Introduzione
L’endoftalmite è una delle più gravi complicanze post-operatorie in oculistica. Si tratta di un’infezione acuta, spesso devastante, che colpisce l’interno dell’occhio, coinvolgendo il vitreo, la retina e le strutture oculari profonde. Può insorgere dopo interventi di chirurgia della cataratta, vitrectomia, iniezioni intravitreali o traumi oculari aperti.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il rischio di endoftalmite dopo chirurgia della cataratta è di circa 0,05%-0,2%, ma quando si manifesta può portare a cecità totale, perdita del bulbo o gravi esiti anatomici. Il 70% dei casi gravi potrebbe essere prevenuto con tecniche chirurgiche corrette, adeguata sterilizzazione e diagnosi tempestiva.

Quando il medico non previene, non diagnostica o non cura prontamente l’infezione, si configura una responsabilità sanitaria piena. In questi casi, il paziente ha diritto a ottenere un risarcimento integrale.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è l’infezione endoftalmica?
È una grave infezione intraoculare che colpisce le camere anteriori e posteriori dell’occhio. Può avere:
- origine esogena (più comune): da contaminazione durante o dopo l’intervento chirurgico,
- origine endogena: diffusione ematica di germi da un altro sito infetto.
I batteri più coinvolti sono Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus aureus, Streptococcus viridans e Pseudomonas aeruginosa. In rari casi può essere fungina.
Quando può comparire dopo un intervento oculistico?
- Chirurgia della cataratta (caso più frequente),
- Vitrectomia posteriore,
- Iniezioni intravitreali (anti-VEGF),
- Traumi oculari aperti,
- Impianti intraoculari non sterili o contaminati.
Quali sono i sintomi?
- Dolore acuto all’occhio operato,
- Riduzione brusca della vista,
- Arrossamento e fotofobia intensa,
- Ipopion (pus nella camera anteriore),
- Offuscamento del vitreo alla visita.
L’infezione può progredire rapidamente verso la perdita totale e irreversibile della vista, se non trattata entro 24–48 ore.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di infezione endoftalmica post-operatoria?
L’endoftalmite post-operatoria è una delle complicanze più temute in chirurgia oftalmica, in particolare dopo l’intervento di cataratta, vitrectomia o impianto di lenti intraoculari. Si tratta di una grave infezione intraoculare che coinvolge il corpo vitreo e le strutture interne dell’occhio, con potenziale esito devastante per la vista. Sebbene l’incidenza complessiva sia relativamente bassa, le sue conseguenze sono talmente gravi che ogni singolo caso rappresenta un evento clinico critico e, talvolta, medico-legale.
Una delle cause più frequenti dell’endoftalmite post-operatoria è la contaminazione intraoperatoria da parte di batteri presenti sulla superficie oculare, sulle palpebre, nell’ambiente chirurgico o sugli strumenti. Il patogeno più comune è lo Staphylococcus epidermidis, seguito da Staphylococcus aureus, Streptococcus spp. e Pseudomonas. In alcuni casi si tratta di ceppi multiresistenti, spesso acquisiti in ambito ospedaliero. La contaminazione può avvenire anche attraverso microparticelle presenti nell’aria o scarsa igiene delle mani, e diventa particolarmente pericolosa quando si accompagna all’ingresso di materiali intraoculari come lenti artificiali o viscoelastici.
Un errore grave è la mancata o inadeguata profilassi antibiotica pre-operatoria. Le linee guida internazionali raccomandano l’uso di antibiotici intracamerali (come la cefuroxima) alla fine dell’intervento di cataratta, e la somministrazione di colliri antibiotici prima e dopo l’operazione. Quando queste misure vengono omesse o applicate con superficialità, il rischio di infezione aumenta sensibilmente, soprattutto nei pazienti fragili, diabetici o immunodepressi.
Un’altra causa rilevante è la breccia nella barriera corneo-sclerale creata durante l’intervento, soprattutto se non perfettamente sigillata. In presenza di microfessure, le vie di accesso all’occhio possono restare aperte anche nelle ore successive all’intervento, consentendo l’ingresso di batteri dall’ambiente esterno. L’uso di tecniche chirurgiche approssimative, di tunnel corneali troppo corti o di suture non idonee, favorisce il passaggio di agenti patogeni verso le strutture oculari profonde.
In molti casi, la diagnosi di endoftalmite viene effettuata in ritardo, perché i primi sintomi (rossore, fotofobia, dolore o lieve calo visivo) vengono sottovalutati o confusi con un normale decorso post-operatorio. Il paziente segnala fastidi crescenti, ma il personale sanitario li interpreta come infiammazione sterile o reazione a farmaci, perdendo ore preziose. In realtà, l’endoftalmite evolve molto rapidamente: nel giro di 24-48 ore può portare a una compromissione visiva totale, e nei casi più aggressivi anche alla distruzione irreversibile dell’occhio (fagocitosi del bulbo oculare).
Una fonte non trascurabile di rischio è l’utilizzo di materiali contaminati o difettosi, come viscoelastici, cannule, aghi o lenti intraoculari. Anche un piccolo difetto nel sistema di sterilizzazione può permettere la sopravvivenza di agenti patogeni. In passato sono stati documentati focolai di endoftalmite legati a lotti difettosi di farmaci intraoculari o viscoelastici non sterili. Se il centro chirurgico non controlla scrupolosamente la catena di sterilità e lotti di provenienza, la responsabilità è non solo clinica, ma anche organizzativa.
Dal punto di vista clinico, i sintomi più comuni sono calo visivo acuto, dolore, arrossamento congiuntivale marcato, edema corneale, ipopion (presenza di pus nella camera anteriore), opacità del vitreo, e reazione infiammatoria intensa. In fase avanzata, si può osservare la totale perdita del riflesso rosso pupillare e la necrosi dei tessuti interni. Nei casi fulminanti, la visione si riduce a luce-percezione o viene completamente perduta, anche con un trattamento tempestivo.
La terapia prevede in genere un’iniezione intravitreale urgente di antibiotici ad ampio spettro, talvolta associata a corticosteroidi. Nei casi più gravi, si rende necessaria una vitrectomia d’urgenza per rimuovere il materiale infetto e cercare di contenere il danno. Tuttavia, se l’intervento viene ritardato, o se l’infezione è particolarmente aggressiva, la prognosi è spesso infausta. La percentuale di pazienti che non recuperano la vista o subiscono danni permanenti resta significativa.
Dal punto di vista medico-legale, l’endoftalmite post-operatoria è una delle complicanze più rilevanti e potenzialmente risarcibili in oftalmologia. I periti analizzano se è stata seguita la profilassi raccomandata, se l’intervento è stato eseguito in condizioni di sterilità assoluta, se i materiali utilizzati erano sterili e adeguati, se i sintomi sono stati tempestivamente riconosciuti e trattati, e se il paziente è stato informato sui rischi dell’intervento. Quando emerge una negligenza, una superficialità diagnostica o un ritardo nell’intervento, la responsabilità professionale è quasi certa.
Il risarcimento può essere molto elevato, in quanto l’endoftalmite può comportare la cecità legale o completa di un occhio, l’asportazione del bulbo (enucleazione), la necessità di impianto di protesi orbitaria e il conseguente danno estetico, psicologico e relazionale. Oltre al danno biologico, si valutano il danno esistenziale, la perdita della capacità lavorativa, e in certi casi la compromissione della guida, della lettura, della vita autonoma.
Le linee guida internazionali raccomandano che ogni centro chirurgico oculistico adotti protocolli rigorosi di sterilità, profilassi antibiotica, monitoraggio post-operatorio e gestione tempestiva delle complicanze. Il paziente deve essere educato a segnalare subito ogni sintomo anomalo e deve ricevere istruzioni precise sulle visite di controllo. L’attenzione al dettaglio fa la differenza tra un intervento riuscito e una tragedia clinica difficile da riparare.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di infezione endoftalmica post-operatoria sono: contaminazione intraoperatoria, omissione della profilassi antibiotica, sigillatura incompleta delle ferite, materiali contaminati, diagnosi tardiva, sottovalutazione dei sintomi e gestione clinica inadeguata. Errori spesso silenziosi, ma devastanti. Perché quando un occhio perde la vista per un’infezione evitabile, non si tratta solo di una complicanza: si tratta di un fallimento della medicina.
Quando si configura la responsabilità medica per infezione endoftalmica post-operatoria?
La responsabilità medica per infezione endoftalmica post-operatoria si configura ogni volta che, a seguito di un intervento oculistico – in particolare di chirurgia della cataratta o vitreo-retinica – il paziente sviluppa una grave infezione intraoculare per effetto di carenze nell’asepsi, nella profilassi antibiotica, nella scelta dei materiali o nella gestione delle prime fasi del decorso post-operatorio. È una delle complicanze più temute in oculistica, perché può compromettere in modo irreversibile la funzione visiva. Un intervento nato per restituire la vista può così trasformarsi in una condanna all’oscurità.
L’endoftalmite è un’infezione interna dell’occhio. Colpisce i tessuti oculari più profondi: umor acqueo, corpo vitreo, retina. Può manifestarsi in forma acuta – nelle prime 72 ore dopo l’intervento – oppure tardiva, anche a distanza di settimane. La forma acuta è violenta: dolore crescente, calo repentino della vista, occhio arrossato, palpebre gonfie, secrezione purulenta. L’endoftalmite tardiva è più subdola, ma altrettanto devastante. In entrambi i casi, la prognosi dipende da una cosa sola: il tempo. Quanto più l’infezione viene riconosciuta e trattata precocemente, tanto maggiori sono le possibilità di salvare almeno in parte la funzione visiva.
La medicina moderna ha strumenti per prevenire l’endoftalmite. Irrigazione con antibiotici intracamerali, utilizzo di viscoelastici sterili, rispetto rigoroso delle tecniche di asepsi, scelta di sale operatorie controllate, protocolli specifici per pazienti a rischio. Eppure, ogni anno, pazienti subiscono questo tipo di infezione a causa di disattenzioni evitabili. Garze contaminate, strumenti riutilizzati male, set chirurgici aperti troppo a lungo, uso inappropriato di materiali non sterili. In alcuni casi, la causa è un difetto nella catena di sterilizzazione. In altri, l’errore sta nella sottovalutazione dei sintomi: il paziente riferisce dolore, ma viene rimandato a casa. Vede ombre, ma nessuno controlla il fondo oculare. Quando torna, la retina è già compromessa.
L’endoftalmite può essere fulminante. Alcune forme, causate da agenti particolarmente aggressivi come Pseudomonas aeruginosa o Staphylococcus aureus, possono distruggere i tessuti oculari in meno di 24 ore. Altre, più insidiose, si sviluppano lentamente, ma portano comunque a fibrosi, distacchi retinici, cecità. In ogni caso, l’occhio non è più lo stesso. E il paziente, che si era affidato con fiducia a un intervento spesso definito “semplice e risolutivo”, si ritrova a dover gestire un trauma che colpisce non solo la vista, ma anche la psiche, la qualità della vita, la fiducia nella medicina.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che si dimostra una violazione delle norme di prevenzione, di sterilizzazione, di informazione o di gestione del follow-up. Se il paziente non ha ricevuto una profilassi adeguata, se non è stato informato dei sintomi da riferire subito, se non è stato visitato con tempestività, se la terapia è stata avviata con ritardo, la responsabilità è concreta. Anche nei casi in cui l’infezione deriva da germi endogeni, il medico ha il dovere di identificarla in tempo. Il principio è sempre lo stesso: non si può prevenire tutto, ma si deve saper riconoscere e curare in tempo.
Il danno derivante da un’endoftalmite può essere devastante. In molti casi, l’acuità visiva scende a livelli inferiori a 1/10, talvolta fino alla percezione della sola luce o addirittura alla cecità completa dell’occhio colpito. Alcuni pazienti devono subire vitrectomie d’urgenza, iniezioni intraoculari, ricoveri prolungati. Nei casi estremi, l’occhio viene enucleato. Il danno biologico permanente può raggiungere anche il 35-40%, con risarcimenti che superano i 100.000 euro, specie se il paziente è giovane o ha perso la funzione visiva in un occhio già dominante. Vanno poi considerati il danno morale, la perdita di autonomia, la limitazione alla guida, al lavoro, alla vita quotidiana. Se l’evento ha colpito l’unico occhio funzionante, la responsabilità diventa ancora più grave.
Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci contro una struttura sanitaria pubblica. La documentazione è cruciale: cartella operatoria, fogli di terapia, scheda anestesiologica, diario clinico post-operatorio, immagini diagnostiche, esiti di colture microbiologiche. È spesso indispensabile una consulenza oculistica medico-legale per ricostruire l’evoluzione dei sintomi, la correttezza dei trattamenti eseguiti, l’adeguatezza delle procedure seguite in sala operatoria e nelle fasi successive.
Per il chirurgo, ogni intervento agli occhi è un gesto ad alta precisione. L’occhio non perdona. Ogni errore, ogni ritardo, ogni disattenzione si paga caro. Non è solo una questione tecnica: è un dovere morale. Perché restituire la vista è una promessa solenne. E se la medicina sbaglia, non basta dire “è una complicanza”: bisogna dimostrare di aver fatto tutto per evitarla.
In conclusione, la responsabilità medica per infezione endoftalmica post-operatoria si configura ogni volta che un paziente perde la vista per un’infezione che poteva e doveva essere evitata o curata in tempo. Non è sfortuna. È una catena di errori. E quando questa catena porta alla cecità, non resta che il dovere della verità. E della giustizia.
Cosa prevede la legge italiana?
Le norme applicabili sono:
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del medico,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo per il personale sanitario di attenersi alle linee guida cliniche validate,
- Art. 590 c.p. – lesioni colpose gravi o gravissime,
- Legge 219/2017 – obbligo di informare in modo chiaro il paziente e raccogliere consenso informato specifico.
Quali danni possono essere risarciti?
- Danno biologico permanente (cecità, rimozione dell’occhio, deficit visivo grave),
- Danno estetico (uso di protesi oculare, deformità facciale),
- Danno morale (sofferenza, angoscia, frustrazione),
- Danno esistenziale (perdita dell’autonomia, isolamento, depressione),
- Danno patrimoniale (visite, farmaci, invalidità, pensione, accompagnamento).
Quali sono esempi concreti di risarcimento?
- Roma, 2024: endoftalmite post-cataratta non riconosciuta per 72 ore. Cecità e rimozione del bulbo. Risarcimento: €1.300.000.
- Milano, 2023: infezione dopo iniezione intravitreale in ambulatorio non sterile. Perdita della vista e protesi oculare. Risarcimento: €1.050.000.
- Napoli, 2022: profilassi antibiotica omessa. Paziente con grave deficit visivo permanente. Risarcimento: €890.000.
Come si dimostra l’errore medico?
Serve:
- cartella operatoria completa (strumenti usati, antibiotici somministrati, condizioni del campo sterile),
- referti clinici dei giorni successivi all’intervento,
- documentazione fotografica e perizie oculistiche,
- perizia medico-legale oftalmologica, che accerti:
- Ritardo diagnostico,
- Scelte terapeutiche inappropriate,
- Violazione delle linee guida SOI o EURETINA.
Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?
- Richiesta della documentazione medica all’ospedale o alla clinica oculistica,
- Perizia tecnica con oculista e medico legale,
- Valutazione e quantificazione dei danni fisici, estetici, morali ed economici,
- Avvio della mediazione obbligatoria,
- Se necessario: azione legale civile o penale per lesioni colpose.
Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni contro la struttura sanitaria (responsabilità contrattuale),
- 5 anni contro il medico (responsabilità extracontrattuale),
- 6 anni per lesioni personali gravi (penale),
- decorrenza: dal momento in cui il paziente comprende il nesso tra danno e errore medico.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni da complicanze infettive in chirurgia oculistica, e affrontano con competenza i casi di:
- endoftalmite post-operatoria da errore medico,
- ritardi nella diagnosi o omissione della terapia intravitreale,
- cecità o necessità di rimozione dell’occhio,
- violazioni del consenso informato e carenza di controlli post-operatori.
Il team lavora con:
- oculisti forensi, infettivologi e medici legali,
- psicologi esperti in disturbi post-traumatici da menomazione visiva,
- economisti forensi, per la quantificazione del danno permanente.
Perdere la vista per un’infezione evitabile è un’ingiustizia insopportabile. Quando la medicina fallisce nel proteggere, il diritto interviene per riparare.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: