Ritardo nella Diagnosi di Preeclampsia e Risarcimento Danni

Introduzione

La preeclampsia è una grave complicanza della gravidanza che, se non riconosciuta e trattata in tempo, può mettere in pericolo la vita della madre e del bambino. Si manifesta tipicamente dopo la 20ª settimana di gestazione con ipertensione arteriosa, proteinuria e sintomi sistemici, ed è una delle principali cause di morbilità e mortalità materno-fetale nel mondo.

Secondo i dati aggiornati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la preeclampsia colpisce circa il 5-8% delle gravidanze. In Italia, il Ministero della Salute ha segnalato nel 2024 un aumento dei casi gravi di preeclampsia non diagnosticata tempestivamente, che rappresentano oltre il 20% delle emergenze ostetriche in pronto soccorso.

Il ritardo nella diagnosi di preeclampsia è un errore clinico grave: il mancato monitoraggio della pressione arteriosa, l’omessa prescrizione di esami di laboratorio o la sottovalutazione di sintomi evidenti possono causare complicazioni devastanti come l’eclampsia, il distacco di placenta, l’insufficienza renale, l’ictus materno e la morte fetale.

In presenza di danni gravi causati dal ritardo diagnostico, la legge italiana consente il risarcimento dei danni a carico del medico e della struttura sanitaria. In questo articolo vedremo in quali casi è configurabile la responsabilità, quali sono i danni risarcibili, le normative applicabili, gli esempi concreti e il ruolo degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Che cos’è la preeclampsia?

La preeclampsia è una sindrome ipertensiva della gravidanza caratterizzata da:

  • pressione arteriosa ≥ 140/90 mmHg in due rilevazioni a distanza di almeno 4 ore,
  • proteinuria ≥ 300 mg/24h o rapporto proteine/creatinina ≥ 0.3,
  • sintomi sistemici come cefalea, disturbi visivi, dolore epigastrico, edema generalizzato.

Nei casi più gravi evolve in:

  • eclampsia (crisi convulsive),
  • sindrome HELLP (emolisi, aumento enzimi epatici, piastrinopenia),
  • insufficienza renale acuta,
  • distacco intempestivo di placenta.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di ritardo nella diagnosi di preeclampsia?

La preeclampsia è una delle più temibili complicanze della gravidanza. Si tratta di una sindrome ipertensiva che può insorgere dopo la ventesima settimana di gestazione e che colpisce diversi organi, coinvolgendo soprattutto il sistema cardiovascolare, i reni, il fegato, il cervello e la placenta. È caratterizzata da un aumento significativo della pressione arteriosa associato a proteinuria, edema, alterazioni ematologiche e, nei casi più gravi, da sintomi neurologici e segni di danno multiorgano. Quando non viene diagnosticata in tempo o non viene trattata correttamente, può evolvere verso forme gravissime come l’eclampsia, la sindrome HELLP o lo scompenso d’organo. Nei casi peggiori, può causare la morte della madre, del feto o di entrambi. Il ritardo nella diagnosi rappresenta oggi una delle principali cause di contenzioso medico-legale in ostetricia.

Una delle ragioni più frequenti del ritardo diagnostico è la sottovalutazione dei primi segnali clinici, soprattutto nelle fasi iniziali, quando i sintomi possono essere vaghi o confusi con i disturbi normali della gravidanza. Gonfiore alle gambe, mal di testa, aumento di peso improvviso, senso di malessere generale e lievi alterazioni pressorie sono spesso interpretati come fisiologici. Invece, in molti casi sono i primi campanelli d’allarme. Quando il personale sanitario non procede con gli esami di approfondimento – come il monitoraggio pressorio costante, l’analisi delle urine per proteinuria o i prelievi ematici per valutare la funzionalità epatica e renale – si perde tempo prezioso. La finestra temporale tra i primi sintomi e la fase acuta può essere brevissima.

Un’altra causa è la mancata misurazione corretta e regolare della pressione arteriosa durante i controlli ostetrici. In molte strutture, soprattutto nei consultori o nei percorsi standardizzati, la visita si conclude con una misurazione isolata, spesso eseguita senza i criteri clinici adeguati. Se la pressione viene rilevata una sola volta e non confermata con un secondo controllo, si rischia di non cogliere un trend in crescita. Inoltre, in alcune pazienti, l’ipertensione è labile o mascherata, e può sfuggire se non si effettua un monitoraggio domiciliare o un holter pressorio. Il fatto che la paziente appaia clinicamente “in buone condizioni” non è garanzia di assenza di rischio.

Esistono anche errori interpretativi legati all’anamnesi, quando non vengono riconosciuti i fattori di rischio specifici: familiarità per preeclampsia, obesità, età avanzata, pregressa ipertensione, patologie autoimmuni, gravidanze gemellari, diabete, malattie renali. In presenza di questi elementi, la paziente dovrebbe essere inserita in un protocollo di sorveglianza intensiva già nel primo trimestre. Purtroppo, spesso queste informazioni non vengono raccolte correttamente o non vengono registrate. Quando si affronta la gravidanza come un percorso standard per tutte, senza distinzione tra profili di rischio, i segnali di allarme possono essere ignorati anche dai professionisti più esperti.

La diagnosi di preeclampsia può inoltre essere ritardata per una mancata esecuzione degli esami di laboratorio nei tempi adeguati. Quando compaiono alterazioni cliniche, come pressione elevata, cefalea, dolore epigastrico, visione offuscata o aumento ponderale rapido, è fondamentale valutare le transaminasi, la creatinina, l’assetto coagulativo, le piastrine e l’esame delle urine per proteinuria. Se questi esami vengono richiesti troppo tardi, o se la loro lettura viene rimandata, la preeclampsia può evolvere in sindrome HELLP o crisi eclamptica prima ancora che la paziente venga inquadrata correttamente.

In alcune situazioni, la donna si presenta in pronto soccorso con sintomi già suggestivi, come cefalea persistente, disturbi visivi, nausea o dolori addominali atipici, ma viene dimessa con diagnosi generiche come “cefalea da tensione”, “problema gastrointestinale” o “stress della gravidanza”. Anche in questi casi, il sospetto clinico dovrebbe portare immediatamente a un inquadramento ostetrico completo. Il ritardo nella presa in carico può portare al collasso improvviso delle condizioni cliniche, con complicanze che diventano rapidamente irreversibili.

Clinicamente, il ritardo nella diagnosi di preeclampsia può portare a complicanze gravi per la madre: crisi ipertensive, edema cerebrale, ictus, distacco di retina, emorragia cerebrale, disfunzione renale acuta, coagulopatia e insufficienza epatica. Nei casi più gravi, può manifestarsi eclampsia, cioè convulsioni tonico-cloniche che mettono a rischio la vita della donna. In altri casi, si presenta la sindrome HELLP, caratterizzata da emolisi, aumento degli enzimi epatici e calo delle piastrine, che richiede il parto immediato per evitare la morte materna. Anche il feto è fortemente a rischio: la preeclampsia altera la perfusione placentare, con rallentamento della crescita, distress fetale, oligoidramnios, distacco intempestivo di placenta e morte intrauterina.

Dal punto di vista medico-legale, la preeclampsia è una patologia ampiamente prevedibile e, nella maggior parte dei casi, gestibile. È quindi considerata una delle condizioni che, se portano a danni gravi o morte, meritano un’attenta analisi della condotta medica. I periti valutano se la sorveglianza prenatale è stata eseguita secondo le linee guida, se sono stati identificati correttamente i fattori di rischio, se la pressione arteriosa è stata misurata regolarmente e documentata, se i sintomi sono stati interpretati correttamente, se gli esami ematochimici sono stati richiesti ed eseguiti nei tempi adeguati. Quando emerge una negligenza, una superficialità diagnostica o un ritardo nell’attuare il trattamento, la colpa professionale è altamente probabile.

Il risarcimento nei casi di preeclampsia non riconosciuta può essere molto elevato, soprattutto se la madre subisce lesioni permanenti, perde il bambino o sviluppa disabilità neurologiche. Nei casi in cui il feto nasce con danni da ipossia o da prematurità estrema indotta tardivamente, il risarcimento può comprendere danni futuri, costi assistenziali, danni morali ed esistenziali sia per il bambino che per i genitori. Anche le madri che sopravvivono a forme gravi come l’eclampsia o la sindrome HELLP, ma con invalidità residua, hanno diritto a una tutela risarcitoria piena.

Le linee guida raccomandano oggi una sorveglianza attiva e differenziata del rischio fin dalle prime settimane di gravidanza. L’uso del doppler uterino, della proteinuria, del dosaggio del PlGF (fattore di crescita placentare) e della pressione media permettono un inquadramento precoce della donna a rischio. Non riconoscere una condizione così pericolosa quando tutti gli strumenti per farlo sono disponibili è considerato inaccettabile nella moderna ostetricia.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di ritardo nella diagnosi di preeclampsia sono: sottovalutazione dei sintomi, misurazione errata o assente della pressione arteriosa, mancata interpretazione dei fattori di rischio, esami ematochimici tardivi, errata attribuzione dei sintomi a cause non ostetriche, gestione superficiale delle urgenze, scarsa comunicazione tra i professionisti. La conseguenza è che una condizione potenzialmente gestibile può degenerare in un quadro clinico disastroso.

Affidarsi a ginecologi esperti, a percorsi nascita strutturati e a un’assistenza prenatale consapevole significa offrire alle donne non solo sicurezza clinica, ma anche il diritto alla prevenzione, alla diagnosi precoce e alla protezione del proprio parto. Perché nella preeclampsia il tempo è tutto. E quando si perde tempo, si rischia di perdere molto di più.

Quali sono le conseguenze di una diagnosi tardiva?

Per la madre:

  • crisi eclamptiche (convulsioni, coma),
  • emorragia cerebrale o ictus,
  • coagulazione intravascolare disseminata (CID),
  • danno epatico o renale permanente,
  • decesso.

Per il feto:

  • ritardo di crescita intrauterina (IUGR),
  • sofferenza fetale cronica,
  • morte in utero o durante il parto,
  • parto prematuro con danni neurologici.

Quali leggi regolano la responsabilità medica?

La Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, insieme agli articoli 1218 e 2043 del Codice Civile, stabilisce che:

  • la struttura sanitaria risponde contrattualmente, anche se il medico non è dipendente diretto,
  • il medico risponde a titolo extracontrattuale, salvo dolo o colpa grave nei casi di linee guida seguite,
  • è possibile anche azione penale per lesioni gravi o omicidio colposo (artt. 590 e 589 c.p.).

Quando si configura la responsabilità medica per ritardo nella diagnosi di preeclampsia?

La responsabilità medica per ritardo nella diagnosi di preeclampsia si configura ogni volta che una donna incinta manifesta sintomi compatibili con questa grave condizione ipertensiva della gravidanza e non viene sottoposta agli accertamenti tempestivi e alle cure necessarie, con conseguenze che possono essere devastanti per la madre, per il feto o per entrambi. La preeclampsia è una malattia subdola, che spesso inizia in modo silenzioso, ma che può precipitare in modo rapido e violento, trasformando una gestazione normale in una corsa contro il tempo. E quando i segnali vengono ignorati, quando le misure di prevenzione non vengono attivate, quando il controllo clinico manca, il danno non è più evitabile.

La preeclampsia è una condizione tipica della seconda metà della gravidanza, caratterizzata da un aumento patologico della pressione arteriosa e dalla presenza di proteine nelle urine. Ma può manifestarsi anche con sintomi più generici e meno eclatanti: mal di testa persistente, visione offuscata, dolori epigastrici, gonfiore improvviso, aumento repentino di peso, senso di oppressione. Quando questi campanelli d’allarme vengono ignorati o banalizzati durante le visite di controllo, quando non si esegue un semplice esame delle urine, quando la pressione viene rilevata superficialmente o non valutata nella sua progressione, si perde tempo prezioso. E con esso, si può perdere una vita.

In molti casi, il ritardo diagnostico deriva da una sottovalutazione sistemica. Le donne, soprattutto se giovani e in buona salute, vengono rassicurate. Si dice loro che è normale essere stanche, che il gonfiore è tipico della gravidanza, che i mal di testa passeranno. I segnali vengono declassati a sintomi banali. Ma la preeclampsia non è banale. È la principale causa di morte materna e fetale nei Paesi industrializzati. E nonostante questo, viene ancora diagnosticata tardi, soprattutto in strutture con alti carichi di lavoro o dove non c’è un ginecologo fisso di riferimento. In altri casi, si sbaglia a interpretare gli esiti: una pressione arteriosa che si innalza ma resta “appena sotto soglia”, una proteinuria che viene ignorata, un tracciato fetale alterato letto con superficialità.

Quando la preeclampsia evolve senza essere trattata, il rischio è altissimo. Può insorgere una crisi eclamptica, con convulsioni, perdita di coscienza, emorragia cerebrale. Può comparire una sindrome HELLP, con danni al fegato, piastrinopenia e anemia emolitica. Il feto può entrare in sofferenza acuta per insufficienza placentare, con rischio di morte intrauterina o nascita prematura grave. La madre può andare incontro a distacco della placenta, insufficienza renale, edema polmonare, arresto cardiocircolatorio. In pochi minuti, l’intera situazione cambia. E quello che era un controllo ambulatoriale si trasforma in emergenza.

Quando la diagnosi arriva tardi, si agisce in ritardo. Si prova a stabilizzare la paziente, si somministra solfato di magnesio, si tenta di guadagnare tempo. Ma spesso non basta. Bisogna procedere con un cesareo d’urgenza, far nascere un bambino prematuro, affrontare tutte le conseguenze di una gravidanza interrotta prima del termine. In alcune situazioni, la madre sopravvive ma resta segnata: con danni renali cronici, deficit neurologici, disturbi visivi, paure profonde. In altre, il bambino nasce con lesioni cerebrali da ipossia. E in troppe altre, uno dei due – o entrambi – non ce la fanno.

Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica si configura quando gli esami di routine non vengono eseguiti secondo linee guida, quando non si approfondisce un quadro clinico sospetto, quando la gestante non viene monitorata in modo adeguato, soprattutto se ha fattori di rischio noti: obesità, ipertensione cronica, diabete gestazionale, gravidanza gemellare, età avanzata, pregressa preeclampsia. Anche la mancata ospedalizzazione in presenza di segni evidenti può costituire una grave negligenza. Così come l’errore di non somministrare la profilassi o il farmaco anti-ipertensivo corretto.

Le donne che hanno vissuto questa esperienza raccontano tutte la stessa cosa: sentivano che qualcosa non andava, ma non venivano credute. Si presentavano alle visite con sintomi chiari, ma nessuno li collegava. E poi, improvvisamente, il ricovero, la corsa, l’intervento, il dolore. Alcune escono con il bambino in braccio ma con una ferita nell’anima. Altre, con una stanza preparata a casa che resta vuota. E il silenzio che le accompagna, la mancanza di spiegazioni, pesa quanto il trauma subito. Perché sapere che si poteva evitare, ma non è stato fatto, è un dolore che non si spegne mai.

Il risarcimento nei casi di ritardo diagnostico nella preeclampsia può essere molto elevato. Se la madre ha subito un danno permanente, il danno biologico può superare il 50%. Se il feto è morto, o è sopravvissuto con lesioni neurologiche, si sommano danni morali, esistenziali, patrimoniali, spese sanitarie e assistenziali. Se la donna ha perso la fertilità, o ha subito un’isterectomia d’urgenza, o ha sviluppato patologie croniche, la somma può raggiungere o superare i 200.000 euro. In caso di decesso del bambino, i genitori hanno diritto al risarcimento del danno parentale, ormai consolidato nella giurisprudenza italiana.

Il termine per agire è di cinque anni dalla conoscenza del danno, o dieci se si procede contro una struttura sanitaria pubblica. È fondamentale raccogliere tutta la documentazione: esiti delle analisi, cartelle cliniche, schede ambulatoriali, monitoraggi, tracciati, verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione, comunicazioni scritte e verbali. Una consulenza medico-legale ginecologica potrà ricostruire se i controlli erano adeguati, se gli allarmi c’erano, se le decisioni prese erano conformi alle linee guida italiane ed europee.

Per il medico, la gravidanza non è solo un evento naturale. È anche un percorso a rischio, che va seguito con attenzione, rispetto, precisione. Ogni visita di controllo è un’occasione per prevenire il peggio. Ogni pressione alta è un segnale. Ogni sintomo riferito dalla paziente va preso sul serio. La preeclampsia non esplode senza preavviso: manda messaggi, e chi li ignora è colpevole. La medicina ha gli strumenti per prevenire il disastro. Quando non li usa, la legge ha il dovere di intervenire.

In conclusione, la responsabilità medica per ritardo nella diagnosi di preeclampsia si configura ogni volta che una vita viene messa a rischio per negligenza, superficialità o sottovalutazione. Nessuna madre dovrebbe morire per una pressione alta non trattata. Nessun bambino dovrebbe nascere tra le urla di un’urgenza evitabile. E ogni donna ha diritto a una gravidanza sorvegliata, protetta, rispettata. Perché dare la vita non dovrebbe mai costare la propria.

Quali sono esempi concreti di risarcimento?

  • Napoli, 2024: donna in gravidanza non sottoposta a monitoraggio nonostante ipertensione e proteinuria. Crisi eclamptica con coma e perdita del feto. Risarcimento: €980.000.
  • Milano, 2023: decesso materno per emorragia cerebrale. Ritardo di oltre 12 ore nel ricovero dopo segnalazione al consultorio. Famiglia risarcita con €1.200.000.
  • Palermo, 2022: nascita prematura con paralisi cerebrale infantile da preeclampsia non trattata. Genitori ricevono €950.000 più fondo speciale per cure riabilitative a vita.

Come si dimostra la responsabilità?

Attraverso:

  • acquisizione della cartella clinica e dei referti ambulatoriali e ospedalieri,
  • analisi delle misurazioni pressorie, esami del sangue e urine,
  • confronto con le linee guida SIGO, ACOG, NICE, ISS,
  • consulenza medico-legale in ginecologia e medicina legale,
  • verifica dei tempi di intervento e del piano di gestione.

Qual è la procedura per ottenere un risarcimento?

  1. Richiesta della documentazione sanitaria.
  2. Incarico a medico legale per perizia preliminare.
  3. Valutazione legale dei danni (biologici, morali, patrimoniali).
  4. Tentativo di mediazione obbligatoria.
  5. In caso di mancato accordo: azione giudiziaria (civile o penale).

Quali sono i termini per agire?

  • 10 anni contro la struttura sanitaria (responsabilità contrattuale),
  • 5 anni contro il medico (responsabilità extracontrattuale),
  • 6 anni per lesioni gravi o morte in ambito penale,
  • Il termine decorre dal momento della diagnosi del danno (es. esiti neurologici, perdita del bambino, infertilità secondaria).

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni da ritardo diagnostico in gravidanza, con un focus specifico su:

  • preeclampsia non diagnosticata o mal gestita,
  • decesso fetale o materno per omissioni ostetriche,
  • danni neurologici al neonato per parto prematuro non programmato,
  • invalidità materna da eclampsia o sindrome HELLP.

Il team legale collabora con ginecologi forensi, rianimatori, neonatologi e psicologi, per costruire perizie solide e tutelare i diritti di madri e familiari in modo completo.

Lo studio cura:

  • analisi delle cartelle cliniche,
  • redazione di perizia medico-legale personalizzata,
  • stima economica del danno per tutta la vita,
  • rappresentanza legale in sede civile e penale,
  • richiesta di indennità e invalidità civile o previdenziale, ove applicabile.

Nessuna donna dovrebbe affrontare le conseguenze di un errore evitabile durante la gravidanza. La giustizia medica non restituisce ciò che è perso, ma può garantire verità, dignità e sicurezza per il futuro.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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