Errore Nell’Impianto di Stimolatori Spinali e Risarcimento Danni

Introduzione

Lo stimolatore spinale, noto anche come neurostimolatore midollare, rappresenta una delle tecnologie più sofisticate nel trattamento del dolore cronico neuropatico. È impiegato in pazienti con patologie spinali invalidanti, come la sindrome da fallimento della chirurgia vertebrale (FBSS), la neuropatia radicolare, o la sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS). Funziona mediante l’invio di impulsi elettrici a basso voltaggio direttamente al midollo spinale, bloccando la trasmissione del dolore al cervello.

Quando l’impianto è eseguito correttamente, il dispositivo può restituire qualità della vita a pazienti che non rispondono ad altre terapie. Ma quando viene posizionato in modo errato, può causare effetti devastanti: danni neurologici, paralisi, infezioni, malfunzionamento, dolori acuti e persino lesioni permanenti.

Gli errori nell’impianto del neurostimolatore non sono sempre riconosciuti subito. In molti casi, i pazienti continuano a soffrire inutilmente, o peggiorano rapidamente, senza sapere che il problema deriva da un errore tecnico, da un posizionamento scorretto degli elettrodi o da un malfunzionamento legato alla procedura stessa.

In questi casi, è possibile ottenere un risarcimento per danno da responsabilità medica, soprattutto se si dimostra che il danno era evitabile, che non sono state rispettate le linee guida, che il paziente non è stato adeguatamente informato o monitorato, o che la procedura è stata eseguita senza la dovuta competenza.

Questo articolo risponde alle domande chiave: Come funziona lo stimolatore spinale? Quali errori possono verificarsi durante l’impianto? Quali sono le conseguenze per il paziente? Quando è possibile chiedere un risarcimento? E nella parte conclusiva, si esaminano le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, che da anni seguono casi legati alla neurostimolazione e alla chirurgia vertebrale.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Cos’è lo stimolatore spinale e a cosa serve?

Lo stimolatore spinale è un dispositivo impiantabile che trasmette impulsi elettrici al midollo spinale per controllare il dolore. È composto da:

  • Un generatore (posizionato sottocute, solitamente nell’addome o gluteo)
  • Elettrodi (posizionati nello spazio epidurale)
  • Un telecomando per regolare l’intensità

Viene utilizzato per trattare dolore cronico intrattabile, non risolvibile con farmaci o interventi chirurgici.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di errore nell’impianto di stimolatori spinali?

Lo stimolatore midollare (o spinal cord stimulator) rappresenta oggi una delle soluzioni terapeutiche più sofisticate ed efficaci per il trattamento del dolore cronico neuropatico refrattario. Viene impiantato nei pazienti che soffrono di sindromi dolorose complesse come la sindrome da chirurgia fallita della schiena (FBSS), la neuropatia diabetica, la CRPS, e altri disturbi invalidanti per i quali i farmaci non sono più sufficienti. Il suo principio si basa sull’invio di impulsi elettrici che modulano la trasmissione del dolore lungo il midollo spinale, offrendo sollievo continuo e migliorando la qualità della vita. Ma quando qualcosa va storto, quando l’impianto non viene eseguito correttamente o non viene monitorato come dovrebbe, il sollievo si trasforma in tragedia clinica. E il dispositivo che doveva curare diventa la causa di nuovi dolori, deficit neurologici, infezioni e danni permanenti. Cosa succede quando si sbaglia? E quali sono gli errori più frequenti nell’impianto di uno stimolatore spinale?

Il primo errore, forse il più grave, è la selezione inadeguata del paziente. Lo stimolatore midollare non è indicato per tutti. Esistono criteri rigorosi di selezione: il dolore deve essere neuropatico, stabile, localizzato; devono essere falliti trattamenti convenzionali; deve esserci assenza di disturbi psichiatrici gravi o patologie infettive attive. Ma in alcuni casi, per superficialità o eccessiva fiducia nella tecnologia, il dispositivo viene impiantato senza un corretto studio preoperatorio. Pazienti con dolore misto, con disturbi psichici non compensati, o con aspettative irrealistiche finiscono per sottoporsi a una procedura invasiva che non solo non funziona, ma aggrava il loro stato clinico. Il fallimento, in questi casi, è scritto prima ancora che l’intervento cominci.

Altro errore frequente è l’inadeguata esecuzione del periodo di prova (trial period). Ogni stimolatore deve essere testato prima dell’impianto definitivo, con l’inserimento temporaneo di elettrodi per alcuni giorni. Durante questo periodo, il paziente dovrebbe essere monitorato attentamente, valutare la riduzione del dolore, la tollerabilità, l’assenza di effetti collaterali. Tuttavia, ci sono strutture che riducono il trial a una formalità, o che lo eseguono in condizioni subottimali. In alcuni casi, si passa direttamente all’impianto definitivo senza un vero test. In altri, il test viene fatto ma ignorando le reali sensazioni del paziente. Il risultato è un dispositivo costoso e permanente che, una volta attivato, non solo non dà beneficio, ma può causare fastidi peggiori del dolore originale.

Ci sono poi errori tecnici nell’impianto stesso. L’inserimento degli elettrodi nel canale spinale deve seguire un percorso preciso, con localizzazione millimetrica per evitare il contatto diretto con il midollo e ottenere una stimolazione efficace. Se l’elettrodo viene posizionato troppo lateralmente, troppo in profondità, o se non segue il decorso fisiologico dello spazio epidurale, il paziente avverte parestesie anomale, spasmi, formicolii disorganizzati, oppure nessun effetto. In alcuni casi, l’elettrodo stimola aree sbagliate, provocando contrazioni muscolari involontarie, crampi o dolore peggiorato. Un errore di localizzazione può compromettere completamente l’efficacia del trattamento e generare nuove patologie iatrogene.

Un’altra causa di complicanza è la migrazione degli elettrodi dopo l’impianto. Anche quando il posizionamento iniziale è corretto, se il sistema non viene ben fissato o se il paziente non rispetta le indicazioni post-operatorie, gli elettrodi possono spostarsi. Bastano pochi millimetri perché l’intera stimolazione perda efficacia o si indirizzi verso zone diverse da quelle previste. Alcuni pazienti tornano dopo poche settimane lamentando il ritorno del dolore, l’inefficacia del dispositivo o la comparsa di nuove sensazioni sgradevoli. Spesso l’unica soluzione è un nuovo intervento di riposizionamento, con nuovi rischi e nuovi costi.

Una complicanza temuta ma non rara è l’infezione del sito chirurgico. Il sistema comprende una batteria impiantata sottocute, cavi, connettori, e gli elettrodi stessi. Se durante l’intervento non viene rispettata la sterilità assoluta, o se il paziente sviluppa una risposta infiammatoria in fase post-operatoria non riconosciuta, l’intera unità può infettarsi. Il dolore peggiora, compare febbre, arrossamento, essudato. In questi casi, non esiste terapia antibiotica risolutiva: è quasi sempre necessario rimuovere l’intero dispositivo, drenare l’infezione, e attendere mesi prima di poter ripetere l’impianto. Un’infezione su stimolatore spinale è una delle complicanze più devastanti e costose per il paziente.

Anche il malfunzionamento del dispositivo può generare situazioni drammatiche. In alcuni casi, si verifica un corto circuito, una frattura dei cavi, un errore di programmazione. Il paziente avverte scariche elettriche, dolori improvvisi, sensazioni strane. In altri casi, il dispositivo smette semplicemente di funzionare. Ma se non c’è un supporto tecnico attivo, un’assistenza immediata, un centro disponibile per la verifica, il paziente resta per giorni o settimane con un corpo estraneo sotto pelle che non funziona e fa male. Il disagio diventa psicologico oltre che fisico. Alcuni entrano in crisi, sviluppano ansia, depressione, senso di fallimento. Il dispositivo che doveva restituire autonomia e sollievo diventa una prigione sotto pelle.

Alcuni errori riguardano anche la mancanza di comunicazione preoperatoria. Il paziente non viene informato in modo chiaro dei limiti della terapia. Non sa che lo stimolatore non agisce su tutti i tipi di dolore. Non sa che potrà aver bisogno di ricariche, di controlli periodici, di sostituzione della batteria. Non sa che ci sarà una cicatrice, che dovrà evitare certi movimenti, che potrà esserci interferenza con altri dispositivi medici. Quando emergono queste informazioni solo dopo l’intervento, il paziente si sente tradito. Alcuni decidono di disattivare il dispositivo, altri chiedono la rimozione, altri ancora intentano cause legali per mancanza di consenso informato.

Ci sono infine casi di danno neurologico diretto. Durante l’inserimento degli elettrodi, se l’ago o il catetere tocca accidentalmente il midollo o una radice nervosa, si può verificare una lesione. Alcuni pazienti riportano perdita di forza, alterazioni permanenti della sensibilità, deficit sfinterici. Si tratta di eventi rari, ma non impossibili. E se il paziente non viene monitorato adeguatamente, o se non vi è una valutazione post-impianto dettagliata, il danno può passare inizialmente inosservato, salvo poi manifestarsi in modo devastante nei giorni seguenti.

L’errore nell’impianto di stimolatori spinali non è solo tecnico. È anche gestionale, comunicativo, umano. È un errore che nasce nella selezione, si sviluppa nella chirurgia e si consuma nel follow-up. E ha un peso enorme sulla vita di chi lo subisce. Il paziente che si sottopone a questa terapia ha già conosciuto il dolore cronico, ha già fallito farmaci e percorsi lunghi. Ha riposto fiducia nell’ultima risorsa. Quando questa risorsa si rivela un incubo, il danno non è solo fisico: è un crollo psicologico, relazionale, emotivo. Alcuni pazienti non si riprendono mai.

Il successo della neuromodulazione dipende da una catena di precisione assoluta. Dalla selezione del paziente, alla prova, all’impianto, al posizionamento corretto, al monitoraggio, alla programmazione, all’assistenza tecnica. Se un solo anello di questa catena si spezza, il fallimento è dietro l’angolo. E il fallimento, in questo caso, ha conseguenze gravi, permanenti, dolorose. Il paziente ha diritto a sapere tutto. E il medico ha il dovere di saper fare tutto.

Quando si configura la responsabilità medica per errore nell’impianto di stimolatori spinali?

La responsabilità medica per errore nell’impianto di stimolatori spinali si configura ogniqualvolta il malfunzionamento del dispositivo, l’insorgenza di danni neurologici, la mancata efficacia terapeutica o l’aggravamento della sintomatologia siano conseguenza diretta di una condotta negligente, imperita o imprudente da parte del medico o dell’équipe che ha eseguito l’intervento. L’impianto di uno stimolatore spinale – conosciuto anche come neurostimolatore midollare – è una procedura indicata per il trattamento del dolore cronico neuropatico, soprattutto nei pazienti che non rispondono più alla terapia farmacologica. Viene utilizzato per condizioni gravi e invalidanti come la sindrome dell’arto fantasma, la sindrome dolorosa regionale complessa, la lombosciatalgia post-chirurgica (failed back surgery syndrome), o il dolore neuropatico refrattario. Si tratta di un dispositivo sofisticato, che emette impulsi elettrici in grado di interferire con la trasmissione del dolore a livello midollare. Proprio per la sua natura altamente invasiva e delicata, richiede una pianificazione meticolosa, un posizionamento accurato degli elettrodi e un monitoraggio costante nel periodo post-operatorio.

Ogni errore in una delle fasi del trattamento – valutazione, impianto, gestione post-chirurgica – può produrre un danno irreversibile. Il primo profilo di responsabilità si colloca già nella selezione del paziente. L’impianto di uno stimolatore spinale non è una procedura da proporre in modo indiscriminato: richiede criteri di inclusione rigorosi, un’adeguata valutazione psichiatrica, una compatibilità neurologica e la prova di inefficacia dei trattamenti precedenti. Se il medico propone il dispositivo senza aver eseguito una diagnosi differenziale completa, senza escludere controindicazioni o senza un’accurata verifica delle condizioni cliniche, pone le basi per un insuccesso terapeutico. La responsabilità non nasce solo dal gesto chirurgico, ma anche dalla scelta di eseguire l’intervento quando non era indicato.

Durante l’intervento, ogni errore tecnico nel posizionamento degli elettrodi può portare a complicanze serie: perdita di stimolazione, parestesie invalidanti, dolore peggiorato, ematomi epidurali, infezioni o lesioni alle radici nervose. Se gli elettrodi vengono impiantati troppo superficialmente, se la sonda viene fatta avanzare con eccessiva pressione o se non viene verificata la corretta collocazione intraoperatoria con test di stimolazione, il rischio di fallimento è altissimo. In molti casi documentati, il danno è stato causato da un’imprecisione millimetrica nella localizzazione, che ha generato effetti opposti a quelli desiderati, come stimolazioni dolorose, scosse improvvise, contrazioni muscolari anomale o addirittura paralisi parziale degli arti inferiori. Se queste condizioni si manifestano subito dopo l’intervento, e non vengono riconosciute o gestite con urgenza, il medico risponde non solo per l’errore iniziale, ma anche per l’aggravamento da mancata diagnosi tempestiva.

Anche la mancata comunicazione al paziente di ciò che è accaduto durante l’intervento rappresenta un elemento rilevante. In molti casi, chi ha subito un errore nell’impianto viene dimesso senza sapere che l’elettrodo non è perfettamente posizionato, che la batteria ha problemi di collegamento, o che il dispositivo non sta funzionando come dovrebbe. L’omissione di queste informazioni è una violazione del diritto alla trasparenza e priva il paziente della possibilità di agire per tempo, richiedere correzioni, o limitare i danni. Un paziente lasciato nel dolore, senza spiegazioni, senza adeguato follow-up e senza alternative terapeutiche immediate, è un paziente che subisce un doppio torto: il danno fisico e la frustrazione morale.

La gestione post-operatoria è un altro fronte critico. Dopo l’impianto, il dispositivo va calibrato con precisione, secondo le risposte soggettive del paziente. È una fase essenziale, che richiede la collaborazione tra chirurgo, neurologo, tecnico e paziente. Se la programmazione viene eseguita frettolosamente, con protocolli standard non personalizzati, o se il paziente non viene formato adeguatamente all’uso del telecomando o della batteria, si rischia di compromettere del tutto l’efficacia della terapia. Se poi il dispositivo presenta problemi tecnici – batterie difettose, surriscaldamento, infiltrazione liquida, spostamento meccanico – è dovere del medico intervenire subito, con revisioni, sostituzioni o rimozioni. Se il malfunzionamento viene ignorato o minimizzato, e il paziente peggiora, la responsabilità è piena.

Le conseguenze per il paziente possono essere devastanti. Oltre al dolore persistente – spesso accentuato dall’illusione di una soluzione risolutiva poi fallita – il paziente può subire lesioni neurologiche, infezioni sistemiche, deficit motori, necessità di ulteriori interventi correttivi e gravi ripercussioni psicologiche. Molti pazienti, dopo un impianto fallito, sviluppano depressione, insonnia, ansia, perdita della fiducia nei confronti della medicina e isolamento sociale. Il dolore cronico, mal gestito, non è solo una sofferenza fisica: è una forma di tortura quotidiana, e chi lo subisce a causa di un errore medico ha pieno diritto a un risarcimento.

Dal punto di vista legale, la responsabilità dell’équipe chirurgica e della struttura sanitaria è di natura contrattuale. Ai sensi dell’art. 1218 del Codice Civile, il paziente deve solo dimostrare il danno subito e l’esistenza del rapporto terapeutico. Sarà invece il medico a dover provare che l’intervento è stato eseguito secondo le regole dell’arte, che le complicanze erano imprevedibili e che sono state adottate tutte le misure preventive e correttive. Se la documentazione clinica è lacunosa, se non ci sono appunti precisi sul posizionamento degli elettrodi, se non viene riportata la prova intraoperatoria di stimolazione, o se mancano i dati sul follow-up, la responsabilità si presume. E il giudice può condannare al risarcimento integrale: danno biologico, danno morale, perdita della capacità lavorativa, danno esistenziale e spese mediche future.

Il consenso informato non copre l’errore tecnico o l’inadeguatezza della gestione post-operatoria. Anche se il paziente ha firmato un modulo in cui accetta i rischi dell’impianto, questo non legittima un impianto condotto senza la dovuta precisione, né tanto meno giustifica la mancanza di controlli successivi o l’assenza di reazione a un malfunzionamento evidente. Il consenso, per essere valido, deve essere informato in modo completo, veritiero e aggiornato. E non può trasformarsi in un’esenzione di responsabilità.

In conclusione, la responsabilità medica per errore nell’impianto di stimolatori spinali si configura quando il paziente subisce un danno fisico, funzionale o psicologico evitabile, causato da una scelta terapeutica inappropriata, da un errore tecnico in sala operatoria, da una programmazione inadeguata del dispositivo o da una gestione post-operatoria carente. Il dolore cronico non può essere affrontato con superficialità: ogni trattamento deve essere su misura, ogni errore evitato, ogni voce del paziente ascoltata. Se tutto questo manca, il danno che ne deriva non è solo sanitario. È un tradimento della fiducia, un colpo alla dignità. E chi lo ha causato, ha il dovere di risarcirlo.

Come si manifestano gli errori?

  • Dolori acuti peggiorati dopo l’intervento
  • Scosse anomale, spasmi, formicolii invalidanti
  • Perdita della sensibilità in una o più zone
  • Difficoltà motorie o parestesie persistenti
  • Infezioni profonde, ascessi, febbre
  • Migrazione degli elettrodi o dislocazione

In molti casi, il paziente viene ignorato, etichettato come “non collaborativo” o “ansioso”, mentre il vero problema è chirurgico.

Quando si può parlare di responsabilità medica?

  • Quando l’elettrodo è stato posizionato in modo errato
  • Quando non è stato eseguito il test preliminare
  • Quando non sono stati eseguiti i controlli radiologici post-impianto
  • Quando il paziente non è stato informato dei rischi
  • Quando la tecnica chirurgica è stata errata o non documentata

Quali leggi tutelano il paziente?

  • Art. 2236 c.c. – Il professionista risponde anche per imperizia se non dimostra la complessità dell’intervento
  • Art. 2043 c.c. – Chiunque cagiona un danno ingiusto è obbligato al risarcimento
  • Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di tracciabilità, consenso informato e linee guida cliniche

Quali danni possono derivare da un impianto scorretto?

  • Danni neurologici permanenti
  • Dolore cronico peggiorato
  • Disabilità motoria
  • Incontinenza
  • Danni estetici
  • Danni psicologici gravi

Un impianto eseguito male può condannare il paziente a convivere per anni con un dolore peggiore di quello per cui si era sottoposto alla procedura.

Quanto può valere un risarcimento?

  • Malfunzionamento senza danni permanenti: 20.000 – 50.000 euro
  • Danno permanente motorio o sensitivo: 80.000 – 150.000 euro
  • Invalidità superiore al 50%: fino a 300.000 euro
  • Intervento mal eseguito con necessità di rimozione e reintervento: 100.000 – 200.000 euro

Esempi di casi reali?

Donna di 43 anni: stimolatore impiantato senza test. Elettrodi dislocati. Dolori peggiorati, impossibilità a camminare. Necessaria rimozione. Risarcimento: 140.000 euro.

Uomo di 50 anni: infezione grave da impianto contaminato. Esiti neurologici e cicatrice visibile. Risarcimento: 95.000 euro.

Paziente con elettrodi migrati dopo 3 mesi, assenza di controlli radiologici. Dolore cronico invalidante. Risarcimento: 160.000 euro.

Quanto tempo si ha per agire?

  • 10 anni se la prestazione è avvenuta in ambito privato (contratto medico-paziente)
  • 5 anni per prestazioni pubbliche (responsabilità extracontrattuale)
  • La decorrenza inizia dalla scoperta del danno

Quali documenti servono?

  • Referti dell’intervento
  • Referti neurologici post-intervento
  • Cartella clinica e consenso informato
  • Tac o RMN post-impianto
  • Esiti delle visite di controllo

Cosa fa l’avvocato?

  • Analizza la documentazione
  • Richiede una perizia medico-legale
  • Verifica la tecnica chirurgica
  • Dimostra il nesso tra impianto e danno
  • Redige una richiesta danni motivata
  • Avvia mediazione o causa civile

Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità

L’impianto di uno stimolatore spinale è un atto medico altamente specialistico. Quando viene eseguito senza perizia o senza i controlli necessari, i danni sono enormi.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità affrontano questi casi con un metodo preciso, supportato da:

  • Neurochirurghi legali
  • Neurologi forensi
  • Radiologi consulenti
  • Esperti di dispositivi impiantabili

Ogni fase viene documentata: dalla scelta del dispositivo al posizionamento degli elettrodi, dal consenso informato ai controlli radiologici omessi.

L’avvocato lavora per:

  • Dimostrare l’errore tecnico
  • Calcolare con precisione i danni biologici, morali e patrimoniali
  • Ottenere il giusto risarcimento con negoziazione o causa civile

La sofferenza da errore impiantistico non è accettabile. Chi si sottopone a una procedura così delicata ha diritto a ricevere sollievo, non dolore. Ha diritto a giustizia.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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