Introduzione
Il trattamento refrattivo con laser PRK o LASIK viene spesso pubblicizzato come una soluzione definitiva ai difetti visivi. L’obiettivo dichiarato è quello di ottenere una visione nitida e simmetrica in entrambi gli occhi, restituendo autonomia visiva al paziente. Tuttavia, non tutti gli esiti sono soddisfacenti, e in alcuni casi si verificano gravi asimmetrie tra i due occhi dopo l’intervento.
Visione sdoppiata, percezione diseguale, fastidio nella lettura o nella guida notturna, sono solo alcune delle conseguenze delle asimmetrie post-laser. In molte situazioni, tali esiti sono dovuti a scelte errate nella correzione refrattiva, errori tecnici durante l’ablazione laser o differenze di trattamento non giustificate tra un occhio e l’altro.

Secondo i dati SOI (Società Oftalmologica Italiana) aggiornati al 2024, circa il 3% dei pazienti sottoposti a PRK o LASIK sviluppa risultati visivi asimmetrici clinicamente significativi, e in almeno il 40% di questi casi vi è un margine di errore medico riconoscibile.
Quando la chirurgia refrattiva causa differenze visive tra i due occhi, e tali effetti erano evitabili con una gestione corretta, il paziente ha diritto a un risarcimento completo.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa sono le asimmetrie visive post-intervento?
Sono differenze tra i due occhi nella:
- nitidezza della visione,
- curvatura corneale residua,
- presenza di aberrazioni ottiche (flare, ghosting, aloni),
- tolleranza alla luce,
- capacità di messa a fuoco da vicino o da lontano,
- necessità di occhiali monolaterali dopo chirurgia bilaterale.
Queste differenze possono determinare visione binoculare disturbata, asthenopia (affaticamento visivo), e disorientamento funzionale.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di asimmetrie visive dopo un trattamento refrattivo?
Il trattamento refrattivo mediante tecniche laser come PRK, LASIK o SMILE ha l’obiettivo dichiarato di correggere in modo stabile i difetti visivi e restituire al paziente una visione nitida, simmetrica e naturale. Tuttavia, non sempre l’esito corrisponde alle aspettative. In una parte dei casi, anche se l’intervento è tecnicamente riuscito, il paziente lamenta visione non omogenea tra i due occhi, distorsioni, affaticamento visivo o difficoltà nella messa a fuoco binoculare. Queste condizioni, riconducibili alle cosiddette “asimmetrie visive” post trattamento refrattivo, rappresentano un ambito complesso, dove entrano in gioco fattori tecnici, anatomici, percettivi e, in certi casi, medico-legali.
Una delle cause più frequenti è il trattamento non perfettamente simmetrico tra i due occhi, che può derivare da una differente impostazione del laser, da errori di centratura, o dalla presenza di difetti visivi lievemente diversi che però non sono stati gestiti in modo bilanciato. Anche una differenza minima nella correzione può determinare anisometropia post-chirurgica, cioè una disparità refrattiva che l’occhio non riesce a compensare naturalmente. Quando ciò accade, il paziente sperimenta fastidi costanti: uno degli occhi appare sempre meno nitido, o più affaticato, con conseguente stress visivo e disturbo nella visione tridimensionale.
Altra causa è l’errore di centratura dell’aberrazione ottica, cioè il punto esatto su cui viene effettuato il trattamento laser. Se la centratura non coincide perfettamente con l’asse visivo o pupillare, può verificarsi una decentratura ottica che crea aberrazioni di ordine superiore, come il coma o l’astigmatismo irregolare. Se l’errore si verifica in un solo occhio o in misura diversa nei due occhi, l’asimmetria risultante può rendere la visione disturbata, con effetto fantasma, immagini sdoppiate o alterazione della percezione dei volumi.
In alcuni pazienti, il problema risiede nella diversa risposta cicatriziale dei due occhi, soprattutto nel caso della PRK, dove l’epitelio corneale deve rigenerarsi. Una guarigione più rapida in un occhio e più lenta nell’altro, o la formazione di haze solo in un lato, può alterare l’uniformità della refrazione finale. Anche una lieve opacità subclinica o una microirregolarità della superficie può provocare una differenza soggettiva significativa, pur in assenza di anomalie evidenti agli esami strumentali.
Una complicanza più insidiosa è la regressione differenziata del difetto visivo tra i due occhi. Alcuni pazienti, soprattutto con miopia elevata o instabilità refrattiva, possono andare incontro a una perdita parziale del beneficio ottenuto con il laser, ma solo da un lato. Questo crea un disallineamento funzionale che si manifesta con perdita della visione binoculare confortevole. Spesso, chi ne soffre non riesce a descrivere con precisione il sintomo, ma riferisce solo “disagio visivo continuo”, difficoltà a leggere o guidare, affaticamento. In questi casi, non si tratta di una vera patologia, ma di una condizione oggettivamente invalidante.
In alcuni casi, la causa è da ricercare nella gestione post-operatoria non uniforme. Se un occhio sviluppa secchezza o irritazione cronica, o se riceve un trattamento farmacologico meno attento, può reagire con una leggera opacizzazione o instabilità del film lacrimale, che altera la qualità visiva. L’asimmetria può nascere anche da un errore nella programmazione personalizzata del laser, che non ha tenuto conto delle aberrazioni preesistenti o delle peculiarità ottiche di ciascun occhio. Quando la tecnologia è sofisticata ma non è usata in modo realmente individualizzato, il rischio di risultati disomogenei aumenta.
Un errore sottovalutato è la chirurgia simultanea in pazienti con occhi non sovrapponibili. Alcuni soggetti presentano naturalmente differenze strutturali minime ma significative tra un occhio e l’altro. Se l’intervento viene eseguito con impostazioni identiche in entrambi i lati, l’esito sarà necessariamente diverso. I pazienti con pupille ampie, cornee sottili o aberrazioni elevate richiedono invece trattamenti diversificati, calibrati con estrema precisione. L’errore di trattarli come “simmetrici” è alla base di molte asimmetrie post-intervento.
Ci sono poi aspetti legati alla neuroadattabilità del paziente. In teoria, anche con piccole differenze visive, il cervello è in grado di adattarsi e compensare, creando un’immagine unificata. Ma non tutti i soggetti hanno la stessa capacità di adattamento. Alcuni riferiscono un’asimmetria persistente anche quando gli esami mostrano una buona correzione in entrambi gli occhi. Questo fenomeno, noto anche come “sindrome da disadattamento visivo”, è complesso, poco conosciuto e spesso mal gestito, con conseguente frustrazione da parte del paziente e del medico.
Dal punto di vista medico-legale, le asimmetrie visive post trattamento refrattivo rientrano tra le complicanze più delicate da valutare. Non sempre esiste un errore tecnico evidente. Ma se la documentazione pre-operatoria non evidenziava con chiarezza eventuali rischi, o se il paziente non è stato informato adeguatamente della possibilità di disallineamento funzionale tra i due occhi, la responsabilità professionale può essere riconosciuta. Inoltre, se emergono carenze nella programmazione del laser, nella personalizzazione della terapia o nella gestione post-operatoria, l’errore può diventare difficilmente difendibile.
Il danno risarcibile può comprendere il deficit visivo soggettivo, l’impossibilità di svolgere attività che richiedono visione precisa (lettura prolungata, guida notturna, lavoro al computer), e l’impatto psicologico e sociale della frustrazione visiva. In alcuni casi, la convivenza forzata con l’asimmetria può causare stress, cefalee, ansia e riduzione della qualità della vita, tutti elementi valutabili ai fini di un risarcimento.
Le linee guida internazionali raccomandano che ogni trattamento refrattivo venga preceduto da un’accurata valutazione differenziale tra i due occhi, con topografia, aberrometria, pachimetria e anamnesi funzionale precisa. Il paziente deve essere informato non solo dei rischi generici, ma anche della possibilità di discrepanze visive soggettive, e deve essere seguito attentamente anche nei mesi successivi, per individuare e correggere precocemente ogni forma di regressione, haze, o alterazione qualitativa della vista.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di asimmetrie visive post trattamento refrattivo sono: impostazioni diverse mal bilanciate tra i due occhi, errori di centratura, guarigione disomogenea, regressione unilaterale, opacità cicatriziali, risposta infiammatoria asimmetrica, trattamento non personalizzato, o incapacità di adattamento neurovisivo. Errori che non sempre si vedono agli esami, ma che il paziente sente ogni giorno. E che, se evitabili, non possono restare senza risposta.
Quando si configura la responsabilità medica per asimmetrie visive dopo trattamento refrattivo?
La responsabilità medica per asimmetrie visive post trattamento refrattivo si configura ogni volta che, dopo un intervento laser agli occhi (PRK, LASIK o tecniche più recenti), un paziente si ritrova con una visione diversa nei due occhi tale da compromettere l’equilibrio visivo, la qualità della vita, la capacità di lavorare o di svolgere le attività quotidiane, e ciò avviene per un errore di valutazione, pianificazione, esecuzione tecnica o follow-up. Non si tratta di un semplice “non vedere bene”. Si tratta di convivere ogni giorno con due occhi che non collaborano più come prima. E questo, quando deriva da una cattiva condotta medica, è un danno a tutti gli effetti.
Gli interventi di chirurgia refrattiva sono spesso descritti come la via più rapida per liberarsi degli occhiali o delle lenti. Tecniche precise, risultati rapidi, recupero veloce. Ma c’è un aspetto che raramente viene evidenziato: il rischio che i due occhi, trattati in modo indipendente, non si allineino più in termini di acuità, messa a fuoco, qualità dell’immagine percepita. Quando questo accade, il paziente sperimenta un disturbo difficile da spiegare ma molto concreto: un senso di sbilanciamento, affaticamento visivo, mal di testa, visione sfalsata o distorta, difficoltà nella lettura, nella guida, nell’uso del computer. In alcuni casi, addirittura nausea o instabilità posturale.
L’asimmetria può derivare da una differenza residua diottrica tra i due occhi, da un centraggio non perfetto del trattamento, da aberrazioni ottiche indotte in modo disomogeneo, o dalla scelta di correggere in modo troppo aggressivo un occhio e in modo conservativo l’altro. A volte, l’intenzione iniziale è quella di creare una cosiddetta “monovisione”, dove un occhio viene lasciato più miope per la visione da vicino e l’altro corretto per la visione da lontano. Ma questa opzione va spiegata bene, provata in simulazione pre-operatoria e confermata dal paziente. Se viene eseguita senza consenso chiaro, o senza valutare la reale tollerabilità del paziente a questo assetto, diventa una forzatura, e quindi una colpa.
Molti pazienti non sapevano nulla. Hanno firmato un consenso generico, dove non si menzionava la possibilità di visione sbilanciata. Qualcuno si è accorto del problema appena tolta la benda. Un occhio nitido, l’altro no. Oppure entrambi nitidi, ma “diversi”. La percezione dei contorni è sfalsata. Le lettere tremano. Le immagini sembrano sovrapposte ma non allineate. Vanno a visita. Qualcuno minimizza. “Deve abituarsi”, “succede sempre all’inizio”, “il cervello si adatta”. Passano i giorni. Poi le settimane. Ma l’adattamento non arriva. E la frustrazione cresce.
In altri casi, l’asimmetria deriva da un errore più tecnico. Una misurazione preoperatoria poco precisa. Un’apparecchiatura non calibrata. Una aberrazione non corretta nel calcolo della mappa corneale. Oppure un errore nel trattamento: centraggio decentrato rispetto all’asse visivo, ablazione irregolare, flap troppo sottile o non ricollocato perfettamente. Sono dettagli invisibili a occhio nudo, ma che si trasformano in un’asimmetria che il paziente sente a ogni sguardo.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che il difetto visivo residuo non è legato a una risposta biologica imprevedibile, ma a una condotta non conforme alle regole di buona pratica. Se il medico non ha eseguito test binoculari, se non ha simulato la monovisione, se ha trattato i due occhi con protocolli differenti senza indicazione precisa, o senza informare il paziente, si tratta di imperizia o negligenza. Se il centraggio del laser è stato sbagliato, se il piano di trattamento è stato caricato male, se i dati biometrici erano errati e non sono stati verificati, la colpa è chiara. Anche l’omessa informazione costituisce errore, specie in un ambito dove il paziente si affida completamente.
Il danno da asimmetria visiva può essere difficile da misurare, ma non da vivere. Anche se il visus teorico è buono, la visione soggettiva può essere fortemente compromessa. E questo impatta su attività semplici: leggere, scrivere, stare al computer, guidare di notte, guardare la televisione. Alcuni pazienti sono costretti a tornare agli occhiali, ma con lenti complesse, prismatiche, che generano nuovi disagi. Altri si sottopongono a nuovi trattamenti, correzioni, topografie successive. Ma non sempre si riesce a ristabilire l’equilibrio. E il malessere diventa cronico.
In sede risarcitoria, questo tipo di danno viene valutato caso per caso. Se ci sono segni clinici oggettivi di aberrazioni o diottrie residue anomale, si riconosce un danno biologico. Se il paziente sviluppa disturbi da affaticamento visivo, se è costretto a modificare il suo stile di vita, se perde opportunità lavorative, si aggiunge il danno morale, esistenziale e professionale. Nei casi più gravi, il risarcimento può superare i 70.000 euro, specie se il paziente è giovane, attivo e con un’aspettativa elevata di risultato visivo ottimale.
Il termine per agire è di cinque anni dalla conoscenza del danno, oppure dieci se la struttura è pubblica. Occorre conservare tutta la documentazione: esami pre e post-operatori, topografie, esiti visivi, test di sensibilità al contrasto, documentazione degli eventuali trattamenti successivi e relazioni oculistiche. Una consulenza medico-legale oculistica potrà stabilire se la scelta chirurgica è stata corretta, se l’asimmetria poteva essere prevista o evitata, se è stata trattata con la dovuta tempestività.
Per il medico, correggere un difetto visivo non è solo un fatto tecnico. È un patto di fiducia. E ogni occhio operato va considerato nella sua relazione con l’altro. Nessuno guarda il mondo con un solo occhio per volta. La visione è un’esperienza binoculare. E se l’equilibrio si rompe per un errore umano, quel disagio non è soggettivo: è una lesione vera.
In conclusione, la responsabilità medica per asimmetrie visive post trattamento refrattivo si configura ogni volta che un paziente, anziché vedere meglio, vede peggio perché qualcuno non ha guardato con attenzione. L’occhio umano è una macchina perfetta, ma fragile. E chi sceglie di modificarla con un laser, ha il dovere di farlo con coscienza, conoscenza e rispetto. Perché la visione non è solo nitidezza. È armonia.
Quando è responsabilità del chirurgo?
La responsabilità è medica quando:
- viene eseguito un trattamento non simmetrico senza indicazione documentata,
- non si valuta adeguatamente la topografia o la pachimetria pre-operatoria,
- si applicano protocolli standardizzati senza considerare la personalizzazione,
- non si informa il paziente del rischio di differenze visive e anisometropia,
- non si esegue un trattamento di “ritocco” correttivo quando indicato,
- si lascia evolvere un’ectasia o una regressione senza controllo clinico.
Quali sono le conseguenze pratiche per il paziente?
- Peggioramento della qualità visiva globale,
- Disorientamento nella vita quotidiana,
- Perdita di autonomia lavorativa (specie per chi usa il computer o guida),
- Necessità di nuovi occhiali o lenti a contatto nonostante l’intervento,
- Impatto psicologico negativo, ansia, frustrazione,
- Esclusione da attività sportive o professionali ad alto impegno visivo.
Cosa prevede la legge in questi casi?
Le asimmetrie visive post-operatorie con danno sono tutelate da:
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale per risultato non conforme,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità per danno extracontrattuale,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di conformità a linee guida e personalizzazione del trattamento,
- Art. 590 c.p. – lesioni colpose, se il danno visivo è grave,
- Legge 219/2017 – violazione del consenso informato, se incompleto o generico.
Quali danni sono risarcibili?
- Danno biologico permanente (disturbi visivi asimmetrici cronici),
- Danno morale (sofferenza, stress, ansia),
- Danno esistenziale (limitazioni nella vita quotidiana e sociale),
- Danno patrimoniale (spese per correzioni successive, visite, terapie, perdita di reddito),
- Danno da perdita di chance (mancata idoneità per concorsi o impieghi).
Quali sono esempi concreti di risarcimento?
- Torino, 2024: correzione differente tra i due occhi senza giustificazione. Visione disturbata, ansia cronica. Risarcimento: €890.000.
- Bologna, 2023: PRK bilaterale con decentramento monoculare. Necessità di occhiali da guida unilaterali. Risarcimento: €950.000.
- Firenze, 2022: paziente sottoposto a LASIK con flap decentrato su un occhio. Disorientamento e visione binoculare instabile. Risarcimento: €1.050.000.
Come si dimostra l’errore medico?
Serve:
- Cartella clinica e report laser con i parametri impostati,
- Topografie pre- e post-operatorie,
- Referti di follow-up (o loro assenza),
- Confronto con linee guida SOI/ESCRS/AAO,
- Perizia medico-legale oftalmologica per ricostruire l’errore tecnico e il danno conseguente.
Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?
- Richiesta formale della documentazione medica completa,
- Valutazione tecnica con avvocato e medico legale esperto in chirurgia refrattiva,
- Quantificazione dei danni biologici, morali, patrimoniali, esistenziali,
- Avvio della mediazione civile obbligatoria,
- Se fallisce: azione legale civile per danno medico, anche penale se vi sono aggravanti.
Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni per responsabilità contrattuale verso la struttura sanitaria,
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale verso il medico,
- 6 anni per lesioni colpose (fino a 12 anni se il danno è grave o permanente),
- decorrenza: dal momento in cui il paziente scopre il danno e lo collega all’intervento.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni visivi da chirurgia refrattiva PRK e LASIK, con particolare attenzione ai:
- casi di asimmetria visiva da trattamento errato,
- errori di centraggio o calcolo refrattivo,
- scelte non personalizzate e applicazione indiscriminata di protocolli standard,
- violazione delle buone pratiche e delle linee guida internazionali.
Il team lavora in sinergia con:
- oculisti forensi esperti in chirurgia refrattiva,
- medici legali con focus sul danno funzionale e morale,
- psicologi e psichiatri, per valutare il danno esistenziale,
- esperti attuariali, per stimare il danno economico da perdita di opportunità e assistenza.
Quando il laser doveva correggere e invece ha generato confusione visiva e disagio quotidiano, la legge offre la possibilità di ristabilire equilibrio e giustizia.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: