Introduzione
La preparazione a un intervento chirurgico richiede un’attenta valutazione dello stato generale del paziente. Non si tratta solo di accertamenti cardiologici, ematici e anestesiologici: in molti casi, gli esami ormonali sono fondamentali per garantire la sicurezza dell’intervento e prevenire gravi complicanze.
Tiroide, surreni, ipofisi, paratormone, glicemia e metabolismo osseo sono sistemi interconnessi. Un semplice valore ormonale fuori norma può modificare completamente la strategia terapeutica o addirittura sospendere l’intervento. Ignorare questo passaggio non è solo imprudente, ma può comportare conseguenze devastanti: crisi ipocalcemiche, scompensi glicemici, crisi tireotossiche, complicanze cardiache, infezioni e perfino il decesso.

Quando gli esami ormonali vengono deliberatamente omessi, non prescritti o sottovalutati, e da ciò derivano danni per il paziente, si configura una responsabilità medica piena. In questi casi, chi ha subito un danno – o ha perso un familiare – ha diritto a verificare cosa è accaduto e a richiedere un risarcimento.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono gli esami ormonali fondamentali prima di un intervento?
- TSH, FT3, FT4 (per funzione tiroidea)
- PTH, Calcemia, Fosforemia (per rischio ipocalcemico)
- Cortisolo, ACTH (per funzione surrenalica)
- Insulina, Glicemia, HbA1c (per valutare rischio metabolico)
- Prolattina, FSH, LH, Estradiolo, Testosterone (in caso di chirurgia endocrina)
- Funzione ipofisaria in pazienti a rischio
In quali interventi sono indispensabili?
- Tiroidectomia o paratiroidectomia
- Asportazione di masse surrenaliche
- Neurochirurgia su ipofisi o area sellare
- Chirurgia bariatrica
- Interventi in pazienti diabetici, oncologici, immunodepressi
- Interventi ginecologici in presenza di squilibri ormonali noti
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di omissione di esami ormonali pre-operatori?
Ogni intervento chirurgico, anche il più semplice, comporta un impatto sull’equilibrio endocrino del paziente. Quando si interviene su ghiandole come la tiroide, le paratiroidi, le surreni, l’ipofisi o si programma un’operazione che coinvolge il metabolismo, è obbligatorio conoscere prima lo stato ormonale del soggetto. Eppure, in moltissimi casi, questa fase fondamentale viene saltata, sottovalutata, ignorata. L’errore non è tanto nell’eseguire un intervento rischioso, ma nell’arrivarci senza sapere se il paziente è pronto a sostenerlo.
Una delle omissioni più gravi è non richiedere un semplice pannello di ormoni tiroidei prima di una tiroidectomia. TSH, FT3, FT4: parametri di base che indicano se il paziente è ipotiroideo, eutiroideo o in stato tireotossico. Se il paziente è in ipertiroidismo non trattato, anche lieve, l’intervento chirurgico può scatenare una crisi tireotossica, un’accelerazione cardiaca pericolosa, un’alterazione del sensorio. È una condizione grave, che può causare morte improvvisa. Ma in molti casi, l’intervento viene programmato in fretta, senza richiedere esami recenti o senza verificarli con attenzione.
Talvolta si esegue una chirurgia paratiroidea senza valutare i livelli di paratormone, calcio e fosforo. Una svista gravissima. Perché se il paziente è già in iperparatiroidismo, rischia una crisi ipercalcemica se non viene trattato prima. Se invece è borderline, può andare in ipocalcemia acuta post-operatoria. Ma se nessuno ha controllato i valori prima dell’intervento, non ci si accorge dei segnali, non si predispone il corretto monitoraggio, non si avvia la terapia tempestiva.
Altra negligenza frequente è l’omessa valutazione della funzione surrenalica in pazienti sospetti per morbo di Cushing o Addison. Alcuni pazienti presentano segni chiari: ipertensione, obesità tronculare, debolezza muscolare, iperpigmentazione. Ma nessuno esegue un dosaggio del cortisolo, dell’ACTH, un test di soppressione o stimolo. Il paziente entra in sala operatoria con una riserva ormonale surrenalica già ridotta, e durante l’anestesia o nel post-operatorio va incontro a crisi addisoniana: ipotensione refrattaria, shock, arresto cardiocircolatorio. E solo allora qualcuno si accorge che qualcosa non torna. Ma è troppo tardi.
In alcuni casi, la mancata richiesta degli esami ormonali è legata a superficialità diagnostica. Il paziente viene etichettato come “sano” solo perché ha valori pressori normali, glicemia a posto, ECG nella norma. Ma non si va oltre. Non si chiede una valutazione endocrinologica. Non si indaga su stanchezza, nervosismo, calo ponderale, amenorrea. Segnali che parlano. Ma che nessuno ascolta. E l’operazione si fa senza rete.
Talvolta l’errore nasce nella fretta di “portare in sala” senza completare gli accertamenti. Il paziente è prenotato. La sala è libera. I tempi della sanità impongono efficienza. E così si tagliano passaggi fondamentali, come appunto il profilo ormonale. “Tanto si vede dopo”. Ma la chirurgia non è mai un gesto isolato. È il momento finale di un processo diagnostico che deve essere completo, strutturato, documentato.
Ci sono casi documentati in cui, per esempio, una giovane donna viene sottoposta a rimozione di una massa ovarica sospetta senza dosare gli ormoni sessuali. Dopo l’intervento, emerge che si trattava di un tumore funzionante, che produceva androgeni o estrogeni. Si poteva sospettare prima. Si doveva. Ma nessuno ha chiesto nemmeno un semplice dosaggio del testosterone libero, dell’estradiolo, dell’FSH. La diagnosi era possibile. Ma è stata ignorata.
L’omissione può colpire anche pazienti diabetici non valutati per livelli di insulina, peptide C, cortisolo. Oppure anziani con confusione mentale non indagata come possibile ipotiroidismo. Oppure pazienti oncologici operati senza considerare la possibilità di sindromi paraneoplastiche endocrine. Una serie di segnali perduti. Uno dopo l’altro.
Dal punto di vista medico-legale, l’omissione degli esami ormonali pre-operatori costituisce una violazione del principio di diligenza professionale. Il chirurgo ha l’obbligo di conoscere lo stato endocrino del paziente prima di eseguire qualsiasi atto invasivo che possa interferire con l’omeostasi ormonale. Quando questo non viene fatto, ogni complicanza che ne deriva diventa prevedibile. E quindi evitabile. E quindi colposa.
Le conseguenze possono essere gravissime. Morte improvvisa per crisi tireotossica, coma per ipoglicemia, insufficienza surrenalica acuta, arresto cardiaco da ipocalcemia, infertilità post-chirurgica non prevista. Alcuni pazienti sopravvivono, ma restano invalidi, con danni neurologici, con la necessità di assumere ormoni per tutta la vita. E tutto per un esame che costava pochi euro. Che si poteva fare in un giorno. Che avrebbe cambiato l’intero percorso terapeutico.
La medicina è prevenzione, è controllo, è attenzione. Non si può operare al buio. Non si può escludere una malattia solo perché non si è cercata. Il paziente che entra in sala operatoria merita rispetto. E il rispetto, in chirurgia, inizia dagli esami. Quando vengono omessi, il bisturi non è più uno strumento di cura. Diventa un rischio. Un errore. Una colpa.
Quando si configura la responsabilità medica per omissione di esami ormonali pre-operatori?
La responsabilità medica per omissione di esami ormonali pre-operatori si configura ogniqualvolta un paziente venga sottoposto a un intervento chirurgico, soprattutto in ambito endocrino, oncologico o metabolico, senza che siano stati preventivamente richiesti, eseguiti o valutati gli esami necessari a comprendere il suo assetto ormonale, e da tale mancanza derivi un errore nella scelta della terapia, una complicanza intra o post-operatoria evitabile o un danno clinico che poteva essere prevenuto. Gli esami ormonali, come il TSH, il paratormone, la calcitonina, il cortisolo, la prolattina o gli ormoni sessuali, non sono un dettaglio accessorio nella preparazione di un intervento: sono la base stessa per valutare la sicurezza e l’indicazione dell’atto chirurgico.
Quando un paziente deve affrontare una tiroidectomia, ad esempio, il TSH, il T3 e il T4 liberi sono indispensabili per determinare lo stato funzionale della ghiandola. Se il paziente è in ipertiroidismo, l’intervento deve essere rimandato e preceduto da una terapia medica per evitare crisi tireotossiche intraoperatorie. In caso contrario, il rischio è altissimo: tachiaritmie, instabilità pressoria, shock, arresto cardiaco. Se invece si tratta di una chirurgia paratiroidea, il dosaggio del paratormone e del calcio è imprescindibile per confermare la diagnosi, individuare la ghiandola iperfunzionante e calibrare l’intervento. Anche nel caso di sospetto carcinoma midollare della tiroide, la calcitonina è un marcatore fondamentale: non eseguirla significa operare senza sapere se si sta rimuovendo un tumore potenzialmente aggressivo.
Le omissioni non riguardano solo la diagnostica, ma anche la gestione clinica e anestesiologica. In pazienti con sospetto morbo di Cushing o con iposurrenalismo, la mancata valutazione del cortisolo e dell’ACTH può portare a crisi addisoniane sotto stress chirurgico. Nei soggetti con sospetto feocromocitoma, l’assenza di dosaggi delle catecolamine e dei metanefrine può tradursi in emergenze ipertensive in sala operatoria. In donne con disturbi mestruali, galattorrea o infertilità, la mancata valutazione della prolattina o degli ormoni sessuali può portare a scelte terapeutiche sbagliate, o a ritardi diagnostici su patologie come adenomi ipofisari o sindrome dell’ovaio policistico. Ogni valore ignorato è una parte di realtà clinica che viene negata.
Molti pazienti vengono operati senza che nessuno abbia studiato davvero il loro assetto endocrino. Ricevono un’indicazione chirurgica basata su esami ecografici, TAC o sintomi aspecifici, senza che il medico abbia chiesto: “Ma come funzionano le ghiandole di questo paziente?” E così, l’operazione si fa. Ma poi qualcosa va storto. Una crisi ipocalcemica nel post-operatorio. Una paralisi temporanea. Una recidiva della malattia. Una convalescenza insolitamente lunga. E solo dopo si scopre che un semplice esame del sangue avrebbe fatto emergere il problema. Ma ormai il bisturi ha tagliato. E il danno è fatto.
Il paziente, in questi casi, subisce una doppia lesione: fisica, perché l’operazione è stata condotta con informazioni incomplete; e morale, perché ha dato fiducia a un’équipe che non ha voluto approfondire. In molti casi, il danno è reversibile, ma richiede ulteriori trattamenti, farmaci, accertamenti. In altri, lascia strascichi per tutta la vita: una dipendenza da terapia ormonale sostitutiva, infertilità, stanchezza cronica, disturbi dell’umore. E tutto questo non era inevitabile. Era evitabile con un prelievo. Con una richiesta. Con un gesto di attenzione.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica è di tipo contrattuale secondo l’articolo 1218 del Codice Civile. Il paziente – o i familiari – devono dimostrare che il danno è derivato da un intervento condotto senza il supporto di esami ormonali fondamentali. Sarà poi il medico o la struttura a dover provare che l’omissione non ha avuto impatto causale, che la scelta terapeutica era comunque corretta e che il quadro clinico non richiedeva altri accertamenti. Ma in assenza di documentazione che dimostri un iter completo e conforme, la responsabilità si presume.
Il consenso informato, anche in questi casi, non giustifica l’omissione. Nessun paziente può acconsentire a un intervento non fondato su una valutazione completa. Nessuno firma per essere operato senza essere stato prima studiato. Il diritto alla cura non è solo il diritto a ricevere un intervento, ma a riceverlo nel modo più sicuro e personalizzato possibile.
In conclusione, la responsabilità medica per omissione di esami ormonali pre-operatori si configura ogniqualvolta l’intervento venga eseguito con una base diagnostica incompleta, e da ciò derivi un danno che poteva essere evitato con un corretto inquadramento clinico. La chirurgia endocrina non è mai cieca. Deve guardare dentro il corpo con occhi di laboratorio, prima ancora che con il bisturi. E quando quegli occhi restano chiusi, per superficialità o fretta, ogni taglio diventa un rischio inutile. Chi lo subisce ha diritto alla verità, a un riconoscimento e a un risarcimento. Perché la precisione, in medicina, comincia sempre da una domanda in più. E dal coraggio di cercare la risposta nei dati giusti, prima di passare al gesto definitivo.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Prescrizione limitata agli esami ematochimici generici
- Mancata consultazione con l’endocrinologo prima dell’intervento
- Scelta di operare pazienti con squilibri ormonali non compensati
- Assenza di documentazione pre-operatoria adeguata
- Sottovalutazione dei sintomi clinici da parte del team medico
Cosa prevede la legge?
- Art. 1218 c.c. – Responsabilità contrattuale del medico e della struttura
- Art. 2043 c.c. – Risarcimento del danno da fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di rispetto delle linee guida cliniche
- Art. 2236 c.c. – Anche nei casi complessi, l’imperizia e l’omissione sono perseguibili
Esempi concreti?
Uomo di 54 anni, tiroidectomia eseguita senza valutazione TSH/FT4. Crisi tireotossica intraoperatoria. Arresto cardiaco. Morte. Risarcimento ai familiari: 680.000 euro.
Donna di 60 anni, intervento bariatrico con diabete tipo 2 scompensato. Nessuna valutazione endocrina. Iperglicemia e coma. Risarcimento: 520.000 euro.
Paziente oncologica con sospetta massa surrenalica, nessuna valutazione cortisolo pre-intervento. Crisi addisoniana. Terapia intensiva e danni neurologici. Risarcimento: 610.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Crisi transitorie gestite in tempo: 40.000 – 90.000 euro
- Danni permanenti da scompenso endocrino: 250.000 – 450.000 euro
- Morte o stato vegetativo da omissione diagnostica: fino a 700.000 euro
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni per strutture private
- 5 anni per strutture pubbliche o medici dipendenti
- Decorrenza: dal momento in cui il paziente scopre il nesso tra danno e omissione pre-operatoria
Quali documenti servono?
- Cartella clinica pre-operatoria e post-operatoria
- Referti degli esami effettuati (o non effettuati)
- Anamnesi medica documentata
- Relazioni degli specialisti endocrini
- Eventuali perizie medico-legali
- Documentazione su complicanze sopraggiunte
Cosa può fare l’avvocato?
- Ricostruire l’iter diagnostico e operatorio
- Dimostrare la prevedibilità del danno in assenza di esami
- Collaborare con endocrinologi e medici legali
- Valutare il danno biologico, morale, professionale
- Attivare mediazione e, se necessario, causa giudiziaria
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Un intervento chirurgico non si improvvisa. Una valutazione pre-operatoria incompleta può trasformare una routine in tragedia. Gli esami ormonali non sono un’opzione, ma un obbligo in tutti i pazienti a rischio endocrino o metabolico. Quando vengono omessi, la responsabilità ricade su chi ha scelto di operare senza conoscere davvero il paziente.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità si occupano di questi casi con metodo e competenza:
- Collaborano con endocrinologi forensi e anestesisti esperti
- Verificano ogni lacuna nella preparazione pre-operatoria
- Analizzano la cartella clinica per dimostrare l’omissione
- Calcolano danni permanenti, spese mediche e impatto lavorativo
Perché la salute si costruisce con i dettagli. E anche un esame mancato può valere il diritto a una giustizia completa.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: