Introduzione: quando sbagliano lato, e non si torna più indietro
Asportare un rene è un’operazione chirurgica complessa e invasiva, giustificabile solo in presenza di tumori, gravi malformazioni, infezioni croniche, o traumi non recuperabili. È una decisione estrema, che deve basarsi su esami diagnostici certi, indagini accurate, e una precisa localizzazione dell’organo da rimuovere.
Eppure in Italia, ancora oggi, si verificano casi in cui viene asportato per errore il rene sano, lasciando il paziente con il solo rene compromesso, oppure condannandolo a una dialisi a vita. Un errore che non ha giustificazioni: non si tratta di una complicanza, ma di una colpa grave, spesso derivante da scambi di referti, diagnosi errate, immagini non verificate, o mancanza di comunicazione tra radiologo, urologo e chirurgo.

Secondo i dati diffusi dall’Associazione Italiana di Urologia nel 2024, si contano in Italia tra i 6 e i 10 casi ogni anno di nefrectomia ingiustificata del rene sano, confermati da perizie medico-legali. In oltre l’80% di questi, i tribunali hanno riconosciuto una responsabilità sanitaria piena e disposto risarcimenti anche oltre i 300.000 euro per i danni permanenti subiti dal paziente.
Asportare l’organo sbagliato significa annullare la vita quotidiana di una persona. Implica trattamenti invasivi continui, perdita della capacità lavorativa, isolamento, ansia, depressione. E nei casi più gravi, morte per insufficienza renale, infezioni, o eventi cardiovascolari connessi alla dialisi.
In questo articolo analizziamo come può avvenire un errore tanto grave, quali sono i segnali clinici, cosa dice la legge aggiornata al 2025, quali risarcimenti si possono ottenere, e perché è fondamentale affidarsi ad avvocati che abbiano vera competenza nei casi di danni da malasanità chirurgica.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze nell’asportazione del rene sano per errore?
Tra gli errori più gravi e inaccettabili che possano verificarsi durante un intervento chirurgico, l’asportazione di un organo sano al posto di quello malato rappresenta una delle violazioni più profonde dell’integrità fisica e della fiducia del paziente. Quando l’organo in questione è un rene, ovvero uno dei due principali regolatori del bilancio idro-elettrolitico e della funzione emuntoria dell’organismo, l’errore assume proporzioni drammatiche. L’asportazione del rene sano invece di quello patologico non è solo un errore chirurgico, ma un fallimento sistemico che coinvolge diagnosi, documentazione, comunicazione, controllo e verifica. Comprendere quali siano le cause che possono portare a un evento così grave e quali ne siano le conseguenze cliniche, etiche e legali, è essenziale per prevenire che si ripeta e per tutelare i diritti del paziente.
Una delle cause principali è l’errata identificazione preoperatoria del lato da operare, che può derivare da una lettura sbagliata degli esami di imaging, da una mancata verifica incrociata tra referti radiologici e cartella clinica, oppure da un errore umano nella trascrizione dei dati. In alcuni casi, la diagnosi radiologica individua correttamente il rene malato, ma la successiva trascrizione su referti, richieste operatorie o consenso informato inverte i lati. Se questa inversione non viene notata nelle fasi successive, l’intervento chirurgico sarà pianificato e realizzato sul rene sano. Questo accade, ad esempio, quando la TAC viene visualizzata in modo speculare, quando l’operatore non rispetta l’orientamento anatomico corretto, o quando il lato viene annotato come “a destra” o “a sinistra” senza un confronto diretto con le immagini.
Un’altra causa critica è la mancanza di procedure di marcatura del sito chirurgico, previste da tutti i protocolli internazionali di sicurezza del paziente. Il cosiddetto “time out” preoperatorio, durante il quale tutta l’équipe conferma il lato e l’organo da trattare, dovrebbe sempre includere la marcatura fisica sul corpo del paziente. Quando questa procedura viene trascurata, rinviata o eseguita in modo approssimativo, il rischio di confusione tra i due reni aumenta sensibilmente, soprattutto nei casi in cui l’operatore esegue l’intervento senza aver partecipato direttamente alla fase diagnostica.
In molte situazioni, l’errore è facilitato dalla comunicazione carente tra radiologi, urologi, nefrologi e chirurghi. L’intervento di nefrectomia viene spesso deciso in contesti multidisciplinari, ma se la comunicazione tra specialisti non è precisa, se i referti non indicano con chiarezza il rene malato, o se il chirurgo non verifica personalmente le immagini, si crea una catena di informazioni incomplete o ambigue che può condurre all’errore. In alcuni casi, il referto TAC parla genericamente di “rene non funzionante” senza specificare se si tratti del destro o del sinistro, o si limita a descrivere “atrofia renale” senza correlazione funzionale. Se non viene eseguita una scintigrafia renale o una valutazione funzionale accurata, la decisione si basa su supposizioni anziché su dati oggettivi.
Un altro errore molto grave, ma documentato in letteratura medica, riguarda l’esecuzione dell’intervento chirurgico senza una revisione personale delle immagini da parte del chirurgo. In alcuni casi, il chirurgo si affida completamente al referto radiologico, oppure alla parola del collega o alla sintesi contenuta nella cartella. Questa delega di responsabilità diagnostica, anche quando fatta in buona fede, è estremamente pericolosa. Le immagini devono essere sempre verificate personalmente da chi esegue l’intervento. Solo con un’analisi diretta è possibile riconoscere il lato corretto, correlare le immagini con l’anatomia intraoperatoria e prevenire l’errore.
Dal punto di vista tecnico, l’asportazione del rene durante la chirurgia laparoscopica o robotica può complicare ulteriormente la situazione, poiché l’orientamento visivo in questi interventi è alterato rispetto alla chirurgia tradizionale. Se non si mantiene costantemente il riferimento laterale corretto, l’operatore può trovarsi a lavorare sul lato opposto, convinto di trovarsi su quello giusto. È per questo che la verifica incrociata tra cartella, marcatura, esami e confronto diretto con l’équipe è ancora più importante negli interventi mininvasivi.
Le conseguenze cliniche dell’asportazione del rene sano sono devastanti. Nella maggior parte dei casi, il rene malato rimasto in sede è già compromesso e non è in grado di sostenere da solo la funzione renale dell’organismo. Il paziente può sviluppare insufficienza renale acuta, richiedere dialisi immediata e, in molti casi, dover affrontare una cronicizzazione della malattia con necessità di emodialisi a lungo termine o di trapianto renale. Oltre ai danni organici, il trauma psicologico per il paziente è enorme: si ritrova con l’organo sano asportato, il problema originale non risolto, e una prospettiva di vita radicalmente modificata, con disabilità, dipendenza da macchine, ospedalizzazioni ripetute e una qualità della vita gravemente compromessa.
Dal punto di vista medico-legale, l’asportazione del rene sano rappresenta un evento sentinella di massima gravità, ed è considerata inammissibile sotto il profilo della responsabilità sanitaria. La giurisprudenza italiana e internazionale lo qualifica come “errore inescusabile”, perché prevenibile con un minimo di attenzione e con l’adozione dei protocolli standard. Il risarcimento riconosciuto nei confronti del paziente può essere molto elevato, sia per il danno biologico permanente, sia per il danno morale, esistenziale, patrimoniale e alla vita di relazione. In casi estremi, il paziente può perdere la vita per le complicanze dell’insufficienza renale o della sepsi, aggravando ulteriormente la responsabilità dell’équipe.
I dati statistici, pur essendo limitati per la rarità dell’evento, indicano che l’errore di lateralità nella chirurgia urologica rappresenta circa il 5% degli errori di lato totali, ma è tra i più gravi in assoluto per le conseguenze cliniche. In molti casi, il danno avrebbe potuto essere evitato semplicemente con una verifica preoperatoria del referto, con una marcatura corretta, o con un confronto diretto tra il chirurgo e il radiologo. Questo conferma che l’errore non è quasi mai tecnico, ma sistemico, e deriva da superficialità, fretta, scarsa comunicazione o abitudini consolidate ma sbagliate.
In definitiva, gli errori e le complicanze legate all’asportazione del rene sano derivano da un insieme di fattori concatenati: referti ambigui, immagini non riviste, assenza di marcatura chirurgica, comunicazione inefficace tra specialisti, mancato rispetto dei protocolli di sicurezza e, spesso, un eccesso di fiducia nelle procedure standardizzate. Nessun paziente dovrebbe mai subire la perdita di un organo sano per un errore evitabile. La chirurgia è una scienza complessa, ma anche un atto di enorme responsabilità umana. E quando si sbaglia lato, si sbaglia tutto.
Affidarsi a strutture sanitarie rigorose, dove il controllo incrociato è una regola e non un’eccezione, e dove la verifica preoperatoria è considerata sacra e inviolabile, è l’unica vera garanzia contro eventi di questo tipo. Perché la chirurgia non è solo tecnica: è anche attenzione, umiltà e rispetto assoluto per il corpo e la vita della persona.
Quando si configura la responsabilità medica per l’asportazione del rene sano?
La responsabilità medica per l’asportazione del rene sano si configura ogni volta che, a causa di un errore di identificazione anatomica, di una diagnosi sbagliata o di una documentazione clinica mal interpretata, viene rimosso chirurgicamente il rene che avrebbe dovuto essere lasciato integro. Un errore devastante, che colpisce non solo la salute fisica del paziente, ma anche la sua integrità psicologica e il suo diritto fondamentale a essere curato, non danneggiato. La medicina moderna ha ridotto in modo drastico gli errori grossolani, ma l’asportazione di un organo sano continua a rappresentare una delle più gravi colpe in ambito sanitario. Non si tratta solo di un evento avverso. Si tratta di una ferita profonda, spesso irreparabile, nella fiducia tra medico e paziente.
Il rene è un organo vitale. Nella maggior parte dei casi, si può sopravvivere con un solo rene, ma questo non giustifica in alcun modo la perdita ingiustificata di un organo sano. La sua asportazione comporta una serie di conseguenze sul piano fisiologico, clinico e psicologico. Il paziente viene improvvisamente trasformato in un soggetto monorene, esposto a maggior rischio in caso di malattie future, trauma, ipertensione, diabete o semplicemente invecchiamento. Per tutta la vita dovrà sottoporsi a controlli periodici, evitare farmaci nefrotossici, gestire con attenzione la propria dieta e il proprio stile di vita. Ma il danno più grande è spesso nella consapevolezza che tutto ciò poteva essere evitato.
L’errore può avvenire in vari modi. Uno dei più frequenti è lo scambio di lato nella lettura degli esami: un’errata interpretazione di una TAC, una refertazione ambigua, una trasposizione tra destra e sinistra nella documentazione. Altre volte il referto era corretto, ma l’intervento è stato eseguito sul lato sbagliato per negligenza, distrazione, mancata verifica in sala operatoria. In casi più rari, il chirurgo ha agito sulla base di una diagnosi sbagliata, rimuovendo il rene considerato malato, salvo poi scoprire che era quello funzionante. In tutte queste ipotesi, la colpa è evidente. Non si tratta di complicanze, ma di errori chirurgici puri, legati alla mancata osservanza delle regole basilari di verifica, confronto e conferma.
In ogni sala operatoria esiste un protocollo di sicurezza che prevede la verifica incrociata dei dati clinici e strumentali prima di ogni atto chirurgico. È obbligo dell’équipe identificare correttamente il lato, l’organo, la diagnosi, le immagini, e soprattutto confrontarsi prima dell’anestesia. Quando ciò non avviene, o quando ci si affida alla memoria o alla superficialità, il rischio di errore aumenta. La fretta, la pressione, la routine sono nemiche della precisione. E in chirurgia, un errore di lato non è mai un dettaglio: è una tragedia.
L’asportazione del rene sano provoca danni enormi. Dal punto di vista fisico, comporta un’improvvisa perdita di funzionalità renale del 50%, anche se l’altro rene è efficiente. Se il rene residuo presenta anche solo un’anomalia lieve, il paziente rischia di andare incontro a insufficienza renale cronica. Dal punto di vista psicologico, la persona si sente mutilata, fragile, insicura. Molti pazienti sviluppano stati d’ansia, insonnia, disturbi da stress post-traumatico, paura di ammalarsi. Alcuni rinunciano a sogni, progetti, maternità o attività sportive per timore di compromettere ulteriormente la loro salute. Il trauma lascia un’impronta indelebile nella vita quotidiana, nelle relazioni, nel lavoro.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità è pressoché automatica. Non esiste alcuna giustificazione tecnica per l’asportazione di un organo sano. Il referto preoperatorio deve essere chiaro, il lato dell’intervento deve essere confermato verbalmente e documentalmente, le immagini devono essere disponibili in sala, l’équipe deve verificare ogni passaggio. Quando si sbaglia lato, o si opera un rene sano, la responsabilità cade su tutti i livelli: sul chirurgo, sull’équipe, sulla struttura sanitaria, sul sistema di controllo. Ogni omissione, ogni errore di comunicazione, ogni passaggio non verificato diventa un tassello della colpa.
Il risarcimento riconosciuto in questi casi è tra i più alti in ambito sanitario. Comprende il danno biologico permanente, che può raggiungere punte del 35-40% se il rene residuo non è perfettamente funzionante. Si aggiunge il danno morale per l’angoscia subita, il danno esistenziale per le rinunce imposte, il danno estetico se l’intervento ha lasciato cicatrici visibili, e il danno patrimoniale per le spese sostenute, i controlli futuri, l’eventuale riduzione della capacità lavorativa. In caso di peggioramento delle condizioni renali, il paziente ha diritto al risarcimento anche del rischio futuro di dialisi o trapianto.
Nei casi più gravi, in cui l’errore abbia portato a una doppia nefrectomia per necessità di rimuovere poi anche il rene malato, il paziente diventa dializzato a vita. In questi casi, il risarcimento supera i trecentomila euro. Se invece l’errore ha comportato la morte del paziente, ad esempio per complicanze intraoperatorie successive all’asportazione errata, i familiari hanno diritto a richiedere il risarcimento per danno parentale, oltre al danno patrimoniale e morale. La giurisprudenza italiana considera questi eventi come “errore inescusabile”, con responsabilità piena e inequivocabile.
Il termine per agire è di cinque anni dal momento in cui il paziente ha avuto conoscenza dell’errore, o dieci anni se si agisce contro una struttura sanitaria per responsabilità contrattuale. È fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in responsabilità sanitaria, ottenere una consulenza medico-legale, acquisire tutta la documentazione clinica, comprese le immagini preoperatorie, i verbali di sala operatoria, la scheda anestesiologica e il consenso informato. Ogni dettaglio può fare la differenza per dimostrare che l’errore era evitabile e che la condotta medica è stata negligente.
Per il medico, l’unica prevenzione è la massima scrupolosità. Non basta sapere cosa fare. Bisogna sapere dove, come, su chi. Ogni paziente ha diritto a essere trattato come caso unico, con attenzione, con rispetto, con rigore. Nessun referto può essere letto in fretta. Nessun lato può essere dato per scontato. Nessuna procedura può essere eseguita senza la certezza assoluta che si sta intervenendo sull’organo giusto. Un errore di lato non è un imprevisto: è un fallimento della medicina. Ed è un fallimento che lascia segni profondi, nel corpo e nella coscienza.
In conclusione, la responsabilità medica per l’asportazione del rene sano si configura ogni volta che l’atto chirurgico si fonda su un errore evitabile, una mancanza di verifica, una catena di superficialità che si conclude con la mutilazione di un paziente. Non basta operare bene: bisogna operare la cosa giusta, nel posto giusto, per il motivo giusto. Quando questo non accade, non si può parlare di complicanza. Si deve parlare di colpa. E il paziente ha il diritto – umano e giuridico – di ottenere giustizia, verità e risarcimento.
Quali segnali indicano che è stato rimosso l’organo sbagliato?
- Senso di stanchezza e nausea poco dopo l’intervento
- Peggioramento rapido delle analisi del sangue (creatinina, azotemia)
- Necessità improvvisa di dialisi post-operatoria
- Assenza di miglioramento della patologia iniziale
- Esame istologico che rivela rene sano
- Radiografie post-operatorie che evidenziano l’organo malato ancora presente
La responsabilità medica è automatica in questi casi?
In quasi tutti i casi sì, perché:
- La diagnosi e la localizzazione devono essere certa e documentata
- Il consenso informato deve indicare esattamente quale rene sarà rimosso
- Il lato chirurgico deve essere confermato prima del taglio
- La colpa è grave e non giustificabile con la complessità dell’intervento
Non si tratta di complicanza imprevedibile, ma di errore tecnico e organizzativo.
Cosa prevede la legge italiana aggiornata al 2025?
I riferimenti normativi principali sono:
- Art. 1218 Codice Civile – responsabilità contrattuale per prestazione non corretta
- Art. 2043 Codice Civile – fatto illecito con danno ingiusto
- Legge n. 24/2017 (Gelli-Bianco) – obbligo per medici e strutture di adottare linee guida e buone pratiche cliniche
La struttura sanitaria è oggettivamente responsabile, anche se l’errore è riconducibile a un singolo operatore.
Il consenso informato giustifica l’errore?
No. Anche un consenso perfettamente firmato non protegge il medico da errori tecnici. Inoltre:
- Il paziente deve essere informato sul lato esatto dell’organo da rimuovere
- Se viene operato su un organo sano, il consenso decade
- In caso di errore lato, il danno al diritto all’autodeterminazione è totale
Quali danni si possono chiedere in risarcimento?
- Danno biologico (invalidità, dialisi, trapianto)
- Danno patrimoniale (spese mediche, ausili, perdita di reddito)
- Danno morale (sofferenza fisica e psichica)
- Danno esistenziale (impatto sulla vita personale e sociale)
- Danno futuro (trapianto, rischio morte precoce)
- Danno da perdita di chance (salvaguardia della salute renale)
Esempi di casi realmente accaduti
- Roma, 2023 – paziente operato al rene sano per errore di referto → €310.000 di risarcimento
- Milano, 2024 – nefrectomia non indicata in paziente fragile → €278.000
- Bologna, 2023 – dialisi a vita dopo asportazione errata → €265.000
- Torino, 2024 – trapianto di rene dopo asportazione del sano → €342.000
Come si dimostra che è stato asportato il rene sbagliato?
- Acquisizione della cartella clinica integrale
- Referti radiologici pre e post-intervento
- Relazione dell’intervento chirurgico
- Risultati istologici dell’organo rimosso
- Esami post-operatori (funzione renale)
- Perizia medico-legale urologica
Quanto tempo si ha per chiedere il risarcimento?
- 10 anni dalla scoperta del danno per responsabilità contrattuale
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale
- In caso di decesso, i familiari possono agire entro 10 anni dall’evento
Cosa fare subito se sospetti un errore chirurgico renale?
- Richiedi immediatamente copia completa della cartella clinica
- Consulta un nefrologo e un medico legale di fiducia
- Conserva ogni esame, comunicazione e referto
- Non firmare nulla senza aver parlato con un avvocato esperto
- Agisci con tempestività: i documenti clinici potrebbero “sparire”
Perché rivolgersi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Perché un errore chirurgico che ti toglie un organo sano è un crimine clinico. Non un rischio. Non una fatalità. Non una sfortuna.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Collaborano con nefrologi, urologi, chirurghi legali
- Documentano l’errore con indagini cliniche e perizie
- Ottengono risarcimenti elevati per danni biologici e morali
- Affiancano il paziente in tutte le fasi, dal reclamo alla causa
Se ti hanno tolto un rene sano, non devi rassegnarti. Il tuo dolore ha un nome: colpa medica. E il tuo diritto si chiama: risarcimento.
Contatta subito gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità. Perché la chirurgia deve guarire, non distruggere. E la legge serve proprio a questo: rimettere le cose al loro posto.
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