Introduzione
La polipectomia, cioè la rimozione di polipi intestinali durante la colonscopia, è una procedura di routine. Viene considerata sicura, efficace e fondamentale nella prevenzione del cancro al colon. Tuttavia, come ogni atto chirurgico, anche la polipectomia comporta dei rischi, tra i quali il più temibile è l’emorragia post-operatoria.
Non è l’emorragia in sé a generare danno, ma il mancato intervento medico tempestivo. Se non trattata, una perdita di sangue significativa può causare shock ipovolemico, anemia grave, insufficienza d’organo e, nei casi più gravi, il decesso.

Quando l’emorragia post-polipectomia non viene riconosciuta, monitorata o trattata correttamente, si configura una responsabilità medica evidente. Questo vale anche in caso di dimissioni affrettate, mancanza di monitoraggio post-esame, oppure errori nella tecnica emostatica durante la rimozione del polipo.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Che cos’è un’emorragia post-polipectomia?
È una perdita di sangue che si verifica dopo la rimozione di un polipo intestinale, eseguita con ansa diatermica, pinza o altri strumenti. Può essere:
- Immediata, durante la colonscopia stessa
- Ritardata, nelle 24-72 ore successive
- Occulta, se non visibile ma responsabile di anemia progressiva
Quanto è frequente?
- Circa 1 paziente su 100 può andare incontro a sanguinamento post-polipectomia
- La probabilità aumenta con:
- Dimensione del polipo superiore ai 2 cm
- Localizzazione nel colon destro
- Uso di anticoagulanti o antiaggreganti
- Tecnica di resezione non emostatica
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di emorragia non trattata dopo polipectomia?
La polipectomia, ossia la rimozione di uno o più polipi durante una colonscopia, è una procedura apparentemente semplice e di routine. Viene eseguita ogni giorno in migliaia di ambulatori e reparti endoscopici, spesso in regime di day hospital, con la prospettiva di un recupero rapido e senza complicazioni. Tuttavia, ogni polipectomia comporta un rischio emorragico, noto e descritto da tutte le linee guida, che può manifestarsi immediatamente o nei giorni successivi alla procedura. Quando il sanguinamento si verifica e non viene trattato adeguatamente, le conseguenze possono essere gravi, invalidanti o addirittura fatali. Ed è proprio in questi casi che la responsabilità medica assume un ruolo centrale.
Una delle cause più frequenti di emorragia post-polipectomia è l’errata valutazione del rischio del paziente. Non tutti i pazienti sono uguali. Età avanzata, uso di anticoagulanti o antiaggreganti, ipertensione non controllata, insufficienza renale o epatica, coagulopatie note o non ancora diagnosticate: sono tutti fattori che aumentano in modo significativo il rischio di sanguinamento. Se l’endoscopista non indaga su questi aspetti, se non chiede una sospensione programmata dei farmaci ad alto rischio, se non coinvolge il medico curante o il cardiologo, espone il paziente a un pericolo prevedibile. E quando il paziente torna con un’emorragia digestiva, il danno non è una complicanza: è la conseguenza di una mancata prevenzione.
In molti casi, l’emorragia è legata alla tecnica utilizzata. L’uso della corrente diatermica, se mal calibrato o applicato troppo a lungo, può danneggiare la parete intestinale fino in profondità, provocando non solo una lesione vascolare immediata, ma anche una necrosi tardiva del tessuto. I punti di coagulazione diventano fragili, e a distanza di 24, 48 o 72 ore si aprono, provocando sanguinamento importante. Se la lesione è stata rimossa in un’area con vascolarizzazione ricca, come il colon trasverso o il retto, il rischio è ancora maggiore. Alcuni pazienti iniziano a perdere sangue in modo occulto, altri presentano emorragia evidente, con sangue rosso vivo o melena. Ma nonostante i segni, vengono rassicurati: “È normale, dopo l’esame può succedere.”
Un errore critico, infatti, è la sottovalutazione dei sintomi post-procedurali. Il paziente telefona o torna in pronto soccorso con anemia, debolezza, vertigini, feci nere o rosse. Ma riceve una valutazione sommaria. In alcuni casi non viene nemmeno eseguita una visita chirurgica o una rettosigmoidoscopia di controllo. Nessun esame emocromocitometrico, nessun monitoraggio dei parametri vitali, nessun ricovero. Viene mandato a casa con integratori di ferro o indicazione di “osservazione”. E poche ore dopo, torna in condizioni critiche, con un’emorragia interna massiva che richiede trasfusioni, intervento d’urgenza, o addirittura rianimazione.
Altro aspetto frequente è la mancata applicazione di misure preventive intra-procedurali. La medicina moderna consente oggi di utilizzare clip emostatici, iniezioni di adrenalina, applicazione di coaguli protettivi o suture endoscopiche per ridurre drasticamente il rischio di sanguinamento. Ma in molti ambulatori queste opzioni non vengono usate per motivi di tempo, costi, scarsa formazione o semplice trascuratezza. Il risultato è che, quando il paziente inizia a perdere sangue, la colpa non è del caso: è della scelta deliberata di non prevenire.
In alcuni casi, l’emorragia post-polipectomia si manifesta in pazienti dimessi troppo in fretta, senza alcun piano di follow-up o contatto. Nessun numero da chiamare, nessuna lettera di dimissione che spieghi i segnali d’allarme. Nessuna sorveglianza attiva nei giorni successivi. Pazienti soli, magari anziani, che minimizzano i sintomi per paura, per vergogna, o semplicemente per mancanza di informazioni. Alcuni arrivano al pronto soccorso già in shock ipovolemico, con una pressione sanguigna crollata, un’emoglobina inferiore a 6. E a quel punto, non si tratta più di prevenzione. Si tratta di emergenza.
Ci sono poi episodi ancora più gravi, in cui l’endoscopista si accorge dell’emorragia durante la polipectomia, ma decide di proseguire o non segnalarla. Oppure la annota nel referto in modo vago, senza informare il paziente, senza attivare un percorso di sorveglianza. Il paziente viene dimesso senza terapia emostatica, senza consiglio nutrizionale, senza alcuna indicazione scritta. Quando poi l’emorragia peggiora, non c’è alcun elemento documentale che consenta di agire rapidamente. Si perde tempo. Si perde sangue. Si rischia la vita.
Dal punto di vista medico-legale, l’emorragia non trattata dopo polipectomia è una delle complicanze più contestate in sede giudiziaria. Perché l’evento può essere previsto, può essere ridotto, può essere riconosciuto e gestito per tempo. Ogni paziente sottoposto a polipectomia deve essere valutato pre-procedura, informato sui rischi, gestito con tecnica corretta, seguito nel post-operatorio con attenzione. Quando uno di questi passaggi manca, non si può parlare di “evento avverso”. Si deve parlare di responsabilità.
Le conseguenze per il paziente possono essere molto serie. Trasfusioni multiple, anemia cronica, ricovero ospedaliero, shock, intervento chirurgico, resezione intestinale. Alcuni pazienti perdono lavoro, autonomia, qualità della vita. Altri sviluppano traumi psicologici profondi legati all’esperienza. Altri ancora non sopravvivono. E tutto questo per una procedura che doveva durare mezz’ora. Che doveva salvare, non danneggiare.
La medicina moderna ha tutti gli strumenti per evitare il peggio. Ma servono attenzione, preparazione, umiltà. Non si può considerare la colonscopia una routine se manca il rispetto per chi si affida. E ogni volta che un paziente sanguina senza ricevere aiuto, il bisturi non è più simbolo di cura. È simbolo di negligenza. E chi tace, chi non controlla, chi non agisce, condivide quella colpa.
Quando si configura la responsabilità medica per emorragia non trattata dopo polipectomia?
La responsabilità medica per emorragia non trattata dopo polipectomia si configura ogniqualvolta un paziente, sottoposto alla rimozione di uno o più polipi intestinali tramite colonscopia, sviluppa un sanguinamento post-procedurale che non viene tempestivamente riconosciuto, monitorato o gestito in modo adeguato, con conseguente peggioramento clinico, ricovero d’urgenza, shock emorragico, danno d’organo o addirittura decesso. La polipectomia è una procedura frequente e consolidata, considerata di routine in ambito endoscopico, ma come ogni manovra operativa sull’intestino, comporta rischi concreti che non possono mai essere minimizzati.
L’emorragia post-polipectomia può verificarsi subito dopo l’intervento o a distanza di ore o giorni. È provocata da un danno ai vasi della sottomucosa durante la resezione del polipo, o da una coagulazione inadeguata del letto vascolare lasciato dalla rimozione. I fattori di rischio sono noti: dimensioni del polipo, sede anatomica, uso di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti, patologie emorragiche concomitanti, tecnica endoscopica impiegata. Quando questi fattori non vengono considerati prima della procedura, o se si esegue una resezione complessa senza adottare misure preventive – come la chiusura con clip, l’iniezione di adrenalina o la coagulazione a caldo – il rischio si trasforma in prevedibile conseguenza. E la responsabilità è già in nuce.
La gestione del rischio emorragico non si conclude con l’atto tecnico. Deve proseguire nel monitoraggio post-procedura. Se il paziente presenta sintomi come sanguinamento rettale, calo pressorio, astenia intensa, tachicardia, dolore addominale o alterazioni dell’emocromo, è dovere del medico intervenire con prontezza. Le linee guida prevedono l’esecuzione di esami di laboratorio, ecografie, TC addominali, la ripetizione dell’endoscopia con intento emostatico, fino alla chirurgia nei casi più gravi. Ma quando il paziente viene dimesso in fretta, se i sintomi vengono sottovalutati, se si minimizza il rischio o si ritarda il trattamento, l’omissione diventa colpa.
Molti pazienti si rivolgono al pronto soccorso giorni dopo la polipectomia con un quadro di anemia acuta, instabilità emodinamica, feci francamente ematiche. Altri riferiscono di essere stati rassicurati al telefono, senza alcuna visita di controllo. Alcuni vengono ricoverati in urgenza con l’emoglobina crollata e necessitano di trasfusioni, terapie intensive, interventi d’emergenza. In casi estremi, l’emorragia si associa a ischemie intestinali, infarti o ictus da ipoperfusione. E tutto ciò era evitabile, se solo il segnale fosse stato ascoltato.
Ci sono poi i casi in cui l’emorragia si verifica durante la procedura stessa, ma non viene gestita adeguatamente. Se l’endoscopista si accorge del sanguinamento e decide di “attendere”, senza applicare misure emostatiche, o se abbandona la procedura senza assicurare la stabilità del paziente, la responsabilità è immediata. L’intestino non ha grandi margini di tolleranza per il sanguinamento: ogni perdita è significativa, ogni ritardo è pericoloso. E se la scelta è quella dell’attesa inerte, le conseguenze sono tutte a carico di chi ha scelto di non agire.
Il danno, per il paziente, può essere grave e duraturo. Anemia cronica, necessità di trasfusioni ricorrenti, riduzione della capacità lavorativa, degenze prolungate, paura di sottoporsi a ulteriori accertamenti, ansia per la propria salute. Alcuni pazienti sviluppano sindromi da stress post-traumatico dopo un’emorragia importante, altri vengono segnati per sempre da una colostomia d’emergenza o da una resezione intestinale. La fiducia nel sistema sanitario crolla. La colonscopia, che doveva essere un atto di prevenzione, diventa l’inizio di una sofferenza imprevista. E in quella ferita, fisica e simbolica, si annida la richiesta di giustizia.
Dal punto di vista legale, la responsabilità medica è di tipo contrattuale, secondo l’art. 1218 del Codice Civile. Il paziente deve dimostrare di aver subìto un’emorragia significativa dopo polipectomia. Spetterà poi alla struttura sanitaria e al medico dimostrare che la procedura è stata condotta correttamente, che sono state adottate misure preventive, che il paziente è stato informato, monitorato e gestito secondo le linee guida. In assenza di annotazioni puntuali, esami eseguiti, documentazione clinica coerente, la responsabilità si presume. E nei casi gravi, il risarcimento può riguardare non solo il danno biologico, ma anche quello morale, patrimoniale, esistenziale.
Il consenso informato, infine, non può giustificare la mancata risposta a un’emergenza. Anche se il paziente firma un modulo in cui si accetta il rischio di emorragia, tale consenso è valido solo se l’evento viene poi riconosciuto, affrontato e gestito secondo scienza e coscienza. Il consenso tutela il medico dalla sfortuna, non dalla superficialità.
In conclusione, la responsabilità medica per emorragia non trattata dopo polipectomia si configura ogniqualvolta il sanguinamento post-procedurale – prevedibile e monitorabile – non viene affrontato con la necessaria tempestività, attenzione e competenza, determinando un danno evitabile. Il sangue è un messaggio che il corpo invia. E chi lo ignora, in medicina, sceglie di non ascoltare. In quella scelta c’è tutto il peso della responsabilità. E tutto il diritto, per chi ha sofferto, di chiedere verità, cura e riparazione.
Quali trattamenti dovevano essere attivati?
- Iniezione locale di adrenalina
- Clip endoscopiche emostatiche
- Coagulazione bipolare
- Ricovero ospedaliero per osservazione
- Trasfusione e monitoraggio ematico nei casi gravi
Cosa prevede la legge?
- Art. 1218 c.c. – Responsabilità contrattuale del medico e della struttura
- Art. 2043 c.c. – Risarcimento per danno da fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di rispetto delle linee guida e prevenzione del rischio clinico
- Art. 2236 c.c. – Anche nei casi complessi, il medico risponde in caso di negligenza o imprudenza
Esempi concreti?
Uomo di 64 anni, polipectomia ambulatoriale. Emorragia non riconosciuta. Ricovero d’urgenza 36 ore dopo. Shock emorragico, intervento laparotomico. Risarcimento: 430.000 euro.
Donna di 59 anni, emorragia dopo resezione di polipo peduncolato. Nessun follow-up. Anemia severa, collasso, rianimazione. Danno renale permanente. Risarcimento: 480.000 euro.
Paziente di 73 anni, terapia anticoagulante non sospesa. Emorragia massiva. Morte per shock ipovolemico. Familiari non informati del rischio. Risarcimento: 620.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Ricovero con esiti reversibili: 40.000 – 90.000 euro
- Danno permanente da ischemia d’organo: 200.000 – 400.000 euro
- Morte per emorragia non trattata: fino a 700.000 euro ai familiari
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni per strutture sanitarie private
- 5 anni per strutture pubbliche o medici dipendenti
- Decorrenza: dal momento in cui il paziente o i familiari acquisiscono consapevolezza del nesso tra il danno e l’errore medico
Quali documenti servono?
- Cartella clinica con dettagli della colonscopia
- Referti di pronto soccorso o ricovero successivo
- Referti di laboratorio (emoglobina, ematocrito)
- Documentazione sul trattamento post-emorragico
- Consenso informato
- Perizia medico-legale
Cosa può fare l’avvocato?
- Verificare la correttezza della procedura e della gestione post-operatoria
- Dimostrare la mancata diagnosi o l’omissione terapeutica
- Collaborare con gastroenterologi e medici legali
- Quantificare il danno biologico, morale, relazionale
- Attivare la richiesta danni e la procedura legale o stragiudiziale
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Una polipectomia non è un intervento banale. Quando il sanguinamento viene ignorato o sottovalutato, il rischio di danno grave è reale e concreto.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità affrontano da anni casi legati a:
- Emorragie non trattate in ambito endoscopico
- Omissioni nella gestione del rischio post-procedura
- Complicanze gravi in pazienti fragili o in terapia anticoagulante
Collaborano con gastroenterologi forensi, internisti e anestesisti legali, valutando ogni documento clinico, ogni omissione, ogni dettaglio.
Perché nessuno dovrebbe rischiare la vita per un polipo rimosso senza attenzione. E quando accade, il diritto può intervenire con competenza e forza.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: