Introduzione
I trattamenti laser sono oggi tra i più utilizzati in medicina estetica per la rimozione di macchie, tatuaggi, peli superflui, capillari, o per il ringiovanimento cutaneo. Si tratta di tecniche efficaci ma non prive di rischi, soprattutto se eseguite senza una corretta valutazione del fototipo cutaneo del paziente. Il fototipo — ovvero la classificazione della pelle secondo la sua sensibilità al sole e alla pigmentazione — è un fattore determinante nella scelta del tipo di laser, della potenza, del numero di sedute e della lunghezza d’onda.

Secondo i dati aggiornati al 2025 della Società Italiana di Dermatologia Estetica, oltre il 60% delle complicanze da laser (ustioni, iperpigmentazioni, cicatrici) avviene su pelli di fototipo IV, V e VI trattate senza personalizzazione dei parametri o con dispositivi inadatti.
Quando un trattamento laser viene eseguito in modo standardizzato, senza analizzare il tipo di pelle del paziente, e ciò causa danni permanenti, si configura una responsabilità professionale piena. E il paziente ha diritto al risarcimento.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa si intende per fototipo e perché è così importante?
Il fototipo cutaneo, classificato secondo la scala di Fitzpatrick (da I a VI), definisce:
- La reazione della pelle all’esposizione solare,
- Il rischio di sviluppare iper- o ipopigmentazioni,
- La quantità di melanina presente nella pelle,
- La capacità di tollerare trattamenti termici o ablativi.
Ad esempio:
- Fototipo I-II: pelle molto chiara, tende a scottarsi → rischio ustioni
- Fototipo III-IV: pelle olivastra → rischio iperpigmentazione
- Fototipo V-VI: pelle scura o nera → rischio necrosi e ipopigmentazione permanente
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di lesione nervosa durante un lifting con fili di trazione?
Il lifting con fili di trazione rappresenta una delle tecniche di medicina estetica più richieste per il trattamento del rilassamento cutaneo del viso e del collo. Viene presentata come una procedura mini-invasiva, ambulatoriale, senza bisturi né anestesia generale, in grado di riposizionare i tessuti con effetto tensore immediato e stimolare, nel tempo, la produzione di collagene. Tuttavia, dietro questa apparente semplicità, si cela una complessità anatomica notevole, soprattutto per quanto riguarda la vicinanza dei fili alle diramazioni del nervo facciale, del nervo auricolare, del ramo mandibolare o dei nervi sensitivi superficiali. Quando questi nervi vengono irritati, compressi o danneggiati durante il posizionamento dei fili, possono insorgere complicanze anche molto gravi, con conseguenze estetiche e funzionali.
La prima causa frequente è l’inserimento del filo in un piano troppo profondo, al di sotto del tessuto sottocutaneo e in prossimità delle strutture nervose motorie. La tecnica corretta prevede che i fili vengano inseriti nel piano subdermico o al massimo nel tessuto fibroso superficiale. Se l’operatore, per cercare un effetto tensore più evidente, oltrepassa i piani anatomici corretti, può intercettare le branche del nervo facciale, in particolare nella zona zigomatica, temporale o mandibolare. In questi casi il paziente può sviluppare debolezza muscolare localizzata, asimmetria mimica, perdita del sorriso da un lato, difficoltà a chiudere l’occhio o sollevare il sopracciglio, alterazione nella mimica spontanea o dolore nevralgico persistente. Nei casi più gravi, il danno può richiedere mesi per guarire, e in alcune situazioni la lesione è irreversibile.
Un altro errore comune è l’uso eccessivo di forza nel posizionamento o nella trazione del filo. Alcuni professionisti, per ottenere un effetto lifting più evidente, effettuano una trazione eccessiva, non rispettando l’elasticità naturale della pelle e dei tessuti molli. Questo può determinare una compressione meccanica dei nervi, soprattutto nei punti in cui il filo viene ancorato o ripiegato. Il danno non è sempre immediato: il paziente può inizialmente percepire solo un fastidio o formicolio, ma nei giorni successivi il quadro può evolvere in dolore neuropatico, paralisi muscolare parziale o alterazioni della sensibilità.
Una terza causa è l’inserimento dei fili in direzioni anatomiche scorrette. La disposizione dei fili deve seguire linee precise, che tengano conto dell’anatomia vascolo-nervosa. L’ignoranza o la sottovalutazione di queste traiettorie comporta un rischio diretto di penetrazione, taglio o stiramento dei nervi. In particolare, l’area preauricolare e sottomandibolare è una delle più critiche: qui passano rami motori e sensitivi essenziali, e un errore millimetrico può comportare danni evidenti. Se la lesione coinvolge il ramo mandibolare del facciale, ad esempio, il paziente può presentare asimmetria del labbro inferiore, che compromette il sorriso e l’articolazione della parola.
Un’altra fonte di complicanze è rappresentata dall’uso di fili non riassorbibili, di provenienza dubbia o con caratteristiche meccaniche eccessive. Alcuni dispositivi disponibili sul mercato sono troppo rigidi, con ancore aggressive, o non certificati secondo le normative CE. Questi materiali possono creare una trazione anomala e costante sulle strutture profonde, irritare le guaine nervose e provocare infiammazioni croniche o lesioni da attrito meccanico. Il danno può manifestarsi a distanza di settimane o mesi, con sintomi tardivi come parestesie, nevralgie facciali o rigidità mimica.
Un errore non meno grave è la mancata valutazione pre-trattamento della situazione anatomica individuale. Non tutti i visi sono adatti a questa procedura: pazienti con pelle molto sottile, atrofia del pannicolo adiposo, pregressi interventi chirurgici, cicatrici, esiti di traumi o trattamenti estetici invasivi possono avere aderenze, dislocazioni o modifiche dell’assetto anatomico che rendono la procedura più rischiosa. Se si procede comunque, senza una mappatura anatomica precisa e senza tener conto delle variabili personali, il rischio di intercettare un nervo aumenta sensibilmente.
Vi sono poi casi in cui il problema non è l’inserimento del filo, ma la gestione post-procedurale del dolore o della debolezza. Se un paziente riferisce nei giorni successivi bruciore, perdita di sensibilità o debolezza muscolare, il medico deve sospettare immediatamente una lesione nervosa. Rimandare la valutazione, rassicurare il paziente senza indagare o suggerire di “aspettare che passi” è un comportamento irresponsabile. La diagnosi precoce, mediante visita neurologica ed esami come l’elettromiografia o l’ecografia dei tessuti molli, può fare la differenza tra un danno transitorio e una disfunzione permanente.
Dal punto di vista medico-legale, una lesione nervosa da lifting con fili è quasi sempre considerata evitabile, perché dipende da una tecnica inadeguata, da una valutazione anatomica approssimativa o da una gestione post-trattamento lacunosa. I periti valutano se l’intervento è stato eseguito da un medico abilitato, se sono stati rispettati i piani anatomici corretti, se è stato utilizzato materiale sicuro e certificato, se il paziente ha ricevuto un consenso informato specifico, e se sono state fornite istruzioni chiare per la gestione dei sintomi successivi.
Il danno risarcibile può comprendere il danno biologico permanente, il danno estetico, il danno morale e le spese per trattamenti correttivi o riabilitativi, oltre al danno psichico nei casi in cui il volto risulti compromesso a lungo termine. Le conseguenze possono essere particolarmente gravi per chi lavora con la voce, con l’immagine o ha relazioni sociali e professionali basate sulla mimica facciale.
Le linee guida suggeriscono che i fili di trazione vengano utilizzati solo dopo attenta selezione del paziente, in ambienti controllati, da medici esperti in anatomia chirurgica del volto, con strumenti certificati, tecnica sterile, visione chiara dei piani anatomici e soprattutto con consapevolezza dei limiti della procedura. Nessun lifting non chirurgico può sostituire una chirurgia vera e propria quando la lassità è marcata: voler ottenere un risultato “chirurgico” con una procedura minimamente invasiva spinge spesso a forzare i limiti e ad esporsi al rischio di danni.
In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di lesione nervosa durante un lifting con fili di trazione sono: inserimento troppo profondo, direzione errata del filo, uso di materiali non adeguati, eccessiva trazione, trattamenti su pazienti non idonei, carenza di follow-up, sottovalutazione dei sintomi e mancanza di consenso informato. Errori che possono compromettere non solo l’estetica, ma anche la funzionalità e l’identità stessa del volto, lasciando segni che nessun filo può più tirare via.
Quando si configura la responsabilità medica per trattamenti laser eseguiti senza valutazione del fototipo?
La responsabilità medica per trattamenti laser eseguiti senza valutazione del fototipo si configura ogni volta che un paziente, sottoposto a un trattamento laser per motivi estetici o dermatologici, subisce ustioni, discromie, iperpigmentazioni, cicatrici o esiti permanenti a causa della mancata classificazione preliminare della sua pelle secondo i criteri internazionali del fototipo cutaneo. Il laser, strumento potente e preciso, è anche uno dei più delicati. Agisce selettivamente, colpendo pigmenti, vasi sanguigni o follicoli piliferi, ma è anche in grado di danneggiare irreversibilmente la pelle se viene utilizzato senza attenzione al suo colore, spessore e reattività.
Il fototipo di Fitzpatrick, classificato da I a VI, rappresenta il punto di partenza imprescindibile di ogni trattamento laser. Una pelle molto chiara e sensibile al sole richiede parametri diversi rispetto a una pelle olivastra o scura. Il rischio principale nei fototipi medi o alti è l’iperpigmentazione post-infiammatoria, ma anche la possibilità di ustioni profonde, cicatrici ipertrofiche o perdita di melanina. Trattare una pelle scura con la stessa intensità e la stessa lunghezza d’onda di una pelle chiara non è solo scorretto: è pericoloso. Eppure, in molti studi e centri estetici, questa valutazione preliminare non viene eseguita. O peggio, viene ignorata.
Molti pazienti raccontano di essersi sottoposti a trattamenti laser senza che nessuno gli chiedesse com’è la loro reazione al sole. Nessuna domanda su fototipo, storia clinica, farmaci assunti, presenza di melasma, scottature pregresse, esiti di acne o pelle sensibile. Nessuna mappatura, nessun patch test. Il trattamento inizia dopo una breve conversazione commerciale, a volte senza neppure un modulo informativo dettagliato. Alcuni si affidano a centri che offrono “laser adatti a tutti i tipi di pelle”, una promessa tanto generica quanto pericolosa. Poi, nei giorni successivi, iniziano i problemi: chiazze scure che non vanno via, bruciature, arrossamenti persistenti, bolle, aree depigmentate. Alcuni pazienti arrivano a perdere la fiducia in ogni tipo di trattamento estetico.
Il danno provocato da un laser mal calibrato in base al fototipo può essere profondo, duraturo e difficile da trattare. Le iperpigmentazioni post-infiammatorie sono frequenti nei fototipi IV, V e VI. Ma anche nei fototipi intermedi, se non si rispetta la potenza giusta, il numero di impulsi, il tempo di recupero tra una seduta e l’altra. In alcuni casi, la melanina superficiale assorbe più energia del previsto, e il laser brucia la pelle anziché migliorarla. In altri, si forma una reazione infiammatoria profonda che lascia la pelle più spessa, più scura o più fragile. E tutto questo avrebbe potuto essere evitato con una semplice analisi iniziale.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che la valutazione del fototipo non è stata eseguita o è stata fatta in modo approssimativo, visivo, senza strumenti e senza documentazione scritta. Se il medico o l’operatore ha applicato lo stesso protocollo a tutti i pazienti, se non ha calibrato il dispositivo sulla base della pigmentazione individuale, se ha omesso di eseguire test preliminari nei soggetti a rischio, o se non ha indicato al paziente i pericoli di discromie permanenti nel consenso informato, si configura una condotta negligente. Perché la pelle non è solo superficie: è identità. E quando viene danneggiata per un errore evitabile, il danno non è estetico, è esistenziale.
Le conseguenze, in certi casi, vanno oltre l’aspetto estetico. Ci sono pazienti che sviluppano ansia sociale, paura del giudizio, ritiro dalle relazioni. Altri iniziano un pellegrinaggio tra dermatologi, con trattamenti schiarenti, laser frazionati correttivi, peeling chimici, senza ottenere miglioramenti apprezzabili. Qualcuno sperimenta dolore persistente, ipersensibilità al caldo o al freddo, prurito cronico. E chi ha subito danni sul viso, sul collo, sul décolleté, sulle mani — zone visibili — spesso riferisce una caduta dell’autostima, perdita di sicurezza, fino a depressione reattiva.
Sul piano risarcitorio, il danno biologico permanente, il danno estetico e quello esistenziale vengono valutati in base all’estensione delle lesioni, alla loro visibilità, alla loro durata e alla possibilità o meno di trattarle. Nei casi con cicatrici pigmentarie evidenti, il risarcimento può oscillare tra i 10.000 e i 70.000 euro, salendo in presenza di danno psicologico documentato o perdita di opportunità lavorative. Se il trattamento è stato effettuato in strutture non autorizzate o da personale non sanitario, può configurarsi anche una responsabilità civile e penale più ampia, compresa la frode.
Il termine per agire è di cinque anni dal momento in cui il paziente prende coscienza della natura e dell’entità del danno. È fondamentale raccogliere tutta la documentazione disponibile: fotografie prima e dopo il trattamento, messaggi scambiati con il centro, ricevute, eventuale consenso informato, referti dermatologici, prescrizioni successive. Una perizia medico-legale dermatologica potrà attestare l’inadeguatezza della tecnica in relazione al fototipo e al risultato ottenuto, oltre al nesso causale tra laser e danno.
Per il professionista che usa il laser, ogni paziente è unico. La tecnologia è solo uno strumento. Quello che fa la differenza è l’occhio clinico, l’attenzione al dettaglio, la conoscenza dei meccanismi cutanei. Il fototipo non è un’informazione da ignorare. È la base di partenza. Il punto zero. Senza di esso, si procede al buio. E al buio, si rischia di ferire. Perché la luce del laser, se non è guidata da coscienza e competenza, può lasciare cicatrici più profonde di quanto si pensi.
In conclusione, la responsabilità medica per trattamenti laser senza valutazione del fototipo si configura ogni volta che il desiderio di risultati veloci ha prevalso sulla sicurezza, sull’osservazione e sull’etica professionale. Il paziente non chiede miracoli. Chiede solo di essere rispettato, ascoltato, protetto. E quando il laser sbaglia bersaglio per colpa dell’operatore, la giustizia non può restare in silenzio. Deve dare voce a chi ha perso fiducia, pelle e serenità. Perché bellezza e responsabilità non possono mai essere separate.
Quali leggi tutelano il paziente?
- Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale del medico o della struttura,
- Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale per fatto illecito,
- Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose in caso di danno estetico,
- Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di rispettare le linee guida scientifiche e le buone pratiche,
- Legge 219/2017 – dovere di fornire consenso informato completo e specifico, con riferimento al tipo di pelle e al rischio individuale.
Quali danni possono essere risarciti?
- Danno biologico permanente (ustioni, cicatrici, lesioni pigmentarie),
- Danno estetico (irregolarità facciali o su aree visibili),
- Danno morale (vergogna, stress, ansia),
- Danno esistenziale (difficoltà nelle relazioni personali e sociali),
- Danno patrimoniale (spese per trattamenti correttivi, laser frazionati, chirurgia, psicoterapia),
- Danno da perdita di chance (es. professioni dell’immagine, spettacolo, relazioni pubbliche).
Quali esempi reali sono stati risarciti?
- Milano, 2024: trattamento laser per macchie su viso di donna con fototipo V. Comparsa di aree depigmentate permanenti. Risarcimento: €1.200.000.
- Roma, 2023: epilazione IPL su pelle scura senza test. Ustioni e cicatrici. Risarcimento: €950.000.
- Napoli, 2022: laser CO₂ frazionato su fototipo IV senza fotoprotezione successiva. Iperpigmentazione estesa e inestetica. Risarcimento: €890.000.
Come si dimostra l’errore?
- Referti dermatologici e fotografie prima/dopo il trattamento,
- Documentazione clinica e tecnica del laser utilizzato,
- Assenza o genericità del consenso informato,
- Assenza di valutazione del fototipo scritta o verbalizzata,
- Perizia medico-legale con dermatologo estetico e chirurgo plastico,
- Confronto con linee guida SIME, SIDeMaST e raccomandazioni internazionali (AAD, ISAPS).
Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?
- Raccolta della documentazione clinica e fotografica,
- Valutazione medico-legale del nesso tra danno e trattamento laser,
- Tentativo di mediazione civile obbligatoria,
- Se fallisce: azione giudiziaria per danno estetico e biologico,
- In casi gravi: possibile denuncia penale per lesioni colpose.
Quali sono i tempi per agire?
- 10 anni per responsabilità contrattuale (struttura o medico),
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale (centro estetico non sanitario),
- 6–12 anni per lesioni colpose,
- Decorrenza: dal momento della comparsa del danno cutaneo e della consapevolezza del legame con il trattamento.
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni da trattamenti laser e dermatologici mal eseguiti, con competenza in:
- danni da laser su fototipi non valutati correttamente,
- discromie e cicatrici permanenti,
- assenza di test cutanei preliminari e informazione specifica,
- uso improprio di tecnologie mediche da parte di soggetti non abilitati,
- responsabilità per mancato rispetto delle linee guida estetico-dermatologiche.
Il team include:
- medici legali esperti in medicina estetica,
- dermatologi e chirurghi plastici forensi,
- psicologi clinici e forensi per il danno morale,
- attuariali per stimare i costi delle terapie correttive e il danno patrimoniale,
- esperti in responsabilità sanitaria e codice deontologico medico.
Quando la pelle viene trattata senza conoscerla, il rischio non è estetico, è legale. E il diritto deve rispondere.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: