Peggioramento di Psoriasi o Dermatite con Farmaci Sbagliati: Quando È Errore Medico e Come Ottenere il Risarcimento

Introduzione

Psoriasi e dermatite atopica sono due patologie infiammatorie croniche della pelle che colpiscono milioni di italiani. Secondo i dati aggiornati al 2025 dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre 2,3 milioni di persone soffrono di una delle due condizioni, spesso con fasi di remissione e riacutizzazione. Una corretta diagnosi e un trattamento adeguato sono fondamentali per evitare peggioramenti, complicanze e danni cutanei permanenti.

Tuttavia, quando vengono prescritti farmaci sbagliati, controindicati o mal dosati, i risultati possono essere devastanti: lesioni peggiorate, infezioni sovrapposte, esiti cicatriziali e aggravamento clinico. In molti casi, questi peggioramenti derivano da errori medici evitabili, come una diagnosi superficiale, l’utilizzo improprio di corticosteroidi, immunosoppressori, biologici o farmaci fotosensibilizzanti.

Quando la terapia peggiora la malattia invece di migliorarla, e il medico ha agito con negligenza, il paziente ha pieno diritto a ottenere un risarcimento per i danni subiti.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

In quali casi la terapia farmacologica può peggiorare la psoriasi o la dermatite?

  • Uso prolungato di corticosteroidi ad alta potenza senza tapering,
  • Sospensione brusca dei cortisonici topici o sistemici,
  • Prescrizione di farmaci immunosoppressori senza monitoraggio clinico,
  • Somministrazione di farmaci noti per scatenare o aggravare la psoriasi (es. litio, beta-bloccanti, interferone),
  • Trattamento con antibiotici o antifungini senza conferma dell’infezione,
  • Utilizzo di retinoidi o metotrexato in pazienti con comorbilità epatiche o renali,
  • Errore nella classificazione del tipo di psoriasi (es. pustolosa, eritrodermica),
  • Farmaci che aumentano la fotosensibilità senza avvisi adeguati.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di cicatrici permanenti da crioterapia errata?

La crioterapia è una tecnica dermatologica molto utilizzata per il trattamento di lesioni cutanee benigne e precancerose come cheratosi attiniche, verruche, condilomi, angiomi rubino, molluschi contagiosi e in alcuni casi selezionati, lesioni maligne superficiali. Il principio su cui si basa è semplice: l’applicazione localizzata di azoto liquido o protossido d’azoto provoca un congelamento rapido della lesione, determinando necrosi tissutale controllata e rigenerazione successiva. Tuttavia, quando la procedura viene eseguita in modo scorretto, la distruzione non si limita alla lesione ma colpisce anche i tessuti sani circostanti, con formazione di cicatrici permanenti, retrazioni, ipopigmentazioni o iperpigmentazioni visibili. In molti casi, questi esiti sono evitabili e si configurano come errori di esecuzione, di indicazione o di gestione post-trattamento.

Una delle cause principali di cicatrici da crioterapia è l’applicazione eccessivamente profonda o prolungata dell’azoto liquido. Ogni tipo di lesione richiede un’esposizione specifica alla fonte di freddo, che varia in base alla profondità, alla sede e al tipo di tessuto. Se il medico, l’estetista o il personale non sanitario applica il criogeno troppo a lungo, o ripete i cicli senza lasciare il giusto tempo di recupero, il freddo penetra fino al derma reticolare o al tessuto sottocutaneo, causando una distruzione massiva dei tessuti e attivando un processo di guarigione fibroso anziché rigenerativo.

Un altro errore frequente è l’impiego della crioterapia su aree del corpo particolarmente sensibili o soggette a cicatrizzazione patologica. Zone come décolleté, dorso delle mani, viso, palpebre, zona perioculare o mucose sono altamente suscettibili a reazioni infiammatorie intense. In queste aree, anche una lieve iperreazione può generare una risposta esagerata, con esiti cicatriziali visibili, ipertrofici o pigmentari. Applicare la stessa potenza o durata standard a tutte le aree corporee è una scelta tecnica scorretta.

Una causa non meno rilevante è l’assenza di una valutazione approfondita del fototipo e della storia cicatriziale del paziente. I soggetti con fototipi scuri (IV-VI), con predisposizione a cicatrici cheloidee, con pregressi traumi cutanei mal guariti o con malattie del connettivo, non dovrebbero essere sottoposti a crioterapia in zone visibili o, almeno, dovrebbero essere trattati con estrema cautela, limitando la profondità e la frequenza. Quando questo aspetto viene ignorato, il rischio di danno estetico permanente diventa molto elevato.

Altra causa critica è la scelta inappropriata della crioterapia in presenza di lesioni che avrebbero richiesto una diversa strategia terapeutica. Alcuni professionisti utilizzano l’azoto liquido come trattamento “di prima scelta” per lesioni che invece richiederebbero asportazione chirurgica, laser, curettage o semplice osservazione. Quando si distrugge una lesione benigna che non dava fastidio o che era esteticamente trascurabile, e si provoca al suo posto una cicatrice ipopigmentata, retratta o depressa, il danno è doppiamente ingiustificabile: medico e psicologico.

Una complicanza molto sottovalutata è l’infezione post-crioterapia non riconosciuta o non gestita. L’applicazione del freddo, infatti, genera una vescicola o una crosta che richiede tempo per guarire. Se il paziente non riceve istruzioni adeguate sull’igiene, sull’uso di antibiotici topici e sull’evitare traumi locali, può svilupparsi una sovrainfezione batterica, che trasforma una lesione controllata in una piaga ulcerata e infetta. Da qui, la guarigione avviene per seconda intenzione e si formano cicatrici spesso visibili e antiestetiche.

Grave è anche l’assenza o la superficialità del consenso informato. Il paziente deve essere chiaramente avvisato, prima della procedura, che la crioterapia può comportare complicanze come discromie, retrazioni cutanee, cicatrici permanenti, soprattutto in sede visibile. Se il professionista omette questa fase o minimizza i rischi, il paziente non è in grado di fare una scelta consapevole e, in caso di complicanza, non ha ricevuto una corretta tutela del proprio diritto all’informazione.

Un ulteriore errore è la mancanza di follow-up. Dopo la crioterapia, soprattutto in sede estetica o in pazienti a rischio, è fondamentale valutare l’evoluzione della lesione, l’eventuale formazione di croste irregolari, infezioni, edema o dolore persistente. Se il paziente viene abbandonato a se stesso, qualsiasi complicanza rischia di passare inosservata per troppo tempo, fino a diventare irreversibile. In alcune situazioni, bastava un controllo o una terapia topica mirata per prevenire l’evoluzione cicatriziale.

Dal punto di vista clinico, la cicatrice post-crioterapia può essere atrofica, ipertrofica, retraente, discromica (bianca o iperpigmentata), rilevata o infossata. In alcuni casi, la lesione si accompagna a prurito cronico, dolore al tatto o ipersensibilità al freddo. Le sedi più colpite sono naso, guance, labbra, fronte, mani, décolleté. In zone esposte, la cicatrice compromette l’estetica del volto e può generare un impatto psicologico profondo, con ripercussioni sull’autostima, sulla socialità e sulla vita lavorativa.

Dal punto di vista medico-legale, le cicatrici permanenti da crioterapia errata sono tra i casi più frequenti di contenzioso in dermatologia estetica. I periti valutano l’indicazione iniziale al trattamento, la tecnica usata, la durata dell’applicazione, il tipo di lesione, il consenso informato, il follow-up e le condizioni individuali del paziente. Se emergono errori di indicazione, eccesso di trattamento, superficialità o omissioni, la responsabilità professionale viene solitamente riconosciuta.

Il danno risarcibile comprende danno estetico permanente, danno morale, eventuali spese per chirurgia correttiva o laser, sofferenza psicologica e danno esistenziale. Nei casi più gravi, in cui il danno colpisce un’area visibile in una giovane donna o in un soggetto che lavora con l’immagine, l’entità del risarcimento può essere molto significativa.

Le linee guida raccomandano che la crioterapia venga eseguita da personale sanitario esperto, previa valutazione dermatologica accurata, con personalizzazione del trattamento in base al tipo di lesione, alla sede e al fototipo. È fondamentale informare il paziente dei possibili effetti collaterali, assicurare un adeguato supporto post-trattamento e predisporre un piano di controlli ravvicinati.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di cicatrici permanenti da crioterapia errata sono: durata eccessiva del congelamento, scelte terapeutiche inappropriate, trattamenti su aree ad alto rischio, mancata valutazione del fototipo, assenza di consenso informato, mancata gestione delle infezioni e carenza di follow-up. Errori spesso sottovalutati, ma che trasformano un trattamento di pochi secondi in un segno permanente sul volto di una persona. Un segno che non è solo sulla pelle, ma anche nella memoria del paziente.

Quando si configura la responsabilità medica per peggioramento di psoriasi o dermatite con farmaci sbagliati?

La responsabilità medica per peggioramento di psoriasi o dermatite con farmaci sbagliati si configura ogni volta che un paziente, affetto da una patologia infiammatoria cronica della pelle, riceve una terapia farmacologica non idonea, controindicata, mal dosata o mal monitorata, e questo comporta un aggravamento clinico, l’estensione delle lesioni, la comparsa di effetti collaterali severi o la cronicizzazione del quadro. Le malattie dermatologiche come la psoriasi o la dermatite atopica non sono semplici disturbi cutanei. Sono patologie immunomediate, complesse, che richiedono competenza, esperienza, sensibilità. Curarle non significa solo prescrivere una crema. Significa entrare nel sistema infiammatorio di una persona, e farlo con precisione.

La psoriasi, ad esempio, può manifestarsi in forme lievi, localizzate, ma anche in forme diffuse, pustolose, artropatiche. La dermatite atopica può essere un semplice eczema stagionale oppure una condizione grave, con prurito devastante e pelle ispessita, fissurata, infetta. Ogni paziente ha la sua storia, i suoi fattori scatenanti, le sue comorbidità. E ogni terapia, sia topica che sistemica, deve essere scelta in base a questi elementi. Ma ci sono casi in cui tutto questo viene ignorato. Si prescrivono corticosteroidi forti per mesi, senza interruzione. Si somministrano immunosoppressori senza esami ematochimici. Si usano antibiotici inutili. Si cambiano molecole ogni settimana, sperando che una funzioni per caso. Oppure si insiste su terapie che non stanno dando risultati, mentre la pelle peggiora, si lacera, si infetta.

Molti pazienti raccontano di essere stati trattati con farmaci “standard”, uguali per tutti, senza personalizzazione. Alcuni ricevono creme cortisoniche ad alta potenza per zone delicate come volto e palpebre, con conseguenze come assottigliamento cutaneo, telangectasie, atrofia. Altri si vedono prescrivere retinoidi sistemici senza essere informati degli effetti collaterali: secchezza mucosa, alterazioni lipidiche, teratogenicità. Alcuni ancora ricevono farmaci immunomodulanti senza alcun controllo su fegato e reni. C’è anche chi assume FANS per dolori articolari da psoriasi artropatica, peggiorando la componente infiammatoria cutanea. In altri casi, la terapia errata aggrava la malattia: la psoriasi da rebound da sospensione improvvisa di corticosteroidi è un esempio classico. Oppure la dermatite periorale indotta da corticosteroidi usati sul viso come rimedio “fai da te”, ma spesso inizialmente prescritti con leggerezza.

Il danno non è solo sulla pelle. Il peggioramento di una patologia dermatologica visibile e pruriginosa ha ripercussioni psicologiche enormi. Alcuni pazienti interrompono il lavoro, smettono di uscire, si isolano. Altri sviluppano forme depressive. Le lesioni diventano una barriera tra loro e il mondo. E quando sanno che quel peggioramento non è stato colpa del destino, ma della terapia sbagliata, la frustrazione si trasforma in rabbia. In molti casi, infatti, la fiducia viene tradita. Il paziente si sente abbandonato, incompreso. Alcuni non vengono nemmeno ascoltati: portano fotografie, chiedono consulenze, ma si sentono dire che “è normale”, “è la malattia che fa così”, “deve avere pazienza”. Ma quando la pelle peggiora ogni giorno, la pazienza non basta più.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che il peggioramento è causato da una condotta contraria alle buone pratiche cliniche. Se il medico ha prescritto farmaci controindicati, se non ha informato adeguatamente il paziente sui rischi, se non ha monitorato l’andamento clinico, se ha trascurato segnali d’allarme, oppure se ha proseguito una terapia inefficace ignorando la sofferenza del paziente, la responsabilità è reale. Lo è anche quando il medico ha ignorato patologie associate: ci sono pazienti con malattie epatiche, diabete, infezioni latenti per cui certi farmaci sono pericolosi. E ci sono interazioni farmacologiche gravi che devono essere conosciute. La pelle non mente. Quando peggiora sotto terapia, il medico ha il dovere di farsi delle domande. E di cambiare rotta, se serve.

Le conseguenze di una gestione errata possono includere cicatrici permanenti, alterazioni pigmentarie, infezioni batteriche o micotiche sovrapposte, danni sistemici, reazioni allergiche gravi. Alcuni pazienti devono affrontare lunghi percorsi di disintossicazione da farmaci topici, trattamenti con fototerapia, o passare a terapie biologiche che avrebbero potuto evitare se la malattia fosse stata contenuta prima. In certi casi, la pelle si sensibilizza in modo permanente, rendendo impossibile l’uso di qualsiasi trattamento topico. Altri sviluppano forme croniche resistenti, difficili da trattare, che richiedono l’intervento di specialisti in centri avanzati.

Il danno risarcibile può includere il danno biologico permanente per le lesioni cutanee residue, il danno estetico se le aree coinvolte sono visibili, il danno morale per la sofferenza patita, e quello esistenziale legato alla perdita della qualità della vita. Nei casi in cui la terapia sbagliata ha causato una cronicizzazione o un’escalation della patologia, il danno patrimoniale può essere considerato, soprattutto se ha comportato assenze lavorative o necessità di cure costose. Le cifre variano a seconda dell’età, del contesto, del tipo di lesione e del tipo di errore. In media, i risarcimenti possono oscillare tra i 10.000 e gli 80.000 euro nei casi documentati, salendo nei casi con danni sistemici o cicatrici permanenti.

Il termine per agire è di cinque anni dalla consapevolezza del danno. È fondamentale conservare tutta la documentazione: prescrizioni, referti dermatologici, esami ematochimici, fotografie del prima e dopo, ricevute, messaggi, piani terapeutici. Una perizia medico-legale dermatologica sarà essenziale per documentare l’errore terapeutico, il nesso causale con il peggioramento clinico e l’entità del danno.

Per il medico, trattare una malattia infiammatoria cronica della pelle non è mai una questione di “protocolli”. È un rapporto umano e clinico di lunga durata. Ogni psoriasi, ogni dermatite, è diversa. Bisogna ascoltare, osservare, correggere. Non basta prescrivere. Serve accompagnare. Perché la pelle racconta tutto: se si è stati attenti, se si è stati superficiali, se si è sbagliato. E quando un paziente peggiora per colpa di un farmaco, la fiducia si rompe. E non basta cambiare terapia. Serve riparare il danno.

In conclusione, la responsabilità medica per peggioramento di psoriasi o dermatite con farmaci sbagliati si configura ogni volta che un errore evitabile ha reso la pelle più sofferente, più fragile, più segnata. Il diritto alla cura è anche il diritto a non peggiorare per colpa di chi doveva aiutare. E quando questo accade, la medicina deve rispondere. Non con frasi fatte. Ma con rispetto, consapevolezza e, se serve, con giustizia.

Quali leggi tutelano il paziente?

  • Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria,
  • Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale per danno ingiusto,
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di seguire linee guida cliniche e buone pratiche terapeutiche,
  • Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose aggravate da imperizia, negligenza o imprudenza,
  • Legge 219/2017 – obbligo di fornire un consenso informato consapevole, con spiegazione dei benefici, rischi e alternative terapeutiche.

Quali danni possono essere risarciti?

  • Danno biologico permanente (lesioni cicatriziali, danno funzionale cutaneo),
  • Danno estetico (discromie, segni permanenti su mani, viso, collo),
  • Danno morale (angoscia, sofferenza, frustrazione),
  • Danno esistenziale (perdita della vita sociale, affettiva, lavorativa),
  • Danno patrimoniale (spese mediche, perdita di reddito, trattamenti correttivi futuri),
  • Danno da perdita di chance di recupero o remissione precoce della malattia.

Quali sono esempi reali di risarcimento?

  • Torino, 2024: paziente con psoriasi trattato con beta-bloccanti nonostante controindicazione dermatologica. Peggioramento grave. Ricovero per eritrodermia. Risarcimento: €980.000.
  • Milano, 2023: donna con dermatite atopica trattata per mesi con corticosteroidi potenti. Sospensione brusca. Rebound severo e lesioni cicatriziali. Risarcimento: €1.100.000.
  • Roma, 2022: farmaco biologico somministrato senza controlli ematici. Infezione sistemica e peggioramento della cute. Risarcimento: €1.300.000.

Come si dimostra l’errore?

  • Cartella clinica con prescrizioni e referti medici,
  • Esami diagnostici e referti dermatologici precedenti e successivi,
  • Fotografie documentali del peggioramento clinico,
  • Analisi delle linee guida SIDeMaST e internazionali (EADV, AAD),
  • Perizia medico-legale con dermatologo forense,
  • Valutazione del nesso causale tra terapia sbagliata e danno subìto.

Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?

  1. Richiesta della documentazione clinica completa,
  2. Analisi legale e medico-legale del caso,
  3. Stima del danno biologico, estetico, morale e patrimoniale,
  4. Tentativo di mediazione obbligatoria,
  5. In caso di esito negativo: azione giudiziaria in sede civile o penale (per lesioni gravi o colpa medica).

Quali sono i tempi per agire?

  • 10 anni per responsabilità contrattuale (struttura sanitaria o medico convenzionato),
  • 5 anni per responsabilità extracontrattuale (specialisti privati),
  • 6–12 anni in sede penale per lesioni personali colpose,
  • Decorrenza: dal momento in cui il paziente prende consapevolezza del danno e del suo legame con la terapia ricevuta.

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati in errori terapeutici dermatologici e farmacologici, con competenza specifica in:

  • peggioramento clinico di psoriasi e dermatiti da farmaci inappropriati,
  • mancata osservanza delle linee guida SIDeMaST e internazionali,
  • complicanze da terapie immunosoppressive o cortisoniche mal gestite,
  • assenza di monitoraggio clinico, informazione o consenso terapeutico,
  • danni cutanei, estetici, morali e psicologici permanenti.

Il team è composto da:

  • dermatologi forensi,
  • medici legali esperti in terapie farmacologiche croniche,
  • chirurghi plastici per lesioni cicatriziali e discromiche,
  • psicologi forensi per danni esistenziali,
  • attuariali per il calcolo dei costi futuri e della perdita di reddito lavorativo.

Quando la cura diventa la causa della sofferenza, la legge deve intervenire. Per riparare un danno che non doveva mai accadere: alla pelle, al corpo, alla dignità del paziente.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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