La malasanità è un termine generico – non dotato di precise definizioni codicistiche – che indica le condotte colpose o dolose di medici, operatori sanitari o strutture sanitarie che cagionano un danno al paziente. In pratica si tratta di errori diagnostici o terapeutici, carenze organizzative, imperizia o negligenza nella prestazione sanitaria che causano lesioni personali, aggravamento di malattie o perfino la morte.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Inquadrando la malasanità nell’ordinamento italiano, va subito sottolineato che la Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale della persona: l’art. 32 Cost. stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Da questo principio discende che ogni soggetto leso da un comportamento sanitario colposo o negligente ha diritto al risarcimento del danno subito.
Tipologie di danno risarcibili. In caso di malasanità si possono verificare diversi tipi di danno. In primo luogo danni alla persona, che possono essere patrimoniali e non patrimoniali. Rientrano nei danni patrimoniali le spese mediche sostenute (ticket, visite, farmaci, riabilitazione) e gli eventuali mancati guadagni (per il periodo di inabilità al lavoro). Ai danni non patrimoniali appartengono invece:
- il danno biologico, cioè la lesione all’integrità psicofisica (es.: invalidità permanente, temporanea, dolore fisico);
- il danno morale, ossia la sofferenza interiore, lo stato d’animo negativo e l’angoscia provocati dall’evento (dolore, ansia, depressione, perdita del proprio equilibrio psichico);
- il danno esistenziale (anche se tale categoria non è riconosciuta come autonoma dalla giurisprudenza, rientra nell’idea di danno alla vita di relazione);
- il danno tanatologico, ovvero l’offesa alla sensibilità dei familiari per il decesso del paziente (danno “catastrofale” che si verifica tra il momento dell’evento lesivo e la morte;
- il danno alla perdita del rapporto parentale (danno morale dei congiunti per la morte di un familiare).
Se il paziente è deceduto, agli eredi spettano sia il danno patrimoniale (ad esempio mancato sostegno economico dovuto alla perdita di reddito del defunto) sia il danno non patrimoniale che riguarda i prossimi congiunti. In particolare, l’art. 2059 c.c. stabilisce che, in caso di morte della vittima di un illecito, i danni non patrimoniali sofferti dal coniuge e dagli altri familiari (come sofferenza e angoscia nel perdere la persona cara) rientrano tra le voci risarcibili. Inoltre la Corte di Cassazione ha riconosciuto che anche la cosiddetta sofferenza catastrofale (la sofferenza provata dalla vittima tra il danno e la morte) è risarcibile a favore degli eredi in base al medesimo art. 2059 c.c..
In sintesi, sono risarcibili:
- Danno patrimoniale: spese mediche e di assistenza, perdita di guadagno, spese funerarie, ecc.
- Danno biologico e morale del paziente: lesioni fisiche subite, dolore, sofferenza.
- Danno morale ed esistenziale del paziente: angoscia, privazione di serenità e tempo di vita in salute.
- Danno tanatologico/danno catastrofale: sofferenza della vittima tra evento e decesso (riscatta agli eredi).
- Danno patrimoniale degli eredi: perdita di supporto economico, spese sostenute dai familiari.
- Danno morale dei familiari: perdita affettiva e psicologica legata alla morte o invalidità grave del congiunto.
Ogni caso è differente e il risarcimento è parametrato all’effettivo pregiudizio subito, tenendo conto anche della gravità dell’errore medico. I danni biologico, morale e patrimoniale possono essere determinati tramite tabelle (es. tabelle per invalidità permanente, tabelle delle vacanze-contrattuali per lesioni psichiche, ecc.), mentre il danno morale famigliare viene liquidato in base alle circostanze del caso concreto.
Fondamenti giuridici: Costituzione, Codici e normative sanitarie
Il risarcimento del danno da malasanità trova fondamento in varie fonti del diritto.
Costituzione: Come detto, l’art. 32 Cost. sancisce il principio del diritto alla salute. Inoltre, l’art. 2 Cost. tutela i diritti inviolabili della persona (da cui si ricava implicitamente anche il diritto alla dignità della persona malata), e l’art. 3 Cost. garantisce uguaglianza e non discriminazione nell’accesso alle cure. Il rispetto della dignità umana vieta trattamenti degradanti e obbligatori senza necessità (comma 2 dell’art. 32 sul consenso informato). Questi principi costituzionali fondano eticamente l’obbligo di erogare cure adeguate e di risarcire le vittime degli eventuali errori.
Codice Civile: Gli articoli fondamentali sono:
- Art. 2043 c.c. (responsabilità extracontrattuale): «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Si tratta della cosiddetta responsabilità aquiliana (o extracontrattuale). In caso di malasanità, se non c’è un vincolo contrattuale diretto con il paziente (o se si agisce in via del tutto autonoma rispetto al contratto), si applica questa norma.
- Art. 2050 c.c. (responsabilità per attività pericolose): dispone che chi causa danno nell’esercizio di un’attività considerata pericolosa per sua natura o per i mezzi utilizzati è responsabile del danno, a meno che provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. La giurisprudenza talvolta applica questa norma in contest di attività sanitarie, in quanto la medicina ospedaliera comporta l’uso di strumentazioni invasive o di sostanze pericolose. In pratica l’ospedale e il medico potrebbero rispondere sulla base di questo articolo per i rischi intrinseci all’attività medica.
- Art. 2236 c.c. (responsabilità del prestatore d’opera intellettuale): dispone una deroga per i professionisti. Stabilisce che “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera (es.: il medico) non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.”. In altre parole, se un intervento medico era particolarmente complesso e il medico ha agito secondo le regole dell’arte (leges artis), lo si ritiene esente da responsabilità a meno di colpa grave. Questo articolo è spesso richiamato nei casi di errore medico per valutare il grado di colpa del sanitario.
Oltre a questi, altri articoli del codice civile rilevanti sono:
- Art. 1227 c.c.: impone al danneggiato di ridurre il danno (c.d. obbligo di mitigation). La Cassazione ha chiarito che questo dovere non impone al paziente di rinunciare a interventi correttivi che rientrano nella normale cura.
- Art. 1228 c.c. e 1229 c.c.: norme sulla responsabilità solidale e pro-quota in materia di obbligazioni, utili se vi sono più responsabili (es. medico e struttura).
- Art. 2049 c.c.: responsabilità dei genitori per i figli minorenni e dei tutori. Può avere rilievo se il paziente è minore (il genitore/tutore può rispondere delle condotte del minore).
- Art. 2059 c.c.: (danni non patrimoniali dovuti a morte o lesioni) riconosce risarcimento ai familiari in caso di morte o lesione grave. In particolare, per morte di una persona la norma stabilisce il risarcimento ai famigliari.
Codice Penale: L’evento illecito sanitario può configurare anche reati. I principali sono:
- Art. 590 c.p. (lesioni personali colpose): punisce con reclusione fino a 3 mesi (o multa) chi procura a qualcuno una lesione personale per colpa. Le pene aumentano per lesioni gravi o gravissime.
- Art. 589 c.p. (omicidio colposo): punisce con la reclusione da 6 mesi a 5 anni chi cagiona la morte di una persona per colpa.
Con la legge 24/2017 (cd. Gelli-Bianco) è stato introdotto l’art. 590-sexies c.p. che disciplina specificatamente la responsabilità colposa in ambito sanitario. In sintesi, se un sanitario cagiona lesioni gravi o morte per colpa (negligenza o imprudenza), si applicano le pene ordinarie degli artt. 589 e 590 c.p.; tuttavia la riforma prevede l’esclusione della punibilità nel caso di colpa da imperizia (ossia inesperienza), purché il sanitario abbia applicato linee guida o buone pratiche appropriate al caso. In altre parole, per le sole negligenze il medico è imputabile, mentre l’imperizia è “scusata” se il medico ha rispettato gli standard sanitari aggiornati.
Normativa sanitaria speciale: Sono rilevanti diverse leggi sanitarie:
- Legge n. 833/1978 (istituzione del Servizio Sanitario Nazionale): attribuisce compiti e responsabilità alle ASL e alle strutture ospedaliere. Ad esempio, l’art. 19, comma 4, stabilisce che utenti hanno diritto di accedere ai servizi sanitari delle ASL locali. La Corte di Cassazione ha interpretato questa norma come fondamento della responsabilità diretta della struttura sanitaria per gli atti (anche colposi) dei medici convenzionati: se un medico convenzionato provoca danni, la struttura risponde direttamente per legge.
- Legge n. 24/2017 (Gelli-Bianco): riforma organica della responsabilità sanitaria. Introduce, oltre agli aspetti penali già citati, l’obbligo per aziende sanitarie e professionisti di disporre di assicurazione professionale adeguata (massimali minimi stabiliti dalla legge) e istituisce un Fondo di garanzia statale per i casi non coperti dall’assicurazione. La legge pone l’accento sulla prevenzione degli errori (promuovendo la sicurezza delle cure come parte del diritto alla salute), prevede la pubblicazione dei dati sui risarcimenti, e introduce innovazioni nelle procedure di nomina dei consulenti tecnici in giudizio (art. 15 legge 24/2017).
- Legge n. 219/2017: disciplina il consenso informato e il biotestamento. Rafforza il diritto del paziente all’informazione e all’autodeterminazione terapeutica. L’assenza di un corretto consenso può comportare risarcimento per violazione del diritto all’autodeterminazione, come riconosceva la Cassazione.
- Legge n. 3/1987: prevede l’indennizzo obbligatorio (con tabelle) per danni gravi da circolazione stradale; al comma 7, estende alcune tutele ai familiari di vittime per atti di qualunque natura (tra cui malasanità): ad esempio i parenti possono chiedere l’indennità per perdita del sostegno familiare se il decesso è suvenuto a seguito di illecito.
- D.Lgs. n. 196/2003 (Codice Privacy) e Regolamento UE 2016/679 (GDPR): regolano il trattamento dei dati sanitari, che sono considerati dati sensibili. Il paziente ha diritto di accesso ai propri dati medici (art. 7 del Codice Privacy). In particolare, anche con strumenti telematici (referti online) va sempre rispettato il segreto professionale e la riservatezza. Il Garante Privacy ha pubblicato linee guida sull’accesso alla cartella clinica e il consenso al trattamento dei dati sanitari.
In sintesi, il quadro normativo italiano prevede sia una responsabilità civile (civile extracontrattuale e/o contrattuale) che penale dei soggetti sanitari colpevoli di malasanità. Il risarcimento del danno trova fondamento negli artt. 2043, 2050, 2059 c.c. e nelle leggi citate, mentre sul piano penale si va dall’art. 589 c.p. (omicidio colposo) al 590-sexies (responsabilità colposa in sanità). L’art. 32 Cost. e gli articoli che tutelano la dignità umana garantiscono il diritto al risarcimento per le vittime di comportamenti sanitari illeciti.
La procedura per richiedere il risarcimento
Il percorso per ottenere il risarcimento da malasanità comprende varie fasi. Di seguito viene descritta una procedura tipica passo per passo, utile a orientare anche chi non è giurista.
- Richiesta della documentazione medica: Il primo passo è raccogliere tutta la documentazione clinica relativa al caso: cartella clinica, referti, immagini (radiografie, TAC, ecc.), terapie effettuate, certificati medici, corrispondenza, ecc. A tal fine il paziente o i familiari possono esercitare il diritto di accesso ai propri dati sanitari. Secondo il Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003, art. 7) e il Regolamento UE 2016/679, il soggetto interessato ha diritto di ottenere copia del suo fascicolo sanitario. Si può quindi inviare richiesta formale (lettera raccomandata o PEC) all’ospedale, ASL o medico curante, chiedendo copia della cartella clinica e degli esami. In mancanza di risposta o rifiuto ingiustificato, si può fare reclamo al Garante Privacy o ottenere un “ordine giudiziario” con una causa civile.
- Consulenza medico-legale indipendente: Prima di procedere, è consigliabile rivolgersi a un medico-legale o ad uno specialista (internista, chirurgo, ecc.) per una valutazione indipendente. Tale esperto può esaminare la documentazione, visitare il paziente, e fornire un parere sulla possibile responsabilità. Questa CTP (consulenza tecnica di parte) aiuta a capire se esistono gravi indizi di malasanità (es. diagnosi errata, cure negligenti) e quali possono essere i danni. Pur non vincolante per il giudice, la relazione di un medico-legale di parte supporta la causa del danneggiato e guida la strategia legale.
- Lettera di diffida e tentativo di conciliazione: Con l’assistenza dell’avvocato, si prepara quindi una “lettera di costituzione in mora” (o diffida) da inviare al presunto responsabile (ospedale, ASL, medico) e al loro assicuratore. In essa si espone sinteticamente il caso, si richiede l’immediata esibizione di documenti mancanti e si formula una richiesta risarcitoria in via stragiudiziale (con indicazione delle somme richieste o predisposizione di un’equa quantificazione). Spesso prima della causa vera e propria le parti possono tentare un negoziato per trovare un accordo transattivo (accordo bonario), magari coinvolgendo periti medici di comune accordo. Va segnalato che in alcune Regioni o nei tribunali civili esistono procedure di conciliazione obbligatoria o tavoli di conciliazione sanitaria: per esempio, l’art. 9 Legge 69/2009 e l’art. 5 Legge 24/2017 prevedono l’avvio di un tentativo di conciliazione davanti alle Sezioni specializzate in materia di salute delle Corti di Appello, o comitati ospedalieri per le contestazioni.
- Azione civile in tribunale: Se la transazione fallisce, il legale provvede a introdurre la causa civile. Si redige un atto di citazione (o un ricorso per decreto ingiuntivo seguendo l’ipotesi applicabile) presso il Tribunale competente per territorio (solitamente quello in cui è avvenuto il danno o dove ha sede la struttura sanitaria). Nell’atto di citazione si indicano le generalità delle parti, si espongono i fatti (anamesi clinica, errore sanitario, danni subiti) e si formula la domanda: es. «condanna il convenuto X al risarcimento di €… per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti». Si allegano, come base, la documentazione medica e il parere del medico-legale di parte. In questa fase iniziale è importante definire bene le responsabilità ipotizzate (es. solo il medico, o anche la struttura) e l’oggetto della domanda (tutti i danni patiti, con loro quantificazione probabile).
- Diritto di difesa e comparsa di costituzione: A questo punto la parte convenuta (ospedale o medico e/o ASL) viene chiamata in giudizio. Essa ha un termine (solitamente 30 giorni, secondo l’art. 166 c.p.c.) per costituirsi con «comparsa di costituzione», depositando le proprie difese. L’avvocato del paziente potrà quindi replicare. Le parti potranno chiedere al giudice di nominare CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) per accertare le cause del danno e l’eventuale colpa del medico.
- Nomina di CTU e svolgimento istruttoria: Il tribunale affida la perizia medica a un collegio di esperti (di norma composto da un medico legale e da specialisti della materia, come previsto dalla stessa Legge Gelli). Il CTU esaminerà i fatti: visionerà gli atti, potrà chiedere visite al paziente, far eseguire esami integrativi, e valuterà se l’operato del sanitario è stato corretto o meno. Il rapporto del CTU, depositato agli atti, è spesso decisivo: se conferma la colpa medica, rafforza la domanda di risarcimento; se la nega, la parte danneggiata dovrà convincere il giudice altrimenti. È comunque noto che la mancanza o incompletezza della cartella clinica giova al paziente: la Corte di Cassazione ha stabilito che “la mancanza – o l’incompletezza – della cartella clinica non implica il rigetto della domanda del paziente ma, al contrario, è un elemento di fatto che può essere valutato per ritenere provato il nesso di causa.“. In pratica, se i documenti non ci sono, tale carenza può far propendere il giudice per la versione del paziente.
- Udienza di discussione e decisione: Superata la fase di istruzione (CTU, testimonianze, eventuali altri mezzi di prova), il giudice fissa l’udienza di discussione. Alla fine, il Tribunale emette una sentenza che può accogliere totalmente, parzialmente o respingere la domanda di risarcimento. Se accoglie la domanda, liquiderà in euro l’ammontare del risarcimento (quantum) per ogni voce di danno riconosciuta (spesa medica, danno biologico in base a tabelle e parametri, danno morale quantificato, ecc.).
- Impugnazioni: La sentenza di primo grado può essere appellata dalle parti entro 30 giorni (art. 325 c.p.c.). In sede di Appello, il giudizio si svolge di solito con nuovo collegio giudicante che ricalcolerà fatti e diritto. Alla fine può seguire Cassazione (solo su questioni di diritto). Ogni grado può allungare di anni il procedimento.
Aspetti pratici importanti:
- Tempi e costi: Una causa per malasanità può durare diversi anni (mediamente 3-5 anni, a seconda del grado di giudizio e della complessità della CTU) e richiede competenze specialistiche. I costi legali, onorari degli esperti, e spese processuali (casse forensi, contributo unificato) sono da prevedere; spesso l’onorario dell’avvocato è correlato al risultato (quota parte del risarcimento). Si può anche concordare con l’avvocato una percentuale sul risarcimento, o un compenso misto fisso+percentuale (“patto di quota lite”), secondo le norme deontologiche.
- Denuncia penale: Separatamente, il paziente/parte offesa può sporgere denuncia-querela all’autorità giudiziaria (Procura) se ritiene che il comportamento del sanitario configuri reato (es.: omicidio colposo, lesioni colpose). Ciò attiva un procedimento penale parallelo. È possibile “costituirsi parte civile” nel processo penale per chiedere il risarcimento nel caso di condanna penale. Va notato però che la causa civile può procedere indipendentemente dal penale; spesso si attende la sentenza penale definitiva (magari in Cassazione) per poi liquidare il danno civile. La denuncia penale, però, non è condizione necessaria per la causa civile di risarcimento; restare informato sull’iter penale (che ha termini di prescrizione più lunghi) può essere utile alla strategia difensiva.
- Prova del nesso causale: In giudizio il paziente ha l’onere di dimostrare (anche per presunzioni) il nesso di causalità tra il comportamento sanitario contestato e il danno subito. Non deve invece dimostrare concretamente la violazione delle “leges artis” (cioè che il medico ha violato le regole tecniche): è compito della struttura o del medico convenuto di sollevare tale aspetto in giudizio, provando che l’intervento è stato eseguito correttamente o che il danno è dovuto a causa estranea alla condotta. In altri termini, il paziente deve allegare elementi di fatto che fanno ritenere l’errore medico, mentre la controparte dovrà confutarli con controperizie.
In conclusione, la procedura di richiesta di risarcimento da malasanità è articolata e generalmente necessita dell’assistenza legale. È importante iniziare tempestivamente (per non far scadere i termini di prescrizione) e dotarsi di tutti i documenti medici e perizie. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il giudizio deve basarsi su una valutazione complessiva delle circostanze e delle prove, nel rispetto del principio di equità. Ad esempio, ha stabilito che, una volta accertato l’evento dannoso e la responsabilità, al danneggiato viene riconosciuta un risarcimento per gli interventi correttivi necessari, senza considerare violato l’obbligo di mitigare il danno. Ciò significa che se, per sanare un errore, il paziente deve sottoporsi a una nuova terapia o chirurgia, non si applica contro di lui il divieto di eseguire questa “cura di riparazione” (art. 1227, comma 2 c.c. non si applica).
Tempi di prescrizione
Anche in tema di malasanità valgono i termini di prescrizione ordinari del diritto civile. In linea generale:
- 5 anni: per le azioni di danno derivanti da fatto illecito. L’art. 2947 c.c. stabilisce infatti che “il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.”. Ciò significa che, in assenza di altri casi particolari, il danneggiato ha 5 anni di tempo dal giorno dell’evento dannoso per agire contro il medico/struttura. Spetta al danneggiato allegare e provare la data in cui ha subito l’evento illecito (ad es. la data di un intervento) o il momento in cui ha scoperto di avere subito un danno a causa della cura.
- 10 anni: per le obbligazioni contrattuali. Se il rapporto tra paziente e struttura sanitaria è qualificato come contratto d’opera o di spedalità, si applica il termine prescrizionale di 10 anni previsto dall’art. 2946, comma 4 c.c. per il recupero delle obbligazioni nascenti da contratto. In diverse pronunce la Cassazione considera il rapporto con l’ospedale come contrattuale (mancanza di alternativa tra contrarre con l’ASL o autore – principio di choice-of-cure – e continuità della prestazione). In tal caso il termine potrebbe essere di 10 anni anziché 5.
- Decorrenza: Il termine di prescrizione decorre di norma dal momento in cui si è verificato l’evento dannoso e il danneggiato ne ha avuto piena conoscenza (ad es. data del danno o conoscenza delle conseguenze). Se però l’evento causa lesioni che si aggravano nel tempo, si considera decorso il momento in cui l’evento dannoso originario si è manifestato. Attenzione: se il danno si aggrava in modo prevedibile (es. un’infezione dopo un errore chirurgico), il termine inizia dall’evento iniziale.
- Sospensione/Interruzione: Per cause particolari la prescrizione può fermarsi (sospensione) o riprendere da capo (interruzione). Ad esempio, i termini si interrompono con l’invio di una diffida formale o con l’avvio di un procedimento penale. Se durante un procedimento penale il colpevole è rinviato a giudizio, il corso della prescrizione civile resta sospeso fino alla sentenza definitiva (art. 2947 c.c. commi 4-5).
In pratica, è buona prassi agire rapidamente: non aspettare oltre il termine prescrizionale (5 o 10 anni) per inviare la diffida al responsabile o per intentare causa. Se il paziente muore, il termine di prescrizione del diritto (art. 2953 c.c.) viene sospeso fino all’apertura della successione e comunque decorre dal momento in cui gli eredi hanno preso possesso dell’eredità.
Cosa fare in caso di decesso del paziente
Se il paziente decede a causa di un eventuale errore medico, gli eredi o i familiari stretti (coniuge, figli, conviventi more uxorio, ascendenti) hanno diritto al risarcimento. In questa situazione specifica:
- Apertura della successione: Innanzitutto gli eredi devono costituirsi legalmente eredi del defunto, con le regole della successione civile (apertura al momento del decesso). Il credito risarcitorio si trasmette iure hereditatis agli eredi. Ciò significa che gli eredi (o gli aventi causa) possono agire al posto del defunto per ottenere l’indennizzo.
- Danno patrimoniale: Gli eredi possono chiedere il risarcimento delle spese sostenute per cure pre-morte, nonché del mancato sostegno economico futuro che il paziente avrebbe garantito ai familiari. Il giudice quantifica questi aspetti patrimoniali (ad es. mancato guadagno futuro del defunto se era lavoratore) secondo tabella e criteri previdenziali.
- Danno non patrimoniale dei familiari: L’art. 2059 c.c. (danno non patrimoniale) si applica anche in caso di morte. I familiari più prossimi hanno diritto al risarcimento del danno morale per perdita del congiunto (sofferenza derivante dall’evento lesivo fatale). Come citato, la giurisprudenza parla di danno catastrofale, ovvero la sofferenza della vittima stessa prima di morire, che viene liquidato a favore degli eredi. Inoltre, il coniuge e i figli possono chiedere il danno da perdita del rapporto parentale, risarcito con parametri specifici (ad es. tabelle di Milano o Milano-Taranto) che tengono conto dell’età e delle condizioni di convivenza. In generale, il danno non patrimoniale dei congiunti viene liquidato con criteri prudenziali basati sull’età del defunto, sul grado di parentela, sul rapporto affettivo.
- Denuncia penale e parte civile: Come detto, il familiare può denunciare il medico all’autorità giudiziaria. Se il procedimento penale è aperto, gli eredi possono costituirsi parte civile, chiedendo il risarcimento nel corso del processo penale (art. 538 c.p.p.). Ciò può consentire ai famigliari di ottenere una sentenza di condanna penale di primo grado, che li costringe alla rifusione del danno (rispetto all’azione civile da sola). Tuttavia, l’assenza di condanna penale non impedisce comunque l’azione civile civile degli eredi.
- Esempio pratico: Immaginiamo un signore di 50 anni operato al cuore per bypass, il quale, a causa di un errore chirurgico, sviluppa complicanze letali. Dopo il decesso, la moglie e i due figli maggiorenni possono promuovere l’azione in giudizio. Chiederanno che i danni patrimoniali (ad esempio spese di cure inutili sostenute prima della morte) siano risarciti, e che venga liquidato il danno morale subito per la perdita del coniuge e padre. Il giudice, sulla scorta delle prove e delle tabelle, stabilirà un importo per i danni da perdita parentale a favore di ciascun familiare e, se del caso, indennizzerà anche il danno catastrofale subito dal congiunto deceduto (rimasto per alcuni giorni cosciente delle conseguenze).
In caso di decesso, è inoltre utile ottenere il certificato di morte con indicazione di eventuale causa esterna (se si fa un esposto penale) e conservare qualsiasi testimonianza o documento (es. referti che descrivono la causa della morte). In ogni caso la domanda civile è esercitata “iure successionis” dagli eredi e i termini di prescrizione (come detto) subiscono la sospensione dalla data di morte fino all’accettazione dell’eredità.
Giurisprudenza recente (Cassazione 2024/2025)
Negli ultimi anni la Corte di Cassazione ha emesso molte pronunce che chiariscono aspetti pratici del risarcimento per malasanità. Di seguito, una sintesi di alcuni orientamenti chiave della giurisprudenza più recente (2024-2025) a beneficio di non esperti, con riferimento alle sentenze più significative.
- Burden of proof e cartella clinica: La Cassazione 05/03/2024 n. 5922 ha chiarito che il paziente in giudizio deve dimostrare il nesso causale fra condotta sanitaria e danno, ma non è tenuto a dimostrare direttamente la violazione delle regole tecniche. In pratica, si può vincere anche con prove indiziarie robuste. Inoltre, se mancano documenti, la Corte ha stabilito che “la mancanza – o l’incompletezza – della cartella clinica non implica il rigetto della domanda del paziente, ma… è un elemento di fatto che può essere valutato per ritenere provato il nesso di causa.”. In altri termini, l’assenza del referto favoreggia il paziente, non il medico.
- Nesso causale e successivi interventi: Spesso in malasanità capita che, per riparare un danno iniziale, il paziente subisca ulteriori interventi. La Cassazione 16/02/2024 n. 4277 ha precisato che gli interventi successivi, conseguenti a un trattamento mal eseguito, non interrompono il nesso di causalità: sono anch’essi danni innescati dall’errore originario. Analogamente, l’ordinanza 24/04/2024 n. 11137 afferma che, se una lesione causata da un trattamento errato può essere corretta con un successivo intervento, “non è applicabile l’art. 1227 c.c.” (l’obbligo del danneggiato di evitare un aggravamento imponendo di non far nulla). In sostanza, il paziente non è costretto a rifiutare cure di ripristino e il medico risponderà comunque di tutti i danni verificatisi.
- Modifica della domanda in giudizio: È ammesso modificare il titolo di responsabilità indicato in atto. La Cassazione 23/04/2024 n. 10901 ha sancito che, in un giudizio di risarcimento per colpa medica, non costituisce inammissibile mutamento della domanda se il paziente, dopo aver inizialmente lamentato un errore chirurgico, in conclusione sostenga invece che l’errore riguardava l’assistenza post-operatoria. In pratica, si può in corso di causa chiarire o precisare qual era effettivamente l’evento negligente, purché resti il nesso di causalità con il danno subito.
- Diretta responsabilità della struttura: Con l’ordinanza Sez. III n. 5673/2025 la Cassazione ha ribadito che anche i medici convenzionati (non dipendenti) imputabili alla ASL rientrano nella responsabilità diretta della struttura sanitaria, come già previsto dalla legge 833/1978. Citando l’art. 19, comma 4, L. 833/78, i giudici hanno osservato che il rapporto con l’ASL è assimilabile a un contratto di cura e la struttura risponde dei fatti dei propri ausiliari. Ciò conferma che – sia che l’errore sia del medico ospedaliero di ruolo, sia del libero professionista in convenzione – la parte lesa può agire direttamente contro l’ASL o l’ospedale che ha erogato la prestazione.
- Danno all’autodeterminazione: Cass. ord. 22/05/2024 n. 14245 ha confermato il risarcimento del danno non patrimoniale agli eredi di un paziente deceduto dopo terapie alternative consigliate dal medico, riconoscendo la violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente. Questa ordinanza sostiene che, quando al paziente non sono state date informazioni corrette sulle cure, la lesione del diritto all’autodeterminazione è di per sé risarcibile come danno morale. In pratica, la sentenza ribadisce che la mancanza di un valido consenso informato può dare luogo a risarcimento distinto dal danno alla salute vero e proprio.
- Concorrenza tra responsabilità civile e contabile: Infine, ricordiamo una pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. 17634/2024) riguardante la responsabilità delle pubbliche amministrazioni (es. ASL). Essa stabilisce che, se l’ente sanitario viene condannato a risarcire un terzo per colpa di un proprio dipendente, questo danno patrimoniale è anche un “danno erariale indiretto” che legittima l’azione della Corte dei Conti. Ciò significa che, pur pagando risarcimento civile, l’ASL può poi rivalersi sui responsabili per recuperare le somme (ad es. direttore sanitario), ma ciò non pregiudica il diritto del cittadino danneggiato di ottenere risarcimento civile.
Questi sono solo alcuni esempi di orientamenti Cassazione recenti. In generale, i giudici di legittimità pongono grande attenzione alla prova del nesso causale e alla correttezza delle consulenze tecniche. Ad esempio, l’ordinanza 04/07/2024 n. 18308 sottolinea che, se in sede di CTU sorgono pareri discordanti degli esperti, il giudice deve motivare chiaramente perché ne scelga uno. Negli ultimi anni la giurisprudenza sta inoltre rifinendo i criteri di quantificazione del danno biologico e morale (sent. Cass. 22970/2024 sulla liquidazione del danno morale in casi di suicidio assistito, Cass. 21261/2024 su come applicare le tabelle del danno biologico, ecc.).
In sintesi, dal punto di vista giurisprudenziale il paziente non deve dimostrare ogni regola medica violata, ma può avvalersi di elementi presuntivi (per esempio testimonianze, esami, documenti mancanti). Una volta accertato un errore sanitario, il danno va liquidato ampiamente tenendo conto del principio di buona fede e dell’esigenza di ripristinare, per quanto possibile, la situazione precedente (Cass. 11137/2024, Cass. 4277/2024). In ogni caso, la soluzione giusta per il paziente dipende dalle particolari circostanze e dal supporto probatorio raccolto (perizie, testimonianze, documentazione).
Errore medico, errore organizzativo e responsabilità della struttura
È importante distinguere i diversi soggetti di responsabilità nell’ambito sanitario:
- Errore medico (colpa professionale): Si parla di errore medico quando un singolo sanitario (medico o infermiere) commette una condotta colposa: diagnosi sbagliata, terapia errata, negligenza chirurgica, ecc. In questi casi si incolpa direttamente l’operatore sanitario. La responsabilità di quest’ultimo può essere personale (art. 2043 c.c.), e spesso applicherà il limite di cui all’art. 2236 c.c.: quindi il medico risponderà solo se ha agito con colpa grave o dolo, se si tratta di prestazione complessa. Tuttavia, anche per errori “semplici” di negligenza grave il medico può essere condannato.
- Errore organizzativo: Talvolta l’errore dipende non da negligenza individuale, ma da carenze organizzative della struttura sanitaria. Ad esempio: mancanza di protocolli, turnazioni inadeguate, scarso personale, apparecchiature mal funzionanti, errori di comunicazione interna, ecc. Tali errori comportano responsabilità della ASL o dell’ospedale in quanto ente gestore. Ad esempio, se più pazienti subiscono danni per lo stesso difetto tecnico (es. apparecchio non sterilizzato), si tratta di responsabilità strutturale. In questi casi la struttura risponde per la colpa della propria organizzazione: non è necessario dimostrare la colpa di un singolo medico, perché l’ente sanitario ha l’obbligo generale di funzionare correttamente.
- Responsabilità della struttura sanitaria (contrattuale o extracontrattuale): Quando si parla di responsabilità della struttura sanitaria, occorre chiarire l’inquadramento giuridico. Tradizionalmente, il rapporto con l’ospedale (in particolare pubblico) è considerato “contratto di spedalità” (o “contratto d’opera intellettuale sanitaria”), per il quale il paziente è cliente dell’ente. In questo caso, l’azione si basa su responsabilità contrattuale: i termini di prescrizione sono più lunghi (10 anni) e il criterio di colpa applicabile è più severo (art. 1218 c.c.: responsabilità oggettiva del debitore di obbligazione). Se la natura è contrattuale, la struttura risponde dei danni anche nel caso di semplice negligenza (salvo i casi di colpa grave del medico come previsto dall’art. 2236 c.c.). D’altra parte, in molti casi la Cassazione ha ammesso la libertà di qualificare la responsabilità come extracontrattuale. Recentemente, la sentenza 5673/2025 ha chiarito che, specie quando un medico è «ausiliario» dell’ASL in convenzione, la legge considera comunque il rapporto come funzionale al SSN, fondando la responsabilità diretta della struttura stessa (ai sensi dell’art.19 L.833/78). In definitiva, il danno può essere chiesto al medico e/o all’ente. Molto spesso, anche nel caso in cui il medico sia formalmente dipendente, il danneggiato cita in giudizio l’ASL o l’ospedale (in Italia infatti la giurisprudenza tende a considerare contrattuale il rapporto con l’ente pubblico).
- Ricorso alla struttura per mancato risarcimento: In pratica, quando l’ospedale è convenzionato con un medico esterno e questi sbaglia, la Cassazione 2025 conferma che i familiari possono rivendersi direttamente sull’ASL, anziché sul medico stesso. Analogamente, se l’errore è di un medico di famiglia convenzionato con l’ASL, si discute in Corte di Cassazione quale giudice è competente (prima sezione civile o sez. lavoro), ma resta il principio che l’ASL ne risponde.
- Esempio: Un paziente subisce una caduta in ospedale per pavimento bagnato (errore organizzativo di gestione, non di singolo medico). In questo caso l’ASL risponde perché l’ospedale deve garantire sicurezza nelle aree comuni. Se invece un medico in reparto sbaglia un’incisione, risponde il medico (e per quanto detto l’ASL, in quanto datore di lavoro, potrebbe rifarsi su di lui). Se un reparto era sotto organico e un medico era sopraffatto, la responsabilità può ricadere anche sulla direzione sanitaria per mancata organizzazione. In sintesi, il risarcimento può essere domandato a più soggetti: al medico colpevole e (in solido) alla struttura che lo impiegava o convenzionava, in base alle regole di responsabilità contrattuale/extracontrattuale.
Aspetti relativi all’assicurazione sanitaria
Una novità fondamentale introdotta dalla legge Gelli (L.24/2017) è l’obbligo per le strutture sanitarie e i professionisti di dotarsi di copertura assicurativa per la responsabilità civile. In pratica, ogni ASL, ospedale privato o medico (dipendente o libero-professionista) deve avere una polizza assicurativa con massimali minimi stabiliti dalla legge. Questo serve a garantire che, in caso di condanna al risarcimento, vi siano fondi disponibili. Gli aspetti principali:
- Polizze obbligatorie: Le imprese autorizzate a esercitare l’attività sanitaria (compagnie assicurative) sono obbligate a offrire polizze RC professionali. Le strutture e i sanitari devono sottoscrivere queste coperture. La legge ha stabilito massimali “adeguati” (ad esempio, almeno 5 milioni di euro per sinistro, da aggiornare periodicamente). Gli enti pubblici solitamente aderiscono a convenzioni assicurative collettive. Importante: la polizza deve coprire anche la colpa grave (che un tempo non era obbligatoria).
- Rischio di trovarsi senza copertura: Se una struttura o un professionista risulta senza assicurazione (ad esempio polizza scaduta o revocata), scatta il ricorso al Fondo di garanzia. In sostanza, la vittima non rimane scoperta: la legge istituì un Fondo di garanzia statale (ordinato al Ministero della Salute) che interviene nei seguenti casi:
- (a) il danno supera i massimali assicurati dalla polizza;(b) la struttura o l’assicurato è assicurato presso un’impresa poi divenuta insolvente o in liquidazione;(c) la struttura o l’assicurato è privo di assicurazione valida (es. assicuratore cancellato, mancato rinnovo).
- Rapporti con l’assicurazione: Nella pratica, dopo la condanna in giudizio, la struttura o il sanitario convenzionato trasmette gli atti all’assicurazione per il pagamento. L’assicurazione di solito entra nel giudizio come terzo responsabile (art. 1900 c.c.: intervento del terzo responsabile), e pagherà il risarcimento al posto del medico/azienda. Se la polizza copre la colpa grave, l’assicurazione liquiderà anche quella parte. Se la polizza non copre la colpa grave (o se non c’è polizza), il medico personale potrebbe dover pagare di tasca propria la parte non assicurata.
- Esempio: La clinica “S. Cuore” ha assicurazione con massimale di 3 milioni €. Dopo la sentenza di risarcimento per 4 milioni, l’assicurazione paga i primi 3 milioni; il milione residuo verrà chiesto al Fondo di garanzia (se attivo) o, se mancante, alla struttura stessa. Se invece l’assicurazione fosse insolvente, entrerebbe direttamente il Fondo di garanzia.
In conclusione, il paziente non deve preoccuparsi di come pagare il risarcimento: in gran parte dei casi interviene l’assicuratore della struttura. È comunque utile verificare, prima di iniziare la causa, se il convenuto è assicurato (se possibile, chiedendolo in fase di diffida).
Consigli pratici su come scegliere l’avvocato e il medico-legale
Scelta dell’avvocato: È fondamentale rivolgersi a un legale esperto in responsabilità medica. I seguenti criteri possono orientare la scelta:
- Esperienza specifica: Verificare che l’avvocato si occupi regolarmente di casi di malasanità e responsabilità civile sanitaria. Chiedere informazioni sul numero di cause affrontate e i risultati ottenuti. Gli studi legali che includono specialisti in diritto della sanità possono dare maggiore affidabilità.
- Specializzazione e aggiornamento: Preferire un professionista che segua con continuità le novità legislative e giurisprudenziali in materia sanitaria (ad es. che partecipi a convegni o rivista specialistiche). Il campo della malasanità è molto tecnico e in continua evoluzione (Legge Gelli, tabelle di risarcimento, orientamenti delle sezioni unite), quindi è importante un avvocato aggiornato.
- Trasparenza dei costi: Chiedere chiaramente come vengono calcolati gli onorari. È frequente adottare il criterio del “success fee” (quota variabile sul risarcimento ottenuto) combinato con una parcella minima. Accertarsi che il preventivo sia scritto e comprensibile, incluse spese di CTU, spese legali e contributo unificato. Alcuni studi offrono la possibilità di mandati con compenso a risultato (quota lite).
- Rapporto fiduciario: Poiché il processo di malasanità può essere lungo e stressante, è importante sentirsi a proprio agio con il legale scelto. Deve trasmettere fiducia, rispondere con pazienza ai dubbi e tenere aggiornato il cliente sugli sviluppi del caso.
Scelta del medico-legale: Il medico-legale (o consulente sanitario di parte) affianca l’avvocato nella fase istruttoria. Ecco alcuni suggerimenti:
- Specializzazione medica: Occorre un esperto in grado di valutare specificamente il caso. Se si sospetta un errore chirurgico, è utile un medico-legale coadiuvato da un chirurgo specialista pertinente; in un caso di negligenza medica generalista, può bastare un medico-legale con ampia esperienza. L’importante è che conosca bene la materia di sanità e che abbia esperienza come consulente in processi per malasanità.
- Indipendenza e reputazione: Il consulente deve essere imparziale (anche se viene scelto dal paziente). È bene che abbia una solida reputazione in ambito giuridico e non abbia conflitti di interesse (ad esempio, non deve essere dipendente dell’ospedale convenuto). I migliori medici legali sono spesso quelli iscritti a elenchi o albo professionale e con pubblicazioni scientifiche in materia medico-legale.
- Rapporto con il cliente: Il medico-legale deve saper comunicare in modo chiaro i risultati degli esami (possibilmente con linguaggio non troppo tecnico). Una buona pratica è richiedere un colloquio preliminare per spiegare come verrà svolta la consulenza e quali esami o visite aggiuntive potrebbero essere necessari. Spesso il medico legale di parte redige una relazione scritta indirizzata al paziente e all’avvocato; è utile chiedere che essa sia il più possibile dettagliata, perché il giudice ne terrà conto.
Modelli di lettere iniziali da inviare a ospedali o ASL
Prima di avviare la causa, possono essere utili alcuni modelli di comunicazioni iniziali:
Modello 1 – Richiesta di accesso alla cartella clinica (ASL/Ospedale):
Spett.le Direzione dell’Azienda Sanitaria Locale di [Comune]
Io sottoscritto/a [Nome Cognome], nato/a a [luogo] il [data], residente in [indirizzo], in qualità di paziente assistito presso codesta struttura (codice fiscale [____]), con la presente chiedo accesso agli atti sanitari ai sensi del D.Lgs. 196/2003 e GDPR 2016/679. In particolare, desidero ottenere copia integrale della mia cartella clinica relativa al ricovero/visita svolto in data [data evento] presso l’ospedale [Nome Ospedale]. Si prega di indicare le modalità di rilascio (ritiro di persona o invio mediante posta raccomandata). In attesa di cortese riscontro entro i termini di legge, porgo distinti saluti.
[Firma del richiedente]
Modello 2 – Lettera di diffida e risarcimento (all’Ospedale/ASL):
Spett.le Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera [oppure U.O.C. Azienda Sanitaria Locale] di [Città]
Con la presente, il/la sottoscritto/a [Nome Cognome] (o, se deceduto, il sig. [Nome] in qualità di erede/coniuge/figlio, ecc.), nato/a il [data], residente in [indirizzo], intende darLe formalmente atto e diffida relativamente all’episodio verificatosi in data [data accaduto], nel corso del quale ha subito il seguente evento dannoso: [descrivere brevemente l’episodio sanitario, es. “erronea anestesia durante intervento chirurgico”, “diagnosi tardiva di infarto”, ecc.].In conseguenza di tali fatti lamenta di avere riportato i seguenti danni: danno biologico (invalidità permanente di __% secondo perizia), danno morale (sofferenza psichica e trauma psico-fisico), nonché danno patrimoniale quantificato approssimativamente in € ___ (spese mediche già sostenute).
Alla luce di quanto sopra, e considerato che tale danno è stato determinato da responsabilità di codesta struttura/di codesto professionista [indicare se dipendente o convenzionato], Le si chiede di provvedere alla liquidazione del risarcimento dovuto, che viene quantificato in euro [importo totale], entro 30 giorni dal ricevimento della presente. Decorso tale termine, senza avere ricevuto alcun riscontro o proposta di risoluzione, l’inadempienza consentirà di adire le vie legali senza ulteriore avviso.
Rimango a disposizione per fissare un incontro di chiarimento e porgo distinti saluti.
[Firma]
Queste lettere sono esempio orientativo: è importante adattarle al proprio caso e inviarle sempre con ricevuta di ritorno o PEC. La prima carta di accesso serve ad avere le prove mediche. La seconda costituisce una diffida bonaria. Inserire in ogni comunicazione i riferimenti di legge citati (art. 32 Cost., art. 2043 c.c., legge 24/2017, ecc.) conferisce maggiore autorevolezza alla richiesta.
FAQ – Domande frequenti dei cittadini
D: Che cosa devo fare se sospetto un errore medico, ma non ho ancora parlato con un avvocato?
R: Innanzitutto raccogliere tutti i documenti possibili: cartella clinica, referti, ordini di somministrazione farmaci, documenti di dimissione, certificati medici. Verifica di avere ricevuto una spiegazione dell’accaduto da parte dei medici (eventuali verbali o comunicazioni scritte). Poi contatta un avvocato esperto in malasanità o una associazione di tutela del paziente per un parere. È utile anche consultare un medico legale per una valutazione sanitaria. L’avvocato ti aiuterà a capire se l’episodio rientra in un quadro di responsabilità (molti errori, come qualsiasi complicanza non spiegata dalle condizioni preesistenti del paziente, possono essere responsabilità sanitarie). In ogni caso, agisci subito: conserva copie di tutto e non perdere tempo (valuta i termini di prescrizione).
D: Devo fare una denuncia ai Carabinieri prima di una causa civile?
R: Non è obbligatorio denunciare all’autorità penale per potere agire civilmente. Si può iniziare direttamente la procedura civile di risarcimento. Tuttavia, presentare querela-querela per lesioni o omicidio colposo può essere utile per ottenere l’intervento della Procura (un’inchiesta penale può far emergere prove mediche). Attenzione però: fare accuse gravi costantemente o insussistenti può anche avere conseguenze penali per chi le fa (calunnia, diffamazione). Se intendi procedere penalmente, fallo con cautela e solo se ci sono elementi concreti. È consigliabile consultare sia un avvocato penalista che uno civilista.
D: Esistono forme di conciliazione per evitare il processo?
R: Sì. In molte vicende di malasanità si tenta una conciliazione extragiudiziale: un incontro tra le parti (paziente e struttura/assicurazione) facilitato dall’avvocato, per trovare un accordo. Alcuni tribunali, grazie alla Legge Gelli, prevedono l’obbligo di tentare una conciliazione in Corte d’Appello (o presso il Giudice di Pace per importi minori) prima di procedere con la causa civile. Inoltre, il Ministero della Salute e le Regioni talvolta promuovono tavoli di negoziazione gestiti da medici-legali indipendenti e avvocati. La conciliazione è vantaggiosa perché può ridurre tempi e costi. Se viene raggiunto un accordo scritto, il paziente riceve un indennizzo senza dover aspettare la sentenza.
D: Cosa succede se l’ospedale mi dice che è tutto a posto e mi offre poco risarcimento?
R: È comune che la struttura o la sua assicurazione proponga un risarcimento ridotto. Sei libero di accettare o rifiutare. Prima di firmare qualsiasi documento (diffida firmata, transazione economica), leggilo attentamente con un avvocato. Un accordo transattivo chiude definitivamente il caso e rinunci a qualsiasi azione futura, quindi va valutato con cura. Se l’offerta è irrisoria, puoi rifiutarla e procedere in giudizio, dove solitamente si ottiene di più (ma con tempi più lunghi). Ricorda: nella fase stragiudiziale puoi negoziare, ma non firmare compromessi frettolosi.
D: Quanto tempo ci vuole per avere il risarcimento da malasanità?
R: Non esiste un termine fisso; può dipendere dalla complessità del caso. Se si risolve subito con accordo stragiudiziale, bastano pochi mesi. Se si va in giudizio, di solito la causa di primo grado dura qualche anno (2-4 anni in media), più altrettanti se si deve fare appello. In presenza di CTU articolate il processo si allunga. Dopo la sentenza si deve attendere i tempi tecnici (dicasi «risorse disponibili» per i rimborsi). In pratica, se tutto procede regolarmente, spesso il risarcimento viene pagato entro pochi mesi dalla sentenza definitiva (che diventa esecutiva dopo i termini per eventuali impugnazioni).
D: Chi paga il risarcimento, io o l’ospedale?
R: In genere è l’assicurazione della struttura ospedaliera (o del medico) a pagare il risarcimento. Le ASL e gli ospedali di norma hanno polizze assicurative che coprono responsabilità sanitaria. Pertanto, dopo la sentenza il danneggiato riceve il risarcimento dall’assicurazione (via la struttura). L’assicurazione può poi chiedere il rimborso al medico o all’azienda se vi è stato dolo o colpa grave (clausola di regresso), ma questo non riguarda il paziente. Se la struttura non fosse assicurata, intervenirebbe il Fondo di garanzia statale (punto precedente).
D: Posso cambiare medico durante la causa (ad es. se qualcuno mi delude)?
R: Sì, hai il diritto di cambiare avvocato o medico-legale incaricati in qualsiasi momento. Non esistono restrizioni legali a cambiare consulenti durante il procedimento. Tieni presente che potrebbero essere addebitati gli onorari già dovuti agli incaricati che lasci, ma di solito tali costi vengono conteggiati nel calcolo finale delle spese (soprattutto in associazione con l’avvocato). L’importante è comunicare il cambiamento all’altra parte e al giudice in modo formale (con una “comparsa di sostituzione”).
D: Se il paziente era già malato gravi prima, ho diritto al risarcimento?
R: Sì, anche se il paziente aveva una patologia preesistente o fattori di rischio, è comunque possibile ottenere il risarcimento per l’aggravamento della patologia dovuto al comportamento sanitario. Ad esempio, se un tumore già esisteva e l’errore medico ne ha permesso la diffusione o il peggioramento, si risarcisce la parte aggravata del danno. La Cassazione ha previsto che, in presenza di danni da malasanità, l’importo del risarcimento può essere ridotto percentualmente in base alle condizioni pregresse del paziente (Cass. 2776/2024: lo stato patologico pregresso riduce il quantum), ma non viene del tutto escluso il risarcimento. Quindi si chiedono i danni esclusi quelli già esistenti prima dell’evento (si detrae il cosiddetto “danno preesistente”).
D: Cosa può fare un malato cronico o con disabilità?
R: Anche i pazienti con patologie croniche hanno diritto al risarcimento se subiscono errori medici. Ad esempio, se un diabetico ha un esito peggiore di un intervento per negligenza, gli verranno risarciti i danni ulteriori, non quelli già dovuti alla malattia diabetica. Se il paziente è minorenne o incapace, l’azione viene esercitata dai genitori o tutori nei termini sopra descritti. I consigli procedurali sono gli stessi: raccogliere documenti e rivolgersi a specialisti e avvocato.
D: Si può chiedere il risarcimento per un semplice errore di giudizio del medico?
R: No. Il “margine di errore” del medico è tollerato fino a un certo punto. Se un medico sbaglia pur avendo agito con la dovuta diligenza (per esempio, un esito imprevisto di un intervento compiuto correttamente) non si configura colpa. Per avere diritto al risarcimento serve un comportamento colposo o doloso, ossia negligenza, imprudenza o imperizia, dimostrabili. L’errore giudizio può essere risarcibile solo se realmente dovuto a imperizia o negligenza, non se è stata semplice “causa di forza maggiore” o complicanza non evitabile. In questo senso, l’onere di dimostrare che l’evento sarebbe potuto essere evitato grava sul paziente.
D: Se sto seguendo dei percorsi (sperimentali, ecc.) posso fare causa se vado male?
R: Se si firma un consenso a trattamenti sperimentali o a cure alternative, in genere si accetta che i risultati non siano garantiti. Tuttavia, se durante la somministrazione di questi trattamenti c’è stata negligenza (p.es. somministrazione errata di sostanza o di dosaggio), allora può esservi risarcimento. Bisogna controllare bene i documenti firmati. Se, ad esempio, un medico non ha riferito adeguatamente al paziente i rischi di un trattamento alternativo, la responsabilità potrebbe essere sua (per violazione del consenso informato). Ogni situazione va valutata singolarmente, possibilmente con il supporto di un esperto.
Come Mi Possono Aiutare Gli Avvocati Di Risarcimento Danni Malasanità in caso di errore medico?
Quando si subisce un errore medico, le conseguenze possono essere devastanti non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico, familiare ed economico. In questi momenti difficili, affidarsi ad avvocati realmente specializzati in risarcimento danni da malasanità può fare la differenza tra una battaglia lunga e incerta e un percorso giuridico consapevole, strutturato e condotto con competenza. Il team di Risarcimenti Danni Malasanità è formato da avvocati con una lunga esperienza nel campo del contenzioso sanitario.
Un aiuto concreto dalla prima valutazione al risarcimento
La prima forma di aiuto offerta da questi professionisti è la valutazione gratuita del caso in 15 minuti: un servizio fondamentale per comprendere fin da subito se ci sono i presupposti per procedere. A differenza di una consulenza generica, questo tipo di valutazione viene svolta con il supporto diretto di medici legali convenzionati, che affiancano gli avvocati nella lettura della documentazione clinica e nell’individuazione dell’errore sanitario, della condotta omissiva o della violazione delle linee guida da parte del personale medico.
Una volta accertata la fondatezza della richiesta, gli avvocati si occupano di tutto l’iter legale: dalla ricostruzione dei fatti, alla raccolta della documentazione, alla consulenza tecnica preventiva, fino all’eventuale giudizio in tribunale. Ogni passaggio è affrontato con rigore, sensibilità e strategia. La presenza stabile di una rete di medici legali fiduciari, distribuiti su tutto il territorio nazionale, consente di fornire assistenza personalizzata in ogni regione d’Italia, senza che il paziente debba affrontare spostamenti inutili o ulteriori stress.
Specializzazione autentica e casi risolti con successo
Gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità non si occupano genericamente di tutto il diritto civile, ma lavorano nel settore della responsabilità medica.
Inoltre, non si limitano a una lettura giuridica del caso, ma agiscono con una visione medico-legale integrata. Questo consente di valutare correttamente i danni alla salute secondo le tabelle di legge, di quantificare il danno biologico, morale, patrimoniale e da perdita di chance, e soprattutto di presentare le richieste in modo solido sia in sede extragiudiziale (nei confronti delle assicurazioni delle strutture) sia in sede giudiziale.
Un percorso umano e professionale al fianco del paziente
Essere assistiti da questi avvocati significa non essere lasciati soli in un momento critico. Ogni persona viene seguita con ascolto, rispetto, attenzione ai dettagli e tempestività nelle comunicazioni. Il team è consapevole che dietro ogni pratica ci sono sofferenze reali, disabilità, perdite familiari, difficoltà lavorative e familiari che richiedono non solo una risposta legale, ma anche una gestione empatica e personalizzata.
Grazie alla loro impostazione multidisciplinare, gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità riescono a stabilire un rapporto diretto e trasparente con il cliente, spiegando in termini semplici ogni passaggio della procedura, le possibilità concrete di ottenere il risarcimento, i tempi previsti e gli eventuali rischi.
Conclusione
In sintesi, se hai subito un danno da malasanità e stai cercando giustizia, rivolgerti a un team di avvocati veramente specializzati come quello di Risarcimenti Danni Malasanità può garantirti la miglior tutela possibile.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: