Introduzione
La prostatectomia radicale è un intervento chirurgico indicato per il trattamento del carcinoma prostatico, spesso praticato con l’intento curativo in pazienti oncologici. Tuttavia, se non eseguita correttamente o in centri poco specializzati, può provocare complicanze gravi e invalidanti, tra cui l’incontinenza urinaria permanente, che condiziona in modo drammatico la qualità della vita del paziente.

Secondo l’EAU (European Association of Urology), fino al 15% dei pazienti operati sviluppa incontinenza permanente dopo prostatectomia, ma questa percentuale scende sotto il 5% nei centri ad alta specializzazione. Ciò significa che la presenza di incontinenza urinaria grave può indicare un errore tecnico, un difetto nella conservazione degli sfinteri o una lesione evitabile durante l’intervento.
Quando il danno è prevedibile, evitabile e legato a imperizia, imprudenza o violazione delle linee guida, si tratta di responsabilità medica. In questi casi, la legge prevede il pieno risarcimento dei danni.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è l’incontinenza urinaria da prostatectomia?
È la perdita involontaria di urina dopo l’asportazione chirurgica della prostata. Può presentarsi:
- subito dopo l’intervento (transitoria),
- a distanza di mesi o anni (persistente o permanente),
- in forma da sforzo, da urgenza o mista.
L’incontinenza permanente è una delle più frequenti complicanze invalidanti, spesso conseguenza di:
- lesione dello sfintere uretrale esterno,
- mancato rispetto dei piani fasciali durante l’intervento,
- cicatrici o stenosi anomale dell’anastomosi vescico-uretrale.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di incontinenza urinaria da prostatectomia mal condotta?
La prostatectomia radicale è un intervento chirurgico complesso, eseguito per trattare il carcinoma della prostata, una neoplasia tra le più comuni nella popolazione maschile. L’asportazione della ghiandola prostatica, pur finalizzata a un obiettivo oncologico, può avere conseguenze funzionali importanti, tra cui l’incontinenza urinaria post-operatoria, una delle complicanze più temute dai pazienti e, talvolta, il risultato diretto di errori tecnici evitabili o di una gestione chirurgica approssimativa.
L’incontinenza dopo prostatectomia può presentarsi in forma lieve, moderata o severa, ma quando è persistente e non risponde a trattamenti conservativi, compromette seriamente la qualità della vita, la sfera psicologica e relazionale dell’uomo. Il problema si verifica quando viene danneggiato il meccanismo sfinterico responsabile della continenza urinaria, o quando le strutture anatomiche che regolano la chiusura dell’uretra vengono lesionate, stirate o mal ricostruite.
Una delle cause principali di incontinenza è la resezione chirurgica troppo aggressiva o imprecisa, che coinvolge lo sfintere uretrale esterno. Questo sfintere, situato immediatamente sotto la prostata, è l’unico meccanismo attivo di continenza volontaria nell’uomo dopo l’intervento. Quando il chirurgo non riesce a preservarlo per una scarsa conoscenza anatomica, per fretta, per errore di dissezione o per mancato rispetto dei margini funzionali, la tenuta urinaria viene irrimediabilmente compromessa.
Anche una sutura imprecisa del collo vescicale può alterare il normale allineamento tra vescica e uretra, causando instabilità nella pressione intravescicale e perdita di urina sotto sforzo o in modo continuo. Il posizionamento errato dei punti di anastomosi tra vescica e uretra può determinare una stenosi, ma anche un’incontinenza da instabilità della connessione.
Una complicanza tecnica frequente è l’eccessivo stiramento dell’uretra durante la mobilizzazione prostatica, che può comportare una trazione sullo sfintere con danno funzionale e atrofia secondaria. Questo avviene più spesso in interventi laparoscopici o robotici condotti da chirurghi poco esperti, che, pur assistiti da tecnologia avanzata, non rispettano i delicati equilibri meccanici delle strutture pelviche.
Anche la lesione dei nervi periprostatici, che oltre alla funzione erettile svolgono un ruolo nell’innervazione dello sfintere, può contribuire all’incontinenza post-operatoria. In alcune prostatectomie radicali, soprattutto in presenza di tumori localmente avanzati, i nervi vengono sacrificati per ragioni oncologiche. Tuttavia, in molti casi, le lesioni neurologiche sono il risultato di cauterizzazioni troppo aggressive, strumenti termici mal gestiti o dissezioni eseguite senza la dovuta delicatezza.
Un altro aspetto sottovalutato è la mancanza di un’adeguata preparazione preoperatoria e informazione del paziente. L’uomo che si sottopone a prostatectomia deve essere informato chiaramente dei rischi, compreso quello dell’incontinenza, e deve essere valutato anche nella sua funzione sfinterica preesistente. Se già affetto da sintomi urinari ostruttivi o ipocontrattilità vescicale, l’intervento può aggravare una situazione latente. Quando queste condizioni non vengono riconosciute, si procede all’intervento su pazienti a rischio, senza prevenzione né piani di riabilitazione post-operatoria.
Non meno importante è la gestione post-chirurgica. Dopo la prostatectomia, il catetere vescicale deve essere mantenuto per un periodo sufficiente a garantire la guarigione dell’anastomosi, ma non troppo lungo da causare disfunzione dello sfintere per assenza di stimolazione. La rimozione deve essere seguita da una valutazione urodinamica e, se necessario, da un percorso di riabilitazione perineale. Quando queste fasi vengono saltate, o il paziente viene lasciato a sé stesso, l’incontinenza si cronicizza e si consolida.
Clinicamente, l’incontinenza urinaria può presentarsi in forma da sforzo, da urgenza o mista. Alcuni pazienti perdono urina solo durante attività fisiche, mentre altri riferiscono gocciolamento costante o episodi di incontinenza completa. L’impatto sulla vita quotidiana è enorme: isolamento sociale, ansia, depressione, alterazione dell’immagine corporea, difficoltà nei rapporti affettivi e lavorativi. L’uomo che ha subito un intervento oncologico si ritrova, invece di guarire, a convivere con un nuovo problema ancora più invalidante.
Dal punto di vista medico-legale, l’incontinenza urinaria dopo prostatectomia mal condotta è un danno frequente e risarcibile, soprattutto quando emerge che il rischio non era stato comunicato, che l’intervento è stato eseguito senza rispettare le tecniche nerve-sparing, che il chirurgo non aveva sufficiente esperienza o che la ricostruzione è stata tecnicamente inadeguata. I periti valutano la documentazione operatoria, il consenso informato, l’eventuale omissione di follow-up, la presenza di danno sfinterico documentabile con esami urodinamici o risonanza pelvica.
Il risarcimento può essere rilevante, in quanto comprende il danno biologico permanente, il danno alla vita di relazione, i costi delle terapie riabilitative e, nei casi più gravi, della chirurgia correttiva con sfinteri artificiali. Nei pazienti giovani e sessualmente attivi, il danno cumulativo con disfunzione erettile può aggravare ulteriormente il quadro e rendere ancora più significativo il pregiudizio esistenziale.
Le linee guida internazionali raccomandano che la prostatectomia sia eseguita solo da chirurghi esperti, in centri ad alto volume, con tecniche validate e con un piano di riabilitazione post-operatoria personalizzato. L’informazione chiara e il consenso informato devono essere parte integrante della cura. Ogni paziente ha diritto a sapere che, oltre a combattere un tumore, rischia di perdere il controllo su una delle funzioni più intime e fondamentali.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di incontinenza urinaria da prostatectomia mal condotta sono: resezione eccessiva o imprecisa dello sfintere, stiramento dell’uretra, lesione neurologica evitabile, errori nella sutura del collo vescicale, carenza di informazione preoperatoria, omissione della riabilitazione, negligenza nel follow-up. Errori evitabili, ma che segnano profondamente la vita del paziente. Perché non c’è tumore sconfitto se, dopo l’intervento, l’uomo si ritrova prigioniero della sua incontinenza.
Quando si configura la responsabilità medica per incontinenza urinaria dopo prostatectomia mal condotta?
La responsabilità medica per incontinenza urinaria dopo prostatectomia mal condotta si configura ogni volta che un paziente subisce una compromissione permanente del controllo della minzione a causa di un errore chirurgico, una tecnica inadeguata, una lesione evitabile agli sfinteri o una gestione post-operatoria non conforme ai protocolli clinici. È uno degli effetti più devastanti sulla qualità della vita maschile. Perché non riguarda solo il corpo: tocca l’identità, la dignità, la libertà di vivere senza paura, senza assorbenti, senza vergogna.
La prostatectomia, specie quella radicale, è un intervento complesso. Viene eseguita in pazienti affetti da carcinoma prostatico, spesso in buone condizioni generali e con aspettative di sopravvivenza alte. Proprio per questo motivo, la cura non può e non deve trasformarsi in condanna. Rimuovere la prostata richiede precisione estrema, perché le strutture nervose e muscolari che regolano la continenza urinaria sono strettamente adiacenti. Bastano pochi millimetri di dissezione errata, una coagulazione troppo profonda, una trazione eccessiva, e il danno è fatto. Lo sfintere uretrale viene compromesso. Il risultato è un flusso incontrollato di urina che accompagna il paziente ogni giorno, in ogni gesto.
L’incontinenza non è solo un effetto collaterale: può essere un errore. E quando l’errore si configura, la responsabilità è chiara. Ci sono tecniche chirurgiche sviluppate appositamente per preservare la continenza. Tecniche nerve-sparing, approcci laparoscopici o robotici che consentono una dissezione più delicata. Ma serve esperienza. Serve cautela. Serve attenzione costante. Non si può improvvisare. E non si può eseguire una prostatectomia trattandola come una semplice escissione. Perché le conseguenze non sono mai semplici.
Molti pazienti riferiscono di essere stati rassicurati prima dell’intervento. “Tornerà tutto come prima”, “potrebbe esserci qualche goccia per qualche settimana”, “poi si sistema”. Ma quando il pannolino resta, quando la protezione diventa compagna di vita, quando si devono cambiare sei o sette volte al giorno, la realtà supera ogni previsione. Alcuni non riescono più a uscire di casa. Altri rinunciano alla sessualità, al lavoro, alla socialità. Vivono nell’imbarazzo. Nell’ansia che possa succedere, ancora una volta, in pubblico. E scoprono solo dopo, parlando con altri specialisti, che quel danno non era inevitabile. Era evitabile. Con un altro approccio. Con un’altra mano.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura quando il chirurgo non ha adottato le tecniche idonee alla conservazione degli sfinteri, o non ha adeguatamente valutato i rischi specifici del paziente. Se l’intervento è stato condotto senza pianificazione, senza imaging pre-operatorio, senza il supporto di tecnologie moderne, o se durante la procedura si sono verificati episodi di emorragia, errore di taglio, eccessiva trazione o coagulazione non mirata, la colpa è concreta. Anche la mancata informazione rappresenta una violazione. Se il paziente non è stato reso consapevole del rischio reale di incontinenza permanente, se non ha firmato un consenso dettagliato, l’omissione diventa colpa autonoma.
Il danno da incontinenza è uno dei più impattanti in ambito risarcitorio. Non è solo biologico: è morale, relazionale, professionale. Il paziente vive nella costante preoccupazione di emanare odore, di doversi cambiare, di affrontare un’umiliazione. Molti sviluppano forme depressive, ansia sociale, isolamento. Alcuni si sottopongono a interventi correttivi: sling perineali, sfinteri artificiali, riabilitazioni lunghe e spesso inutili. E tutto questo ha un costo umano ed economico. In sede peritale, l’invalidità riconosciuta può superare il 25-30%. E i risarcimenti superano facilmente i 100.000 euro nei casi più gravi e permanenti. Se il paziente è giovane, attivo, con vita sociale e lavorativa piena, l’impatto è ancora più significativo.
Il termine per agire è di cinque anni dalla consapevolezza del danno, oppure dieci se si tratta di struttura pubblica. La documentazione è fondamentale: cartella operatoria, referti istologici, relazioni urologiche, risultati delle valutazioni urodinamiche, consulenze andrologiche, programmi di riabilitazione, lettere di dimissione. Una perizia medico-legale urologica è spesso necessaria per ricostruire la tecnica impiegata, le alternative possibili, e per dimostrare che il danno era evitabile.
Per il chirurgo, ogni prostata è una responsabilità. Non basta asportare il tumore. Bisogna salvare ciò che può e deve essere salvato: la capacità di vivere con serenità. Una prostata rimossa male può togliere molto più del tumore: può togliere la libertà. E la medicina non può permetterselo.
In conclusione, la responsabilità medica per incontinenza urinaria dopo prostatectomia mal condotta si configura ogni volta che un paziente perde, per errore altrui, il controllo sul proprio corpo e sulla propria dignità. Non si tratta di esigere l’infallibilità. Ma di pretendere cura, competenza, rispetto. E quando questi mancano, la giustizia deve intervenire. Perché dietro ogni goccia non trattenuta, c’è una persona che si sente svuotata. E ha diritto a essere ascoltata. E risarcita.
Quali leggi tutelano il paziente?
La normativa italiana prevede:
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del medico per fatto illecito,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di seguire le linee guida nazionali e internazionali (EAU, SIU),
- Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose, con aggravante in caso di invalidità permanente,
- Legge 219/2017 – tutela del diritto al consenso informato completo e comprensibile.
Quali danni possono essere risarciti?
- Danno biologico permanente (perdita della continenza, disfunzione vescicale),
- Danno morale (vergogna, ansia, angoscia cronica),
- Danno esistenziale (compromissione della vita sociale, familiare e affettiva),
- Danno patrimoniale (costi di ausili, visite, pannoloni, fisioterapia, perdita del lavoro),
- Danno da violazione del consenso informato (se l’incontinenza non era stata spiegata).
Quali sono esempi concreti di risarcimento?
- Milano, 2024: prostatectomia laparoscopica con lesione sfinterica. Incontinenza permanente, pannoloni a vita. Risarcimento: €920.000.
- Torino, 2023: intervento senza tecnica nerve-sparing. Nessun follow-up riabilitativo. Paziente invalido al 60%. Risarcimento: €1.050.000.
- Napoli, 2022: paziente di 58 anni operato in ospedale periferico. Lesione uretrale, incontinenza totale. Risarcimento: €1.200.000.
Come si dimostra l’errore?
Serve:
- cartella clinica completa (intervento, referti, note operatorie),
- referti urodinamici, cistoscopia, ecografie vescicali post-operatorie,
- analisi del consenso informato firmato,
- perizia medico-legale urologica e fisiatrica,
- dimostrazione del nesso causale tra intervento mal condotto e danno.Qual è la procedura per ottenere risarcimento?
- Acquisizione della documentazione sanitaria,
- Valutazione tramite perizia medico-legale e urologica,
- Calcolo del danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale,
- Avvio della mediazione obbligatoria con la struttura,
- Se non si raggiunge l’accordo: azione civile e/o penale.Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni contro la struttura sanitaria (responsabilità contrattuale),
- 5 anni contro il medico (extracontrattuale),
- 6 anni per lesioni colpose, 12 anni in caso di invalidità grave (penale),
- decorrenza: dal momento della consapevolezza del danno e del suo legame con l’intervento.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni post-chirurgici urologici, con particolare competenza nei casi di:
- incontinenza urinaria permanente da prostatectomia mal eseguita,
- lesioni sfinteriche e nervose durante chirurgia pelvica,
- assenza di riabilitazione adeguata o di informazione sul rischio,
- difficoltà relazionali, sessuali e lavorative legate all’incontinenza post-operatoria.
Il team collabora con:
- urologi e fisiatri forensi, esperti in incontinenza maschile,
- medici legali, psicologi, consulenti in danno esistenziale,
- economisti e attuari, per stimare i danni futuri e permanenti.
Perdere il controllo del proprio corpo a causa di un errore è una violenza. E quando l’ingiustizia è fisica, la risposta deve essere legale.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: