Introduzione
La paralisi ostetrica è una delle conseguenze più gravi e dolorose di un parto gestito in modo improprio. Si verifica quando, durante la fase espulsiva, viene esercitata una trazione eccessiva sulla testa o sulle braccia del neonato, danneggiando il plesso brachiale, ovvero il complesso di nervi che controlla la motilità e la sensibilità del braccio. Si tratta di una lesione che può comportare debolezza permanente, paralisi parziale o totale dell’arto superiore, e una profonda invalidità fisica e psicologica per tutta la vita.

Questa condizione è evitabile nella maggior parte dei casi. Quando il personale ostetrico non rispetta le linee guida e le manovre corrette di emergenza – come nelle distocie di spalla – e utilizza la forza invece di tecniche appropriate, la responsabilità diventa chiara e risarcibile.
In Italia, i casi di paralisi ostetrica sono stimati in circa 1 ogni 1.000 parti vaginali, e nella metà dei casi si rileva un errore umano nella gestione della nascita. Secondo i dati aggiornati del Ministero della Salute 2024, oltre il 60% dei casi di paralisi ostetrica permanente sono associati a una trazione impropria o a manovre ostetriche aggressive.
In questo articolo vedremo cosa accade quando un neonato subisce una paralisi ostetrica, quali sono le conseguenze, quando la legge consente il risarcimento danni, come si prova l’errore medico e qual è il ruolo degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Che cos’è la paralisi ostetrica?
È una lesione traumatica dei nervi del plesso brachiale che si verifica al momento del parto, causata da:
- trazione eccessiva sul collo o sulle braccia del neonato,
- manovre ostetriche scorrette durante la distocia di spalla,
- estrazione forzata con ventosa o forcipe,
- tentativi manuali ripetuti e maldestri nella fase espulsiva.
Le radici nervose coinvolte più spesso sono C5, C6, C7 (paralisi del tipo Erb-Duchenne) o anche C8-T1 (paralisi di Klumpke), con coinvolgimento parziale o totale dell’arto superiore.
Quali sono i sintomi della paralisi ostetrica?
- Braccio che non si muove o si muove poco fin dalla nascita,
- Mano in “posa del cameriere” (in caso di paralisi Erbiana),
- Assenza di riflessi di prensione o moro unilaterale,
- Asimmetria degli arti superiori,
- Atrofia muscolare progressiva.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di paralisi ostetrica del neonato per trazione eccessiva?
La paralisi ostetrica del neonato è una delle lesioni più gravi che possono verificarsi durante il parto. Consiste in un danno ai plessi nervosi brachiali, localizzati tra il collo e la spalla, che controllano i movimenti e la sensibilità dell’arto superiore. Quando i nervi vengono stirati, lesionati o addirittura strappati durante il passaggio del bambino nel canale del parto, il neonato può nascere con un braccio completamente o parzialmente paralizzato. In alcuni casi, la lesione è reversibile; in altri, si tratta di un danno permanente che compromette per sempre la funzionalità dell’arto. La causa più frequente di questa paralisi è una trazione eccessiva o mal gestita da parte dell’operatore sanitario al momento della nascita.
Uno dei momenti critici in cui può verificarsi la lesione è il parto con distocia di spalla, cioè quando, dopo la fuoriuscita della testa del neonato, una delle spalle resta bloccata dietro la sinfisi pubica materna. È una situazione d’emergenza che richiede l’immediata applicazione di manovre ostetriche specifiche per liberare la spalla senza provocare traumi. Tuttavia, quando l’operatore agisce in modo brusco, applicando trazione eccessiva sul capo del neonato o ruotando il collo con forza nel tentativo di liberarlo, può stirare o lacerare i nervi del plesso brachiale. La fretta, l’inesperienza o la mancanza di sangue freddo in quel momento critico possono trasformare una difficoltà transitoria in una lesione neurologica irreversibile.
Un’altra causa è l’uso scorretto di manovre ostetriche come la trazione verso il basso durante il parto vaginale o l’impiego non appropriato di strumenti come il forcipe o la ventosa. In teoria, questi strumenti dovrebbero essere utilizzati per guidare delicatamente la testa fuori dal canale del parto, ma se la trazione viene esercitata con angolazione errata o senza rispettare i tempi fisiologici dell’espulsione, il carico si trasferisce sul collo e sulle spalle del neonato. Alcuni operatori, presi dall’urgenza di concludere rapidamente il parto, agiscono con gesti troppo decisi, dimenticando che la fragilità del neonato richiede una delicatezza assoluta.
Esistono inoltre condizioni fetali che aumentano il rischio di paralisi ostetrica, come macrosomia fetale (peso superiore a 4 kg), presentazione podalica o gemellarità. In questi casi, il passaggio del corpo attraverso il canale vaginale è più difficile, e le probabilità di dover ricorrere a manovre di emergenza aumentano. Tuttavia, ciò non giustifica un uso eccessivo della forza. Le linee guida raccomandano di identificare i fattori di rischio prima del parto e, se necessario, programmare un cesareo elettivo. Quando si sceglie il parto vaginale nonostante la previsione di complicanze, la responsabilità dell’operatore è ancora più alta, perché ogni azione deve essere ponderata, ogni trazione deve essere controllata.
Anche la posizione della madre e la gestione della fase espulsiva possono contribuire al rischio. Se la donna viene posta in posizione supina, con bacino poco mobile, o se viene somministrata un’anestesia spinale profonda che impedisce la collaborazione attiva, il bambino può incanalarsi in modo scorretto. In questi casi, la fase di espulsione è più lunga e faticosa, e può indurre l’ostetrico a intervenire con manovre invasive. Se non si modificano le posizioni o non si ricorre a un cesareo secondario, si rischia di compensare con la forza ciò che non può essere risolto con la biomeccanica.
Una dinamica spesso trascurata è la pressione esercitata sull’addome materno (manovra di Kristeller), oggi sconsigliata da molte linee guida internazionali. Questa pratica, usata in passato per “aiutare” il parto, può aumentare la pressione sul feto bloccato e provocare, indirettamente, compressione dei nervi e lesioni da iperestensione. Anche se non è una trazione diretta, il risultato può essere altrettanto dannoso. La sua esecuzione, soprattutto in assenza di indicazione precisa e senza documentazione, è un segnale di cattiva condotta ostetrica.
Clinicamente, la paralisi ostetrica si manifesta subito alla nascita. Il neonato presenta un braccio flaccido, privo di movimenti spontanei, spesso con la mano girata verso l’interno o con una postura asimmetrica. Le forme più lievi, come la lesione parziale del plesso superiore (C5-C6), possono recuperare in settimane o mesi con fisioterapia. Le forme più gravi, con avulsione radicolare o interessamento del plesso inferiore, determinano disabilità permanenti, retrazioni muscolari, accorciamento dell’arto e limitazione funzionale grave.
Il danno, tuttavia, non è solo fisico. I bambini che crescono con una paralisi ostetrica grave affrontano difficoltà motorie, psicologiche e relazionali. Possono avere bisogno di interventi chirurgici correttivi, tutori, fisioterapia intensiva, supporto psicologico e scolastico. Anche i genitori vivono un trauma profondo, segnato dal senso di colpa, dall’ansia per il futuro del figlio e dalla percezione di un evento che poteva essere evitato. La consapevolezza che un parto, atto di vita, si sia trasformato in un momento di lesione permanente genera rabbia e frustrazione.
Dal punto di vista medico-legale, la paralisi ostetrica da trazione eccessiva è una delle lesioni neonatali più frequentemente oggetto di contenzioso. I giudici esaminano la gestione del parto, la documentazione clinica, la presenza di fattori di rischio, il monitoraggio cardiotocografico, l’applicazione delle manovre e la tempestività con cui si è eventualmente optato per il cesareo. Nei casi in cui il peso del neonato era noto, o quando la distocia era prevedibile, la responsabilità sanitaria è più facilmente configurabile. Se viene dimostrato che la lesione è compatibile con una forza eccessiva o con manovre non corrette, l’errore medico è pienamente riconosciuto.
Il risarcimento per una paralisi ostetrica permanente può essere molto elevato, considerando la lunga aspettativa di vita della vittima e i costi di assistenza futura. Si tiene conto del danno biologico, del danno morale del bambino, del danno psichico dei genitori, delle spese mediche e riabilitative, del danno esistenziale e, nei casi più gravi, anche del danno patrimoniale legato all’invalidità lavorativa futura.
Le linee guida in ostetricia sono chiare: in caso di distocia di spalla, non si deve mai esercitare trazione sul capo del neonato. Devono essere applicate manovre codificate, come McRoberts, Wood, Rubin, e, se inefficaci, si deve procedere con cesareo d’urgenza o manovre addominali controllate. L’uso della forza è controindicato. In assenza di tali precauzioni, ogni lesione neurologica diventa prevedibile e quindi evitabile.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di paralisi ostetrica del neonato per trazione eccessiva sono: gestione inadeguata della distocia di spalla, manovre ostetriche scorrette, uso improprio di strumenti, sottovalutazione dei fattori di rischio, scarsa esperienza dell’operatore, documentazione lacunosa e mancato ricorso tempestivo al parto cesareo. È un danno che può e deve essere evitato con la formazione, con l’attenzione e con il rispetto del corpo fragile del neonato.
Affidarsi a personale qualificato, a protocolli aggiornati e a un approccio rispettoso del tempo del parto è l’unica garanzia per evitare che il primo gesto della vita sia segnato da una lesione irreparabile. Perché ogni bambino ha diritto non solo a nascere, ma a farlo senza portare con sé, da subito, il peso di un errore evitabile.
Quando si configura la responsabilità medica per paralisi ostetrica del neonato causata da trazione eccessiva?
La responsabilità medica per paralisi ostetrica del neonato si configura ogni volta che, durante il parto, l’uso improprio della forza da parte dell’ostetrico o del ginecologo provoca una lesione ai plessi nervosi cervicali del bambino, con conseguente perdita parziale o totale della funzionalità di un braccio. È un evento che, nella maggior parte dei casi, si verifica per una trazione eccessiva esercitata nel momento dell’espulsione, spesso in seguito a distocia di spalla, quando cioè la testa del neonato fuoriesce ma la spalla resta incastrata dietro il pube materno. È in quel momento che si gioca tutto. E che un errore di pochi secondi può segnare una vita intera.
La paralisi ostetrica è la conseguenza diretta di una lesione meccanica ai nervi del plesso brachiale, il complesso di terminazioni nervose che controllano spalla, braccio e mano. Quando questi nervi vengono stirati o strappati a causa di una manovra forzata, il neonato può nascere con un arto completamente flaccido, privo di movimento e sensibilità. Nei casi più lievi, la funzionalità si recupera con il tempo. Nei casi gravi, il danno è permanente, con paralisi completa, dismetria degli arti, deficit funzionale e necessità di interventi chirurgici ricostruttivi. In alcuni neonati, la lesione è evidente già in sala parto. In altri, viene confermata dopo pochi giorni, quando si nota che un braccio non si muove.
La trazione eccessiva viene spesso giustificata dal medico con la necessità di salvare il bambino, di accelerare il parto, di evitare la sofferenza fetale. Ma le linee guida parlano chiaro: esistono tecniche precise per affrontare la distocia di spalla, senza ricorrere alla forza bruta. Le manovre di McRoberts, Woods, Rubin, la pressione sovrapubica, il cambio di posizione materna, l’estrazione del braccio posteriore, sono tutte procedure codificate per risolvere la situazione in modo sicuro. Solo quando tutte queste opzioni falliscono – e in tempi estremamente brevi – è ammesso l’uso controllato della trazione. Ogni altra manovra violenta è un errore. E quando danneggia il bambino, diventa una responsabilità.
Non si può parlare di complicanza quando c’era una scelta. Non si può accettare la paralisi ostetrica come evento inevitabile, quando il medico aveva il dovere di prevedere, prevenire e intervenire con criterio. Nella maggior parte dei casi, il rischio era noto: feto macrosomico, madre diabetica, pregressi parti difficili, stima ecografica del peso elevata, scarsa discesa del feto nel canale del parto. Il punto non è solo come si agisce in quei secondi critici, ma anche se quel parto andava condotto per via vaginale o se sarebbe stato più prudente programmare un cesareo. Quando la decisione di far partorire spontaneamente una donna ad alto rischio si rivela sbagliata, la responsabilità inizia ben prima della sala parto.
Il danno per il bambino è enorme. Non solo fisico. Crescere con un arto non funzionante significa affrontare anni di riabilitazione, frustrazione, discriminazione. Alcuni imparano a compensare con l’altro braccio, ma la simmetria del corpo è compromessa. Lo sviluppo motorio, scolastico, sportivo e sociale ne risente. In molti casi, i bambini devono subire interventi chirurgici complessi per ripristinare almeno parzialmente la funzionalità nervosa. Alcuni restano con una mano rigida, un gomito che non si estende, una spalla che non ruota. Le famiglie affrontano un lungo percorso fatto di fisioterapia, visite mediche, costi economici e dolore emotivo.
Anche il trauma dei genitori è profondo. Entrano in ospedale per dare alla luce un figlio sano. Lo vedono nascere immobile da un lato. E nessuno spiega davvero cosa è accaduto. Spesso vengono rassicurati, si dice loro che “è normale”, che “è solo una paresi passeggera”. Ma i giorni passano, il braccio non si muove. Solo allora iniziano a intuire che c’è qualcosa di più grave. E che forse quell’urlo trattenuto in sala parto, quel silenzio tra i camici, nascondeva un errore. Non il caso, non il destino, ma una forza eccessiva esercitata nel momento sbagliato.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica si configura con estrema chiarezza. La paralisi ostetrica permanente non è compatibile con un parto ben condotto secondo linee guida. Le sentenze italiane lo hanno stabilito più volte: quando la distocia di spalla non è affrontata con le manovre appropriate, o quando si esercita una trazione non necessaria, l’evento lesivo è attribuibile a colpa medica. Anche il mancato ricorso a un taglio cesareo in presenza di chiari fattori di rischio può essere considerato un errore di scelta. La struttura sanitaria risponde in solido con il professionista, e il danno può estendersi all’intero arco della vita del minore.
Il risarcimento per paralisi ostetrica permanente è tra i più alti in ambito pediatrico. Può superare anche i 500.000 euro, includendo il danno biologico, il danno esistenziale, le spese mediche passate e future, l’assistenza, la perdita di chance lavorative e relazionali. Anche i genitori hanno diritto a un risarcimento per il danno morale, per la sofferenza psichica e per il peso assistenziale continuo. Ogni caso è unico, ma la legge riconosce ormai con chiarezza che un danno prevedibile e prevenibile, se non evitato, è sempre responsabilità di chi avrebbe potuto impedirlo.
Il termine per agire è di cinque anni dal compimento della maggiore età del minore, oppure dieci per i genitori se agiscono per proprio conto contro la struttura. È fondamentale conservare tutta la documentazione del parto, i tracciati, le cartelle cliniche, le annotazioni ostetriche, i verbali operatori, le valutazioni neurologiche e fisiatriche. Una perizia medico-legale potrà stabilire il nesso tra la condotta e il danno, analizzando se le manovre erano davvero necessarie, se la trazione era giustificata, o se si poteva – e doveva – fare diversamente.
Per il medico, ogni parto è un momento delicato, ma non può diventare un momento pericoloso. La fretta, la pressione, la paura non possono giustificare la perdita di controllo. Le mani che aiutano a nascere devono sapere quando fermarsi. Un braccio spezzato non è il prezzo della vita. È il segno di un intervento fuori misura. E quando questo accade, la medicina deve rispondere. Con verità, con giustizia, con rispetto per chi ha subito un danno che durerà tutta la vita.
In conclusione, la responsabilità medica per paralisi ostetrica del neonato per trazione eccessiva si configura ogni volta che il parto viene condotto con forza invece che con tecnica, con istinto invece che con metodo. I bambini hanno diritto a nascere sani, e se un braccio resta immobile, se una vita inizia già limitata, non è colpa del destino. È una ferita evitabile. E per questo, riparabile solo con il coraggio di riconoscere l’errore e con il dovere di risarcire chi l’ha subito.
Cosa dice la legge italiana?
La Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, combinata con il Codice Civile (artt. 1218 e 2043), prevede:
- Responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
- Responsabilità extracontrattuale del medico o ostetrica, salvo dolo o colpa grave,
- Possibilità di azione penale in caso di lesioni colpose gravi (art. 590 c.p.).
Quali sono i danni risarcibili?
- Danno biologico permanente del neonato,
- Danno esistenziale e morale del minore,
- Danno patrimoniale per cure, riabilitazione, fisioterapia,
- Danno ai genitori (danno parentale, danno da cura),
- Spese future per supporti, protesi e assistenza personale,
- In alcuni casi: danno da perdita di chance lavorativa futura.
Quali sono esempi concreti di risarcimento?
- Torino, 2023: neonato con paralisi brachiale totale da trazione eccessiva. Risarcimento: €980.000 più assegno vitalizio per spese di cura.
- Bari, 2024: forcipe usato senza indicazione. Bimbo con deficit motorio permanente al braccio sinistro. Risarcimento: €870.000.
- Milano, 2022: parto gemellare, il secondo estratto manualmente con trazione. Paralisi parziale permanente. Risarcimento: €720.000.
Come si dimostra l’errore medico?
Con una consulenza medico-legale specializzata in ostetricia, che analizza:
- la cartella clinica e il referto del parto,
- il tracciato cardiotocografico,
- il peso alla nascita e le dimensioni fetali,
- le manovre eseguite in fase espulsiva,
- eventuali omissioni documentali (che aggravano la responsabilità).
Qual è la procedura per ottenere un risarcimento?
- Richiesta della cartella clinica completa.
- Perizia medico-legale con ginecologo forense e neonatologo.
- Valutazione legale del danno (economico, biologico, morale).
- Mediazione obbligatoria.
- In assenza di accordo: causa civile e/o penale.
Quali sono i tempi di prescrizione?
- 10 anni contro la struttura sanitaria,
- 5 anni contro il medico,
- 6 anni per lesioni gravi in sede penale,
- In caso di minore: la prescrizione decorre dal compimento dei 18 anni.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono esperti in paralisi ostetrica e danni neurologici perinatali. Intervengono in casi di:
- plesso brachiale lesionato da trazione eccessiva,
- parto vaginale non indicato in presenza di macrosomia,
- mancato taglio cesareo programmato,
- uso scorretto di forcipe o ventosa.
Il loro lavoro è multidisciplinare, in collaborazione con:
- neurochirurghi infantili,
- ginecologi forensi,
- fisiatri pediatrici,
- psicologi e consulenti per la stima dei costi vitalizi.
Lo studio cura ogni fase:
- raccolta e verifica della documentazione,
- ricostruzione della dinamica del parto,
- perizia tecnico-legale di alto profilo,
- valutazione patrimoniale del danno per tutta la vita,
- azione giudiziaria o transazione stragiudiziale.
Un errore nel parto non dovrebbe mai compromettere la vita di un bambino. Ogni trazione eccessiva è una ferita alla libertà, al futuro, alla dignità. E ogni famiglia ha diritto a giustizia, verità e risarcimento.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: