Introduzione: quando il tempo è vita e l’errore costa tutto
L’ischemia intestinale è una delle emergenze chirurgiche più insidiose e sottovalutate. Si tratta di una condizione in cui l’afflusso di sangue all’intestino viene ridotto o interrotto, portando rapidamente a necrosi tissutale, infezione sistemica e morte. La diagnosi precoce è fondamentale: ogni ora di ritardo può aumentare significativamente il rischio di mortalità.

Secondo i dati più recenti, la mortalità per ischemia intestinale acuta varia dal 60% al 90%, a seconda del tempo intercorso tra l’insorgenza dei sintomi e l’intervento chirurgico.
Purtroppo, casi di mancato riconoscimento dell’ischemia intestinale continuano a verificarsi, spesso a causa di negligenza o imperizia medica. In questi casi, la legge italiana prevede il diritto al risarcimento per i danni subiti.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze nel mancato riconoscimento di ischemie intestinali?
L’ischemia intestinale rappresenta una delle emergenze addominali più insidiose e complesse da diagnosticare. Si verifica quando l’afflusso di sangue a un tratto dell’intestino si riduce o si interrompe completamente, provocando una sofferenza tissutale che, se non trattata tempestivamente, può rapidamente evolvere in necrosi, perforazione, peritonite e morte. La difficoltà nel riconoscere questa condizione in fase precoce è alla base di numerosi errori diagnostici, ritardi terapeutici e gravi complicanze cliniche. Non è un caso che l’ischemia intestinale sia considerata, ancora oggi, una delle cause principali di mortalità intraospedaliera legata a patologie acute dell’apparato digerente. Capire quali sono le cause più frequenti del mancato riconoscimento dell’ischemia intestinale è fondamentale per migliorare la gestione dei pazienti e prevenire esiti fatali.
Una delle principali ragioni dell’errore diagnostico è la natura sfumata e non specifica dei sintomi iniziali, che spesso non corrispondono all’entità della patologia in atto. Il paziente può presentarsi con dolore addominale vago, nausea, vomito, alvo irregolare, febbre o distensione, ma senza segni clinici eclatanti. Nelle prime ore, il dolore può sembrare sproporzionato rispetto all’esame obiettivo: l’addome può apparire trattabile, i rumori peristaltici presenti, i parametri vitali stabili. Questo paradosso porta spesso il medico a sottovalutare la situazione o a orientarsi verso diagnosi meno gravi, come coliche, gastroenteriti o occlusioni parziali. È proprio questa discrepanza tra sintomi e segni a rendere l’ischemia intestinale una “trappola diagnostica”.
Un’altra causa di errore è la scarsa considerazione dei fattori di rischio vascolari, che dovrebbero far sospettare subito una sofferenza ischemica dell’intestino in presenza di sintomi addominali atipici. Pazienti con fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, pregressi episodi tromboembolici, arteriosclerosi diffusa, ipotensione grave o stati di shock sono candidati ideali a sviluppare un’ischemia mesenterica, sia per occlusione arteriosa, sia per ipoperfusione. Tuttavia, in molti casi, questi fattori vengono ignorati o sottovalutati in pronto soccorso, soprattutto nei pazienti anziani o poliammalati, che già presentano quadri clinici confusi e sovrapposti.
Anche la scelta inadeguata delle indagini diagnostiche contribuisce in modo significativo al mancato riconoscimento. Spesso si inizia con esami di primo livello come ecografia o radiografia addominale, che possono risultare normali o poco indicative nelle fasi iniziali dell’ischemia. In presenza di dubbi, il gold standard diagnostico è la TAC addome con mezzo di contrasto, che consente di valutare la perfusione intestinale e lo stato dei vasi mesenterici. Tuttavia, non sempre viene richiesta con urgenza. A volte viene evitata per timore di tossicità del contrasto o per la difficoltà di eseguire l’esame in pazienti instabili. In altre occasioni, si attende un peggioramento clinico prima di procedere, perdendo così ore preziose in cui un intervento tempestivo potrebbe salvare l’intestino e la vita del paziente.
Un errore non infrequente è la mancata integrazione tra dati clinici, laboratoristici e strumentali. In fase iniziale, l’ischemia intestinale può presentarsi con segni aspecifici anche negli esami del sangue: modesto aumento della leucocitosi, lattati nella norma o solo lievemente elevati, alterazioni elettrolitiche poco significative. Se questi risultati vengono letti in modo isolato e non inquadrati nella situazione complessiva, il sospetto clinico si indebolisce e il paziente viene trattato con terapia conservativa o inviato a consulenze non urgenti, mentre il quadro evolve. L’assenza di un protocollo chiaro e condiviso per il sospetto di ischemia intestinale rende ancora più frequente questo tipo di errore.
Un’altra causa critica è l’assenza di monitoraggio clinico ravvicinato, soprattutto nei pazienti inizialmente stabili. Spesso il paziente viene ricoverato in reparto in attesa di ulteriori accertamenti, ma non viene rivalutato con la giusta frequenza. Il quadro può peggiorare improvvisamente nel giro di poche ore, con comparsa di addome peritonitico, ipotensione, acidosi metabolica e sepsi. A quel punto, la diagnosi è evidente, ma il tempo utile per un trattamento conservativo è ormai trascorso. L’unica opzione diventa l’intervento chirurgico d’urgenza per resezione del tratto necrotico, con tutte le incognite e i rischi che ne derivano.
Un’altra dinamica purtroppo frequente è l’errata attribuzione dei sintomi ad altre patologie gastrointestinali comuni, come coliche biliari, pancreatiti, diverticoliti o occlusioni da aderenze. Questa “ancoraggio diagnostico” porta i medici a insistere su ipotesi iniziali senza metterle in discussione anche quando il quadro clinico non migliora. Il paziente può essere sottoposto a terapie antibiotiche, antidolorifiche, idratazione endovenosa e osservazione, senza che venga presa in considerazione l’ipotesi ischemica, nonostante il persistere o l’aggravarsi dei sintomi. Quando finalmente si modifica il percorso diagnostico, è spesso troppo tardi per evitare il danno tissutale esteso.
Dal punto di vista clinico, le conseguenze del mancato riconoscimento di un’ischemia intestinale possono essere devastanti. L’evoluzione naturale della patologia non trattata comporta la necrosi di ampi tratti intestinali, la loro perforazione, la contaminazione della cavità addominale con materiale fecale e lo sviluppo di peritonite batterica diffusa. Il quadro clinico si complica rapidamente con sepsi, insufficienza multiorgano e arresto cardiocircolatorio. Nei casi in cui si riesce a intervenire chirurgicamente, è spesso necessario asportare lunghe porzioni di intestino, con conseguente sindrome da intestino corto, malassorbimento cronico, necessità di nutrizione parenterale e qualità di vita gravemente compromessa.
Dal punto di vista medico-legale, il mancato riconoscimento tempestivo di un’ischemia intestinale è una delle principali cause di contenzioso in ambito ospedaliero, sia in pronto soccorso che nei reparti di medicina e chirurgia generale. Il paziente o i familiari contestano la mancata diagnosi, il ritardo nelle indagini, l’inadeguata interpretazione dei sintomi e la carenza di intervento. Nei casi in cui si documenta che i fattori di rischio erano presenti, che i sintomi erano suggestivi e che l’approccio diagnostico è stato superficiale o incongruente, la responsabilità medica è frequentemente riconosciuta dai giudici. Anche il mancato ricorso alla TAC con contrasto in tempi utili viene interpretato come condotta omissiva.
Le statistiche mostrano che l’ischemia intestinale rappresenta l’1-2% delle cause di dolore addominale acuto, ma la sua mortalità può raggiungere il 60-80% se non diagnosticata precocemente. I ritardi diagnostici sono documentati in oltre la metà dei casi, con un intervallo medio tra l’insorgenza dei sintomi e l’intervento chirurgico spesso superiore alle 24 ore, un tempo che in questa patologia può fare la differenza tra la vita e la morte.
In definitiva, gli errori e le complicanze nel mancato riconoscimento dell’ischemia intestinale derivano da sintomi aspecifici, sottovalutazione del rischio, indagini inappropriate, lettura frammentata dei dati clinici, monitoraggio inadeguato e diagnosi alternative fuorvianti. Per prevenire questi errori serve un approccio clinico attento, una cultura dell’osservazione continua e l’adozione di percorsi diagnostici chiari e codificati. Ogni dolore addominale che non si spiega con certezza, soprattutto in pazienti a rischio, deve essere considerato ischemia fino a prova contraria.
Affidarsi a strutture sanitarie dotate di TAC h24, team multidisciplinari competenti e personale formato è la chiave per ridurre la mortalità da questa patologia. In medicina d’urgenza, la velocità salva vite. Ma per essere veloci, bisogna prima imparare a sospettare. E mai abbassare la guardia.
Quando si configura la responsabilità medica per mancato riconoscimento di ischemie intestinali?
La responsabilità medica per il mancato riconoscimento di ischemie intestinali si configura ogni volta che la sofferenza vascolare dell’intestino non viene diagnosticata tempestivamente, o viene confusa con patologie meno gravi, provocando un aggravamento della condizione clinica, una necrosi dei tessuti, la necessità di interventi chirurgici demolitori o, nei casi più gravi, la morte del paziente. L’ischemia intestinale è una delle urgenze più insidiose in ambito medico e chirurgico. Può presentarsi con sintomi sfumati, oscillanti, talvolta subdoli. Ma dietro quel dolore addominale apparentemente banale può nascondersi una condizione che evolve, in poche ore, verso una compromissione irreversibile dell’apparato digerente.
Il flusso di sangue all’intestino può essere ridotto o interrotto da una trombosi arteriosa o venosa, da un’embolia, da una ipoperfusione sistemica, da una occlusione meccanica o da uno stato settico che coinvolge il microcircolo. Le ischemie possono colpire il piccolo intestino, il colon o entrambi. La sintomatologia può variare da un dolore improvviso e sproporzionato rispetto ai segni clinici iniziali, a un progressivo deterioramento dello stato generale, con nausea, vomito, febbre, leucocitosi, ipotensione, acidosi metabolica. Nei pazienti anziani o fragili, il quadro può essere mascherato da altre condizioni preesistenti. Ed è proprio in questi casi che il rischio di errore diagnostico aumenta.
Il medico che ha in cura il paziente deve conoscere i segni dell’ischemia intestinale, anche quando si manifestano in forma atipica. Ha il dovere di sospettarla, soprattutto in presenza di fattori di rischio come aritmie, fibrillazione atriale, ipotensione prolungata, vasculopatia, sepsi, uso recente di farmaci vasocostrittori o interventi chirurgici maggiori. Quando un paziente presenta un dolore addominale persistente, inspiegabile, refrattario agli analgesici, con alterazioni dell’emocromo e della lattacidemia, l’ischemia intestinale deve essere immediatamente esclusa con esami diagnostici mirati. La tomografia computerizzata con mezzo di contrasto rappresenta lo strumento di elezione. Rimandare questo accertamento o affidarsi solo a un’ecografia, in presenza di un quadro clinico dubbio, è un errore potenzialmente fatale.
Il mancato riconoscimento dell’ischemia può portare in poche ore alla necrosi della parete intestinale. L’intestino, una volta privo di ossigeno, va incontro a sofferenza, ulcerazione, perforazione. Il contenuto enterico si riversa nella cavità addominale, generando una peritonite chimica e infettiva. Il paziente sviluppa rapidamente un quadro di sepsi grave, shock settico, insufficienza multiorgano. A quel punto, anche il miglior intervento chirurgico può arrivare troppo tardi. La mortalità per ischemia intestinale acuta non riconosciuta in tempo supera il 70%. E chi sopravvive spesso lo fa al prezzo dell’asportazione di ampi tratti intestinali, con stomie, malassorbimento, e una qualità della vita fortemente compromessa.
Non è accettabile che, in presenza di campanelli d’allarme chiari, il medico rinvii l’accertamento, somministri analgesici a copertura, dimetta il paziente senza una diagnosi certa, o attribuisca il dolore a semplici disturbi gastrointestinali o a un’origine psicosomatica. Non è accettabile che un pronto soccorso ospedaliero ignori un quadro addominale acuto in un paziente con fibrillazione atriale e dolori addominali, o che un reparto di medicina sottovaluti l’importanza della lattacidemia elevata. In medicina d’urgenza, la differenza tra una complicanza inevitabile e un errore è spesso questione di ore.
Il paziente che ha subito un danno da mancato riconoscimento di ischemia intestinale può presentare invalidità temporanee molto lunghe, con degenze prolungate in terapia intensiva, interventi chirurgici multipli, supporti nutrizionali artificiali. Nei casi in cui vi sia stata una resezione intestinale estesa, si può sviluppare la sindrome dell’intestino corto, con gravi deficit di assorbimento, disidratazione cronica, bisogno di infusioni giornaliere e compromissione della vita sociale e lavorativa. Anche il danno estetico, psicologico e sessuale è frequente nei pazienti che vivono con una stomia o con esiti addominali gravi. Il dolore non è solo fisico: è un trauma, un senso di abbandono, un’incomprensibile violazione della fiducia.
Quando il danno è così grave, la responsabilità medica non può passare inosservata. Il giudice, attraverso una consulenza tecnica medico-legale, deve stabilire se la diagnosi poteva essere formulata prima, se il paziente presentava segni evidenti che sono stati trascurati, se gli esami necessari erano disponibili e non sono stati eseguiti, o se la gestione post-operatoria ha ignorato i segnali clinici che indicavano una possibile ischemia. La diagnosi di ischemia intestinale non è impossibile: è difficile solo per chi non vuole ascoltare il corpo del paziente. Se i dati parlavano, ma nessuno li ha interpretati, il danno è figlio di una colpa.
Il risarcimento può essere molto elevato, specialmente nei casi di morte, invalidità permanente o perdita di grandi porzioni dell’intestino. I familiari della vittima hanno diritto al ristoro del danno parentale, morale ed economico. Il paziente sopravvissuto può richiedere il risarcimento del danno biologico, del danno patrimoniale, del danno estetico e delle spese sanitarie sostenute e future. In presenza di una diagnosi omessa, documentata da cartelle cliniche incomplete o referti contraddittori, la responsabilità della struttura sanitaria è diretta e piena.
Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci se si configura responsabilità contrattuale. È fondamentale che il paziente o i familiari si attivino il prima possibile: richiedere tutta la documentazione medica, rivolgersi a un avvocato specializzato, incaricare un consulente tecnico di fiducia, raccogliere testimonianze e produrre prove. Ogni giorno perso può rendere più difficile la ricostruzione dei fatti, e ogni omissione nella cartella clinica può trasformarsi in un’ulteriore prova contro chi ha agito con negligenza.
Per il medico, l’unica vera prevenzione è la cultura del sospetto clinico, soprattutto nei casi ambigui. Mai sottovalutare un dolore addominale intenso, mai farsi rassicurare da un addome piatto quando il paziente è instabile, mai rimandare un’indagine cruciale per motivi organizzativi o di routine. L’ischemia intestinale è una trappola silenziosa, ma non muta. Chi la riconosce in tempo può salvare una vita. Chi la ignora, ne risponde.
In conclusione, la responsabilità medica per mancato riconoscimento di ischemie intestinali si configura ogni volta che i sintomi erano chiari, i dati compatibili, gli strumenti disponibili, ma la diagnosi è stata omessa o ritardata per errore, superficialità o mancanza di attenzione. La medicina non è infallibile, ma è chiamata ad essere vigile, lucida e pronta. E quando una diagnosi mancata costa un intestino – o una vita – non si può parlare di destino. Si deve parlare di responsabilità.
Quando si configura una responsabilità medica?
La responsabilità medica si configura quando vi è negligenza, imprudenza o imperizia da parte del personale sanitario, come:
- Ritardo nella diagnosi o nel trattamento.
- Mancata esecuzione di esami diagnostici adeguati.
- Dimissione prematura del paziente senza adeguata valutazione.
Ad esempio, in un caso giudiziario, un paziente è deceduto per ischemia intestinale dopo essere stato dimesso nonostante sintomi persistenti. Il tribunale ha riconosciuto la responsabilità dei medici per non aver effettuato gli esami necessari e ha condannato la struttura sanitaria al risarcimento dei danni.
Cosa prevede la legge italiana?
La Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017) disciplina la responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Prevede che il paziente danneggiato possa ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di errori medici, sia in ambito civile che penale.
In particolare, l’art. 7 della legge stabilisce che la struttura sanitaria è responsabile per i danni causati da negligenza, imprudenza o imperizia del personale sanitario, salvo che provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Quali danni sono risarcibili?
I danni risarcibili includono:
- Danno biologico: lesioni fisiche o psichiche permanenti.
- Danno morale: sofferenza interiore causata dall’evento.
- Danno patrimoniale: spese mediche, perdita di reddito.
- Danno da perdita di chance: riduzione delle possibilità di guarigione o sopravvivenza.
Esempi di risarcimenti riconosciuti
In un caso giudiziario, un paziente è deceduto per ischemia intestinale non diagnosticata tempestivamente. Il tribunale ha riconosciuto un risarcimento di oltre 1.100.000 euro ai familiari del defunto, considerando la grave negligenza nella gestione del caso.
Come agire in caso di sospetta malasanità?
Se si sospetta di essere vittima di malasanità per mancato riconoscimento di ischemia intestinale:
- Richiedere la cartella clinica completa.
- Consultare un medico legale per una valutazione.
- Rivolgersi a un avvocato specializzato in responsabilità medica.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Un avvocato esperto in responsabilità medica può:
- Valutare la sussistenza della responsabilità.
- Assistere nella raccolta delle prove.
- Guidare nella procedura legale per ottenere il risarcimento.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: