Introduzione
La necrosi scrotale è una complicanza rara ma gravissima che può insorgere dopo interventi chirurgici andrologici, urologici o proctologici, soprattutto se l’area operata viene trascurata o non trattata correttamente nelle fasi post-operatorie. Si manifesta con morte tissutale del sacco scrotale, spesso accompagnata da infezione grave, dolore insopportabile, compromissione funzionale ed esiti estetico-funzionali irreversibili.
Secondo i dati pubblicati dall’EAU (European Association of Urology), aggiornati al 2024, i casi di necrosi scrotale sono in aumento tra le complicanze post-operatorie, in particolare in pazienti anziani, diabetici o immunodepressi. Tuttavia, in oltre il 40% dei casi più gravi viene accertato un ritardo diagnostico o terapeutico da parte del personale sanitario.

Quando la necrosi poteva essere evitata con un monitoraggio corretto, un trattamento tempestivo o una degenza adeguata, la responsabilità ricade sul chirurgo e sulla struttura sanitaria. In questi casi, il paziente ha pieno diritto al risarcimento.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è la necrosi scrotale post-operatoria?
La necrosi è la morte di tessuti molli per interruzione dell’apporto sanguigno o infezione non trattata. Quando colpisce lo scroto può derivare da:
- compromissione vascolare post-chirurgica,
- infezioni trascurate o sottovalutate (anche banali ascessi o ematomi),
- complicanze settiche dopo interventi su testicoli, prostata, perineo o colon,
- sindromi gravi come gangrena di Fournier, una necrosi fulminante e potenzialmente mortale.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di necrosi scrotale post-chirurgica?
La necrosi scrotale è una complicanza post-operatoria rara ma estremamente grave, che può verificarsi dopo interventi chirurgici in ambito urologico, andrologico o generale. La sua evoluzione è spesso rapida e devastante, con danni profondi ai tessuti molli, infezioni severe e, nei casi più critici, perdita dei testicoli o morte del paziente. La necrosi post-chirurgica non è sempre imprevedibile: in molti casi è la conseguenza diretta di errori tecnici, ritardi diagnostici, carenza di profilassi o negligenza post-operatoria. Riconoscere le cause più frequenti è essenziale non solo per prevenire, ma anche per individuare eventuali responsabilità cliniche e medico-legali.
Una delle cause più frequenti è l’alterazione del flusso sanguigno locale causata da una dissezione chirurgica troppo aggressiva o da un’eccessiva trazione dei tessuti durante l’intervento. I vasi sanguigni che irrorano lo scroto e i testicoli sono piccoli, delicati e facilmente danneggiabili. Se durante un intervento di varicocelectomia, orchiectomia, posizionamento di protesi o correzione di ernie scrotali il chirurgo compromette la perfusione, si crea una zona ischemica che evolve rapidamente in necrosi.
Un errore tecnico comune è anche l’utilizzo eccessivo di elettrobisturi o dispositivi termici, che, seppur utili per l’emostasi, possono causare ustioni profonde e coagulo-necrosi dei tessuti. Il danno termico spesso non è evidente nell’immediato, ma si manifesta nei giorni successivi, con dolore, gonfiore, discromie cutanee e progressiva necrosi dei tessuti scrotali. In questi casi, il problema non è l’infezione primaria, ma la distruzione tissutale indotta dallo strumento mal utilizzato.
Anche la presenza di un’emorragia post-operatoria non drenata correttamente può essere un fattore scatenante. L’accumulo di sangue nello scroto crea un ambiente favorevole alla proliferazione batterica e alla compressione dei tessuti, riducendo ulteriormente l’apporto di ossigeno e nutrienti. L’ematoma scrotale, se non gestito tempestivamente, può trasformarsi in un focolaio necrotico infetto, con evoluzione verso la gangrena di Fournier, una fascite necrotizzante che richiede debridement esteso e terapia intensiva.
Una causa importante è la scarsa igiene del sito chirurgico associata alla mancata profilassi antibiotica, in particolare in pazienti immunodepressi, diabetici o obesi. La chirurgia in zona perineale comporta un rischio elevato di contaminazione da flora batterica intestinale e cutanea. Quando il paziente non riceve una copertura antibiotica adeguata, o quando il campo operatorio non viene gestito secondo rigidi criteri di asepsi, il rischio infettivo aumenta esponenzialmente.
Ci sono anche casi in cui la necrosi scrotale post-operatoria è legata al ritardo nella diagnosi e nel trattamento dei segni iniziali di ischemia o infezione. Il dolore sproporzionato rispetto alla normale convalescenza, il gonfiore persistente, l’arrossamento, la febbre o la presenza di secrezioni maleodoranti sono segnali d’allarme che richiedono valutazione urgente. Se il personale sanitario sottovaluta questi sintomi, o li attribuisce erroneamente a un decorso “normale”, si perde tempo prezioso per il salvataggio dei tessuti.
In alcuni pazienti, soprattutto anziani o pluripatologici, la necrosi può insorgere anche per problemi sistemici di circolazione sanguigna, diabete scompensato, malattie vascolari o assunzione di farmaci anticoagulanti, che aumentano il rischio di microtrombosi locale. Tuttavia, anche in questi casi, un’adeguata valutazione pre-operatoria e una gestione personalizzata del rischio avrebbero potuto evitare l’esito necrotico. La negligenza nella stratificazione del rischio è parte della responsabilità medica.
Dal punto di vista clinico, la necrosi scrotale si presenta inizialmente con dolore intenso e gonfiore, seguito da colorazione livida, insensibilità e formazione di aree nere e maleodoranti. Se l’infezione si diffonde, può portare rapidamente a sepsi, compromissione multiorgano e morte. Il trattamento richiede quasi sempre asportazione chirurgica dei tessuti necrotici, terapie antibiotiche ad ampio spettro e, nei casi più gravi, rimozione dei testicoli (orchiectomia bilaterale) e ricostruzioni successive con innesti cutanei.
Dal punto di vista medico-legale, la necrosi scrotale post-chirurgica è una delle complicanze più gravi e con maggiore impatto in termini di danno risarcibile. I periti analizzano l’intervento eseguito, la tecnica utilizzata, l’adeguatezza dell’antibioticoprofilassi, la qualità del monitoraggio post-operatorio, la documentazione clinica e i tempi di risposta ai primi sintomi. Se emergono negligenze, errori tecnici, sottovalutazione dei rischi o ritardi nell’intervento, la responsabilità professionale è generalmente riconosciuta.
Il risarcimento può essere molto elevato, specie se il paziente ha subito l’asportazione dei testicoli, danni estetici gravi, infezioni sistemiche o compromissione della sessualità e fertilità. Il danno biologico si somma a quello esistenziale, relazionale e psicologico. In alcuni casi, la depressione, il senso di mutilazione e la perdita dell’identità maschile comportano danni psichici certificabili, ulteriormente risarcibili.
Le linee guida internazionali in chirurgia urologica e andrologica raccomandano che ogni intervento a rischio venga eseguito in ambiente sterile, con tecnica atraumatica, uso mirato dell’elettrobisturi, profilassi antibiotica appropriata e monitoraggio post-operatorio frequente. In presenza di fattori di rischio, il paziente deve essere sorvegliato con maggiore attenzione e informato adeguatamente dei segnali da non ignorare. La prevenzione, in questo caso, vale più di ogni debridement chirurgico.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di necrosi scrotale post-chirurgica sono: dissezione aggressiva, lesioni vascolari, uso scorretto dell’elettrobisturi, ematomi non drenati, infezioni trascurate, mancata profilassi antibiotica, ritardo nella diagnosi dei segni precoci, sottovalutazione del rischio sistemico. Si tratta di errori spesso evitabili, ma le cui conseguenze sono tra le più devastanti. Perché quando lo scroto necrotizza, non è solo la carne che muore, ma anche una parte profonda dell’identità del paziente.
Quando si configura la responsabilità medica per necrosi scrotale post-chirurgica?
La responsabilità medica per necrosi scrotale post-chirurgica si configura ogni volta che, in seguito a un intervento nella regione inguino-scrotale, il paziente sviluppa una lesione tissutale grave, estesa e progressiva, che compromette l’integrità dello scroto per una cattiva esecuzione dell’intervento, una gestione post-operatoria inadeguata o un mancato riconoscimento tempestivo delle complicanze. È uno degli esiti più devastanti nella chirurgia uro-genitale maschile: perché coinvolge la pelle, i tessuti molli, la vascolarizzazione, ma soprattutto l’identità e la dignità di chi subisce un simile danno.
La necrosi scrotale non è mai un effetto secondario banale. È il risultato finale di un processo infettivo, ischemico o traumatico che si è evoluto senza freni. In alcuni casi si verifica per una cattiva vascolarizzazione dei lembi chirurgici dopo un’orchiectomia, una plastica scrotale, una correzione di idrocele o varicocele. In altri, è l’effetto di un’infezione trascurata, di una ferita che non guarisce, di punti troppo serrati che comprimono i vasi, di ematomi non drenati che diventano sede di proliferazione batterica. Ma sempre, quando la necrosi compare, la domanda è una: si poteva evitare?
Molti pazienti riferiscono una sensazione iniziale di disagio. Una tensione della pelle, un arrossamento anomalo, un dolore che aumenta invece di calare. Tornano a farsi visitare. Qualcuno li tranquillizza. Altri ricevono solo antibiotici. Nessuno, in quei primi giorni cruciali, solleva l’ipotesi che ci sia un processo necrotico in atto. E così la lesione cresce. La pelle si scurisce, si ammorbidisce, emana odore. La cute cede, si apre, diventa una ferita aperta, maleodorante, profonda. Quando finalmente viene riconosciuta, è troppo tardi. Serve un secondo intervento. Serve un debridement chirurgico, l’asportazione del tessuto morto, magari anche un trapianto cutaneo. E resta una cicatrice che il paziente vedrà ogni giorno della sua vita.
In altri casi, la necrosi scrotale è l’esito di una tecnica errata: lembi tirati male, chiusure innaturali, ischemie chirurgiche da clippaggio eccessivo. Oppure viene causata da errori nella profilassi antibiotica. Alcuni pazienti, immunodepressi o con diabete, non vengono monitorati con la dovuta attenzione. Altri sono dimessi troppo in fretta, senza indicazioni precise su cosa osservare, su quali segnali allarmanti riferire. E il corpo comincia a spegnersi proprio lì dove più avrebbe dovuto guarire.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che si dimostra che la necrosi era evitabile, o che, una volta insorta, non è stata diagnosticata e trattata in tempo. Il decorso post-operatorio è parte integrante della prestazione sanitaria. Non basta operare bene in sala: bisogna accompagnare la guarigione. Se il paziente ha segnalato dolore, febbre, alterazioni locali e non è stato visitato, se non sono stati prescritti esami, se la terapia è stata inadeguata o la visita di controllo troppo superficiale, la colpa è reale. E il danno è tangibile.
La necrosi scrotale lascia segni profondi, non solo sul corpo. I pazienti che ne hanno sofferto raccontano un senso di smarrimento, di vergogna, di isolamento. Alcuni si rifiutano di mostrarsi anche al partner. Altri sviluppano ansia, depressione, perdita del desiderio sessuale. Non è solo un problema estetico. È un crollo della percezione del proprio valore. Un uomo che si guarda e non si riconosce più. Che si sente mutilato, anche se il testicolo è ancora lì. Perché ciò che manca è la pelle. È l’aspetto. È la serenità.
Il risarcimento per necrosi scrotale post-chirurgica può essere molto elevato, specialmente nei casi con necessità di innesti, perdita funzionale, dolore cronico o complicanze infettive gravi. Si considera il danno biologico permanente, il danno estetico, il danno morale, le spese sostenute e il danno alla vita di relazione. Nei casi peggiori, se la necrosi si estende fino a coinvolgere entrambi i testicoli, o causa infezioni sistemiche, il danno può essere valutato con percentuali superiori al 30%, e i risarcimenti possono superare i 150.000 euro. Se il paziente è giovane, attivo, con vita sessuale e lavorativa piena, l’impatto è ancora maggiore.
Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci se si tratta di struttura pubblica. È importante raccogliere tutta la documentazione clinica: cartella operatoria, diario post-operatorio, prescrizioni, fotografie cliniche, referti dei re-interventi, relazioni specialistiche dermatologiche e andrologiche. Una consulenza medico-legale è spesso necessaria per ricostruire l’origine della necrosi, i tempi della diagnosi, la correttezza delle cure ricevute.
Per il medico, ogni intervento nella zona scrotale comporta una responsabilità precisa. Non è una zona qualsiasi. È un’area simbolica, delicata, esposta. E una complicanza qui non può essere trattata come inevitabile. Deve essere prevista, prevenuta, gestita con tempestività. Quando il tessuto muore, è perché qualcosa – o qualcuno – ha smesso di curarlo.
In conclusione, la responsabilità medica per necrosi scrotale post-chirurgica si configura ogni volta che un paziente si ritrova con una ferita al posto della guarigione promessa. La medicina non può nascondersi dietro al “può succedere”. Perché succede solo quando si sbaglia. E chi ha perso un pezzo della propria integrità ha diritto a qualcosa di più di un rimborso: ha diritto a giustizia.
Quali sono le conseguenze della necrosi scrotale?
- Asportazione parziale o totale del sacco scrotale,
- Danni estetici gravi con necessità di chirurgia ricostruttiva,
- Infertilità se i testicoli sono coinvolti,
- Dolore cronico e disfunzione sessuale,
- Shock settico o morte, nei casi non trattati in tempo,
- Traumi psicologici gravi e duraturi.
Cosa prevede la legge in caso di errore medico?
Le norme applicabili sono:
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per inadempimento,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del medico per negligenza o imperizia,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di seguire linee guida e pratiche cliniche appropriate,
- Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose gravi o gravissime,
- Legge 219/2017 – diritto del paziente a essere informato su rischi e trattamenti.
Quali danni possono essere risarciti?
- Danno biologico permanente (perdita funzionale, invalidità, sterilità),
- Danno estetico gravissimo (asportazione scrotale, cicatrici estese),
- Danno morale (sofferenza, ansia, angoscia, vergogna),
- Danno esistenziale (compromissione della vita affettiva, sociale e sessuale),
- Danno patrimoniale (spese per cure, protesi, riabilitazione, invalidità lavorativa).
Quali sono esempi concreti di risarcimento?
- Milano, 2024: paziente con necrosi scrotale dopo varicocelectomia. Intervento ritardato, perdita del sacco. Risarcimento: €1.050.000.
- Napoli, 2023: necrosi post-prostatectomia, diagnosi tardiva. Asportazione scroto e necessità di ricostruzione con lembi cutanei. Risarcimento: €950.000.
- Roma, 2022: gangrena di Fournier non riconosciuta in paziente diabetico dimesso troppo presto. Morte del paziente. Famiglia risarcita con €1.300.000.
Come si dimostra l’errore?
Serve:
- Cartella clinica completa (annotazioni post-operatorie, segni vitali, medicazioni),
- Referti di ecografie, TAC, esami ematici (PCR, globuli bianchi),
- Perizia medico-legale urologica e infettivologica,
- Dimostrazione del nesso causale tra condotta medica e danno.
Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?
- Richiesta della documentazione sanitaria completa,
- Valutazione del caso con medico legale e urologo forense,
- Quantificazione dei danni: biologici, morali, patrimoniali, esistenziali,
- Avvio della mediazione civile obbligatoria,
- In caso negativo: azione giudiziaria civile o penale.
Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni per azione civile contro la struttura (responsabilità contrattuale),
- 5 anni contro il singolo medico (extracontrattuale),
- 6 anni per lesioni personali colpose (penale), fino a 12 anni in caso di decesso,
- decorrenza: dal momento della consapevolezza del danno e del suo collegamento con l’errore medico.
Perché rivolgersi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni andrologici e urologici da malasanità, e affrontano con competenza casi di:
- necrosi scrotale da errore post-chirurgico,
- ritardi nella diagnosi di infezioni locali gravi,
- interventi eseguiti senza protocolli di prevenzione settica,
- asportazioni scrotali con danno funzionale, estetico e psicologico permanente.
Il team lavora con:
- urologi e chirurghi plastici forensi,
- psicologi clinici e sessuologi,
- medici legali ed esperti in danno estetico e morale,
- consulenti economici, per la stima del danno patrimoniale e da invalidità.
Quando il dolore fisico si accompagna alla perdita della dignità e della funzione sessuale, il risarcimento è il minimo che la giustizia può offrire.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: