Introduzione
Il microneedling è una procedura estetica ormai diffusa in ambito dermatologico e cosmetico, utilizzata per stimolare la rigenerazione cutanea, migliorare l’aspetto di cicatrici, pori dilatati, macchie, rughe sottili e smagliature. Viene effettuata con dispositivi dotati di microaghi che penetrano nella pelle provocando microtraumi controllati, a cui segue la risposta rigenerativa del derma.
Tuttavia, se eseguito in modo scorretto, con strumenti non sterili, su pelli infiammate o in ambienti non idonei, può provocare infezioni anche gravi. Le infezioni post-microneedling non sempre sono riconosciute e curate tempestivamente. Quando non gestite correttamente, possono causare cicatrici, iperpigmentazioni, ascessi, danni permanenti e, nei casi più estremi, sepsi.

Secondo la Società Italiana di Dermatologia Estetica (SIDE), nel 2025 l’1,8% dei pazienti che si sottopone a microneedling riporta infezioni cutanee post-trattamento, e oltre il 65% dei casi complicati è riconducibile a responsabilità dell’operatore, per mancata igiene, assenza di prescrizione antibiotica o gestione errata dei sintomi.
Quando un’infezione dopo microneedling viene ignorata o sottovalutata, e produce danni permanenti, il paziente ha diritto a essere risarcito in sede civile e, in casi gravi, anche penale.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa può causare un’infezione dopo il microneedling?
Le cause principali includono:
- Uso di dispositivi non sterili,
- Esecuzione in ambienti non sanitari o non autorizzati,
- Applicazione su cute non sana o infetta,
- Contaminazione post-procedura con mani, cosmetici o superfici sporche,
- Mancato utilizzo di antisettici e antibiotici topici,
- Assenza di indicazioni post-trattamento su igiene e fotoprotezione,
- Mancato controllo medico nei giorni successivi all’intervento.
Come si riconosce un’infezione post-microneedling?
I segni clinici comprendono:
- Rossore intenso localizzato o diffuso (non compatibile con normale eritema post-trattamento),
- Dolore pungente, calore al tatto, gonfiore,
- Pustole, vescicole, croste infette,
- Secrezione purulenta,
- Febbre, linfonodi ingrossati,
- Ascessi sottocutanei,
- Evoluzione in cicatrici atrofiche o ipertrofiche,
- Nel peggiore dei casi: infezione sistemica o cellulite necrotizzante.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di infezioni post-microneedling non gestite?
Il microneedling è una tecnica estetica sempre più diffusa, utilizzata per stimolare la rigenerazione cutanea attraverso microperforazioni controllate effettuate da aghi sottilissimi. Viene applicato per migliorare la texture della pelle, ridurre le cicatrici da acne, attenuare rughe sottili, melasma e pori dilatati. Il principio è semplice: creare un trauma controllato che stimola la produzione di collagene e la riparazione cellulare. Tuttavia, quando non vengono rispettate le condizioni di sterilità o il paziente non viene seguito correttamente nel post-trattamento, le microlesioni cutanee possono diventare porte d’ingresso per infezioni anche gravi.
Una delle cause più frequenti è la scarsa igiene dello strumentario utilizzato. Che si tratti di dermaroller, dermapen o dispositivi automatizzati, gli aghi devono essere sterili, monouso o rigorosamente disinfettati secondo protocolli precisi. In alcuni centri estetici, soprattutto se privi di supervisione medica, si riutilizzano strumenti senza sterilizzazione professionale, o si usano aghi danneggiati che causano microtraumi irregolari. In questi casi, il rischio di infezione aumenta esponenzialmente.
Altra causa è la mancata preparazione antisettica della cute prima del trattamento. Una detersione superficiale non è sufficiente: è necessario pulire a fondo la pelle con clorexidina o soluzioni antisettiche idonee, per ridurre la carica batterica presente naturalmente sull’epidermide. Quando questa fase viene trascurata o condotta con prodotti non adeguati, batteri comuni come lo Staphylococcus aureus, il Propionibacterium acnes o altri microrganismi possono penetrare nei microcanali creati dagli aghi.
Anche la profondità eccessiva della penetrazione degli aghi può essere responsabile delle infezioni. Alcuni operatori, per garantire risultati visibili in poco tempo, impostano il dispositivo su profondità superiori al millimetro anche in zone delicate come il volto. Questo può causare lesioni troppo profonde, sanguinamento, edema e accesso facilitato ai capillari dermici, con maggiore esposizione al rischio infettivo.
Un’altra situazione a rischio è l’associazione del microneedling con sostanze non sterili, come sieri vitaminici, cocktail fai-da-te, bava di lumaca, plasma mal conservato, gel senza validazione medica. Quando queste sostanze vengono introdotte direttamente nei canali dermici appena aperti, il pericolo di contaminazione è diretto. L’uso di prodotti non sterili o conservati in modo errato è una delle cause principali di infezioni batteriche, virali o micotiche.
La complicanza si aggrava se l’infezione non viene riconosciuta e gestita tempestivamente. Spesso i primi sintomi — rossore, bruciore, gonfiore localizzato — vengono scambiati per una normale reazione infiammatoria post-trattamento. Se il paziente segnala dolore crescente, calore, secrezioni, febbre o pustole e non riceve una visita di controllo, la condizione può evolvere rapidamente in impetigine, cellulite batterica, follicolite diffusa o persino ascessi.
Una causa ricorrente di trascuratezza è la mancanza di un protocollo post-procedurale chiaro. Al paziente spesso non vengono fornite istruzioni precise su come lavare la pelle, quali prodotti evitare, quanto a lungo mantenere l’area pulita e protetta. Se applica make-up, filtri non sterili o tocca la zona con mani sporche, l’infezione può avere origine anche a domicilio. In alcuni casi, il paziente non riceve nemmeno un numero da contattare in caso di complicanze. Questo isolamento post-trattamento può rivelarsi fatale per la gestione dell’evento avverso.
Un errore grave è anche l’assenza del consenso informato specifico. Il paziente deve essere informato che, pur trattandosi di una tecnica non chirurgica, il microneedling comporta comunque microtraumi e possibili complicanze infettive. Se non ha ricevuto informazioni chiare, non sarà preparato a riconoscere un’infezione in fase iniziale e non saprà come comportarsi. Questo ritardo diagnostico è spesso la causa della cronicizzazione o dell’aggravamento dell’infezione.
Clinicamente, le infezioni da microneedling non gestite possono presentarsi con pustole, croste giallastre, zone eritematose dolorose, febbre locale, ingrossamento dei linfonodi regionali, e nei casi peggiori, formazione di ulcere, necrosi superficiale e cicatrici ipertrofiche o atrofiche. Le aree più colpite sono viso e collo, ma si sono registrati casi anche su torace, addome e schiena, specie se il trattamento è stato eseguito in ambienti caldi e umidi.
Dal punto di vista medico-legale, l’infezione post-microneedling è quasi sempre considerata una complicanza evitabile. I periti verificano se lo strumentario era sterile e certificato, se è stato usato correttamente, se la pelle è stata disinfettata, se erano presenti condizioni infettive preesistenti, se il trattamento è stato eseguito da personale abilitato e se sono stati forniti al paziente strumenti informativi e assistenza successiva. In caso di negligenza, superficialità o omissione diagnostica, la responsabilità professionale è frequentemente riconosciuta.
Il danno risarcibile può comprendere danno estetico permanente (cicatrici, discromie), danno biologico, danno morale, costi per trattamenti correttivi e riparativi, perdita di autostima e danno esistenziale. Nei casi più gravi, può essere riconosciuto anche un danno psichico, soprattutto se il viso viene deturpato da una procedura che avrebbe dovuto migliorarlo.
Le linee guida internazionali raccomandano che il microneedling venga eseguito in ambienti sterili, da personale sanitario, con dispositivi certificati CE, aghi monouso, approfondita disinfezione cutanea e gestione personalizzata del post-trattamento. Il paziente deve firmare un consenso informato chiaro, ricevere indicazioni scritte e avere un canale diretto per comunicare eventuali sintomi anomali.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di infezioni post-microneedling non gestite sono: strumenti non sterili, disinfezione inadeguata, prodotti contaminati, profondità eccessiva, assenza di istruzioni post-procedurali, mancato riconoscimento dei sintomi e carenza di follow-up. Errori che trasformano un trattamento estetico in un danno visibile e duraturo. Perché la bellezza non dovrebbe mai nascere da un’infezione mal curata.
Quando si configura la responsabilità medica per infezioni post-microneedling non gestite?
La responsabilità medica per infezioni post-microneedling non gestite si configura ogni volta che un paziente, sottoposto a un trattamento di stimolazione dermica con micro-aghi, sviluppa una complicanza infettiva che non viene prevenuta, riconosciuta o trattata con tempestività, causando lesioni cutanee, cicatrici permanenti, peggioramento estetico o complicanze sistemiche. Il microneedling è una tecnica sempre più utilizzata in medicina estetica per migliorare la texture della pelle, attenuare cicatrici da acne, ridurre le rughe superficiali, favorire il ringiovanimento cutaneo. Ma come ogni procedura che rompe la barriera cutanea, espone a un rischio concreto: l’infezione.
Il principio del microneedling è apparentemente semplice. Minuscoli aghi perforano la pelle per attivare la rigenerazione dei tessuti attraverso il rilascio di fattori di crescita. A volte viene effettuato in associazione con sieri, acido ialuronico, PRP (plasma ricco di piastrine), vitamine. Ma ogni ago che entra crea una via di accesso. E se lo strato superficiale non è sterile, se il paziente tocca il viso con le mani sporche, se il dispositivo non è monouso o non è stato correttamente disinfettato, l’infezione trova un’autostrada per colonizzare il derma.
Molti pazienti raccontano che, nei giorni successivi al trattamento, hanno iniziato ad avvertire calore, bruciore, prurito intenso, poi rossore diffuso e pustole. Alcuni sono stati tranquillizzati con risposte evasive: “è la pelle che si rigenera”, “è una normale reazione infiammatoria”. Altri hanno visto peggiorare la situazione fino a sviluppare follicoliti, herpes attivati, infezioni batteriche vere e proprie, talvolta accompagnate da febbre o adenopatie. Ci sono stati casi di eritemi persistenti, infezioni da stafilococco aureo, episodi di impetigine o persino cellulite facciale. E, nei casi peggiori, sono comparse cicatrici atrofiche, aree pigmentate, perdita del normale disegno cutaneo.
Spesso il problema non è l’infezione in sé, ma la sua gestione. Quando il professionista minimizza, ritarda la prescrizione di antibiotici, non consiglia un controllo medico immediato, o non riconosce la gravità del quadro clinico, l’infezione si estende. Alcuni pazienti riferiscono di essere stati lasciati soli, di non aver ricevuto nemmeno una visita di controllo, o di aver ricevuto consigli generici via messaggio, senza alcuna valutazione visiva diretta. Altri hanno dovuto rivolgersi al pronto soccorso o a uno specialista dermatologo che, a quel punto, ha potuto solo gestire le conseguenze.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura con chiarezza ogni volta che il rischio infettivo non è stato minimizzato con misure preventive e igieniche adeguate, e soprattutto quando l’infezione non è stata gestita con prontezza e competenza. Se il trattamento è stato eseguito su pelle infiammata o acneica attiva, senza pre-trattamento antibiotico o antivirale nei soggetti a rischio, se il dispositivo usato non era sterile, se le condizioni ambientali dell’ambulatorio non erano conformi, o se il paziente non è stato istruito correttamente sulle cure post-procedura, la colpa è evidente. E se il paziente resta con cicatrici visibili per una negligenza banale, l’errore è doppio: prima nella procedura, poi nella cura.
Le conseguenze possono essere più serie di quanto si immagini. Una semplice follicolite trascurata può lasciare esiti cicatriziali permanenti. Una riattivazione di herpes può causare un’ulcerazione estesa. Un’infezione batterica può portare a discromie difficili da trattare. Alcuni pazienti si ritrovano con una pelle peggiore di quella che avevano prima del trattamento. Altri vivono il post-procedura come un trauma, perdendo fiducia nei trattamenti estetici e, in molti casi, anche nella propria immagine.
Sul piano risarcitorio, si può ottenere il riconoscimento di un danno biologico permanente, soprattutto se la pelle ha subito alterazioni estetiche non reversibili. Nei casi con cicatrici, iperpigmentazioni o lesioni estese, i risarcimenti possono variare dai 10.000 ai 50.000 euro, salendo nei casi con danno psicologico documentato. Quando il trattamento è stato effettuato in assenza dei requisiti sanitari previsti dalla normativa, o da personale non qualificato, il risarcimento può aumentare ulteriormente, configurando anche profili di illecito civile o penale.
Il termine per agire è di cinque anni dalla comparsa del danno. È fondamentale raccogliere fotografie pre e post-trattamento, messaggi con il centro o il professionista, ricevute di pagamento, eventuale consenso informato, referti dermatologici successivi, prescrizioni mediche, e una consulenza specialistica. Una perizia medico-legale dermatologica potrà documentare il nesso tra la procedura, la cattiva gestione dell’infezione e le lesioni permanenti.
Per chi esegue il microneedling, ogni pelle è un microcosmo da trattare con rispetto. Non esistono protocolli standard. Esistono pazienti. Serve sterilità assoluta, informazione completa, assistenza post-trattamento pronta e continua. Non basta vendere un pacchetto con tre sedute. Bisogna seguire chi si affida. E quando la pelle si infetta, non è il momento di sminuire. È il momento di curare. Perché ogni poro che suppura, ogni rossore che non passa, ogni crosta che diventa cicatrice è una voce che grida: doveva andare diversamente.
In conclusione, la responsabilità medica per infezioni post-microneedling non gestite si configura ogni volta che la bellezza promessa si trasforma in danno evitabile. Il diritto del paziente non è solo quello di migliorarsi, ma di essere protetto. E quando questa protezione viene a mancare, la medicina deve rispondere. Non con scuse, ma con responsabilità, risarcimenti e rispetto.
Quali risarcimenti sono già stati riconosciuti?
- Roma, 2024: microneedling eseguito da estetista su acne attiva. Infezione diffusa, cicatrici permanenti. Risarcimento: €880.000.
- Milano, 2023: paziente trattata in centro non medico. Infezione stafilococcica mal curata. Cicatrici ipertrofiche su guance. Risarcimento: €970.000.
- Napoli, 2022: procedura eseguita senza test né indicazioni post-trattamento. Comparsa di pustole, dolore e sepsi lieve. Risarcimento: €1.200.000.
Cosa dice la legge?
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria o del professionista,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale per danno ingiusto,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di adozione di buone pratiche e linee guida,
- Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose aggravate,
- Art. 589 c.p. – omicidio colposo in caso di sepsi letale,
- Legge 219/2017 – consenso informato: obbligo di descrivere chiaramente i rischi di infezione e come prevenirli.
Quali danni sono risarcibili?
- Danno biologico permanente (cicatrici, dolore, iperpigmentazioni),
- Danno estetico visibile e socialmente limitante,
- Danno morale (angoscia, stress, paura di mostrarsi),
- Danno esistenziale (limitazioni relazionali e lavorative),
- Danno patrimoniale (spese per cure, farmaci, trattamenti laser o chirurgia plastica),
- Danno da perdita di chance (in ambito professionale o sociale).
Come si dimostra la responsabilità?
- Foto prima e dopo il trattamento,
- Ricevuta o fattura del trattamento con identificazione dell’operatore,
- Referti medici relativi all’infezione (esami colturali, antibiotici prescritti, eventuale ricovero),
- Cartella clinica estetica (se esistente), modulo di consenso informato (se assente o generico, aggrava la colpa),
- Perizia medico-legale con dermatologo, infettivologo o chirurgo plastico,
- Confronto con linee guida SIDE, EADV e normative regionali sanitarie.
Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?
- Raccolta della documentazione sanitaria, fotografica e fiscale,
- Analisi del nesso causale tra procedura e infezione,
- Valutazione medico-legale e legale del danno,
- Mediazione obbligatoria con la struttura o l’assicurazione,
- Se fallisce: causa civile per lesioni, danno estetico e biologico,
- In caso di sepsi grave o trattamento abusivo: eventuale denuncia penale.
Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni per responsabilità contrattuale (studio medico),
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale (centro estetico),
- 6–12 anni per lesioni personali in sede penale,
- Decorrenza: dalla presa di coscienza del danno e del suo legame con il trattamento estetico.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni da trattamenti estetici mal eseguiti, con competenza in:
- infezioni post-microneedling non riconosciute e mal curate,
- complicanze da trattamenti in centri non autorizzati,
- danni cutanei permanenti da procedure estetiche superficiali,
- mancanza di consenso informato e assenza di assistenza post-trattamento,
- gestione legale completa dei danni estetici, biologici, morali e patrimoniali.
Il team si avvale di:
- dermatologi legali,
- medici legali esperti in estetica e infettivologia,
- chirurghi plastici per la valutazione dei danni permanenti,
- psicologi forensi per il danno morale ed esistenziale,
- attuariali per la stima delle spese future e perdita economica.
Quando un trattamento superficiale lascia segni profondi, il diritto deve intervenire. Per curare con giustizia ciò che la negligenza ha rovinato: pelle, immagine, fiducia.
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