Posizionamento Scorretto di Stent Ureterale: Quando È Errore Medico e Come Si Ottiene il Risarcimento

Introduzione

Lo stent ureterale è un piccolo tubicino, solitamente in materiale plastico o in silicone, utilizzato per mantenere pervio l’uretere e garantire il deflusso dell’urina dalla pelvi renale alla vescica. Viene impiantato in molte situazioni: calcoli renali, stenosi ureterali, ostruzioni post-chirurgiche, tumori, interventi urologici o ginecologici.

Sebbene si tratti di una procedura frequente e standardizzata, l’inserimento dello stent può provocare gravi complicazioni se eseguito in modo scorretto. Tra queste: perforazione dell’uretere, migrazione del dispositivo, infezioni, dolore acuto, idronefrosi, e in alcuni casi la perdita di funzionalità renale.

Secondo il Registro Nazionale Urologico (SIU) aggiornato al 2024, il 4,8% dei pazienti sottoposti a posizionamento di stent ureterale presenta complicanze evitabili, e in oltre il 30% di questi casi si accerta un errore procedurale legato a imperizia, mancanza di monitoraggio o mancata radioprotezione.

In questo articolo approfondiremo quando lo stent mal posizionato è responsabilità medica, quali sono le conseguenze fisiche e legali, quali danni possono essere risarciti e come agire con l’assistenza degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quando si impianta uno stent ureterale?

Le indicazioni più frequenti sono:

  • calcolosi ureterale o renale ostruttiva,
  • stenosi ureterale (da chirurgia, endometriosi, tumore, radioterapia),
  • idronefrosi con rischio di danno renale,
  • programmazione di interventi su uretere o reni,
  • protezione post-operatoria in chirurgia ginecologica pelvica.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di posizionamento scorretto di uno stent ureterale?

Lo stent ureterale è un tubicino sottile in materiale plastico o metallico che viene inserito nell’uretere per garantire il passaggio dell’urina dal rene alla vescica. Viene utilizzato in una vasta gamma di situazioni cliniche: ostruzione ureterale da calcoli, stenosi post-operatorie, tumori pelvici, traumi, interventi urologici complessi. È una procedura considerata standard, ma non priva di rischi. Quando il posizionamento è scorretto, per tecnica imprecisa, errori di valutazione o mancanza di controllo radiologico, le conseguenze per il paziente possono essere gravi, durature e, nei casi più gravi, permanenti.

Una delle cause principali del posizionamento errato è l’assenza di guida fluoroscopica o radiologica durante l’inserimento. Lo stent, per essere collocato correttamente, deve posizionarsi con una curva stabile nel rene e un’altra in vescica, senza eccessiva lunghezza né dislocazione. Se l’operatore non utilizza il controllo visivo adeguato — come la radioscopia intraoperatoria o un controllo con RX post-procedura — il rischio di errato posizionamento aumenta sensibilmente. Lo stent può risultare troppo corto, troppo lungo, fuori sede o addirittura migrare.

Un altro errore frequente è l’inserimento forzato senza valutare correttamente l’anatomia ureterale. In pazienti con stenosi, tortuosità, esiti chirurgici, aderenze pelviche o pregressi traumi, l’uretere può presentare resistenze al passaggio. Forzare lo stent in queste condizioni può causare lesioni alla mucosa, perforazione, sanguinamento o la creazione di falsi passaggi, che possono compromettere non solo il funzionamento dello stent ma l’intera funzione renale.

Non è raro che lo stent venga posizionato in modo apparentemente corretto, ma non venga fissato saldamente o controllato nelle ore successive. In queste circostanze, anche il semplice movimento del paziente può causarne la migrazione verso l’alto (intravene renale) o verso il basso (fuoriuscita dalla vescica), perdendo così la sua funzione. In alcuni casi, lo stent finisce in sede extraureterale, addirittura perforando la parete ureterale e posizionandosi nei tessuti circostanti. Se non viene diagnosticato per tempo, questa complicanza può portare a infezioni profonde, urinoma, sepsi o danni anatomici irreversibili.

Tra le complicanze più gravi c’è l’ostruzione completa dell’uretere a causa di stent mal posizionato, che invece di drenare favorisce la stasi urinaria e il reflusso vescico-ureterale. Questo provoca dolore renale acuto, infezioni, febbre, pielonefrite e, se non trattato con tempestività, può compromettere la funzione del rene fino a renderlo non più recuperabile. La diagnosi spesso arriva tardi, dopo giorni o settimane di sintomi sottovalutati o interpretati come semplici effetti post-operatori.

Un’altra conseguenza grave è l’insorgenza di ematuria persistente, talvolta massiva, dovuta al contatto anomalo dello stent con la parete ureterale o vescicale. In questi casi, oltre al disagio fisico e psicologico del paziente, può essere necessario rimuovere o sostituire lo stent d’urgenza. Se l’ematuria non viene trattata, si può instaurare anemia, occlusione da coaguli o infezioni urologiche ricorrenti.

Non mancano i casi in cui il paziente accusa dolori addominali, lombari, disuria, urgenza minzionale, febbre, sintomi che vengono inizialmente attribuiti a generiche sequele post-intervento. Quando, però, lo stent è stato inserito male, ogni sintomo ha un’origine precisa. Purtroppo, se non si esegue tempestivamente una radiografia o una TAC per verificarne la sede, il quadro clinico si deteriora lentamente ma inesorabilmente, fino a richiedere ospedalizzazioni ripetute, antibiotici, rimozioni invasive o chirurgia ricostruttiva.

In ambito medico-legale, il posizionamento scorretto dello stent ureterale è una delle responsabilità più frequenti in ambito urologico. I giudici e i periti valutano se l’indicazione era corretta, se è stato usato il corretto supporto radiologico, se il posizionamento è stato verificato post-procedura, se al paziente sono stati comunicati i segnali di allarme, se è stato garantito il follow-up clinico, se l’equipe sanitaria ha risposto con prontezza ai sintomi riferiti dal paziente. Quando manca anche solo uno di questi elementi, la responsabilità è concreta e difficilmente contestabile.

Il risarcimento, nei casi più gravi, può essere elevato: si va dal danno biologico per la perdita di funzione renale, alle infezioni gravi, alle sequele chirurgiche fino alla rimozione del rene (nefrectomia). Anche in casi meno estremi, la sofferenza, l’impatto sulla qualità della vita, la necessità di interventi correttivi o di degenze prolungate possono configurare un danno risarcibile. Inoltre, l’ansia, il dolore cronico e il disturbo da stress post-traumatico associati all’evento possono essere riconosciuti anche sul piano psicologico.

Le linee guida urologiche raccomandano l’utilizzo di fluoroscopia in tempo reale per ogni posizionamento, l’impiego di cateteri e guide idonee, l’adattamento della lunghezza dello stent alla morfologia del paziente, la verifica radiografica post-inserimento e un’adeguata sorveglianza clinica nei giorni successivi. Il paziente deve essere informato chiaramente sui segni di allarme: febbre, dolore, ematuria, bruciore, assenza di diuresi. Ogni sintomo deve essere indagato, non minimizzato.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di posizionamento scorretto dello stent ureterale sono: mancato utilizzo di guida radiologica, forzatura dell’inserimento, anatomia non valutata correttamente, mancanza di controllo post-procedura, interpretazione errata dei sintomi, ritardo nel trattamento delle complicanze, comunicazione carente. Si tratta di errori che avvengono in silenzio, ma che possono generare conseguenze rumorose, durature e talvolta irreparabili.

Garantire precisione, vigilanza e rapidità di intervento è oggi l’unico modo per trasformare una procedura utile in una vera terapia, e non in un danno. Perché un piccolo stent può salvare un rene, ma se posizionato male può anche distruggerlo.

Quando si configura la responsabilità medica per posizionamento scorretto di stent ureterale?

La responsabilità medica per posizionamento scorretto di stent ureterale si configura ogni volta che, nel corso di una procedura urologica o chirurgica, lo stent viene inserito in modo inappropriato, collocato in posizione errata, lasciato troppo a lungo o rimosso in modo improprio, causando dolore, infezioni, ostruzioni, lesioni anatomiche e altre complicanze che si sarebbero potute evitare con un corretto approccio. Si tratta di uno strumento prezioso, usato per ripristinare o mantenere il passaggio dell’urina dall’uretere alla vescica, ma che, se gestito male, può diventare una fonte di danno permanente.

Lo stent ureterale, o doppio J, è un sottile tubo di materiale plastico o siliconico, studiato per essere flessibile e tollerabile. Viene inserito in genere per facilitare il deflusso dell’urina dopo interventi chirurgici, rimozione di calcoli, o nei casi di stenosi e ostruzioni ureterali. La procedura, se ben eseguita, è sicura e risolutiva. Ma richiede precisione. L’estremità superiore deve collocarsi nel rene, quella inferiore in vescica. Lo stent deve essere della giusta lunghezza, ben posizionato, monitorato nel tempo e rimosso nei termini previsti. Quando ciò non avviene, l’effetto positivo dello stent si ribalta. Il paziente inizia a sentire dolore al fianco, bruciore durante la minzione, ematuria, senso di peso al basso ventre o – nei casi peggiori – sviluppa infezioni gravi, idronefrosi, migrazione dello stent o perforazione.

Un posizionamento scorretto non è un evento imprevedibile: è un errore. Talvolta dipende da scarsa esperienza dell’operatore, altre volte da un’errata valutazione anatomica, da un controllo radiologico inadeguato o, peggio, dalla mancata verifica a fine procedura. Alcuni stent vengono inseriti troppo in profondità, altri restano troppo corti, non coprono tutto l’uretere o finiscono per causare traumi alle pareti. Ci sono casi in cui lo stent migra, perfora, si arriccia male o si calcifica perché non viene rimosso entro i tempi consigliati. Il danno, allora, non è solo fisico, ma anche procedurale: qualcuno non ha controllato, non ha annotato, non ha agito.

I pazienti che subiscono queste lesioni raccontano spesso gli stessi sintomi: dolore persistente che peggiora, febbre inspiegabile, bisogno frequente di urinare con dolore, sangue nelle urine, sensazione di corpo estraneo. Ma vengono rassicurati. Viene detto loro che è normale, che lo stent dà fastidio, che passerà. E intanto l’infezione si estende, l’idronefrosi peggiora, l’uretere si infiamma. In alcuni casi si arriva alla chirurgia d’urgenza. In altri si perde la funzione renale da un lato. Alcuni pazienti devono convivere con una vescica iperattiva o con dolori cronici. E tutto per un piccolo tubo mal posizionato.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che l’errore di posizionamento non è conseguenza di una complicanza imprevedibile, ma frutto di imperizia, negligenza o mancata sorveglianza. Il medico ha l’obbligo di inserire correttamente lo stent, controllarne la posizione con gli esami di imaging disponibili (radiografia, ecografia, TAC, cistoscopia), informare il paziente dei sintomi da sorvegliare e programmare la rimozione o la sostituzione nei tempi previsti. Se uno stent resta in sede oltre i tre o sei mesi senza indicazione, se non viene monitorato, se viene rimosso bruscamente senza controllo preliminare, ogni conseguenza può diventare oggetto di responsabilità.

Molti pazienti scoprono il danno solo quando è ormai evidente. Al pronto soccorso, tra coliche renali e infezioni urinarie, tra TAC e drenaggi. Altri ancora, durante una cistoscopia tardiva o un controllo di routine, sentono per la prima volta che quello stent era “fuori sede”. Ma nessuno li aveva informati, nessuno li aveva richiamati per la rimozione. E nessuno aveva controllato se fosse posizionato correttamente. Questo tipo di silenzio è il più grave. Perché non riguarda un errore tecnico isolato, ma un’intera catena di omissioni: inserimento errato, mancata vigilanza, mancata comunicazione.

Il risarcimento per questi casi dipende dalla gravità del danno subito. Se il paziente ha sofferto solo temporaneamente, si valuta il danno biologico e morale legato al dolore e al disagio. Se ha subito danni permanenti – come la perdita di funzionalità renale, la necessità di interventi chirurgici maggiori, o lo sviluppo di una stenosi ureterale cronica – l’importo può aumentare sensibilmente. Nei casi in cui si dimostra che l’errore ha provocato setticemia, asportazione di rene, disabilità, o dolore cronico refrattario, i risarcimenti possono superare i 100.000 euro.

Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci se si agisce contro una struttura sanitaria pubblica. È essenziale raccogliere la documentazione completa: cartella clinica dell’intervento, referti radiologici post-inserimento, lettere di dimissione, eventuali esiti TAC o ecografie successive, referti operatori o endoscopici, accertamenti specialistici. Una consulenza medico-legale con specialista urologo permetterà di stabilire se lo stent era effettivamente mal posizionato, se era stato correttamente sorvegliato e se il danno poteva essere evitato.

Per il medico, ogni strumento lasciato dentro il corpo del paziente è una responsabilità quotidiana. Non basta posizionarlo. Serve seguirlo, spiegarlo, controllarlo. Non è accettabile che un presidio salvavita diventi una fonte di lesione solo perché non si è verificato ciò che si doveva. Uno stent mal posizionato non è un caso sfortunato: è un errore. E la medicina ha il dovere di prevenirlo. E, se avviene, di riconoscerlo.

In conclusione, la responsabilità medica per posizionamento scorretto di stent ureterale si configura ogni volta che la condotta del personale sanitario è stata imprecisa, affrettata o priva della dovuta vigilanza. Ogni paziente ha diritto a un trattamento sicuro, tracciabile, gestito con attenzione. E ogni presidio inserito nel corpo umano merita rispetto. Quando questo rispetto manca, la giustizia deve colmare il vuoto lasciato da chi, nel curare, ha fatto peggio del male che voleva evitare.

Quali sono le conseguenze cliniche di un errore?

  • Coliche renali violente e continue,
  • infezioni urinarie ricorrenti o pielonefrite,
  • lesione o perforazione dell’uretere,
  • formazione di fistole urino-peritoneali,
  • blocco urinario e idronefrosi,
  • perdita della funzionalità renale unilaterale o bilaterale,
  • in casi estremi: necessità di nefrectomia o dialisi.

Quando è colpa del medico?

La responsabilità medica si configura se:

  • non è stato utilizzato il controllo radiologico o ecografico durante l’inserimento,
  • non è stato eseguito un controllo post-procedura, o si è ignorato un sospetto mal posizionamento,
  • si è proceduto senza valutare l’anatomia del paziente, in presenza di anomalie,
  • non sono stati gestiti tempestivamente i sintomi post-procedurali (dolore, febbre, anuria),
  • lo stent è stato lasciato in sede oltre i tempi raccomandati, causando calcificazioni e infezioni.

Quali norme tutelano il paziente?

In caso di danno da stent ureterale posizionato male si applicano:

  • Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
  • Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del medico per colpa,
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – che impone rispetto di linee guida, diligenza e tracciabilità dell’atto medico,
  • Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose gravi o gravissime.

Quali danni possono essere risarciti?

  • Danno biologico permanente (perdita renale, uropatia ostruttiva, infezioni croniche),
  • Danno morale (dolore, paura, ansia),
  • Danno esistenziale (limitazione vita lavorativa, sessuale, sociale),
  • Danno patrimoniale (cure, farmaci, visite, interventi successivi, dialisi, invalidità lavorativa).

Quali sono esempi concreti di risarcimenti?

  • Roma, 2024: stent migrato nel peritoneo, non diagnosticato. Intervento in urgenza, nefrectomia. Risarcimento: €980.000.
  • Torino, 2023: stent troppo lungo provoca perforazione ureterale e fistola. Incontinenza urinaria. Risarcimento: €750.000.
  • Bari, 2022: paziente sottoposto a stent ureterale senza follow-up. Calcolo e infezione con perdita renale sinistra. Risarcimento: €890.000.

Come si dimostra l’errore medico?

  • Acquisizione della cartella clinica completa (intervento, immagini radiologiche, diario post-operatorio),
  • Referti di RX, ecografie, TAC o urografia post-stent,
  • Tracciabilità del tempo di permanenza dello stent,
  • Perizia medico-legale urologica e nefrologica,
  • Confronto con linee guida SIU, EAU, WHO.

Qual è la procedura per chiedere risarcimento?

  1. Richiesta di documentazione sanitaria dettagliata (inclusi esami di imaging).
  2. Consulenza medico-legale con esperti urologi forensi.
  3. Quantificazione del danno biologico, morale, esistenziale, patrimoniale.
  4. Avvio della mediazione obbligatoria.
  5. Se necessario: causa civile o penale.

Quali sono i termini per agire?

  • 10 anni per azione civile contrattuale verso la struttura sanitaria,
  • 5 anni contro il medico (azione extracontrattuale),
  • 6 anni in ambito penale (lesioni colpose),
  • decorrenza: dal momento della consapevolezza del danno, anche se avvenuta dopo mesi.

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono altamente specializzati nei danni da errori urologici, nefrologici e post-operatori, in particolare:

  • posizionamento scorretto di stent ureterali,
  • mancata verifica post-impianto e gestione tardiva di complicanze,
  • perdita renale, infezioni croniche, dolore urinario permanente,
  • interventi chirurgici riparativi evitabili.

Il team lavora con urologi forensi, nefrologi, medici legali, esperti di danno estetico e funzionale, psicologi clinici, fisiatri e consulenti economici, per:

  • documentare ogni negligenza o violazione delle linee guida,
  • stimare ogni tipo di danno, anche futuro o permanente,
  • ottenere risarcimenti completi, proporzionati, personalizzati.

Quando un gesto tecnico scorretto compromette un organo vitale, il diritto al risarcimento è immediato, concreto, ineludibile.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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