Introduzione
Un intervento chirurgico per l’ernia del disco nasce con un solo obiettivo: eliminare il dolore radicolare e la compressione nervosa. È una procedura molto frequente in ambito neurochirurgico e ortopedico e può portare a risultati eccellenti se eseguita con perizia, precisione e attenzione alla documentazione clinica e radiologica.
Ma cosa accade quando il chirurgo interviene sul lato sbagliato della colonna vertebrale? Cosa succede quando si asporta una parte di disco intervertebrale sano, mentre la vera ernia, quella che causa dolore, infiammazione e deficit neurologici, resta lì dov’era?
L’intervento si trasforma in un danno. Il problema non viene risolto, anzi: si aggrava. Il paziente continua a soffrire, può ritrovarsi con dolore bilaterale, instabilità vertebrale, peggioramento neurologico. E, cosa ancor più grave, può dover subire un secondo intervento chirurgico, questa volta sul lato giusto, con rischi duplicati.

In questi casi, la responsabilità medica è evidente e gravissima. Intervenire sul lato sbagliato non è una complicanza, ma un errore tecnico, organizzativo e diagnostico. E come tale, comporta il diritto ad ottenere un risarcimento completo.
In questo articolo rispondiamo a tutte le domande: Come si verifica un errore di lato in chirurgia spinale? Quali sono i segnali? Quali danni si possono subire? Come si dimostra la responsabilità? Quanto può valere un risarcimento? Nella parte finale, esamineremo le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, che da anni affrontano casi legati a errori in neurochirurgia.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa significa “ernia del disco operata sul lato sbagliato”?
Significa che l’intervento chirurgico è stato eseguito sul lato destro invece che sul sinistro, o viceversa, rispetto alla localizzazione reale della compressione discale.
Il disco intervertebrale erniato comprime una radice nervosa che si trova da un lato specifico della colonna. L’intervento chirurgico deve liberare proprio quel punto. Se si sbaglia lato:
- La compressione resta intatta
- Il dolore peggiora
- Si interviene inutilmente su una zona sana
È un errore tecnico gravissimo, totalmente evitabile.
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di ernia del disco operata sul lato sbagliato?
L’intervento per ernia del disco rappresenta una delle procedure chirurgiche più comuni in ambito ortopedico e neurochirurgico. È indicato nei pazienti che, dopo mesi di dolore lombare irradiato, deficit motori, disturbi sensitivi o incontinenza, non rispondono più alla terapia conservativa. L’intervento consiste nella rimozione del frammento discale erniato che comprime una radice nervosa. Una procedura delicata, ma ben codificata. Tuttavia, quando l’operazione viene eseguita sul lato sbagliato, si trasforma in un errore chirurgico gravissimo. Un danno doppio: il dolore resta intatto, mentre si aggredisce una zona sana. Ma com’è possibile che si verifichi un errore tanto macroscopico? Quali sono le cause più frequenti che portano a operare un’ernia del disco sul lato sbagliato?
Il primo errore nasce spesso nella fase preoperatoria, con una documentazione clinica incompleta o ambigua. Il paziente arriva in ospedale con una risonanza magnetica che mostra chiaramente un’ernia discale, ad esempio a livello L4-L5 a destra. Ma se sul referto manca l’indicazione precisa del lato, se nella cartella clinica non viene riportata con attenzione la lateralizzazione del dolore, o se il medico esamina solo le immagini senza confrontarle con la clinica, si rischia di impostare l’intervento su un presupposto sbagliato. E da quel momento in poi, tutto viene costruito attorno a un errore iniziale.
Altra causa frequente è la scarsa comunicazione tra radiologo, chirurgo e anestesista. La risonanza viene letta, ma non discussa. Il chirurgo interpreta autonomamente il lato da operare, senza richiedere una conferma scritta, senza un confronto multidisciplinare. Il paziente, magari, parla di un dolore alla gamba sinistra, ma in cartella qualcuno scrive “sciatalgia” senza specificare. E così, nel blocco operatorio, si predispone il campo chirurgico sul lato destro, convinti che sia corretto. L’errore non nasce dalla sala operatoria. Nasce molto prima, nell’indifferenza e nella mancanza di verifica.
Anche durante l’intervento, la mancanza di un controllo radiologico intraoperatorio porta a errori. In molte strutture, per motivi di tempo o organizzativi, non si esegue una fluoroscopia per confermare il livello e il lato. Il chirurgo, basandosi su punti di repere anatomici, può facilmente confondere la destra con la sinistra, soprattutto in pazienti obesi, con scoliosi o con varianti vertebrali. Basta un disallineamento, una rotazione della colonna sul tavolo operatorio, per ritrovarsi a operare il lato sbagliato senza rendersene conto. A fine intervento, tutto sembra perfetto. Solo che il dolore del paziente è identico a prima.
Talvolta, l’errore nasce da una cartella operatoria mal compilata. Le note preoperatorie riportano “ernia L5-S1”, ma non specificano il lato. Oppure, peggio, indicano il lato sbagliato per errore di trascrizione. Nessuno controlla, nessuno corregge. L’infermiera di sala prepara il lato destro, l’anestesista intuba, il chirurgo incide. E quando il paziente si sveglia, il dolore alla gamba sinistra è ancora lì, identico, implacabile. A quel punto, si esegue una nuova risonanza. E si scopre che il disco operato era sano, e quello malato è ancora al suo posto, con tutta la sua carica compressiva.
Ci sono anche casi in cui l’errore viene scoperto ma non viene comunicato. L’équipe si accorge di aver lavorato sul lato sbagliato solo durante o al termine dell’intervento. Ma invece di fermarsi, dichiarare l’errore e riprogrammare l’intervento corretto, si sceglie di tacere. Al paziente si dice che “ci vorrà tempo”, che “la guarigione è lenta”, che “il nervo era molto infiammato”. Viene prescritto cortisone, fisioterapia, nuove visite. Solo dopo settimane, quando il dolore non passa e il paziente si sottopone a nuovi accertamenti, la verità viene a galla. Ma a quel punto, la fiducia è distrutta.
In alcune situazioni, il danno non è solo psicologico. È fisico, concreto, irreversibile. Operare un disco sano significa aggredire una zona della colonna vertebrale che non presentava problemi. Si incide la muscolatura, si scolla il periostio, si rimuove parte del disco, si rischia di danneggiare una radice nervosa non patologica. Il paziente può sviluppare una nuova sciatalgia, una parestesia permanente, una debolezza muscolare, un’instabilità vertebrale. E oltre a questo, resta il dolore originario, perché l’ernia compressiva non è stata toccata. Il paziente si ritrova con un intervento inutile e un nuovo problema da affrontare.
Dal punto di vista medico-legale, operare un’ernia del disco sul lato sbagliato è uno degli errori più gravi e meno giustificabili. Non si tratta di una complicanza chirurgica. Non è un effetto collaterale inevitabile. È un errore procedurale, evitabile con pochi semplici passaggi: una documentazione chiara, un doppio controllo del lato, un confronto radioclinico, un imaging intraoperatorio. Quando nessuna di queste precauzioni viene adottata, la responsabilità è evidente. E coinvolge non solo il chirurgo, ma anche chi ha preparato la sala, chi ha redatto la cartella, chi ha trascritto, chi non ha verificato.
Il danno al paziente è enorme. Non solo perché il dolore persiste, ma perché il tradimento della fiducia è totale. Il paziente si è affidato al chirurgo nella speranza di tornare a camminare, a lavorare, a vivere senza dolore. Si è sottoposto a un intervento invasivo, ha firmato un consenso informato, ha affrontato anestesia, degenza, riabilitazione. E scopre di essere stato operato nel punto sbagliato. Che nessuno ha controllato. Che nessuno ha ammesso. È un trauma che va oltre il dolore fisico. Colpisce l’identità, la sicurezza, la dignità della persona.
Molti pazienti, dopo un errore simile, entrano in una spirale di sfiducia totale verso il sistema sanitario. Temono nuovi interventi, evitano visite, rifiutano farmaci. Alcuni sviluppano disturbi ansioso-depressivi, altri cadono in una condizione di invalidità permanente. E tutto questo per un errore che si sarebbe potuto evitare con pochi secondi di attenzione in più.
Lateralizzare correttamente un’ernia discale non è un’opzione. È un obbligo medico, chirurgico, deontologico. Non è accettabile che, nel 2025, si verifichino ancora interventi sul lato sbagliato. Esistono check-list, marcature preoperatorie, procedure di verifica incrociata, strumenti radiologici, software di navigazione. Quando tutto questo non viene usato, la responsabilità non è della sfortuna, ma dell’organizzazione.
Il paziente ha il diritto di ricevere un trattamento corretto, preciso, localizzato. Ha il diritto di essere ascoltato, di veder riportato correttamente il lato del dolore, di sapere che chi lo opera sa esattamente dove intervenire. E quando questo diritto viene violato, ha il diritto di ottenere giustizia, risarcimento, verità.
Quando si configura la responsabilità medica per ernia del disco operata sul lato sbagliato?
La responsabilità medica per ernia del disco operata sul lato sbagliato si configura in modo pieno, diretto e inequivocabile ogniqualvolta il chirurgo interviene su un lato della colonna vertebrale sano, lasciando intatta la vera sede patologica, con la conseguenza di non solo non risolvere il dolore del paziente ma di arrecare un danno inutile e irreparabile a una struttura sana. In ambito medico-legale, questo tipo di errore è considerato tra i più gravi e inaccettabili, perché non ha nulla a che fare con la complessità dell’intervento, con le condizioni del paziente o con il decorso post-operatorio: è un errore di identificazione chirurgica, puro e semplice, che con l’adozione dei protocolli corretti sarebbe stato facilmente evitabile. L’ernia del disco, in particolare quella lombare o cervicale, è una patologia estremamente precisa nei suoi sintomi e nella sua localizzazione: provoca dolore radicolare, deficit sensitivi e motori correlati esattamente alla radice nervosa compressa. Gli esami radiologici, in particolare la risonanza magnetica e l’elettromiografia, identificano con chiarezza il livello interessato e il lato, destro o sinistro. Il chirurgo che non rispetta queste indicazioni o che sbaglia il lato dell’approccio, pur disponendo di tutta la documentazione necessaria, viola l’obbligo fondamentale di diligenza.
Il primo momento in cui si annida l’errore è quello della pianificazione preoperatoria. Se la documentazione clinica del paziente – referti, immagini, sintomatologia – indica un’ernia discale a sinistra, ma il medico annota erroneamente “destra” nel modulo chirurgico, o se le immagini non vengono riviste direttamente ma solo riportate da altri operatori, si innesca una catena di errori che può portare all’intervento errato. La fretta, la superficialità o l’eccessiva fiducia nella routine sono i veri nemici del paziente in questi casi. L’identificazione del lato corretto dev’essere una certezza assoluta, e deve essere confermata in sala operatoria con marcatura cutanea, confronto diretto con le immagini e dialogo tra tutti i membri dell’équipe.
Durante l’intervento, la responsabilità si aggrava se, nonostante l’assenza di compressione evidente sul lato scelto, il chirurgo prosegue ugualmente con la rimozione del disco, magari convinto di trovarsi di fronte a un’anomalia anatomica o a una variante rispetto all’imaging. Se il lato corretto non viene verificato mediante fluoroscopia o con controllo diretto, l’intervento non solo risulta inutile ma distruttivo: il paziente perde un segmento discale sano, viene esposto a un rischio di instabilità vertebrale, di aderenze cicatriziali, di sindrome post-laminectomia e di peggioramento del dolore. Il lato malato, invece, resta lì, a comprimere la radice, a far soffrire il paziente esattamente come prima, o peggio.
In questi casi, l’insuccesso terapeutico è totale: il dolore resta, il danno aumenta, la fiducia del paziente crolla. Quando, dopo l’intervento, il paziente riferisce che i sintomi sono identici a prima, e una nuova risonanza mostra che l’ernia è ancora presente e intatta sul lato originale, la realtà dell’errore emerge in modo brutale. Non c’è spiegazione che tenga: nessun decorso può giustificare la mancata risoluzione dei sintomi in presenza di un’ernia ben visibile e mai toccata. La diagnosi di “ernia operata sul lato sbagliato” è inequivocabile. E l’unico passo onesto è assumersene la piena responsabilità.
Le conseguenze per il paziente sono pesantissime. Al dolore fisico si aggiunge un trauma psicologico fortissimo: sentirsi dire che si è stati operati nel punto sbagliato equivale a un tradimento del rapporto di fiducia col medico. Molti pazienti entrano in uno stato di ansia, depressione, rabbia, isolamento sociale. La necessità di un secondo intervento – questa volta correttamente eseguito – comporta nuovi rischi anestesiologici, chirurgici, economici e morali. In alcuni casi, l’intervento errato ha compromesso in modo permanente la colonna: aderenze cicatriziali che ostacolano la nuova chirurgia, instabilità meccaniche, infezioni post-operatorie, sindrome del failed back surgery.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità è pienamente configurata come responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 del Codice Civile. Il paziente ha il solo onere di dimostrare che l’ernia non è stata rimossa e che l’intervento è stato eseguito sul lato sbagliato. Spetta invece al chirurgo e alla struttura sanitaria dimostrare di aver rispettato tutti i protocolli di identificazione del sito chirurgico, di aver adottato le verifiche intraoperatorie e di aver comunque operato con diligenza. In assenza di una documentazione dettagliata e coerente, la responsabilità è presunta e difficilmente contestabile.
Il consenso informato non copre né legittima questo tipo di errore. Nessun paziente firma un’autorizzazione generica ad essere operato “a caso”. Il modulo firmato – per quanto descriva i rischi dell’intervento – non esonera il medico dall’obbligo di intervenire nel punto giusto. Il consenso riguarda il trattamento della patologia reale, non l’errore nella sua localizzazione. In molti casi, il modulo è addirittura generico, e nemmeno specifica il lato dell’intervento: un ulteriore elemento che aggrava la posizione della struttura sanitaria.
Il risarcimento, in questi casi, può essere molto elevato. Esso comprende il danno biologico permanente, se l’intervento ha causato un peggioramento delle condizioni del paziente; il danno patrimoniale, per le spese sostenute e per l’eventuale perdita della capacità lavorativa; il danno morale e quello esistenziale, per la sofferenza fisica e psicologica; il danno da perdita di chance, se l’intervento corretto non può più essere effettuato con le stesse probabilità di successo. Nei casi più gravi, si può arrivare anche a una condanna penale, se l’errore ha prodotto lesioni gravi o gravissime.
In conclusione, la responsabilità medica per ernia del disco operata sul lato sbagliato si configura quando l’intervento viene eseguito in modo errato, su un lato sano, per negligenza nella lettura della documentazione, per superficialità nelle verifiche, o per mancato rispetto dei protocolli di sicurezza chirurgica. L’errore di lato non è una complicanza: è un danno puro, evitabile, grave. Chi lo subisce ha diritto non solo a essere ascoltato, ma anche risarcito, tutelato, accompagnato nella difficile strada del recupero. La fiducia nel medico è sacra: quando viene violata in questo modo, è compito della legge ristabilire l’equilibrio. Con giustizia, con rispetto, con verità.
È una complicanza o un errore?
È un errore chirurgico a tutti gli effetti. Non si tratta di un esito imprevedibile, ma di una violazione delle regole di buona condotta clinica, in particolare:
- Errore di identificazione preoperatoria
- Violazione dei protocolli di sicurezza chirurgica
- Negligenza nel controllo intraoperatorio
Cosa dice la legge?
- Art. 2236 c.c. – Il medico risponde anche per imperizia se non dimostra l’eccezionale difficoltà dell’intervento.
- Art. 2043 c.c. – Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona un danno va risarcito.
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di rispetto delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali.
Non seguire i protocolli di lateralità costituisce colpa grave.
Quali sono i segnali che l’intervento è stato fatto sul lato sbagliato?
- Il dolore è identico al pre-operatorio
- I sintomi sono presenti solo sul lato opposto rispetto alla zona operata
- Non ci sono miglioramenti neurologici
- Il referto della risonanza pre e post operatoria mostra incongruenze
- Viene programmato un nuovo intervento sul lato opposto
Esempi di casi reali?
Uomo di 54 anni, operato per ernia discale L5-S1 a sinistra. Il chirurgo interviene a destra. Dopo 2 settimane, stesso dolore, nessun miglioramento. Nuova RMN: ernia ancora presente a sinistra. Secondo intervento. Risarcimento: 180.000 euro.
Donna di 49 anni, dolore lombosciatalgico destro. L’intervento viene eseguito sul lato sinistro. Dopo 4 mesi, perdita di forza, necessità di artrodesi bilaterale. Risarcimento: 220.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Danno lieve con pieno recupero dopo secondo intervento: 40.000 – 80.000 euro
- Danno medio con aggravamento temporaneo e riabilitazione: 100.000 – 150.000 euro
- Danno grave con esiti neurologici o invalidità permanente: fino a 300.000 euro
- Danni psicologici documentati: ulteriori 20.000 – 40.000 euro
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni per cause contro strutture private (responsabilità contrattuale)
- 5 anni contro medici dipendenti pubblici (responsabilità extracontrattuale)
- I termini decorrono dal momento in cui si ha consapevolezza del danno
Quali documenti servono?
- Referti delle risonanze magnetiche pre e post-operatorie
- Cartella operatoria
- Diario post-operatorio
- Esito dell’eventuale secondo intervento
- Certificati di invalidità o perizie medico-legali
- Documentazione sul consenso informato e laterizzazione
Cosa può fare l’avvocato?
- Ricostruire la sequenza degli eventi
- Confrontare diagnosi e tecnica chirurgica
- Collaborare con neurochirurghi forensi
- Ottenere una perizia medico-legale
- Avviare mediazione sanitaria o causa civile per danno
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Sbagliare lato in chirurgia significa sbagliare paziente, sbagliare organo, sbagliare tutto. È un errore inaccettabile che ha radici nella negligenza organizzativa e procedurale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità trattano da anni casi di:
- Ernie operate sul lato sbagliato
- Chirurgia spinale condotta su livello errato
- Confusione nella documentazione clinica
- Danni da mancato miglioramento post-intervento
Il loro lavoro si basa su:
- Analisi medico-legale accurata
- Verifica tecnica dell’intervento
- Ricostruzione del danno funzionale e patrimoniale
- Tutela del paziente con supporto integrato legale e sanitario
Ogni paziente che ha subito un errore chirurgico ha diritto a un risarcimento pieno, rapido e dignitoso. La sofferenza non può essere ignorata, e l’errore non può essere giustificato come fatalità.
Quando il bisturi taglia dalla parte sbagliata, serve la legge dalla parte giusta.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: