Introduzione
Il diabete è una malattia cronica che colpisce milioni di persone in Italia e nel mondo. Per chi convive con il diabete di tipo 1 e, in alcuni casi, di tipo 2, l’insulina è una terapia salvavita. Tuttavia, proprio per la sua potenza e delicatezza, deve essere somministrata in modo preciso, calibrato e personalizzato. Un errore nel dosaggio, nella tempistica o nella combinazione con altri farmaci o pasti può provocare scompensi glicemici gravissimi.
Iperglicemia e ipoglicemia non sono solo valori sballati sul glucometro: sono emergenze cliniche reali. Se non riconosciute e gestite in tempo, possono causare coma, danni neurologici, disidratazione profonda, acidosi metabolica e perfino la morte.

Quando uno scompenso grave deriva da errori medici nella prescrizione, nell’aggiustamento delle dosi, nella somministrazione in reparto o nella gestione di un piano terapeutico, il paziente ha il diritto di sapere se si è trattato di un evento evitabile. E, nei casi più gravi, di ottenere un risarcimento per i danni subiti.
In questo articolo affronteremo ogni aspetto: Cosa significa terapia insulinica mal gestita? Quali sono gli errori più frequenti? Quali danni può provocare uno scompenso glicemico? Quando si configura una responsabilità medica? Quali sono le tutele previste dalla legge? E, nella parte finale, vedremo le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, che seguono da anni casi di danni legati a errori terapeutici in ambito diabetologico.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa si intende per “mal gestione” della terapia insulinica?
È ogni errore, omissione o condotta non conforme alle linee guida nella prescrizione, somministrazione o adattamento del trattamento insulinico.
Gli errori più frequenti sono:
- Prescrizione di dosaggi errati (troppo alti o troppo bassi)
- Mancata personalizzazione in base al peso, età, attività fisica
- Assenza di monitoraggio glicemico durante ricoveri
- Somministrazione senza controllo dell’assunzione alimentare
- Combinazione con farmaci antagonisti o potenziatori non valutata
In quali contesti avvengono più spesso questi errori?
- Ospedali e reparti non specializzati
- Case di cura e RSA
- Pronto soccorso in fase di urgenza
- Visite domiciliari senza coordinamento col diabetologo
- Pazienti fragili o anziani, non autonomi nella gestione
Quali sono le conseguenze di uno scompenso diabetico?
- Iperglicemia con rischio di chetoacidosi diabetica
- Ipoglicemia grave con perdita di coscienza o convulsioni
- Coma iperglicemico iperosmolare
- Danni neurologici per prolungata sofferenza cerebrale
- Disidratazione e insufficienza renale
- Morte improvvisa
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di scompenso diabetico da terapia insulinica mal gestita?
Il diabete è una malattia cronica complessa, che richiede un equilibrio quotidiano tra alimentazione, attività fisica, stress, malattie intercorrenti e terapia farmacologica. Quando il trattamento prevede l’uso dell’insulina, quell’equilibrio diventa ancora più delicato. Perché l’insulina è un salvavita, ma può anche essere un’arma pericolosa. Se gestita con attenzione, consente al paziente di vivere normalmente. Ma se viene prescritta male, somministrata in modo scorretto o monitorata superficialmente, può provocare crisi ipoglicemiche gravissime, che portano a coma, danni neurologici e morte. Oppure può risultare inefficace, e spalancare la strada a chetoacidosi, disidratazione, scompenso metabolico.
Una delle principali cause di scompenso diabetico iatrogeno è la scelta inappropriata del tipo di insulina. Esistono insuline a lunga durata, a rapida azione, miscele, analoghi moderni e formulazioni più tradizionali. Ogni paziente ha bisogno di uno schema terapeutico costruito su misura. Ma in molte strutture, soprattutto in contesti ospedalieri o di assistenza domiciliare, vengono utilizzate insuline standard, senza tener conto della storia clinica del paziente, del tipo di diabete, dell’emoglobina glicata, della funzionalità renale o epatica. Alcuni pazienti ricevono un regime basale-bolus inadatto. Altri, una sola somministrazione giornaliera quando ne servirebbero tre. Il risultato è uno solo: la glicemia impazzisce.
Altra causa comune è la mancata rivalutazione della dose. L’insulina non è un farmaco “a dose fissa per sempre”. Varia con l’alimentazione, con il peso corporeo, con lo stato febbrile, con l’attività fisica, con le variazioni ormonali. Ma in molti casi, soprattutto nei ricoveri ospedalieri, la dose prescritta viene mantenuta invariata per giorni, senza tenere conto degli sbalzi glicemici. Il paziente digiuna, ma riceve la solita dose. Oppure mangia meno, ma l’insulina è troppa. E dopo poche ore, entra in ipoglicemia severa. Confusione, sudorazione, perdita di coscienza, crisi convulsive. Il personale si accorge solo quando non risponde più. E a quel punto, il cervello ha già sofferto.
Non meno gravi sono i casi in cui la terapia insulinica viene interrotta per errore. Può succedere in pronto soccorso, durante un ricovero, o per disorganizzazione del passaggio di consegne tra reparti. Alcuni pazienti non ricevono insulina per 12 o 24 ore. Nessuno controlla la glicemia. Nessuno prescrive una terapia sostitutiva. E il paziente entra in chetoacidosi diabetica: glicemie superiori a 400, respiro affannoso, nausea, disidratazione, alterazione dello stato di coscienza. Un’emergenza medica che si sarebbe potuta evitare con una fiala, con un monitoraggio, con una firma.
Una situazione ricorrente è la confusione tra le diverse insuline al momento della somministrazione. In alcuni contesti, soprattutto con pazienti anziani o poco informati, si invertono i flaconi di insulina rapida e quella basale. Oppure si somministra due volte la stessa dose, per errore di comunicazione tra operatori. Il paziente riceve il doppio, o il tipo sbagliato, e la glicemia crolla. In altri casi, viene somministrata insulina anche a pazienti già ipoglicemici, senza che nessuno abbia controllato prima il valore glicemico. Un atto di negligenza che può costare la vita.
Un altro errore frequente è l’assenza totale di educazione terapeutica. Il paziente viene dimesso con una terapia insulinica complessa, ma senza sapere come gestirla. Nessuno gli ha spiegato come misurare la glicemia, come regolare le dosi in base ai pasti, come riconoscere i segnali di ipoglicemia o iperglicemia. In molti casi, il paziente torna a casa con una scatola di aghi e flaconi, ma senza sapere quando, come, quanto. Fa affidamento a vecchie abitudini, a consigli di conoscenti, a informazioni trovate online. E commette errori che nessuno ha mai corretto.
Ci sono casi in cui lo scompenso avviene durante il ricovero, ma non viene trattato con prontezza. Il paziente ha glicemia alta, ma la terapia viene rimandata “alla prossima visita”. Oppure si aspetta il passaggio dell’endocrinologo. Nessuno somministra insulina correttiva. Nessuno idrata. Nessuno misura i corpi chetonici. Quando il paziente inizia a respirare in modo profondo, a vomitare, a diventare letargico, si comprende troppo tardi che sta entrando in coma chetoacidosico. A quel punto serve la terapia intensiva. E ogni minuto di ritardo pesa come un macigno.
In alcuni pazienti anziani, la gestione viene affidata a caregiver impreparati o a strutture con personale non formato. Gli errori di dosaggio, di tempistica, di conservazione dei farmaci diventano sistemici. Non si controlla la glicemia prima dell’insulina. Non si registra il valore. Si iniettano dosi eccessive, o in momenti sbagliati della giornata. Alcuni pazienti ricevono la somministrazione mentre stanno dormendo. Nessuno controlla che abbiano mangiato. E le ipoglicemie notturne, se non riconosciute, possono portare a morte silenziosa.
Dal punto di vista medico-legale, lo scompenso diabetico da errata gestione insulinica è una delle situazioni in cui la responsabilità sanitaria è più evidente. L’insulina è un farmaco ad alto rischio. Deve essere gestito con estrema attenzione. Ogni struttura sanitaria ha l’obbligo di controllare la glicemia prima della somministrazione, di rivalutare le dosi ogni giorno, di istruire il paziente, di prevenire errori di somministrazione. Quando questi obblighi vengono disattesi, il danno che ne deriva è interamente attribuibile a chi aveva il dovere di vigilare.
Le conseguenze per i pazienti sono gravi. Danni neurologici da ipoglicemia prolungata, disidratazione severa, insufficienza renale, coma, ricoveri ripetuti. Alcuni subiscono amputazioni, altri perdono la vista. Altri ancora non sopravvivono. E tutto questo per una terapia che, se gestita bene, avrebbe potuto garantire salute e autonomia.
L’insulina è un farmaco potente. Ma la vera forza è nella conoscenza, nella precisione, nella comunicazione. E quando un paziente diabetico va in coma o muore per un errore evitabile, non è la malattia ad aver vinto. È la medicina ad aver fallito.
Quando si configura la responsabilità medica per scompenso diabetico da terapia insulinica mal gestita?
La responsabilità medica per scompenso diabetico da terapia insulinica mal gestita si configura ogniqualvolta un paziente affetto da diabete mellito, insulino-dipendente o in trattamento insulinico, sviluppa uno stato di ipoglicemia grave, chetoacidosi o coma iperglicemico a causa di errori nella prescrizione, nel dosaggio, nella somministrazione o nella sorveglianza clinica dei farmaci, e da ciò derivi un danno neurologico, sistemico o, nei casi più gravi, la morte. La terapia insulinica è un trattamento salvavita, ma richiede una gestione accurata, personalizzata, dinamica. Quando viene affrontata con superficialità, può trasformarsi in una delle cause più frequenti di emergenze metaboliche gravi e totalmente evitabili.
Il diabete non è una malattia che si cura con un solo schema. Ogni paziente ha un fabbisogno insulinico diverso, che varia in base all’età, al peso, all’attività fisica, allo stato di malattia intercorrente, all’alimentazione, alla funzionalità renale e a molti altri fattori. Prescrivere insulina senza tenere conto di tutto questo, o affidarsi a protocolli rigidi e standardizzati, significa esporre il paziente a un rischio continuo. Ancora più grave è la situazione in ambito ospedaliero o residenziale, dove la gestione del diabete viene delegata a personale non specializzato, che somministra insulina senza controllare la glicemia, senza monitorare le reazioni, o peggio, senza annotare nulla in cartella. In queste condizioni, lo scompenso è solo una questione di tempo.
Uno dei casi più emblematici è l’ipoglicemia grave. Quando un paziente riceve una dose di insulina troppo elevata rispetto al suo fabbisogno reale, o quando viene somministrata anche in assenza di assunzione di cibo, il rischio di ipoglicemia è altissimo. I sintomi iniziano con sudorazione, tremori, agitazione, ma possono evolvere rapidamente in confusione, convulsioni, coma, morte. Se chi assiste il paziente non riconosce questi segnali, non interviene con zuccheri per os o glucosio endovena, l’evento può trasformarsi in un danno cerebrale permanente. E nei contenziosi legali, la mancanza di monitoraggio della glicemia prima della somministrazione è la prova regina dell’imprudenza clinica.
Sul fronte opposto c’è la chetoacidosi diabetica e il coma iperglicemico iperosmolare. In questi casi, la responsabilità emerge quando il paziente manifesta segni evidenti di iperglicemia – sete intensa, poliuria, respiro affannoso, nausea – ma la terapia non viene adattata, la glicemia non viene controllata, l’insulina non viene somministrata o viene ridotta senza criterio. Alcuni pazienti giungono in pronto soccorso in condizioni gravissime, con glicemie superiori a 600 mg/dl, disidratazione severa, acidosi scompensata. Altri, ricoverati in reparti non specializzati, vengono trattati con lentezza, senza infusioni idroelettrolitiche, senza adeguato monitoraggio emogasanalitico. La terapia insulinica non gestita è la causa più comune di questi scenari catastrofici.
Anche gli errori di comunicazione tra medici, infermieri e pazienti sono fonti di responsabilità. Se un paziente dimesso con terapia insulinica non riceve indicazioni chiare sui dosaggi, sugli orari, sulla gestione dei pasti, sulle modalità di correzione in caso di glicemie alte o basse, la colpa è evidente. Il paziente non può improvvisare. E anche quando riceve istruzioni corrette, ma si trova in uno stato cognitivo alterato o in condizioni sociali di abbandono, è dovere del sistema sanitario prevedere un supporto. Non si può scaricare la responsabilità della terapia su chi non ha gli strumenti per gestirla.
Le conseguenze di uno scompenso diabetico sono molto gravi. L’ipoglicemia può lasciare esiti neurologici irreversibili: perdita di memoria, afasia, epilessia, paralisi. L’iperglicemia non trattata può danneggiare i reni, il cuore, la retina, il cervello. I ricoveri sono lunghi, dolorosi, costosi. Alcuni pazienti perdono la capacità lavorativa, altri entrano in un percorso di invalidità. Tutto questo poteva essere evitato con una gestione terapeutica adeguata. Ma quando la somministrazione dell’insulina viene vissuta come un atto automatico, privo di pensiero clinico, i danni diventano inevitabili.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica è di tipo contrattuale secondo l’art. 1218 del Codice Civile. Il paziente, o i suoi familiari, devono dimostrare che lo scompenso è avvenuto in relazione a un errore di gestione della terapia insulinica. Sarà poi la struttura sanitaria a dover dimostrare di aver somministrato insulina secondo protocollo, di aver monitorato la glicemia, di aver informato il paziente e di aver agito tempestivamente ai primi segni di scompenso. In assenza di tracciabilità, la responsabilità si presume. E le cartelle cliniche, in questi casi, spesso rivelano omissioni, contraddizioni, fogli glicemici incompleti o assenti.
Il consenso informato non è uno scudo. Nessun paziente accetta volontariamente di ricevere una dose errata di insulina. Nessuno firma per ricevere un farmaco senza controlli. Il consenso riguarda l’avvio della terapia, non la sua esecuzione sbagliata. Accettare una cura non significa accettarne gli errori.
In conclusione, la responsabilità medica per scompenso diabetico da terapia insulinica mal gestita si configura ogniqualvolta il danno sia la conseguenza diretta di un errore umano, organizzativo o clinico nella prescrizione, nella somministrazione o nella sorveglianza della terapia. L’insulina non è solo un farmaco: è uno strumento di equilibrio vitale. Trattarla con leggerezza è un’offesa alla sua potenza e un pericolo per il paziente. E quando il danno arriva, la medicina deve rispondere. Non con spiegazioni vaghe, ma con trasparenza, responsabilità e risarcimento. Perché il diabete si può controllare. Ma l’errore non si può nascondere.
Cosa prevede la legge?
- Art. 1218 c.c. – Obbligo del medico e della struttura di adempiere correttamente alla prestazione sanitaria
- Art. 2043 c.c. – Danno ingiusto da fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di seguire linee guida e buone pratiche
- Art. 2236 c.c. – Il medico risponde anche nei casi difficili, se c’è imperizia evidente
Esempi concreti?
Paziente di 70 anni, ricoverato per polmonite. Terapia insulinica non rivalutata nonostante inappetenza. Ipoglicemia severa. Coma. Danno neurologico. Risarcimento: 540.000 euro.
Donna di 45 anni, tipo 1, ricoverata per frattura. Somministrazione insulina senza pasto. Perdita di coscienza e convulsioni. Risarcimento: 470.000 euro.
Anziano in RSA, terapia proseguita nonostante vomito. Iperglicemia e acidosi. Rianimazione. Stato vegetativo. Risarcimento: 630.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Scompenso con danni reversibili: 40.000 – 90.000 euro
- Danno neurologico permanente: 250.000 – 450.000 euro
- Stato vegetativo o invalidità grave: fino a 650.000 euro
- Morte improvvisa: fino a 700.000 euro per i familiari
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni contro struttura privata
- 5 anni contro struttura pubblica o medici dipendenti
- Decorrenza: dal momento in cui si acquisisce consapevolezza del danno
Quali documenti servono?
- Cartella clinica completa
- Diario glicemico (o sua assenza)
- Farmaci somministrati e orari
- Referti endocrinologici e neurologici post-evento
- Certificati di invalidità, decesso o stato vegetativo
- Perizia medico-legale
Cosa può fare l’avvocato?
- Ricostruire la condotta terapeutica adottata
- Dimostrare che lo scompenso era evitabile
- Valutare il danno biologico, morale ed esistenziale
- Attivare la procedura di mediazione e causa per risarcimento
- Collaborare con specialisti diabetologi e medici legali
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
La terapia insulinica è una scienza di precisione. Quando viene gestita con superficialità, le conseguenze sono gravi, immediate e spesso irreversibili.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità trattano da anni casi di errori terapeutici in pazienti con diabete:
- Collaborano con endocrinologi esperti in ipoglicemie e iperglicemie iatrogene
- Analizzano la documentazione clinica, le omissioni e i ritardi nei soccorsi
- Lavorano con neurologi, rianimatori e medici legali
- Calcolano i danni da invalidità permanente, perdita lavorativa e disagio psichico
Ogni paziente ha diritto a una terapia sicura, monitorata e personalizzata. Quando questo non accade, la giustizia può – e deve – intervenire.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: