche molto elevati.
Anche il seno mascellare è spesso vittima di errato posizionamento. Un impianto troppo lungo che invade la cavità sinusale può creare infezioni ricorrenti, sinusiti croniche, necessità di rimozione chirurgica. Se il pavimento del seno viene perforato e non si interviene subito, si sviluppano mucositi, reazioni infiammatorie, fistole oro-antrali. La complicanza, in questi casi, non è solo dentale: coinvolge anche l’otorinolaringoiatra, con trattamenti lunghi e dispendiosi.
Dal punto di vista medico-legale, l’errato posizionamento di un impianto è una delle condizioni più facilmente contestabili. Le immagini radiografiche postoperatorie non mentono: mostrano posizione, profondità, angolazione, distanza dalle strutture. Se il danno è evidente e documentato, il professionista difficilmente può sostenere la correttezza della propria scelta. Soprattutto se non sono stati raccolti i consensi specifici, se manca documentazione pre-chirurgica dettagliata, se il paziente non è stato avvisato del rischio. Il contenzioso è quasi certo, e spesso il risarcimento è inevitabile.
In conclusione, posizionare un impianto dentale non è un gesto tecnico: è un atto chirurgico che richiede precisione, pianificazione, formazione e rispetto dell’anatomia. Ogni passaggio ha un significato, ogni millimetro conta. Saltare una fase, improvvisare, sottovalutare un dettaglio può trasformare un trattamento sicuro in una complicanza disastrosa. Serve studio, esperienza, umiltà e tecnologia. Perché un impianto ben posizionato è invisibile, ma un impianto sbagliato diventa visibile per sempre: nel dolore, nella radiografia, e nella memoria del paziente che lo ha subito.
Quali sono gli errori tecnici più frequenti?
- Inserimento obliquo rispetto all’asse dentale corretto;
- Protesizzazione impossibile per angolazione errata;
- Mancato rispetto delle distanze biologiche con denti adiacenti;
- Sovraccarico occlusale non bilanciato;
- Uso di impianti troppo corti o larghi per la sede ossea disponibile;
- Perforazione della corticale ossea vestibolare o linguale.
Quali sono le conseguenze per il paziente?
- Dolore persistente e parestesie (soprattutto in mandibola);
- Infezioni localizzate o osteomielite;
- Fallimento implantare precoce e perdita dell’impianto;
- Difficoltà masticatorie e fonetiche;
- Problemi estetici del sorriso e disarmonia facciale;
- Necessità di interventi ricostruttivi ossei o mucosi.
Quando si configura la responsabilità medica per errato posizionamento di impianti dentali?
L’implantologia è una branca avanzata dell’odontoiatria che consente il ripristino degli elementi dentali mancanti tramite l’inserimento chirurgico di impianti in titanio nell’osso mascellare o mandibolare. È una procedura estremamente diffusa, che offre eccellenti risultati funzionali ed estetici se eseguita con competenza. Tuttavia, come ogni atto chirurgico, richiede una precisione assoluta in tutte le sue fasi: diagnosi, progettazione, esecuzione e controllo post-operatorio. Quando l’impianto viene posizionato in modo scorretto – per inclinazione, profondità, sede o rispetto delle strutture anatomiche – le conseguenze possono essere gravi e la responsabilità del professionista pienamente configurabile.
L’errore può verificarsi già in fase diagnostica, se non vengono raccolti e analizzati correttamente tutti i dati necessari. L’uso di radiografie panoramiche, sebbene utile come primo esame, non è sufficiente per la pianificazione implantare precisa. La Tomografia Computerizzata Cone Beam è oggi considerata lo standard minimo per valutare l’altezza, la larghezza, l’angolazione dell’osso disponibile e, soprattutto, la posizione di strutture critiche come il nervo alveolare inferiore, il seno mascellare, la fossa nasale e le lamine corticali. L’assenza di una TC 3D nella pianificazione di casi complessi può già rappresentare un comportamento clinico inadeguato.
Il posizionamento errato di un impianto può comportare danni strutturali, funzionali, estetici e neurologici. Se un impianto invade il canale mandibolare, può provocare parestesie o anestesie permanenti del labbro, del mento e dei denti inferiori. Se penetra nel seno mascellare senza un protocollo di rialzo adeguato, può causare sinusiti croniche, infezioni e migrazione dell’impianto. Se è inclinato in modo scorretto, compromette l’asse protesico, causando sovraccarichi funzionali, insuccesso dell’integrazione, frattura di componenti o dolore cronico. Se è posizionato troppo vicino a denti naturali, può danneggiarne le radici o interferire con i trattamenti futuri. Tutti questi scenari sono evitabili con una pianificazione accurata e una corretta esecuzione chirurgica.
La responsabilità medica si configura quando l’errore di posizionamento non è riconducibile a un’imprevedibile risposta biologica, ma a una condotta clinica al di sotto degli standard professionali. Se il professionista ha ignorato l’anatomia del paziente, ha eseguito l’intervento senza guida chirurgica, ha scelto la lunghezza o il diametro errato dell’impianto, ha violato i margini di sicurezza dalle strutture anatomiche, o ha effettuato la chirurgia in modo impreciso o approssimativo, l’errore è da considerarsi frutto di imperizia, negligenza o imprudenza.
L’uso delle guide chirurgiche personalizzate rappresenta oggi una misura essenziale di sicurezza. Queste mascherine, progettate digitalmente sulla base della TAC e delle scansioni intraorali, permettono un posizionamento millimetrico dell’impianto, riducendo i margini d’errore umano. Non adottarle in casi complessi, quando ve ne sia l’indicazione, può rappresentare una scelta tecnica discutibile. Ancor più criticabile è la chirurgia eseguita “a mano libera” senza alcuna verifica intraoperatoria radiografica nei distretti posteriori o vicino al canale mandibolare.
Anche la protesizzazione influisce sull’analisi della responsabilità. Un impianto posizionato con un asse non congruo rispetto al piano occlusale o alla protesi futura può generare forze laterali non fisiologiche. Questo porta a instabilità dell’impianto, perdita di osso perimplantare, fallimento dell’osteointegrazione e necessità di rimozione precoce. In alcuni casi, la protesi non può essere realizzata come previsto, costringendo il paziente ad accettare una soluzione meno estetica o più invasiva. Se l’errore è alla base della chirurgia, la colpa non può essere attribuita alla biomeccanica: è un difetto d’origine.
Il consenso informato assume un ruolo decisivo nella configurazione della responsabilità. Il paziente deve essere reso consapevole non solo dei benefici, ma anche dei rischi anatomici specifici, dell’eventuale necessità di tecniche rigenerative, delle alternative terapeutiche (protesi mobile, ponte tradizionale), della durata stimata e dei costi totali. Se il modulo firmato è generico, o se il paziente riferisce di non aver compreso i possibili danni permanenti, l’obbligo informativo risulta violato.
La giurisprudenza italiana ha già affrontato casi in cui il posizionamento scorretto degli impianti ha determinato danni neurologici, estetici o funzionali. In diverse sentenze, i giudici hanno stabilito che l’atto medico, per essere esente da responsabilità, deve rispettare le linee guida, le buone pratiche cliniche e la diligenza richiesta per quel tipo di intervento. Un impianto inserito in prossimità del nervo mandibolare senza aver prima eseguito una TAC è stato ritenuto esempio lampante di imperizia.
La cartella clinica rappresenta il principale strumento di difesa o di accusa. Se è completa di immagini 3D, tracciati delle simulazioni digitali, note operatorie dettagliate, pianificazione condivisa e consenso specifico, il professionista può dimostrare di aver agito con diligenza. In assenza di tale documentazione, o con annotazioni generiche e discordanti rispetto al risultato ottenuto, la condotta appare trascurata e diventa difficilmente difendibile.
Anche la gestione delle complicanze post-operatorie incide sulla valutazione medico-legale. Se il paziente segnala sintomi di parestesia, dolore anomalo o malposizionamento protesico, e il medico minimizza, posticipa i controlli, o non procede con esami di verifica, il danno può aggravarsi e consolidarsi. La mancata rimozione di un impianto evidentemente posizionato male, quando clinicamente indicata, può costituire un’omissione terapeutica con impatto diretto sulla responsabilità.
La struttura sanitaria in cui è avvenuta la chirurgia può essere anch’essa coinvolta se non ha fornito strumenti adeguati o se ha consentito l’intervento senza protocolli minimi di sicurezza. L’assenza di guida chirurgica quando prevista, la mancanza di imaging pre-operatorio, l’uso di impianti non certificati o l’esecuzione dell’intervento in ambienti non idonei sono tutti elementi che aggravano la responsabilità del titolare dello studio o del centro.
La medicina legale può quantificare il danno biologico e morale subito dal paziente, tenendo conto della necessità di nuovi interventi, della compromissione estetica, della sofferenza psichica e della perdita funzionale. In caso di parestesie irreversibili, la valutazione può essere anche molto elevata. Il paziente ha diritto al risarcimento non solo per il fallimento dell’impianto, ma per tutte le conseguenze correlate, anche future.
In conclusione, la responsabilità medica per errato posizionamento di impianti dentali si configura ogniqualvolta l’intervento venga eseguito senza una corretta pianificazione diagnostica, senza il rispetto delle strutture anatomiche, con tecniche inadeguate o senza strumenti di sicurezza, e da ciò derivi un danno permanente o un insuccesso protesico. È una responsabilità che può essere evitata solo attraverso l’adozione scrupolosa di protocolli diagnostici, chirurgici e documentali.
Ogni millimetro conta quando si lavora nell’osso. Ogni asse errato è un rischio che si imprime nel volto. Ogni impianto che non può essere protesizzato è una promessa mancata. Perché nell’implantologia, la precisione non è un’opzione: è la base della fiducia, della funzione e del risultato. E ogni errore che si poteva evitare è un peso che resta, in bocca e nella coscienza.
Quali norme si applicano al risarcimento?
- Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 c.c., per fatto illecito e danno ingiusto;
- Art. 2236 c.c., responsabilità tecnica del professionista;
- Art. 590 c.p., lesioni personali colpose;
- Protocolli implantologici aggiornati al 2025 (linee guida ANDI e FNOMCeO).
Quali risarcimenti sono stati riconosciuti?
- Uomo 58enne con impianto posizionato sul nervo alveolare, parestesia permanente: risarcimento di 240.000 euro;
- Donna con impianto nel seno mascellare, sinusite cronica e tre interventi chirurgici: risarcimento di 280.000 euro;
- Paziente con impianto inclinato e non utilizzabile, perdita di tre elementi dentali: risarcimento di 200.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere giustizia?
In caso di errato posizionamento di impianti dentali, è essenziale rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in responsabilità odontoiatrica e chirurgia implantare.
La tutela comprende:
- Analisi della documentazione radiografica e della cartella clinica;
- Verifica della tecnica chirurgica adottata e degli errori di valutazione;
- Collaborazione con odontoiatri forensi, implantologi esperti e medici legali;
- Valutazione dei danni biologici, estetici, psicologici e patrimoniali;
- Azione risarcitoria in sede civile con possibilità di CTU implantologica.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità lavorano con consulenti esperti in implantologia, chirurgia orale e medicina legale, offrendo una difesa tecnica, solida e documentata per ottenere un risarcimento equo.
Un impianto dentale dovrebbe migliorare la qualità della vita. Quando invece causa dolore e danni permanenti, il paziente ha diritto a giustizia e risarcimento.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: