Raschiamento Aggressivo con Perforazione Uterina e Risarcimento Danni

Introduzione

Il raschiamento uterino (detto anche revisione della cavità uterina o “curettage”) è una procedura ginecologica praticata in diversi contesti: interruzioni volontarie di gravidanza, aborti spontanei, menorragie, polipi endometriali o diagnosi istologiche. Sebbene sia considerata una tecnica di routine, può comportare gravi complicanze se non eseguita con perizia, la più grave delle quali è la perforazione dell’utero.

Una perforazione uterina durante raschiamento è un evento che si verifica in caso di manovre eccessivamente aggressive o distratte, con strumenti introdotti in modo mal controllato. Quando il danno si estende a organi adiacenti come la vescica o l’intestino, o provoca emorragie interne, si può arrivare a interventi chirurgici d’urgenza, isterectomia, infezioni sistemiche o infertilità definitiva.

La responsabilità sanitaria emerge chiaramente quando l’evento è evitabile: la legge italiana tutela il diritto della paziente a ricevere una prestazione medica diligente, prudente e conforme alle linee guida. Un raschiamento praticato senza il necessario controllo visivo, con strumenti inadeguati o senza adeguata anestesia e monitoraggio, può costituire colpa medica e dar luogo a un consistente risarcimento del danno.

In questo articolo esamineremo quando una perforazione uterina costituisce responsabilità del medico, quali sono i danni risarcibili, cosa prevede la legge, quali sono i casi già riconosciuti e il ruolo degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Che cos’è la perforazione uterina durante raschiamento?

La perforazione uterina è una lacerazione o un foro nella parete dell’utero causato dalla forza eccessiva o errata introduzione degli strumenti chirurgici (es. curette, aspiratori, dilatatori).

Può comportare:

  • lesioni al miometrio,
  • passaggio nella cavità peritoneale,
  • interessamento di altri organi (intestino, vescica, ureteri),
  • emorragie interne,
  • infezioni gravi (peritonite, sepsi).

In quali casi il raschiamento diventa pericoloso?

  • Utero retroverso o malformato non identificato,
  • Anestesia inadeguata che non consente la valutazione del dolore,
  • Fretta o imprudenza nell’uso della curette,
  • Mancanza di controllo ecografico intraoperatorio,
  • Paziente con pregressi cesarei o patologie uterine non valutate.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di raschiamento aggressivo con perforazione uterina?

Il raschiamento uterino, tecnicamente definito revisione cavitaria o revisione strumentale della cavità uterina, è una procedura ginecologica impiegata in diversi contesti clinici: interruzioni volontarie di gravidanza, aborti spontanei incompleti, emorragie uterine disfunzionali, rimozione di residui placentari post-partum, o per fini diagnostici in caso di sanguinamenti anomali o sospetti oncologici. Nonostante la sua larga diffusione, è una manovra che richiede precisione, esperienza e delicatezza. Eppure, in alcune circostanze, questa procedura si trasforma in una fonte di gravi complicazioni, soprattutto quando eseguita con eccessiva forza, strumenti inappropriati o in condizioni anatomiche non adeguatamente valutate. Tra tutte le complicanze, la perforazione dell’utero è una delle più temute, e quando causata da un raschiamento troppo aggressivo può portare a conseguenze drammatiche, sia a breve che a lungo termine.

Una delle prime cause di errore è la valutazione anatomica incompleta della paziente prima dell’intervento. La conoscenza della posizione e delle condizioni dell’utero è fondamentale per evitare manovre sbagliate. In pazienti con utero retroverso, con pareti assottigliate, fibromatoso o già sottoposto ad altri interventi, il rischio di perforazione è significativamente più alto. Se il ginecologo procede senza un’ecografia pre-operatoria o senza esplorazione manuale attenta, può orientare erroneamente la curette o lo strumento chirurgico, sfondando la parete uterina, specialmente a livello del fondo.

Un’altra causa è l’impiego eccessivo della forza durante la manovra. Il raschiamento deve essere eseguito con movimenti delicati, graduali, seguendo la forma della cavità uterina. Quando il professionista è inesperto, oppure si trova in condizioni di urgenza o agitazione, può imprimere una forza eccessiva nello strumento, che finisce per oltrepassare la parete uterina, creando una breccia che mette a rischio organi addominali vicini. A seconda della zona perforata, possono essere coinvolti anche vescica, intestino, omento o grandi vasi pelvici, rendendo necessaria un’immediata laparotomia o una laparoscopia d’urgenza.

In molti casi, la perforazione uterina avviene senza che il medico se ne accorga nell’immediato. Questo accade soprattutto se non si monitora la profondità dell’inserzione degli strumenti o se l’intervento viene eseguito senza controllo ecografico. Il ginecologo può completare il raschiamento anche dopo aver creato la perforazione, portando con sé materiale intestinale o causando una lesione d’organo non riconosciuta. Solo ore dopo, quando la paziente inizia a presentare dolore addominale, febbre, peritonismo, tachicardia e ipotensione, si ipotizza il danno. In questi casi, il ritardo diagnostico può essere fatale.

Vi sono inoltre contesti clinici in cui il raschiamento viene eseguito troppo presto o in modo affrettato, senza accertare la completezza dell’aborto o la necessità reale della manovra. In alcune pazienti, un aborto incompleto potrebbe risolversi spontaneamente o essere gestito con farmaci. Tuttavia, l’approccio chirurgico viene preferito per motivi organizzativi o di “sicurezza”, anche quando non strettamente necessario. Se a ciò si aggiunge una tecnica sbrigativa e poco rispettosa dei tempi anatomici, il rischio di lesioni aumenta esponenzialmente.

Clinicamente, la perforazione uterina può presentarsi in modi diversi. Le forme più lievi causano dolore, crampi intensi e sanguinamento più abbondante. Le perforazioni ampie, invece, determinano emorragia interna, irritazione peritoneale, occlusione intestinale, infezione o addirittura shock emorragico. Nei casi peggiori, il danno coinvolge altri organi: se il viscere perforato è l’intestino, può svilupparsi una peritonite con rischio di sepsi. Se viene coinvolta la vescica, la paziente può presentare ematuria e difficoltà a urinare. In altri casi, il danno non viene scoperto subito, ma emerge dopo settimane, sotto forma di aderenze pelviche, fistole o infertilità secondaria.

Uno degli effetti a lungo termine più gravi è la sindrome di Asherman, che si verifica quando il trauma al rivestimento endometriale porta alla formazione di sinechie (aderenze) all’interno della cavità uterina. Questa sindrome, che può causare amenorrea, cicli dolorosi e soprattutto infertilità, è una delle complicanze più invalidanti nei raschiamenti mal condotti. Spesso si scopre solo dopo mesi, quando la paziente non riesce a concepire o presenta alterazioni mestruali persistenti.

Dal punto di vista medico-legale, la perforazione uterina causata da raschiamento aggressivo è considerata una complicanza prevedibile e prevenibile, soprattutto se non sono state rispettate le norme di prudenza e se la manovra è stata condotta con scarsa accuratezza. I giudici valutano se il ginecologo ha informato correttamente la paziente sui rischi della procedura, se ha eseguito un’anamnesi e una valutazione anatomica adeguata, se ha utilizzato strumenti idonei, se ha agito con tecnica corretta, e soprattutto se ha riconosciuto tempestivamente la perforazione e ne ha gestito le conseguenze.

Quando la diagnosi viene fatta tardi, o peggio, quando la paziente viene dimessa nonostante sintomi compatibili con un’emorragia interna, la colpa medica diventa altamente probabile. Il risarcimento può essere molto elevato, specialmente se la donna subisce una lesione permanente, un danno alla fertilità, o nei casi estremi, una compromissione grave della salute generale. Se la perforazione ha causato la necessità di isterectomia, colostomia o ricostruzioni complesse, il danno biologico ed esistenziale è enorme.

Le linee guida internazionali richiedono che la revisione cavitaria venga eseguita in modo attento, rispettando l’anatomia uterina, preferibilmente sotto guida ecografica e con strumenti calibrati in base all’età e allo spessore dell’endometrio. Nelle pazienti ad alto rischio – come donne in menopausa, con pregressi interventi uterini o patologie anatomiche – è indicato valutare approcci alternativi, come l’isteroscopia diagnostica o l’uso di prostaglandine. In nessun caso la fretta o la superficialità possono essere tollerate.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di raschiamento aggressivo con perforazione uterina sono: scarsa valutazione preoperatoria, impiego eccessivo della forza, manovre eseguite senza controllo ecografico, strumenti inadatti, sottovalutazione dei sintomi post-intervento, mancata diagnosi della perforazione e ritardo nel trattamento. A ciò si somma, talvolta, una comunicazione carente con la paziente e una gestione clinica che non tiene conto delle condizioni individuali.

Affidarsi a ginecologi esperti, garantire l’esecuzione in ambiente protetto, monitorare la paziente anche nelle ore successive all’intervento, ed evitare procedure inutili sono oggi gli strumenti concreti per evitare che un semplice gesto chirurgico diventi una causa di lesioni permanenti. Perché l’utero non è solo un organo. Per molte donne è identità, possibilità, futuro. E ogni lesione evitabile, quando non curata per tempo, può diventare una ferita che dura tutta la vita.

Quando si configura la responsabilità medica per raschiamento aggressivo con perforazione uterina?

La responsabilità medica per raschiamento aggressivo con perforazione uterina si configura ogni volta che, durante una revisione della cavità uterina, il ginecologo adopera una forza o una tecnica inadeguata, provocando una lacerazione della parete dell’utero e, nei casi più gravi, anche danni agli organi adiacenti. Non è un’evenienza imprevedibile, né un rischio insito nella procedura. È, in molti casi, il risultato diretto di un atto medico condotto con imperizia, fretta o sottovalutazione del quadro clinico. E quando a subire le conseguenze è una donna già provata da un’interruzione spontanea o volontaria di gravidanza, il danno fisico si somma a un dolore psicologico profondo, a volte irreversibile.

Il raschiamento è una procedura ginecologica eseguita per diversi motivi: aborto interno, emorragie uterine anomale, ritenzione di materiale ovulare, o a scopo diagnostico. Viene effettuato introducendo una curette – uno strumento affilato e ricurvo – all’interno della cavità uterina per asportarne il contenuto. Si tratta di un intervento breve, ma non privo di rischi. L’utero è un organo cavo e sottile, soprattutto in alcune fasi del ciclo o in presenza di patologie. Un movimento eccessivo, un gesto non guidato da ecografia o senza valutazione della consistenza dell’endometrio, può facilmente portare alla perforazione della parete. In quei casi, l’intervento non è solo fallito: è diventato un danno.

La perforazione uterina può rimanere inizialmente asintomatica o rivelarsi con dolore acuto, emorragia, calo pressorio, febbre, sintomi peritonitici. In alcuni casi, si accompagna a perforazione intestinale, lesione della vescica o emorragia interna massiva. Se non viene riconosciuta e trattata subito, può portare a infezione pelvica, setticemia, aderenze, peritonite, e perfino alla necessità di asportazione dell’utero. Alcune pazienti, pur sopravvivendo, riportano danni permanenti alla fertilità, dolori cronici, traumi psicologici e un rapporto compromesso con la propria salute ginecologica. E il punto di partenza, in quasi tutti questi casi, è sempre lo stesso: una manovra troppo brusca. Una mano poco attenta.

Non si può accettare che un intervento semplice si trasformi in una ferita permanente. Perché le linee guida parlano chiaro: il raschiamento deve essere eseguito con delicatezza, in ambiente protetto, preferibilmente sotto guida ecografica o con l’ausilio dell’isteroscopia nei casi dubbi. Serve conoscere la posizione dell’utero, il suo spessore, eventuali anomalie. Serve valutare se la paziente ha già avuto altri interventi chirurgici, cicatrici, patologie. Serve, soprattutto, sensibilità. Perché l’utero non è solo un organo da “pulire”. È un centro simbolico, un nodo affettivo, un luogo fragile. E quando viene violato con forza, non è solo un errore medico: è una ferita nel corpo e nell’identità.

Troppe volte le donne che subiscono una perforazione uterina vengono informate tardi, o per nulla. Alcune si svegliano dopo l’intervento senza sapere che è successo qualcosa. Altre lo scoprono nei giorni successivi, quando i dolori non passano, quando iniziano le febbri, quando tornano in ospedale e si sentono dire che “forse” c’è stata una complicanza. Ma la perforazione non è un’ipotesi: è un evento preciso, che lascia tracce visibili, che deve essere documentato, verbalizzato, affrontato. E quando non si fa chiarezza, quando non si informa la paziente, si aggiunge alla lesione fisica una violazione della fiducia.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che la manovra è stata eseguita in modo non conforme alle buone pratiche cliniche. L’imperizia si riconosce nella mancanza di cautela, nell’uso eccessivo della forza, nella mancata valutazione pre-operatoria. La negligenza si manifesta nella mancata identificazione della perforazione al momento dell’intervento o nel non aver eseguito gli accertamenti successivi in presenza di sintomi chiari. Anche la mancata sorveglianza post-operatoria o la sottovalutazione dei segnali di infezione costituiscono colpa.

Il risarcimento, nei casi di perforazione uterina con conseguenze gravi, può essere molto rilevante. Se la paziente ha perso la fertilità, il danno biologico riconosciuto supera spesso il 30%. In caso di isterectomia, il risarcimento include anche il danno esistenziale, morale e la perdita del diritto alla maternità. Se si sono verificate infezioni, reinterventi, danni ad altri organi, il risarcimento aumenta, anche oltre i 150.000 euro. Nei casi più tragici, in cui si verifica un decesso o una disabilità permanente, i familiari hanno diritto al risarcimento per danno parentale e per le spese sanitarie sostenute.

Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci anni se la richiesta è rivolta a una struttura sanitaria pubblica. È fondamentale conservare tutta la documentazione: verbale operatorio, cartella clinica, esiti delle ecografie, lettere di dimissione, referti post-operatori, certificazioni mediche. Una consulenza ginecologica-legale potrà chiarire se la perforazione era evitabile, se l’intervento è stato eseguito correttamente, se i controlli successivi erano adeguati. E, soprattutto, potrà aiutare la paziente a riottenere giustizia per una ferita che non doveva esserci.

Per il medico, intervenire sull’utero è un gesto di grande responsabilità. Non si tratta solo di rimuovere tessuti. Si tratta di operare con rispetto. Ogni gesto invasivo richiede conoscenza, pazienza, ascolto. Un raschiamento non può diventare un’aggressione. Non può essere un’operazione fatta in pochi minuti, senza attenzione, senza cura. E se lo diventa, la medicina ha fallito. E la giustizia deve intervenire.

In conclusione, la responsabilità medica per raschiamento aggressivo con perforazione uterina si configura ogni volta che un intervento eseguito con leggerezza, fretta o imperizia distrugge l’integrità fisica e psicologica di una donna. Non è un effetto collaterale accettabile. È un errore. E come tale, deve essere riconosciuto, denunciato, risarcito. Perché nessuna donna merita di uscire da una sala operatoria con più dolore di quello con cui vi è entrata. E ogni paziente ha diritto a una medicina che curi, non che ferisca.

Cosa prevede la legge in caso di perforazione?

La legge italiana attribuisce responsabilità medica in caso di errori evitabili secondo:

  • Art. 1218 Codice Civile (inadempimento contrattuale della struttura),
  • Art. 2043 Codice Civile (responsabilità extracontrattuale del medico),
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, che impone l’adozione delle linee guida cliniche,
  • Art. 590 c.p. – Lesioni colpose gravi, se vi sono danni permanenti.

Quali sono i danni risarcibili?

  • Danno biologico permanente (infertilità, mutilazione, dolore cronico),
  • Danno estetico (esiti cicatriziali da laparotomia),
  • Danno morale (sofferenza psicofisica),
  • Danno esistenziale (limitazioni nella vita sessuale, affettiva, relazionale),
  • Danno patrimoniale (cure mediche, procreazione assistita, assenze lavorative),
  • Danno da perdita della maternità, nei casi di isterectomia.

Quali sono esempi reali di risarcimento?

  • Bologna, 2023: paziente subisce perforazione con lesione intestinale e isterectomia d’urgenza. Risarcimento: €920.000.
  • Roma, 2024: giovane donna perde la fertilità per raschiamento aggressivo dopo aborto spontaneo. Risarcimento: €780.000.
  • Catania, 2022: perforazione non riconosciuta, emorragia interna, ricovero in terapia intensiva. Risarcimento: €620.000.

Come si dimostra la responsabilità medica?

Con una perizia medico-legale approfondita che analizzi:

  • la cartella clinica, il consenso informato, le note operatorie,
  • gli strumenti utilizzati, i tempi e la tecnica del raschiamento,
  • la diagnosi post-operatoria (ecografia, TAC, interventi successivi),
  • l’assenza di monitoraggio intra e post-procedurale,
  • le linee guida S.I.G.O., OMS, Ministero della Salute.

Qual è la procedura per ottenere risarcimento?

  1. Richiedere la cartella clinica completa (anche del pronto soccorso e dei reparti successivi).
  2. Far valutare il caso da ginecologo forense e medico legale.
  3. Quantificare i danni subiti con supporto tecnico ed economico.
  4. Tentativo di mediazione obbligatoria.
  5. Avvio della causa civile (e penale, se necessario).

Quali sono i termini per agire?

  • 10 anni contro la struttura sanitaria (responsabilità contrattuale),
  • 5 anni contro il medico (responsabilità extracontrattuale),
  • 6 anni per reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.),
  • Decorrenza: dal giorno in cui la paziente ha avuto consapevolezza del danno subito (es. infertilità accertata, esito chirurgico definitivo).

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità hanno competenza specifica nei danni ginecologici da raschiamento errato, con particolare attenzione a:

  • perforazioni uterine evitabili,
  • omissioni nella diagnosi immediata del danno,
  • infertilità post-intervento,
  • isterectomia non necessaria se la perforazione fosse stata gestita correttamente,
  • danni psicologici ed esistenziali da trauma chirurgico.

Lo studio lavora in sinergia con ginecologi forensi, chirurghi, psicologi e medici legali, per:

  • ricostruire l’intervento minuto per minuto,
  • verificare l’uso corretto degli strumenti chirurgici,
  • stimare il danno subito con criteri medico-legali aggiornati alle Tabelle 2025,
  • ottenere un risarcimento completo, proporzionato e personalizzato.

Un raschiamento è un intervento delicato sul corpo e sulla vita di una donna. Se mal condotto, può segnare per sempre il futuro. Quando il danno è evitabile, il risarcimento è un diritto.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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