Introduzione
Il feocromocitoma è un tumore raro, ma potenzialmente letale, delle ghiandole surrenali. Produce in eccesso catecolamine come adrenalina e noradrenalina, provocando crisi ipertensive, tachicardia, ansia intensa, sudorazione e palpitazioni. Se non viene riconosciuto in fase acuta, può condurre rapidamente a ictus, infarto, insufficienza cardiaca o morte improvvisa.
Il problema non è la complessità della malattia, ma la mancata considerazione della diagnosi. Spesso il paziente arriva in pronto soccorso con crisi ipertensive inspiegabili, cefalea violenta, sudorazione fredda, dolori toracici e alterazioni del ritmo cardiaco. Ma se non si sospetta il feocromocitoma, e si trattano i sintomi con i farmaci sbagliati (come i beta-bloccanti in monoterapia), il rischio di aggravamento è altissimo.

Quando il mancato riconoscimento del feocromocitoma deriva da negligenza clinica, superficialità nella raccolta anamnestica o errori nella gestione d’urgenza, si configura una responsabilità medica risarcibile. Vediamo come e perché.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Che cos’è il feocromocitoma?
È un tumore neuroendocrino, generalmente benigno, localizzato nelle ghiandole surrenali, che secerne in modo incontrollato catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina).
Colpisce in modo sporadico, ma può anche essere parte di sindromi genetiche (MEN 2, VHL, NF1).
Quali sono i sintomi acuti da non sottovalutare?
- Crisi ipertensive improvvise
- Tachicardia e palpitazioni anche a riposo
- Cefalea intensa e pulsante
- Sudorazione profusa non legata a febbre
- Tremori, pallore, ansia immotivata
- Dolore toracico, respiro corto
- Sbalzi pressori con crisi ipotensive post crisi adrenergica
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di non riconoscimento di feocromocitoma in fase acuta?
Il feocromocitoma è un tumore raro, ma potenzialmente letale. Origina dalle cellule cromaffini delle ghiandole surrenali ed è in grado di produrre catecolamine in modo incontrollato. Norepinefrina, epinefrina, dopamina: un’esplosione ormonale che può sconvolgere l’organismo in pochi minuti. Eppure, proprio perché raro, il feocromocitoma viene spesso ignorato, sottovalutato, confuso con patologie comuni. Quando si presenta in fase acuta, il tempo per riconoscerlo è poco. E un errore diagnostico può costare la vita.
Una delle cause più frequenti di mancato riconoscimento è la presentazione clinica atipica o frammentaria. Il paziente arriva con una crisi ipertensiva improvvisa, tachicardia, sudorazione profusa, ansia, cefalea. I sintomi sembrano quelli di un attacco di panico, di un’ansia acuta, di una crisi ipertensiva primaria. In pronto soccorso si somministrano ansiolitici, beta-bloccanti, clonidina. Ma nessuno indaga sulla possibilità che ci sia un tumore che sta rilasciando catecolamine nel circolo. Si cerca di spegnere il sintomo, ma si ignora la causa.
In altri casi, il paziente ha già una storia di ipertensione, magari giovane, resistente ai farmaci, ma nessuno ha mai approfondito. Le linee guida prevedono che, in presenza di ipertensione secondaria sospetta, si eseguano esami per escludere cause endocrine. Ma nella pratica clinica, molti pazienti vengono etichettati come “ipertesi essenziali” senza indagini ormonali, senza dosaggi di metanefrine plasmatiche o urinarie. Il tumore resta lì, silenzioso, finché non scatena una crisi acuta. E quando arriva, il medico di turno non ha gli strumenti – o l’esperienza – per collegare tutto.
Una causa ricorrente è l’uso scorretto di farmaci che peggiorano la crisi. In assenza di diagnosi certa, alcuni pazienti ricevono beta-bloccanti come primo approccio. Ma se non sono preceduti da alfa-bloccanti, il risultato è una crisi ipertensiva drammatica, per vasocostrizione non compensata. Altri ricevono anestetici, mezzi di contrasto, farmaci dopaminergici che possono scatenare il rilascio massivo di catecolamine. Nessuno ha mai escluso un feocromocitoma. Nessuno ha informato il paziente. E la crisi avviene proprio in ospedale, per una scelta errata.
Vi sono anche casi in cui il paziente è già noto per una massa surrenalica, ma il sospetto diagnostico non viene approfondito. L’ecografia, la TAC o la RMN avevano già mostrato un adenoma, una lesione compatibile. Ma nessuno ha richiesto dosaggi ormonali. Nessuno ha fatto una scintigrafia specifica. Nessuno ha considerato che quella “macchia” poteva essere un tumore secernente. Fino al giorno in cui il paziente arriva in shock, con aritmie, con una crisi ipertensiva maligna, con un’emorragia surrenalica da feocromocitoma non diagnosticato.
Alcune crisi avvengono durante interventi chirurgici o procedure invasive. Il paziente è in anestesia, e improvvisamente la pressione sale a 280, il cuore accelera, l’ECG mostra ischemia. Il team pensa a un problema cardiaco, a una crisi adrenergica da farmaci. Solo dopo, se il paziente sopravvive, si scopre che era presente un feocromocitoma silente. Nessuno lo aveva escluso. Nessuno lo aveva immaginato. Eppure, bastava una domanda in più. Un esame in più. Un sospetto in più.
Dal punto di vista medico-legale, il non riconoscimento di feocromocitoma in fase acuta è una responsabilità grave. Il medico non è tenuto a indovinare, ma è tenuto a considerare tutte le ipotesi plausibili, soprattutto di fronte a quadri clinici incoerenti, refrattari, gravi. La rarità di una patologia non giustifica l’omissione di indagini che le linee guida raccomandano in presenza di sintomi compatibili.
Le conseguenze possono essere devastanti. Crisi ipertensiva maligna, ictus, infarto miocardico, emorragia cerebrale, dissezione aortica, morte improvvisa. Alcuni pazienti vanno incontro a insufficienza multiorgano. Altri sviluppano danni neurologici permanenti. Altri ancora sopravvivono ma vivono con la paura che una nuova crisi possa colpirli da un momento all’altro. Tutto questo poteva essere evitato. Con un prelievo. Con una TAC. Con un semplice dosaggio delle metanefrine.
Il feocromocitoma non è una malattia invisibile. È una diagnosi difficile, sì, ma non impossibile. Occorre solo avere l’attenzione, la cultura clinica, la prontezza di sospettarla. E quando viene ignorata, la medicina non ha più scuse. Solo responsabilità.
Quando si configura la responsabilità medica per non riconoscimento di feocromocitoma in fase acuta?
La responsabilità medica per non riconoscimento di feocromocitoma in fase acuta si configura ogniqualvolta un paziente presenta segni e sintomi riconducibili a una crisi ipertensiva parossistica causata da questo raro tumore surrenalico, ma il personale sanitario non sospetta la condizione, non attiva tempestivamente gli accertamenti necessari, non instaura la terapia appropriata o peggio sottopone il paziente a trattamenti controindicati, provocando un peggioramento clinico, un danno grave o addirittura la morte. Il feocromocitoma è definito il “grande simulatore” della medicina. E quando si manifesta in fase acuta, non ammette ritardi, né distrazioni. Solo prontezza, precisione e coraggio clinico.
La crisi acuta da feocromocitoma è una tempesta catecolaminica: il paziente, improvvisamente, può sviluppare ipertensione severa o fluttuante, tachicardia, sudorazione profusa, pallore, cefalea esplosiva, dolore toracico, ansia intensa, iperglicemia, febbre. Nei casi più gravi, compaiono aritmie, edema polmonare acuto, ictus emorragici, infarti miocardici, insufficienza d’organo multipla. Questa condizione si può presentare come emergenza, anche in pronto soccorso, e spesso viene scambiata per crisi di panico, ipertensione essenziale, sindrome ansiosa, colica renale, perfino intossicazione da droghe. Ma il feocromocitoma ha una sua firma, chiara a chi sa leggerla: crisi improvvise, violente, ripetute, in soggetti giovani o apparentemente sani, che non rispondono alle terapie convenzionali.
Il primo livello di responsabilità si manifesta quando i sintomi vengono banalizzati. Se il paziente si presenta più volte con crisi ipertensive parossistiche e nessuno si interroga sulla causa. Se si somministrano farmaci antipertensivi in modo indiscriminato, senza escludere una patologia surrenalica. Se si utilizza un beta-bloccante senza previa somministrazione di alfa-bloccanti, provocando peggioramento drammatico della crisi. Ogni errore in questo contesto ha un prezzo altissimo. Perché il feocromocitoma non tollera le cure sbagliate: le trasforma in armi contro il paziente.
Un altro elemento di colpa è il mancato approfondimento diagnostico. Gli esami di prima linea — dosaggio di metanefrine plasmatiche e urinarie — sono accessibili, poco costosi, e possono fornire indicazioni chiare già in fase subacuta. Ma se non vengono richiesti, o se i sintomi vengono etichettati come “psicosomatici”, il tempo passa. E ogni giorno di ritardo espone il paziente a una nuova crisi, a un nuovo attacco silenzioso. Nessuno dovrebbe morire per un tumore che poteva essere scoperto con un semplice esame del sangue.
Quando la diagnosi viene ignorata o ritardata, le conseguenze sono spesso irreversibili. Emorragie cerebrali nei giovani, scompensi cardiaci improvvisi, arresti cardiaci inspiegabili, lesioni ischemiche renali. In molti casi, il feocromocitoma viene scoperto solo dopo la morte, all’esame autoptico. Oppure dopo mesi o anni di sintomi invalidanti, trattati con farmaci inutili, ansiolitici, psicoterapia, ricoveri ripetuti. Il paziente ha chiesto aiuto. Ma nessuno ha visto. Nessuno ha creduto. E l’organo che ha tradito non era il cuore, ma lo sguardo clinico.
La chirurgia è l’unica cura definitiva per il feocromocitoma. Ma deve essere preceduta da una preparazione farmacologica precisa, con alfa-bloccanti seguiti da beta-bloccanti e attenta gestione del volume plasmatico. Se il tumore viene scoperto all’improvviso e si procede a un intervento d’urgenza senza stabilizzazione, il rischio di crisi ipertensiva intraoperatoria è elevatissimo. E anche in questo caso, l’omissione di preparazione è colpa. La medicina non è solo intervento: è previsione, preparazione, protezione.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica è di tipo contrattuale, secondo l’art. 1218 del Codice Civile. Il paziente, o i familiari in caso di decesso, devono dimostrare che il danno è dipeso dal mancato riconoscimento tempestivo del feocromocitoma. Sarà poi la struttura sanitaria a dover provare che l’iter diagnostico è stato corretto, che i sintomi sono stati valutati con scrupolo, che gli accertamenti erano giustificati e che la terapia somministrata era conforme. In assenza di documentazione clinica esaustiva, la responsabilità si presume.
Il consenso informato, anche in questo caso, non ha valore salvifico. Nessun paziente accetta che una condizione potenzialmente letale venga ignorata o confusa con un disturbo minore. Nessuno firma per essere trattato con leggerezza. Nessuno acconsente al rischio di morire per un tumore ormonale gestibile. Il consenso è valido solo quando la diagnosi è stata cercata e discussa con onestà.
In conclusione, la responsabilità medica per non riconoscimento di feocromocitoma in fase acuta si configura ogniqualvolta un paziente subisce un danno grave o irreversibile a causa della mancata diagnosi o della gestione errata di una crisi catecolaminica. Il feocromocitoma è raro, ma non invisibile. E quando si mostra, lo fa con forza, chiedendo attenzione. Ignorarlo non è solo errore clinico: è cecità professionale. E chi ha sofferto per questo silenzio, ha diritto a verità, giustizia e risarcimento. Perché quando il corpo urla e nessuno ascolta, il danno non è solo medico. È umano.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Somministrazione di beta-bloccanti senza precedente alfa-blocco
- Dimissione troppo precoce da pronto soccorso
- Nessuna prescrizione di esami specifici
- Nessun sospetto clinico in presenza di crisi ricorrenti
- Inadeguata preparazione pre-operatoria in caso di diagnosi già nota
Cosa prevede la legge?
- Art. 1218 c.c. – Responsabilità per inadempimento contrattuale
- Art. 2043 c.c. – Danno da fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di aderire alle linee guida e buone pratiche
- Art. 2236 c.c. – Il medico risponde anche nei casi complessi se agisce con imprudenza o imperizia
Esempi concreti?
Uomo di 49 anni, ricoverato per crisi ipertensive e cefalea. Nessun sospetto clinico. Trattato con beta-bloccanti. Arresto cardiaco. Diagnosi post-mortem: feocromocitoma. Risarcimento ai familiari: 650.000 euro.
Donna di 37 anni, sintomi ricorrenti da anni etichettati come “ansia”. Crisi acuta con coma e danno cerebrale da emorragia cerebrale. Risarcimento: 590.000 euro.
Paziente di 55 anni, crisi ipertensiva durante intervento per colecisti. Nessuna valutazione pre-operatoria endocrina. Shock adrenergico intraoperatorio. Morte. Risarcimento: 700.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Danno neurologico da crisi non gestita: 200.000 – 450.000 euro
- Invalidità permanente da infarto/ictus: 300.000 – 550.000 euro
- Morte per diagnosi mancata: fino a 700.000 euro
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni contro cliniche private
- 5 anni contro strutture pubbliche o medici dipendenti
- Decorrenza: dal momento in cui viene accertata la correlazione tra crisi e malattia non riconosciuta
Quali documenti servono?
- Referti di pronto soccorso, tracciati ECG, pressione arteriosa
- Esami ematochimici e ormonali (se disponibili)
- Cartella clinica con trattamenti eseguiti
- Referti di imaging (RMN surreni, TAC, scintigrafia MIBG)
- Autopsia e certificato di decesso (se necessario)
- Perizia medico-legale endocrinologica
Cosa può fare l’avvocato?
- Analizzare la sintomatologia e la risposta clinica
- Ricostruire le omissioni diagnostiche e terapeutiche
- Collaborare con endocrinologi forensi
- Calcolare il danno biologico, morale e patrimoniale
- Avviare procedura stragiudiziale o giudiziaria
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Il feocromocitoma è raro, ma riconoscibile. Quando il medico ignora i segni classici e adotta trattamenti inadeguati, il rischio di danno grave – o morte – è altissimo.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità seguono da anni casi di malattie endocrine non riconosciute in fase acuta:
- Collaborano con endocrinologi, cardiologi e intensivisti forensi
- Valutano ogni documento clinico alla ricerca del mancato sospetto
- Ricostruiscono la sequenza temporale tra sintomi, errori e danno finale
- Calcolano il danno biologico permanente, il danno morale e il danno da perdita parentale nei casi di decesso
Perché quando la medicina non ascolta il corpo, la legge ha il dovere di ascoltare chi ne ha pagato il prezzo.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: