Cosa si intende per chirurgia orale sbagliata?
La chirurgia orale comprende un ampio insieme di interventi, tra cui l’asportazione di cisti, la rimozione di radici residue, interventi su denti inclusi, chirurgia pre-implantare o rimodellamento osseo. Un’operazione è sbagliata quando, a causa di errori tecnici, diagnosi inadeguate o violazione delle linee guida, il paziente subisce un danno clinico significativo.

Una chirurgia orale eseguita male può provocare:
- Infezioni profonde o osteomieliti;
- Fratture mandibolari;
- Lesioni nervose permanenti;
- Perdita di denti adiacenti;
- Complicanze estetiche o funzionali.
In questi casi, si configura una vera e propria malasanità odontoiatrica, con diritto al risarcimento.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più frequenti di errori e complicanze in caso di chirurgia orale sbagliata?
La chirurgia orale rappresenta un ambito delicatissimo dell’odontoiatria moderna, in cui competenza, tecnica, precisione e sicurezza devono procedere sempre in modo sinergico. Dall’estrazione di denti inclusi all’asportazione di cisti, dalla chirurgia pre-implantare alle apicectomie, ogni intervento richiede pianificazione rigorosa, manualità controllata, conoscenza profonda dell’anatomia maxillo-facciale. Quando anche solo uno di questi elementi viene a mancare, la chirurgia orale può diventare un terreno fertile per errori gravi e complicanze, talvolta irreversibili. E spesso, dietro l’apparente imprevisto operatorio, si cela una catena di leggerezze che avrebbero potuto essere evitate.
Una delle prime cause di errore è una diagnosi iniziale approssimativa o incompleta. Un intervento chirurgico in ambito orale non può prescindere da un’accurata raccolta di dati clinici e radiografici. L’utilizzo di ortopanoramiche, TAC cone-beam, studio dei modelli e anamnesi medica dettagliata non è un optional, ma un dovere professionale. In molti casi di complicanze, si scopre che l’intervento è stato eseguito senza una TAC 3D, senza valutazione del canale mandibolare, senza studio delle strutture vascolari o senza conoscere la presenza di patologie sistemiche. E quando si opera alla cieca, anche il miglior bisturi non basta a proteggere il paziente.
La scelta errata dell’indicazione chirurgica è un altro errore frequente. Ci sono interventi che non andrebbero eseguiti, oppure che dovrebbero essere differiti, o affidati a mani più esperte. Quando si affrontano casi complessi con leggerezza o, peggio ancora, per motivi economici, si aumenta esponenzialmente il rischio di danno. Estrarre un dente con radici vicine al nervo alveolare senza l’adeguata pianificazione, tentare la rimozione di lesioni profonde senza una visione chiara dei margini, posizionare impianti in creste ossee atrofizzate senza innesto preventivo: sono tutti atti che trasformano la chirurgia in un salto nel vuoto.
La tecnica operatoria scorretta o frettolosa è alla base di numerose complicanze. Il tessuto osseo e gengivale è estremamente sensibile alla gestione termica, meccanica e chimica. Se il professionista lavora con frese non sterili, con strumenti smussati, senza irrigazione adeguata, o impone forze eccessive, può provocare necrosi ossea, perforazioni, fratture, emorragie incontrollate. Il sanguinamento, ad esempio, è spesso conseguenza di una lesione del plesso venoso pterigoideo o dell’arteria alveolare inferiore, spesso non riconosciuta fino a intervento concluso. Anche un semplice innesto può provocare rigetto se posizionato senza controllo dell’emostasi.
Il rispetto dell’asepsi è un altro cardine troppo spesso trascurato. Una chirurgia orale deve avvenire in ambiente sterile, con strumenti imbustati, guanti chirurgici, campo operatorio isolato. Se l’igiene viene meno, si aprono le porte a infezioni post-operatorie gravi: ascessi, flemmoni, osteomieliti, sinusiti. Alcuni pazienti, dopo una semplice chirurgia, si ritrovano a dover affrontare cicli di antibiotici prolungati, drenaggi, revisioni chirurgiche. Ma spesso l’errore iniziale è stato banale: uno strumento non sterilizzato correttamente o un aspiratore contaminato.
Il danno nervoso è una delle complicanze più temute e spesso legate a errori tecnici. L’anestesia mandibolare mal eseguita, la rimozione di denti troppo vicini al canale alveolare, il passaggio di frese in profondità possono determinare parestesie temporanee o permanenti a labbro, mento, lingua. Alcuni pazienti raccontano di non riuscire più a percepire la temperatura degli alimenti, di avere la sensazione costante di formicolio o di scosse elettriche. In altri casi, il dolore neuropatico diventa cronico e condiziona la vita quotidiana. Eppure, molti di questi danni potevano essere evitati con una TAC e una pianificazione più prudente.
Anche l’aspetto estetico non deve mai essere sottovalutato. Una chirurgia gengivale sbagliata, un lembo mal riposizionato, una sutura inadeguata possono causare retrazioni, asimmetrie, cicatrici visibili, perdita di papille interdentarie. Quando si interviene nella zona estetica del sorriso, l’impatto psicologico di un errore può essere più devastante di un dolore fisico. Alcuni pazienti smettono di sorridere, si vergognano, evitano rapporti sociali. Ma raramente viene detto loro che un colletto dentale scoperto o un margine gengivale irregolare possono derivare da un errore chirurgico.
Il dolore post-operatorio eccessivo e non previsto è spesso segnale di errore. Un intervento ben condotto deve produrre una risposta infiammatoria controllata, facilmente gestibile con analgesici comuni. Quando il dolore è lancinante, persistente, peggiora nel tempo o si accompagna a gonfiore anomalo e febbre, c’è il sospetto concreto che vi sia stata una complicanza: infezione, emorragia, necrosi o lesione profonda. E in molti casi, la chirurgia è stata più invasiva di quanto richiesto.
La gestione del paziente nel post-operatorio è parte integrante del successo chirurgico. Non basta eseguire bene l’intervento: occorre fornire istruzioni precise, garantire la reperibilità nei giorni successivi, monitorare la guarigione. Se il paziente viene lasciato solo, senza indicazioni su cosa fare in caso di sanguinamento, di gonfiore improvviso, di rottura dei punti, il rischio di aggravamento è concreto. Anche una semplice infezione può diventare grave se non trattata subito. E un buon chirurgo si riconosce anche da quanto segue, non solo da come taglia.
Il consenso informato assente, generico o non personalizzato è una falla che apre la strada al contenzioso. Prima di ogni atto chirurgico, il paziente deve essere informato in modo chiaro dei rischi, delle alternative, dei benefici e delle possibili complicanze. Se non è stato fatto, o se il modulo è stato firmato distrattamente, senza spiegazioni, ogni danno subìto si trasforma in responsabilità certa. E spiegare bene non è un favore: è un obbligo.
Dal punto di vista medico-legale, una chirurgia orale sbagliata è uno degli ambiti più insidiosi e frequenti di denuncia. Il paziente spesso si affida completamente, convinto che “tanto è un’operazione di routine”. E quando il risultato non solo non migliora, ma peggiora la sua condizione iniziale, si sente tradito. Se manca documentazione fotografica, se non ci sono immagini radiografiche pre e post-operatorie, se la cartella è incompleta o se la descrizione dell’intervento è sommaria, difendere il professionista diventa impossibile.
In conclusione, la chirurgia orale è una disciplina ad altissimo valore terapeutico, ma anche ad altissimo rischio se non affrontata con serietà, competenza e umiltà. Ogni taglio deve essere pensato, ogni punto di sutura deve avere un senso, ogni paziente deve essere considerato nella sua interezza, non solo nella sua bocca. Perché un errore chirurgico non è mai solo un taglio fuori posto: è una lesione alla fiducia, alla funzione, alla qualità della vita. E quando un paziente torna a casa con un dolore che non doveva avere, con un volto che non riconosce più, o con una voce che non è stata ascoltata, allora la chirurgia ha fallito il suo primo dovere: quello di guarire senza ferire.
Quando si parla di complicanza inevitabile e quando di errore medico?
Una complicanza è un evento avverso imprevedibile e inevitabile, anche se l’intervento è stato eseguito correttamente. L’errore medico, invece, si verifica quando l’esito dannoso è la conseguenza di un comportamento imprudente, negligente o imperito.
Secondo la giurisprudenza consolidata, l’onere della prova spetta al medico, che deve dimostrare che:
- Ha rispettato tutte le linee guida cliniche;
- Ha informato il paziente in modo esaustivo;
- Ha agito con la massima diligenza.
In caso contrario, il danno è risarcibile.
Quali sono i segni di un errore chirurgico post-operatorio?
Subito dopo un intervento di chirurgia orale, alcuni segnali dovrebbero allarmare:
- Dolore acuto persistente;
- Gonfiore eccessivo e asimmetrico;
- Difficoltà nella masticazione o apertura della bocca;
- Perdita di sensibilità al labbro, guancia o lingua;
- Presenza di fistole o secrezioni purulente.
Tali sintomi indicano possibili complicanze da errore operatorio, che richiedono un intervento immediato e spesso una seconda chirurgia correttiva.
Il consenso informato è obbligatorio anche per la chirurgia orale ambulatoriale?
Sì. Il consenso informato deve essere specifico e dettagliato, non generico. Deve contenere:
- Finalità dell’intervento;
- Rischi connessi, incluse possibili complicanze neurologiche o funzionali;
- Materiali e tecniche impiegate;
- Alternativa terapeutiche disponibili.
L’assenza di un consenso valido può costituire di per sé fonte autonoma di responsabilità medica, come confermato dalla Cass. Civ. n. 28985/2019.
Quando si configura la responsabilità medica per chirurgia orale sbagliata con errori e complicanze?
La chirurgia orale è una branca specialistica dell’odontoiatria che comprende una vasta gamma di interventi, dalla semplice avulsione dentaria fino a procedure più complesse come apicectomie, asportazioni di cisti, rialzi di seno mascellare, innesti ossei e interventi su tessuti molli e duri. Ogni atto chirurgico, anche il più apparentemente semplice, comporta dei rischi e delle implicazioni cliniche che richiedono non solo competenza tecnica, ma anche preparazione diagnostica, comunicazione efficace con il paziente e capacità di gestione delle complicanze. Quando l’intervento chirurgico viene eseguito con imperizia, imprudenza o negligenza, oppure in assenza di adeguata pianificazione e sorveglianza post-operatoria, e da ciò deriva un danno per il paziente, la responsabilità medica è pienamente configurabile.
Il punto di partenza è sempre la diagnosi pre-operatoria. Ogni intervento di chirurgia orale deve essere preceduto da un esame obiettivo approfondito, indagini radiologiche adeguate (in particolare panoramiche, endorali e in molti casi CBCT), valutazione dello stato di salute generale del paziente, della terapia farmacologica in corso, di eventuali allergie e delle condizioni anatomiche locali. Se il professionista omette questa fase o la affronta in modo approssimativo, l’intero intervento poggia su basi incerte e rischiose. La responsabilità si origina, molto spesso, da un errore di valutazione iniziale.
Gli errori tecnici sono una delle principali cause di contenzioso in chirurgia orale. Possono includere: danni accidentali a strutture nobili come il nervo alveolare inferiore, la lesione del seno mascellare, la frattura dell’osso mandibolare, l’asportazione incompleta di lesioni, l’estrazione del dente sbagliato, la cementazione errata di impianti protesici, la mobilizzazione di radici o frammenti in spazi anatomici profondi, l’uso di strumenti non sterili, o l’errata gestione dell’emostasi. Tutti questi eventi, se evitabili con una corretta tecnica chirurgica, non sono semplici complicanze: sono manifestazioni di un errore professionale.
La chirurgia orale non è solo atto tecnico, ma anche atto decisionale. Spesso, il professionista opta per la chirurgia senza esplorare o proporre trattamenti alternativi meno invasivi, oppure affronta interventi complessi senza possedere la preparazione specialistica adeguata. La decisione di operare, così come la scelta della tecnica chirurgica, deve basarsi su linee guida, evidenze scientifiche e conoscenza delle proprie competenze. Il medico che affronta una chirurgia senza averne le capacità, oppure in una struttura non idonea, si assume una responsabilità maggiore, anche in caso di complicanze non direttamente imputabili a negligenza tecnica.
Il consenso informato, in chirurgia orale, deve essere approfondito, personalizzato e comprensibile. Il paziente deve essere messo a conoscenza dei benefici, dei rischi specifici dell’intervento, delle alternative terapeutiche e del possibile decorso post-operatorio. Deve comprendere che ogni chirurgia comporta disagi temporanei (dolore, gonfiore, sanguinamento), ma anche rischi potenziali più gravi (infezioni profonde, lesioni nervose, ascessi, necessità di reintervento). Un modulo generico, non firmato con consapevolezza, o compilato in fretta il giorno stesso dell’intervento, è privo di valore giuridico.
Una delle aree più critiche riguarda la gestione delle complicanze post-operatorie. Infezioni, deiscenze, emorragie tardive, dolore persistente, difficoltà nell’apertura della bocca, alterazioni della sensibilità o della fonazione devono essere riconosciute e trattate con tempestività. L’odontoiatra ha l’obbligo di eseguire controlli ravvicinati, fornire istruzioni scritte per la gestione domiciliare, rendersi reperibile in caso di urgenza e, se necessario, indirizzare il paziente a uno specialista o a una struttura ospedaliera. Ignorare o minimizzare i segnali di allarme può trasformare una complicanza prevedibile in un danno irreversibile.
Anche il controllo dell’ambiente operatorio è responsabilità diretta del professionista. L’intervento chirurgico deve essere eseguito in condizioni di massima sicurezza igienica, con strumenti sterili, materiali certificati e assistenza qualificata. L’assenza di diga, aspiratori chirurgici, aspirazione sterile o illuminazione adeguata può aumentare il rischio di contaminazione, errori tecnici o omissioni. Ogni carenza strutturale o organizzativa che abbia un impatto sull’esito clinico dell’intervento è parte integrante della responsabilità medica.
La cartella clinica deve contenere una descrizione dettagliata dell’intervento, inclusi: motivazione della scelta terapeutica, strumenti utilizzati, complicanze intraoperatorie, farmaci somministrati, tempi di esecuzione, modalità di sutura, prescrizioni post-operatorie e note sul follow-up. L’assenza di queste informazioni rende difficile dimostrare che l’intervento sia stato eseguito secondo le regole dell’arte. Inoltre, ogni evento che non è stato documentato, ma viene successivamente riferito dal paziente, può essere considerato come una negligenza non gestita.
La giurisprudenza italiana è intervenuta in molte occasioni per valutare la responsabilità derivante da errori in chirurgia orale. I casi più frequenti riguardano la lesione del nervo alveolare inferiore non diagnosticata e non trattata in tempo, l’asportazione incompleta di neoformazioni, le infezioni non intercettate, la gestione errata di emorragie, la perdita di impianti per carente osteointegrazione non preceduta da indagini diagnostiche. In tutti questi episodi, la responsabilità è stata riconosciuta quando l’evento era prevedibile e prevenibile, oppure quando la gestione post-chirurgica è risultata inadeguata.
Anche la struttura sanitaria può essere chiamata a rispondere. Se l’intervento è avvenuto in ambienti non conformi, se il personale assistente non era qualificato, se i materiali erano scaduti o privi di certificazione, oppure se l’intervento è stato eseguito da soggetti non iscritti agli albi professionali o privi di abilitazione specifica, la responsabilità si estende in solido alla struttura, che è tenuta a rispondere sia sul piano civile che disciplinare.
Le conseguenze di una chirurgia orale sbagliata possono essere gravi e durature. Il paziente può riportare danni neurologici permanenti (parestesie, disestesie, anestesie), difficoltà masticatorie, perdita di elementi dentari non compromessi, fistole, comunicazioni oro-sinusali, dolore cronico, retrazioni gengivali, necessità di reinterventi o addirittura ripercussioni estetiche e psicologiche rilevanti. Tutti questi esiti, se evitabili o non gestiti con diligenza, sono risarcibili in sede medico-legale.
In conclusione, la responsabilità medica per chirurgia orale sbagliata si configura ogniqualvolta il professionista agisca senza una corretta valutazione pre-operatoria, adotti tecniche inadeguate, non gestisca le complicanze, non informi il paziente in modo completo o non garantisca un ambiente operatorio sicuro, e da tale condotta derivi un danno al paziente. È una responsabilità che non si esaurisce nel momento dell’intervento, ma che comprende l’intero processo decisionale, operativo e relazionale.
Ogni bisturi maneggiato senza coscienza può tagliare più della carne. Ogni silenzio davanti a un dolore post-operatorio è una voce che si spegne nella fiducia. Ogni intervento chirurgico non necessario è una ferita inutile che resta nella memoria del paziente. Perché la chirurgia non è solo tecnica: è precisione, previsione e presenza. E dove manca anche uno solo di questi elementi, la responsabilità non tarda ad arrivare.
Come si dimostra che l’intervento è stato eseguito in modo scorretto?
Attraverso una perizia odontoiatrica forense, fondata su:
- Radiografie e TAC pre/post-operatorie;
- Cartella clinica e descrizione dell’intervento;
- Analisi della condotta operatoria rispetto alle linee guida.
La perizia può essere di parte (commissionata dall’avvocato) o affidata a un CTU in sede giudiziale.
Cosa succede se la documentazione clinica è incompleta o assente?
L’assenza della documentazione costituisce grave responsabilità della struttura sanitaria o del professionista. In base al principio della presunzione di responsabilità, il giudice può ritenere che l’intervento sia stato eseguito in modo scorretto se il medico non prova il contrario.
Dentista e struttura rispondono in modo diverso?
Sì:
- Il dentista libero professionista risponde per responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.);
- La struttura sanitaria risponde per responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), anche per colpa del personale.
La differenza incide sulla prescrizione (5 anni per extracontrattuale, 10 per contrattuale) e sul carico della prova (più pesante per la struttura).
Come si può ottenere il risarcimento?
- Raccolta della documentazione clinica;
- Consulto con un avvocato esperto in malasanità odontoiatrica;
- Perizia medico-legale odontoiatrica;
- Inoltro di diffida formale;
- Avvio di mediazione obbligatoria o accertamento tecnico preventivo (ATP);
- Causa civile ordinaria, se non si raggiunge un accordo.
Perché rivolgersi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Solo avvocati specializzati in contenziosi sanitari odontoiatrici possono gestire con efficacia casi complessi come quelli di chirurgia orale sbagliata. Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Conoscono le linee guida e le tecniche chirurgiche del settore orale e maxillo-facciale;
- Lavorano con odontoiatri forensi e specialisti in chirurgia orale;
- Redigono atti completi, tecnicamente fondati, persuasivi;
- Gestiscono con lucidità sia la fase stragiudiziale (mediazione, ATP) che quella giudiziale;
- Valorizzano ogni voce di danno: biologico, estetico, patrimoniale e morale;
- Affrontano cliniche, assicurazioni e studi privati con strategia, rigore e metodo.
Ogni paziente viene ascoltato, tutelato, accompagnato fino al riconoscimento integrale del suo diritto. L’obiettivo è uno solo: trasformare un danno subito in un risarcimento pieno e giusto.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: