Introduzione
L’estrazione dentale è considerata un intervento di routine, soprattutto quando si tratta di denti del giudizio inclusi o malposizionati. Tuttavia, quando l’intervento è particolarmente complesso, eseguito in modo traumatico o senza adeguata preparazione, può verificarsi una delle complicanze più gravi: la frattura della mandibola.
La mandibola è un osso robusto ma non invulnerabile. Alcune zone, in particolare la regione angolare, il corpo mandibolare in presenza di denti inclusi o cisti, o l’area molare in soggetti con osso fragile, sono esposte a rischio se le forze applicate durante l’intervento superano la resistenza dell’osso. La frattura può essere immediata oppure “da stress”, cioè manifestarsi alcuni giorni dopo, quando l’osso si è indebolito o lesionato internamente durante l’estrazione.

Le fratture mandibolari iatrogene, cioè causate da un intervento odontoiatrico, sono eventi rari ma gravi. In molti casi, il paziente subisce danni funzionali importanti: difficoltà nella masticazione, malocclusione, dolore cronico, perdita di sensibilità, impossibilità di aprire o chiudere correttamente la bocca. Nei casi peggiori, è necessario un intervento di chirurgia maxillo-facciale con applicazione di placche e viti in titanio.
Quando la frattura è evitabile e causata da una manovra errata, una forza eccessiva, l’uso di strumenti inappropriati o la mancata valutazione della fragilità ossea, si può configurare la responsabilità del dentista. In questi casi, il paziente ha diritto a essere risarcito per il danno fisico, morale, estetico e patrimoniale subito.
Nel corso dell’articolo risponderemo a tutte le domande più frequenti: come avviene una frattura mandibolare durante un’estrazione? Come si manifesta? Quali errori commette l’odontoiatra? Quando è risarcibile? Quali sono le prove da raccogliere? E infine, illustreremo nel dettaglio le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, che si occupano anche di questo genere di eventi odontoiatrici.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Che cos’è una frattura mandibolare iatrogena?
Si tratta di una rottura dell’osso mandibolare causata da un intervento dentistico, in particolare durante l’estrazione di denti del giudizio o molari profondamente inclusi. Può avvenire per eccesso di forza, uso scorretto di leve, pinze, frese chirurgiche, oppure per mancanza di valutazione dello stato osseo preesistente.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di frattura della mandibola durante estrazione complessa?
L’estrazione di un dente, soprattutto se si tratta di un terzo molare incluso o di un dente gravemente compromesso, è una procedura chirurgica che deve essere eseguita con estrema cautela. In mani esperte, si tratta di un intervento relativamente sicuro. Ma in alcuni casi, per inesperienza, sottovalutazione dei rischi o errori nella tecnica, l’estrazione può portare a una delle complicanze più gravi e temute: la frattura della mandibola. Un evento raro, ma devastante, che trasforma un atto terapeutico in una vera emergenza medica. Perché accade? Quali sono le cause più frequenti che possono portare a una simile lesione?
La prima causa è senza dubbio la forza eccessiva esercitata durante l’estrazione. Quando un dente è particolarmente difficile da rimuovere – per esempio perché incluso nell’osso, cariato in modo profondo o con radici divergenti – il dentista può trovarsi in difficoltà. Alcuni professionisti, anziché ricorrere a una strategia chirurgica graduale, provano a risolvere il problema aumentando la forza applicata con leve, pinze o strumenti rotatori. In questa fase, se la resistenza dell’osso mandibolare è minore di quanto previsto, può verificarsi una frattura, spesso nel punto più debole: l’angolo mandibolare. È un errore comune pensare che più forza equivalga a maggiore efficacia: in chirurgia orale, spesso è vero il contrario.
Un altro fattore di rischio importante è la scarsa valutazione radiologica pre-operatoria. Prima di procedere con un’estrazione complessa, è indispensabile analizzare non solo la posizione del dente, ma anche la morfologia ossea e le condizioni strutturali della mandibola. La TAC Cone Beam fornisce informazioni fondamentali, come lo spessore dell’osso residuo, la presenza di cisti, la direzione delle radici e l’integrità della corticale. Chi si limita a una semplice ortopantomografia rischia di sottovalutare anomalie che possono indebolire la struttura mandibolare e favorire la frattura durante la manovra.
Spesso la frattura si verifica in pazienti già predisposti, ma non correttamente valutati. È il caso degli anziani, che presentano osteoporosi mandibolare, oppure di soggetti che hanno subito precedenti traumi o che hanno patologie sistemiche che indeboliscono l’osso (come il diabete, l’artrite reumatoide o il trattamento con bifosfonati). Anche i pazienti oncologici o sottoposti a radioterapia sono a rischio, perché l’osso può presentare un grado elevato di fragilità. In questi soggetti, un’estrazione chirurgica dovrebbe essere eseguita con tecniche mininvasive, eventualmente in ambiente ospedaliero. Quando, invece, si affronta l’intervento come se fosse routinario, si pongono le basi per una complicanza grave.
Un’altra causa molto frequente riguarda la tecnica chirurgica inadeguata. In una corretta estrazione di dente incluso, soprattutto nei casi di terzi molari inferiori, è indispensabile procedere con una fase di osteotomia graduale, seguita da odontotomia (la separazione delle radici) se necessario. Alcuni odontoiatri saltano queste fasi, o le eseguono in modo approssimativo, nel tentativo di risparmiare tempo. Il risultato è che si applica trazione su un blocco rigido, senza averne ridotto la resistenza. È come voler togliere un chiodo senza prima allentarlo: l’unico a cedere, alla fine, è il legno. In questo caso, la mandibola.
La frattura può essere immediata o ritardata. In alcuni pazienti si verifica al momento dell’estrazione, con un “crack” percepibile, dolore acuto e mobilità dell’arcata. In altri casi, invece, si sviluppa nelle ore o nei giorni successivi, come conseguenza di microfratture non diagnosticate che peggiorano con la masticazione o con l’edema post-operatorio. È per questo che i pazienti che riportano dolore persistente, difficoltà nell’aprire la bocca, deviazione della mandibola o crepitii dopo l’estrazione devono essere rivalutati con urgenza. La diagnosi precoce può evitare l’intervento chirurgico ricostruttivo, che diventa necessario in caso di frattura scomposta.
Una frattura mandibolare può anche derivare da uno strumento utilizzato in modo scorretto. Alcuni strumenti elevatori, se posizionati male, possono esercitare una leva tale da provocare una rottura del margine osseo. Questo accade, ad esempio, quando si applica forza su una corticale sottile o già indebolita. Anche il movimento errato della pinza, soprattutto se si spinge verso il basso anziché ruotare con controllo, può determinare la dislocazione del frammento osseo. Il rischio aumenta nei casi in cui il dente presenta radici molto divergenti o ancorate in profondità.
Una causa molto sottovalutata è l’inesperienza del professionista. L’estrazione di denti complessi richiede una formazione specifica in chirurgia orale. Non basta la laurea in odontoiatria: serve pratica, precisione, conoscenza delle varianti anatomiche e capacità di gestione dell’imprevisto. In molte situazioni, purtroppo, giovani professionisti o medici poco esperti si cimentano in interventi complessi senza il supporto di un chirurgo maxillo-facciale o senza avere accesso a strutture attrezzate. Quando la complicanza si manifesta, spesso non sanno come affrontarla, aggravando ulteriormente la situazione.
Va poi considerato il peso delle cure preesistenti. Un dente trattato più volte, con vecchie ricostruzioni, devitalizzazioni fallite, granulomi cronici, può essere fuso con l’osso in modo patologico. Questo rende l’estrazione ancora più difficile e imprevedibile. Se il medico non considera questa eventualità e non pianifica l’intervento con attenzione, aumenta il rischio di frattura. Anche la presenza di ponti, capsule o protesi vicine può creare leve anomale, specialmente se si cerca di estrarre un solo elemento senza smontare la protesi sovrastante.
Un altro errore, meno tecnico ma altrettanto grave, è la sottovalutazione del rischio e la mancanza di informazioni al paziente. In interventi ad alto rischio, il paziente dovrebbe essere informato in modo completo, con spiegazione dei potenziali rischi, alternative e possibilità di complicanze. Troppo spesso, invece, viene rassicurato con superficialità. Se poi qualcosa va storto, ci si rifugia nella reticenza o nella negazione, peggiorando il danno e aumentando il contenzioso medico-legale.
In alcuni casi, la frattura può essere aggravata da una gestione post-operatoria scorretta. Il paziente viene dimesso senza istruzioni chiare, senza controlli ravvicinati, oppure non gli viene prescritto un esame radiografico anche se lamenta sintomi preoccupanti. Il tempo, in questi casi, è fondamentale: una frattura mandibolare trattata nelle prime 24 ore può essere stabilizzata con successo; una frattura trascurata può richiedere placcatura, chirurgia invasiva e mesi di riabilitazione.
Le conseguenze, per il paziente, sono pesanti. Dolore intenso, difficoltà a parlare, masticare, deglutire. In alcuni casi, malocclusioni permanenti, necessità di fisioterapia mandibolare o danni al nervo alveolare inferiore con perdita di sensibilità al mento e al labbro. Senza contare il trauma psicologico: pensare di dover semplicemente togliere un dente e ritrovarsi con la mandibola fratturata, spesso senza preavviso né spiegazioni, lascia un segno difficile da cancellare.
In definitiva, la frattura della mandibola durante un’estrazione complessa non è mai un evento casuale. È il risultato di una catena di errori, sottovalutazioni, scelte affrettate e, talvolta, di una chirurgia eseguita senza il giusto rispetto per la delicatezza della struttura mandibolare. Un osso piccolo, ma fondamentale, che sostiene non solo i denti, ma anche la funzionalità masticatoria, fonatoria, e l’estetica del volto.
Il paziente ha il diritto di ricevere cure eseguite secondo i più alti standard professionali, di essere informato sui rischi reali, e soprattutto di essere ascoltato se qualcosa non va. Una mandibola non si frattura da sola: si frattura quando la tecnica viene sostituita dalla fretta, quando la cautela viene ignorata, quando il paziente viene trattato come una procedura, e non come una persona.
Quali sono i sintomi di una frattura mandibolare?
- Dolore violento e continuo durante o dopo l’intervento
- Mobilità anomala della mandibola
- Occlusione alterata dei denti
- Difficoltà ad aprire o chiudere la bocca
- Ematoma esteso o gonfiore importante
- Sensazione di “scatto” o rumore osseo durante l’intervento
Quanto è diffusa questa complicanza?
Secondo uno studio pubblicato nel 2024 sulla Rivista Italiana di Odontostomatologia:
- La frattura mandibolare iatrogena si verifica in circa 0,004% delle estrazioni dentali
- Il rischio aumenta fino allo 0,3% nelle estrazioni del dente del giudizio inferiore profondamente incluso
- In oltre il 75% dei casi analizzati, mancava una TAC pre-operatoria
Quando si configura la responsabilità medica per Frattura della mandibola durante estrazione complessa?
La responsabilità medica per una frattura della mandibola durante un’estrazione dentale complessa si configura ogniqualvolta il danno riportato dal paziente non sia conseguenza inevitabile dell’intervento, ma risulti da una condotta imprudente, imperita o negligente da parte del professionista sanitario. In campo odontoiatrico, le estrazioni dei denti del giudizio inferiori sono considerate tra le manovre più delicate per il rischio concreto di ledere strutture anatomiche importanti, come il nervo alveolare inferiore, o di causare una frattura iatrogena della mandibola. Tuttavia, il semplice fatto che un intervento sia complesso e presenti margini di rischio non esonera affatto il medico dal dovere di attenersi alle linee guida scientificamente approvate e alle buone pratiche cliniche del caso.
La frattura mandibolare è infatti un evento raro, ma noto e prevedibile in ambito chirurgico. Proprio per questo, un medico adeguatamente formato e aggiornato ha l’obbligo di adottare tutte le precauzioni necessarie per evitarla. In primo luogo, deve valutare attentamente il caso clinico attraverso l’anamnesi e gli esami strumentali idonei. L’ortopantomografia panoramica è il minimo indispensabile; nei casi a rischio elevato è indispensabile una TAC cone beam, in grado di fornire immagini tridimensionali dell’anatomia mandibolare e del rapporto del dente incluso con le cortecce ossee e il nervo alveolare. La mancata richiesta di questi esami, o una lettura superficiale degli stessi, può rappresentare una colpa grave, perché compromette la pianificazione chirurgica e espone il paziente a un rischio evitabile.
La responsabilità si concretizza quando la frattura è il risultato di una scelta terapeutica inadeguata, di una tecnica chirurgica aggressiva o non corretta, o di una sottovalutazione del rischio individuale. Ad esempio, l’utilizzo eccessivo di forza durante l’avulsione, l’impiego scorretto di leve o frese, o ancora l’omissione del sezionamento preventivo del dente per ridurne il volume, sono tutte condotte che possono essere ricondotte a imperizia. Il principio di fondo è che l’odontoiatra non deve mai “lottare” con l’osso, ma procedere con rispetto dell’anatomia, senza forzature che possano compromettere l’integrità strutturale della mandibola.
Un altro profilo di responsabilità si lega al consenso informato. Ai sensi della Legge n. 219 del 2017, il paziente ha diritto a essere informato in modo dettagliato, chiaro e comprensibile su tutte le possibili complicanze, comprese quelle meno frequenti ma gravi, come appunto la frattura mandibolare. La mancata esposizione di tali rischi, anche laddove l’intervento sia stato tecnicamente corretto, comporta comunque una responsabilità a carico del medico per lesione del diritto all’autodeterminazione. Non aver informato adeguatamente il paziente priva quest’ultimo della possibilità di valutare consapevolmente la scelta terapeutica, e ciò assume rilievo risarcitorio anche in assenza di errore materiale.
È altresì rilevante valutare la qualifica professionale del sanitario che ha eseguito l’intervento. Se un dentista generico, privo di specializzazione in chirurgia orale o in chirurgia maxillo-facciale, ha proceduto autonomamente a un’estrazione particolarmente complessa senza adeguata esperienza, la responsabilità può derivare anche dalla sola scelta di non rinviare il caso a un collega più esperto. In giurisprudenza, questa ipotesi viene qualificata come errore per presunzione di incompetenza: il danno non deriva tanto dall’atto in sé, quanto dall’aver deciso di compierlo pur non possedendo le capacità necessarie.
Nei tribunali italiani si sono succedute numerose sentenze che confermano questa impostazione. In più occasioni, è stata riconosciuta la responsabilità di odontoiatri che, pur trovandosi di fronte a casi radiologicamente complessi (radici vicine al nervo, denti profondamente inclusi, mandibole assottigliate o osteoporotiche), hanno proceduto comunque con l’estrazione senza adottare le misure di cautela più elementari, come la suddivisione del dente in più porzioni, l’uso di frese raffreddate, o la pianificazione di un accesso chirurgico più ampio. Il risultato, in molti casi, è stata una frattura del ramo mandibolare o dell’angolo mandibolare, talvolta accompagnata da dislocazione ossea e danni ai tessuti molli circostanti.
Il danno da frattura mandibolare ha quasi sempre conseguenze gravi e permanenti. Si va dalla limitazione dell’apertura orale ai disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare, dalla nevralgia del nervo alveolare a deficit masticatori ed estetici. Il paziente si trova a dover affrontare non solo nuove operazioni chirurgiche (come la riduzione e osteosintesi della frattura), ma anche lunghi periodi di riabilitazione, disagio psicologico e perdita di qualità della vita. Tutti questi aspetti assumono rilievo giuridico nella quantificazione del danno risarcibile, che comprende il danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale, oltre alle eventuali spese future di cura.
La responsabilità medica non si esaurisce nella fase operatoria, ma si estende anche al decorso post-intervento. Alcune fratture non si manifestano immediatamente durante l’intervento, ma si evidenziano nei giorni successivi, con sintomi quali dolore acuto, mobilità anomala della mandibola, edema persistente, difficoltà a parlare o masticare. Il medico ha il dovere di riconoscere tempestivamente questi segni e disporre accertamenti idonei, come una TAC urgente. La mancata diagnosi tempestiva o il ritardo nella presa in carico possono aggravare la situazione clinica e costituire un ulteriore profilo di colpa.
A livello normativo, la responsabilità civile dell’odontoiatra rientra nell’ambito contrattuale. Questo comporta, ai sensi dell’art. 1218 c.c., un’inversione dell’onere della prova: è il professionista a dover dimostrare di avere agito correttamente, e non il paziente a dover provare l’errore. Nella pratica giudiziaria, questo principio ha un impatto significativo: se il medico non riesce a dimostrare che il danno era inevitabile, che la tecnica era appropriata e che le informazioni erano state fornite correttamente, la responsabilità viene attribuita con maggiore facilità.
La recente giurisprudenza, inoltre, tiene in grande considerazione il ruolo delle consulenze medico-legali. La valutazione del nesso causale tra condotta del medico e danno subito viene quasi sempre demandata a periti con competenze specifiche in chirurgia odontoiatrica. È proprio da queste relazioni tecniche che emerge, in modo chiaro, se la frattura poteva essere evitata con un comportamento più prudente o con una tecnica chirurgica differente. L’assenza di documentazione clinica dettagliata (come i referti degli esami pre-operatori, il modulo di consenso informato firmato, le fotografie intraoperatorie) è spesso interpretata in modo sfavorevole al medico, rafforzando la presunzione di colpa.
In definitiva, la responsabilità medica per frattura della mandibola durante un’estrazione complessa non è un’ipotesi rara né teorica. Si verifica ogni volta che il professionista abbia agito in modo tecnicamente scorretto, con superficialità, sottovalutando la complessità del caso, trascurando l’iter diagnostico necessario o omettendo di informare il paziente sui rischi. Ma può verificarsi anche quando l’intervento è stato eseguito da una figura non adeguatamente formata o in assenza di mezzi tecnici idonei. In tutte queste ipotesi, la lesione del paziente diventa giuridicamente rilevante e legittima una richiesta di risarcimento danni.
Quando invece l’evento è effettivamente inevitabile, nonostante ogni prudenza e con un’informazione completa e tracciata, il medico può essere esonerato da responsabilità. Ma si tratta di casi sempre più rari, perché oggi la medicina difensiva e l’evoluzione delle tecnologie diagnostiche mettono a disposizione strumenti precisi per ridurre drasticamente i margini di incertezza. Pertanto, nella maggior parte dei casi in cui si verifica una frattura mandibolare durante l’estrazione di un dente incluso, la responsabilità del professionista è quantomeno da valutare attentamente.
Il paziente che subisce un simile danno ha diritto non solo a essere curato, ma anche a ottenere giustizia. E questa giustizia passa da una corretta analisi medico-legale e legale, da una documentazione chiara, e dall’assistenza di professionisti specializzati nel settore della responsabilità sanitaria. Solo così sarà possibile ricostruire i fatti, individuare le responsabilità e ottenere un risarcimento che tenga conto di tutte le sofferenze subite.
Cosa dice la legge?
- Art. 2236 c.c.: il professionista risponde anche per colpa lieve se non si trattava di attività particolarmente complessa
- Art. 2043 c.c.: ogni fatto doloso o colposo che causa danno ingiusto è fonte di responsabilità
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco): obbligo di rispettare linee guida e buona prassi clinica, con obbligo di consenso informato specifico
Quando la frattura è risarcibile?
Quando la frattura era prevedibile e prevenibile, e si dimostra che:
- Non sono stati eseguiti esami diagnostici adeguati (TAC)
- L’intervento è stato eseguito in modo aggressivo
- Non è stato informato il paziente dei rischi
- Manca documentazione tecnica dell’estrazione
Cosa comporta una frattura mandibolare?
- Dolore prolungato e invalidante
- Necessità di intervento chirurgico ricostruttivo (osteosintesi)
- Uso di placche e viti in titanio
- Difficoltà masticatorie e fonatorie
- Rischio di danni permanenti al nervo alveolare
- Conseguenze psicologiche e relazionali
Esempi giurisprudenziali?
- Milano, 2023: estrazione in studio privato di dente 4.8, frattura mandibolare con necessità di ricostruzione maxillo-facciale. Risarcimento: 44.000 euro
- Palermo, 2022: paziente anziano, frattura dopo estrazione molare inferiore. Odontoiatra condannato per omesso esame preoperatorio. Risarcimento: 30.000 euro
- Firenze, 2024: giovane donna subisce frattura durante estrazione di dente del giudizio. Esiti permanenti, limitazione apertura bocca. Risarcita con 36.500 euro
Cosa si può ottenere come risarcimento?
- Danno biologico permanente
- Danno morale e psicologico
- Danno patrimoniale per spese mediche, riabilitative e giorni di lavoro persi
- Danno estetico-funzionale in caso di cicatrici o asimmetrie mandibolari
Quali prove servono?
- Referti clinici e radiografici
- Certificato di intervento maxillo-facciale
- Consulenza medico-legale odontoiatrica
- Documentazione fotografica (prima e dopo)
- Certificati neurologici per eventuali parestesie
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni per responsabilità contrattuale
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale
- Il termine decorre dal momento in cui il danno diventa evidente o permanente
Cosa può fare l’avvocato?
- Acquisizione della cartella clinica
- Valutazione con esperti odontoiatri e chirurghi maxillo-facciali
- Invio di lettera di messa in mora
- Attivazione della mediazione sanitaria
- Redazione dell’atto di citazione in giudizio
- Quantificazione completa del danno
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
La frattura mandibolare durante estrazione dentale è un evento raro ma estremamente delicato, che richiede una gestione legale precisa e altamente tecnica. Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità si occupano della ricostruzione medico-legale dell’accaduto attraverso:
- Analisi dell’intervento eseguito rispetto agli standard scientifici
- Confronto con linee guida nazionali e internazionali in materia di chirurgia orale
- Collaborazione con specialisti in chirurgia maxillo-facciale per la quantificazione del danno
Ogni fase viene seguita con rigore legale e approfondimento clinico. L’obiettivo non è solo ottenere un risarcimento, ma dimostrare con esattezza la prevedibilità del danno, l’omessa diligenza e l’impatto sulla qualità della vita del paziente.
Il danno da frattura mandibolare non è solo fisico. Coinvolge l’alimentazione, la vita sociale, la fonazione, la fiducia in sé stessi. Per questo motivo, oltre al danno biologico, vengono richiesti anche danno esistenziale e morale.
L’assistenza include:
- Tutela legale in sede civile e stragiudiziale
- Attività presso gli Ordini professionali (se previsto un profilo disciplinare)
- Richiesta di danni futuri (per impianti, revisioni chirurgiche, fisioterapia mandibolare)
La frattura mandibolare causata da un errore odontoiatrico non è una fatalità. È un evento che può e deve essere prevenuto con una corretta valutazione diagnostica e una procedura chirurgica rispettosa delle regole mediche. Quando questo non avviene, la legge garantisce giustizia.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: