Che cos’è il rialzo del seno mascellare e perché è un intervento delicato?
Il rialzo del seno mascellare è una procedura chirurgica odontoiatrica che consente di aumentare l’altezza dell’osso mascellare superiore, creando lo spazio necessario per l’inserimento di impianti dentali in pazienti con osso residuo insufficiente. Si tratta di un intervento complesso, eseguito in anestesia locale o sedazione, che richiede altissima precisione tecnica.

L’operazione prevede l’apertura di una finestra ossea laterale per sollevare delicatamente la membrana del seno mascellare (membrana di Schneider) e inserire materiale da innesto osseo. Se non eseguito correttamente, può causare danni gravi e invalidanti.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze legate a un rialzo del seno mascellare sbagliato?
Il rialzo del seno mascellare è considerato oggi uno degli interventi più diffusi e sofisticati della chirurgia pre-implantare. Consente di aumentare il volume osseo nell’arcata superiore posteriore quando, a causa dell’atrofia ossea o della pneumatizzazione del seno, non c’è spazio sufficiente per posizionare un impianto dentale in sicurezza. È un intervento che, se ben eseguito, permette il recupero funzionale ed estetico di un’area critica, migliorando la qualità della vita del paziente. Ma quando il rialzo del seno viene effettuato in modo scorretto, senza le necessarie competenze o senza una pianificazione dettagliata, le conseguenze possono essere gravissime, sia per l’impianto che per la salute generale del paziente.
Una delle principali cause di complicanze è una valutazione pre-operatoria carente. Il professionista deve accertarsi con esami radiologici approfonditi (soprattutto con TAC cone-beam) della morfologia e dell’altezza del pavimento del seno, della presenza di eventuali setti ossei, dell’integrità della membrana di Schneider e della salute dell’intero apparato sinusale. Se ci si affida esclusivamente a una panoramica o a immagini datate, si può entrare chirurgicamente in una zona già infiammata, o tentare un innesto osseo in uno spazio anatomicamente inadatto. Molti fallimenti nascono già prima dell’apertura del lembo, per una diagnosi condotta con superficialità.
L’approccio chirurgico errato è un altro fattore determinante. Esistono due principali tecniche per il rialzo: quella laterale, indicata nei casi di maggiore atrofia, e quella transcrestale, meno invasiva e riservata a condizioni ossee più favorevoli. Se si sceglie la via più semplice per inesperienza o per abbreviare i tempi, si rischia di rompere la membrana, perdere il controllo della cavità e compromettere la stabilità dell’innesto. L’intervento deve essere guidato da un’esatta conoscenza anatomica e da una pianificazione tridimensionale. Quando si improvvisa, anche un piccolo errore può trasformarsi in una complicanza con impatto permanente.
La perforazione della membrana sinusale è l’errore tecnico più frequente. Può avvenire durante l’apertura della finestra laterale, per un uso maldestro di frese o strumenti chirurgici non adatti, oppure durante la dislocazione del pavimento sinusale, se si applica troppa forza o se si lavora senza visione diretta. Una membrana danneggiata può portare al collasso dell’innesto, alla dispersione del biomateriale, all’invasione del seno con batteri orali. Le infezioni che ne derivano possono manifestarsi dopo giorni o settimane, con sintomi come sinusite acuta, febbre, dolore orbitale, secrezioni nasali maleodoranti. E la pazienza clinica del paziente si trasforma rapidamente in emergenza medica.
Anche l’uso di materiali inadeguati è fonte di complicanze. Il biomateriale utilizzato per l’innesto deve essere biocompatibile, stabile nel tempo, integrabile con l’osso residuo. Se si utilizzano materiali di scarsa qualità, non certificati, o se vengono contaminati durante la procedura, si rischiano rigetti, infezioni o mancata osteointegrazione. Alcuni casi clinici documentano la fuoriuscita del materiale da punti di sutura mal chiusi o addirittura attraverso il naso, a testimonianza della comunicazione oro-antrale creata. Un osso finto che esce dalla narice è la fotografia simbolica di una chirurgia disastrosa.
La gestione dell’infezione post-operatoria è una fase critica che molti sottovalutano. Dopo il rialzo, il paziente deve essere monitorato con attenzione, sia clinicamente che radiograficamente. Se compaiono segni di infezione come gonfiore persistente, dolore crescente, febbre, difficoltà respiratorie, occorre intervenire subito. Alcuni operatori, per paura di dover rimuovere l’innesto o di perdere l’impianto, aspettano troppo a lungo, somministrano antibiotici a caso o minimizzano i sintomi. In questi casi, l’infezione si cronicizza, si diffonde nei seni paranasali o addirittura nel setto nasale. E il paziente non solo perde l’impianto, ma affronta settimane di terapia medica e chirurgica.
Il fallimento dell’osteointegrazione dell’impianto è un’altra conseguenza diretta di un rialzo mal riuscito. Se l’innesto osseo non è stato ben eseguito, se l’area resta instabile o contaminata, l’impianto posizionato successivamente non potrà ancorarsi solidamente. Alcuni impianti si mobilizzano dopo pochi mesi, altri si perdono spontaneamente senza che vi siano segni evidenti di infezione. Nei casi peggiori, entrano direttamente nella cavità sinusale, creando un corpo estraneo in movimento che provoca infezioni ricorrenti. Il paziente che pensava di aver recuperato un dente si ritrova con un’infezione cronica e una bocca da ricostruire.
Anche il sanguinamento abbondante durante l’intervento è una complicanza frequente quando manca esperienza chirurgica. L’arteria alveolare posteriore superiore può essere danneggiata durante la preparazione della finestra ossea, generando emorragie difficili da controllare in campo ridotto. Se l’intervento è condotto senza assistenza qualificata o senza strumenti adeguati, si rischia di interrompere la procedura, lasciare l’intervento a metà o peggiorare la situazione con manovre d’emergenza. Il paziente, svegliandosi con dolore e tumefazioni, non sa che quello che doveva essere un intervento programmato si è trasformato in una gestione da urgenza.
Anche l’aspetto estetico e funzionale va tenuto in considerazione. Se il rialzo viene eseguito senza valutare la posizione finale della corona protesica, l’altezza gengivale, la distribuzione dei carichi occlusali, il rischio è di ottenere un impianto “in sede” ma non utilizzabile: troppo profondo, inclinato, non allineato con gli altri denti. La corona appare sproporzionata, difficile da pulire, poco stabile. Il paziente, dopo mesi di attesa e spese, scopre che il dente promesso non è né bello né funzionale.
Dal punto di vista medico-legale, il rialzo del seno mascellare è una delle procedure più contestate in implantologia avanzata. I pazienti spesso lamentano dolore prolungato, recidive di infezione, perdita dell’impianto o necessità di ulteriori interventi. Se la cartella clinica non documenta correttamente i passaggi chirurgici, se non è stato ottenuto un consenso informato chiaro e personalizzato, o se mancano controlli radiografici successivi, la responsabilità del professionista è difficilmente difendibile.
In conclusione, il rialzo del seno mascellare è un intervento ad altissima efficacia ma anche ad alto rischio, se non viene gestito con rigore chirurgico e consapevolezza clinica. Ogni passaggio, dalla valutazione iniziale alla scelta del materiale, dall’atto operatorio al follow-up, deve essere governato da una logica di precisione, prudenza e rispetto anatomico. Perché quello che viene chiamato “semplice rialzo” è in realtà un atto chirurgico profondo, vicino a strutture vitali, con ripercussioni che vanno ben oltre l’arcata dentaria. E quando qualcosa va storto, non si perde solo un impianto: si perde fiducia, salute e tempo prezioso di vita del paziente.
Quando si configura la responsabilità medica per rialzo del seno mascellare sbagliato e complicanze odontoiatriche?
Il rialzo del seno mascellare è una procedura chirurgica di alta specializzazione, finalizzata ad aumentare il volume osseo in sede posteriore del mascellare superiore, rendendolo idoneo all’inserimento di impianti dentali. Si tratta di un intervento frequentemente utilizzato in implantologia, soprattutto quando la quantità di osso residuo sotto il seno mascellare è insufficiente per garantire la stabilità di un impianto. Tuttavia, nonostante sia una procedura ben codificata, il rialzo del seno mascellare è gravato da rischi significativi e, se eseguito con leggerezza, senza adeguata preparazione o con errori tecnici, può causare complicanze odontoiatriche anche gravi, che configurano pienamente una responsabilità medica.
Il primo aspetto fondamentale è la corretta selezione del paziente. Il rialzo del seno non è un intervento indicato per tutti i soggetti con atrofia mascellare. È necessaria una valutazione approfondita della salute sistemica, della presenza di sinusopatie attive o pregresse, della qualità e quantità di osso residuo, dello stato delle mucose, della relazione con le radici dei denti vicini e della conformazione anatomica del seno stesso. L’omissione di queste valutazioni, o il ricorso all’intervento in pazienti non idonei, rappresenta già un primo atto di imprudenza clinica.
Gli esami diagnostici devono includere sempre una CBCT (Cone Beam Computed Tomography), che consente di valutare tridimensionalmente la cavità sinusale, la presenza di setti ossei, l’eventuale ispessimento della mucosa di Schneider e la relazione con le strutture vascolari. Qualsiasi intervento eseguito in assenza di CBCT, oppure dopo una semplice panoramica, è considerato oggi inadeguato e non conforme agli standard minimi di sicurezza.
Dal punto di vista tecnico, il rialzo del seno può essere eseguito mediante approccio laterale (classico) o transcrestale (mini-invasivo), a seconda della quantità di osso residuo. La tecnica scelta deve essere coerente con l’anatomia del paziente: forzare un rialzo per via transcrestale con meno di 4 mm di osso, oppure affrontare un seno particolarmente sottile senza protezione delle pareti, espone il paziente a rischi concreti e ingiustificabili di perforazione della membrana, infezioni post-operatorie o perdita dell’innesto.
La perforazione della membrana di Schneider è la complicanza intraoperatoria più frequente. Se non viene gestita adeguatamente, può compromettere l’integrazione dell’innesto osseo, favorire la migrazione del materiale da innesto nella cavità sinusale, causare infezioni croniche e dolore persistente. L’errore non sta tanto nel verificarsi della perforazione, quanto nel non riconoscerla, nel non gestirla, o nel continuare l’intervento come se nulla fosse.
Anche la scelta del materiale da innesto deve essere ragionata. L’impiego di materiali eterologhi o sintetici non certificati, il mescolamento non sterile o la mancanza di membrane di contenimento in caso di difetti ossei significativi possono determinare fallimenti rigenerativi, rigetto del materiale, infiammazioni croniche e perdita ossea. Quando il medico non adotta le misure di protezione previste dai protocolli internazionali, si espone ad una responsabilità per negligenza.
Una delle complicanze odontoiatriche più gravi è la sinusite post-operatoria cronica. Il rialzo mal eseguito può infettare il seno mascellare, ostruire l’ostio di scarico, causare ristagno di secrezioni, febbre, cefalea, alitosi e dolore facciale. Nei casi peggiori, l’infezione si estende ai tessuti molli o agli impianti stessi, che vengono perduti prima ancora della loro osteointegrazione. La mancata diagnosi tempestiva della sinusite, o la sottovalutazione dei sintomi post-operatori, costituisce una condotta omissiva rilevante.
Un altro errore grave è l’inserimento dell’impianto contemporaneamente al rialzo in condizioni non adatte. L’inserzione immediata dell’impianto può essere effettuata solo quando c’è un minimo di stabilità primaria, almeno 4-5 mm di osso residuo e l’integrità della membrana è garantita. Se si forza un impianto su un sito non ancora rigenerato, senza stabilità o su membrana perforata, si compromette l’intero esito chirurgico.
La gestione del decorso post-operatorio richiede attenzione costante. Il paziente deve ricevere istruzioni chiare su comportamenti da evitare (soffiare il naso, starnuti forzati, immersioni, voli aerei) e sulla terapia antibiotica, antinfiammatoria e decongestionante. Deve essere previsto un follow-up con controlli clinici e radiografici. Il medico che non fornisce indicazioni dettagliate o non controlla l’andamento della guarigione si rende responsabile di eventuali complicanze non intercettate.
Il consenso informato deve essere specifico, completo e coerente con il caso clinico. Il paziente deve sapere che si tratta di un intervento chirurgico, che esistono rischi di infezione, dolore, sinusite, rigetto dell’innesto, necessità di rimuovere il materiale, oppure di sospendere il percorso implantare. Se queste informazioni non sono state comunicate in modo chiaro, e si verifica una delle complicanze citate, il paziente può legittimamente contestare il trattamento e richiedere un risarcimento.
La cartella clinica è il documento centrale per valutare se il trattamento è stato eseguito correttamente. Deve contenere: anamnesi dettagliata, esami pre-operatori, referti CBCT, descrizione dell’intervento, materiale utilizzato, eventuali complicanze intraoperatorie, istruzioni post-chirurgiche, controlli successivi e segnalazioni del paziente. L’assenza di una cartella ben redatta è di per sé una forma di negligenza documentale.
La giurisprudenza ha riconosciuto in più occasioni la responsabilità dell’odontoiatra per rialzi del seno mascellare eseguiti in modo inappropriato. I casi più frequenti riguardano: perforazioni non gestite, inserimenti forzati di impianti, sinusiti recidivanti, materiali espulsi, dolore cronico, interventi su pazienti non idonei o privi di un consenso valido. La Corte ha ribadito che la chirurgia implantare avanzata, come il rialzo del seno, richiede competenze specifiche e rispetto rigoroso dei protocolli.
Anche le strutture sanitarie possono essere coinvolte se l’intervento è stato eseguito in ambienti non autorizzati, con materiali non certificati, o senza la presenza di personale esperto e formato. Se il paziente ha subito un danno per un trattamento “standardizzato” senza valutazione individuale, la responsabilità organizzativa è evidente.
I danni causati da un rialzo del seno mal eseguito sono spesso gravi e duraturi. Si va da sinusiti croniche a lesioni nervose, da perdita di impianti a perforazioni permanenti del pavimento sinusale, da dolore persistente a impossibilità di procedere con la riabilitazione protesica. Il paziente può subire non solo danni biologici, ma anche economici, morali, psicologici e professionali.
In conclusione, la responsabilità medica per rialzo del seno mascellare sbagliato si configura ogniqualvolta il professionista non effettua una diagnosi completa, non valuta correttamente l’idoneità del paziente, utilizza tecniche o materiali inadeguati, gestisce male le complicanze o non garantisce un follow-up coerente, e da ciò deriva un danno. È una responsabilità che nasce dall’illusione che l’implantologia sia semplice, quando in realtà richiede la massima precisione.
Ogni rialzo fatto male è una caduta nella fiducia del paziente. Ogni impianto che si perde prima ancora di integrarsi è una speranza delusa. Ogni dolore ignorato dietro il seno mascellare è un allarme che chiama giustizia. Perché l’osso si può rigenerare, ma la fiducia, una volta perforata, non si rialza così facilmente.
Quando si può parlare di responsabilità del dentista o del chirurgo orale?
Il professionista risponde quando:
- Non ha eseguito le necessarie analisi diagnostiche pre-intervento;
- Ha violato le linee guida SIdCO o le raccomandazioni cliniche per l’implantologia;
- Non ha fornito un consenso informato adeguato e completo;
- Ha utilizzato tecniche chirurgiche obsolete o non validate;
- Non ha seguito il paziente nel post-operatorio con controlli e radiografie.
La responsabilità non dipende dal risultato, ma dalla condotta adottata rispetto agli standard professionali.
Cosa deve contenere il consenso informato per un rialzo del seno mascellare?
Il consenso deve essere specifico, chiaro, personalizzato. Deve indicare:
- I rischi chirurgici più frequenti (perforazione, sinusite, emorragie);
- La durata prevista della guarigione e le possibili complicanze a lungo termine;
- Le alternative terapeutiche disponibili;
- Le conseguenze in caso di fallimento dell’intervento.
Un modulo generico firmato non basta. Il paziente deve essere messo in grado di decidere consapevolmente, altrimenti il trattamento è considerato illecito anche se tecnicamente corretto.
Quali danni sono risarcibili dopo un rialzo del seno mascellare sbagliato?
Sono risarcibili:
- Danno biologico temporaneo (giorni di dolore, infezione, febbre);
- Danno biologico permanente (sinusite cronica, danni ossei, perdita definitiva dell’impianto);
- Danno estetico (gonfiore persistente, asimmetrie);
- Danno morale (sofferenza psicologica, ansia, stress);
- Danno patrimoniale (spese mediche, impossibilità lavorativa, rifacimento dell’intervento).
Esempio con le Tabelle di Milano 2025:
- 45 giorni di invalidità temporanea: 4.500 €
- 8 punti di invalidità permanente: 7.600 €
- Danno estetico e morale: 6.000 €
- Spese odontoiatriche e chirurgiche: 5.000 €
Totale stimato: circa 23.100 €
Come si accerta che il rialzo del seno mascellare è stato eseguito in modo scorretto?
La prova si basa su:
- TAC pre e post-intervento;
- Referti specialistici (otorino, radiologo);
- Cartella clinica chirurgica e annotazioni operatorie;
- Perizia medico-legale odontoiatrica.
Se il professionista non è in grado di produrre documentazione completa e coerente, la responsabilità può essere presunta a suo carico.
Chi è responsabile: solo il dentista o anche la clinica odontoiatrica?
Dipende dal rapporto contrattuale:
- Se il chirurgo opera come libero professionista, risponde in proprio;
- Se l’intervento è svolto all’interno di una clinica, risponde anche la struttura sanitaria (art. 2049 c.c.);
- Se ci sono difetti organizzativi (strumenti non idonei, assenza di radiografie, mancanza di sterilità), la responsabilità della clinica è piena.
Quali sono i tempi per chiedere un risarcimento?
Il termine di prescrizione è:
- 10 anni per responsabilità contrattuale (contro cliniche e studi associati);
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale (contro il dentista libero);
- 2 anni per il profilo penale (lesioni colpose, art. 590 c.p.).
La decorrenza inizia dal momento in cui il paziente scopre il danno e ne comprende l’origine clinica.
Come si avvia la procedura legale per il risarcimento?
Il paziente deve:
- Recuperare la documentazione medica completa;
- Farsi assistere da un avvocato esperto in malasanità odontoiatrica;
- Ottenere una perizia odontoiatrica forense di parte;
- Inviare una diffida risarcitoria stragiudiziale;
- Partecipare a una mediazione o a un accertamento tecnico preventivo (ATP);
- In caso di esito negativo, promuovere causa civile.
Perché rivolgersi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
I casi di rialzo del seno mascellare sbagliato rientrano tra i più complessi della chirurgia orale e richiedono una preparazione giuridica e clinica avanzata. Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Conoscono le linee guida per la chirurgia pre-implantare e le norme aggiornate al 2025;
- Lavorano con medici legali odontoiatri e otorini specializzati;
- Sanno quantificare con precisione ogni tipo di danno: biologico, morale, estetico, funzionale;
- Conducono mediazioni e contenziosi giudiziari con tecnica, rigore e forza argomentativa;
- Redigono atti solidi, supportati da perizie e documenti;
- Affiancano il paziente in ogni fase, spiegando in modo semplice ogni passaggio.
Ogni errore chirurgico ha un impatto reale sulla vita delle persone. Per questo i nostri avvocati non si limitano a chiedere un rimborso, ma ottengono un risarcimento completo, equo e fondato su elementi concreti.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: