Introduzione
L’ERCP, acronimo di colangiopancreatografia retrograda endoscopica, è una procedura specialistica che consente di esplorare e trattare le vie biliari e pancreatiche. È spesso indicata per calcoli nella colangite, stenosi, tumori e pancreatiti croniche. Ma non è un esame banale.
L’ERCP è un atto invasivo ad alta complessità tecnica, che richiede competenza, attenzione e rispetto rigoroso delle indicazioni cliniche. In mani inesperte o in condizioni scorrette, può causare gravi complicanze, la più temuta delle quali è la pancreatite post-procedura.

La pancreatite acuta post-ERCP è una condizione dolorosa, invalidante, talvolta mortale. Se deriva da un errore tecnico, da una manovra forzata, da un uso scorretto dello strumento o da un’indicazione clinica sbagliata, il paziente ha diritto a essere risarcito.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è l’ERCP?
È una procedura che unisce endoscopia e radiologia per studiare il sistema bilio-pancreatico. Viene eseguita introducendo un endoscopio attraverso bocca, esofago e stomaco fino al duodeno, per raggiungere la papilla di Vater.
Consente:
- Rimozione di calcoli
- Inserimento di stent
- Prelievo di tessuti
- Dilatazione di stenosi
Cosa si intende per pancreatite post-ERCP?
È un’infiammazione acuta del pancreas che insorge dopo la procedura. I sintomi includono:
- Dolore epigastrico acuto irradiato alla schiena
- Vomito persistente
- Febbre e leucocitosi
- Aumento degli enzimi pancreatici (amilasi, lipasi)
Quando la pancreatite è dovuta a un errore tecnico?
- Quando la cannulazione è ripetuta con forzature della papilla
- Quando vengono irritati o danneggiati i dotti pancreatici con iniezioni contrastografiche eccessive
- Quando non si rispettano i tempi o la pressione dell’iniezione
- Quando l’indicazione all’ERCP era discutibile o evitabile
- Quando non viene usata la profilassi farmacologica raccomandata nei pazienti a rischio
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di pancreatite post-ERCP per errore tecnico?
L’ERCP – colangiopancreatografia retrograda endoscopica – è una procedura altamente specialistica, riservata a centri con esperienza consolidata e operatori formati. Serve a diagnosticare e trattare patologie delle vie biliari e pancreatiche: calcoli, stenosi, tumori, fistole. Ma come ogni manovra invasiva che agisce su strutture delicate e profondamente vascolarizzate, comporta rischi. Tra tutti, la pancreatite post-ERCP è la complicanza più temuta, più frequente e più sottovalutata. Quando compare, i sintomi possono degenerare in poche ore: dolore acuto, febbre, vomito, insufficienza multiorgano. E quando a scatenarla non è una predisposizione del paziente, ma un errore tecnico durante la procedura, allora non si parla più di sfortuna, ma di responsabilità.
Una delle prime cause di pancreatite post-ERCP è l’esecuzione ripetuta e forzata della cannulazione del dotto pancreatico. Se il medico non riesce a incannulare correttamente il coledoco, può finire per traumatizzare ripetutamente la papilla di Vater e imboccare, volontariamente o meno, il dotto pancreatico. Ogni tentativo errato, ogni manipolazione aggressiva, aumenta la pressione intraduttale, altera il deflusso pancreatico e scatena una risposta infiammatoria acuta. Quando il numero di tentativi supera i limiti consigliati, e non si cambia strategia (come il passaggio a tecniche pre-cut o l’intervento di un collega più esperto), la colpa non è della procedura. È di chi la esegue senza fermarsi in tempo.
Un altro errore tecnico frequente è la somministrazione inappropriata del mezzo di contrasto. Se viene iniettato nel dotto pancreatico con troppa pressione, oppure in quantità eccessive, si genera un’irritazione chimica che può portare in poche ore allo sviluppo di pancreatite. Anche la scelta del tipo di contrasto può incidere: se non è indicato per l’uso pancreatico, o se il paziente è allergico, il danno è duplice: infiammatorio e immunologico.
In alcuni casi, la pancreatite è scatenata dall’uso scorretto dello sfinterotomo o dell’elettrocauterio. Le manovre di sfinterotomia devono essere eseguite con estrema precisione, seguendo l’anatomia della papilla e limitando il taglio alle fibre muscolari strettamente necessarie. Un’incisione profonda o laterale può danneggiare i dotti pancreatici o causare un’ostruzione post-procedurale. Se lo sfinterotomo viene maneggiato con troppa forza o con orientamento errato, l’insulto meccanico si trasforma in infiammazione diffusa. E da lì, il pancreas inizia a reagire.
Una causa spesso sottovalutata è la selezione impropria dei pazienti candidati all’ERCP. Nonostante oggi molte diagnosi possano essere fatte con tecniche non invasive come RMN colangiopancreatica o EUS (ecoendoscopia), molti pazienti vengono comunque sottoposti a ERCP senza indicazione assoluta. E se la procedura viene eseguita “per vedere meglio” o “perché è disponibile subito”, l’intervento diventa sproporzionato rispetto al rischio. E quando il rischio si concretizza, la scelta iniziale viene rimessa in discussione.
Un altro errore grave riguarda la mancata profilassi farmacologica nei pazienti a rischio. Le linee guida internazionali raccomandano l’uso di FANS (come l’indometacina rettale) prima o subito dopo la procedura per ridurre l’incidenza della pancreatite. Alcuni centri non applicano queste raccomandazioni. Non somministrano il farmaco, oppure non lo documentano. E il paziente sviluppa la complicanza che si sarebbe potuta prevenire con una supposta. La negligenza in questo caso è doppia: tecnica e farmacologica.
Ci sono anche casi in cui l’insorgenza precoce dei sintomi non viene riconosciuta per tempo. Il paziente riferisce dolore addominale intenso subito dopo l’ERCP, nausea, febbre, distensione addominale. Ma viene rassicurato, trattenuto poche ore in osservazione e poi dimesso. Nessuno misura l’amilasi o la lipasi. Nessuno controlla i segni vitali in modo strutturato. Quando torna dopo 24 o 48 ore, il quadro è già compromesso: pancreatite acuta necrotizzante, versamenti peritoneali, aumento degli indici infiammatori. E allora l’errore non è solo nell’esecuzione della procedura. Ma anche nella sua gestione post-operatoria.
Dal punto di vista medico-legale, la pancreatite post-ERCP è una complicanza conosciuta, ma solo se è effettivamente imprevedibile, inevitabile, gestita secondo linee guida e con corretta informazione. Se invece deriva da cannulazioni ripetute, da tecnica scorretta, da indicazione non appropriata o da mancata profilassi, diventa responsabilità clinica a tutti gli effetti.
Le conseguenze possono essere gravi. Ricovero in terapia intensiva, digiuno prolungato, nutrizione parenterale, necrosi pancreatica, sepsi, insufficienza multiorgano. In alcuni casi, il paziente viene sottoposto a interventi demolitivi, perde peso in modo drammatico, non riesce più a digerire correttamente. Alcuni sopravvivono ma con invalidità permanente. Altri non ce la fanno. E tutto per una procedura che poteva essere evitata, o eseguita meglio.
La medicina non è fatta solo di tecniche. È fatta di decisioni, di limiti, di rispetto per il corpo umano. L’ERCP è una procedura potente, ma non è una scorciatoia. Quando viene usata con superficialità o senza formazione adeguata, non salva. Danneggia. E chi opera senza la dovuta perizia, deve rispondere non solo del risultato, ma anche di ogni dolore che ne è seguito.
Quando si configura la responsabilità medica per pancreatite post-ERCP per errore tecnico?
La responsabilità medica per pancreatite post-ERCP per errore tecnico si configura ogniqualvolta il paziente sviluppa un’infiammazione acuta del pancreas dopo una colangiopancreatografia retrograda endoscopica, e tale complicanza è riconducibile a una manovra scorretta, a una tecnica invasiva inappropriata, a una procedura eseguita senza indicazione clinica chiara o in assenza delle dovute misure di prevenzione. L’ERCP è una procedura delicata, riservata a pazienti selezionati, che può fornire informazioni diagnostiche e consentire interventi terapeutici nei distretti biliari e pancreatici. Ma proprio per la sua invasività, richiede esperienza, attenzione assoluta e giudizio clinico rigoroso.
Quando si esegue un’ERCP, il rischio di pancreatite acuta è noto e documentato. Tuttavia, la medicina moderna distingue chiaramente tra complicanze imprevedibili e danni evitabili. Se l’endoscopista effettua manovre ripetute di cannulazione non riuscita, traumatizza il dotto pancreatico, utilizza contrasto eccessivo, esegue una sfinterotomia inappropriata o impiega accessori non necessari, aumenta in modo diretto e significativo il rischio di sviluppare un’infiammazione pancreatica. E quando il danno è la conseguenza di una scelta tecnica errata, la responsabilità non è teorica: è concreta, documentabile, giuridicamente rilevante.
La pancreatite post-ERCP, se non prevenuta, si manifesta con dolore addominale intenso, nausea, vomito, febbre, leucocitosi, aumento degli enzimi pancreatici e, nei casi più gravi, può evolvere in forme necrotico-emorragiche, con shock settico, insufficienza multiorgano e morte. Alcuni pazienti richiedono ricoveri prolungati, nutrizione parenterale, drenaggi chirurgici o interventi di rimozione di tessuto necrotico. Altri portano con sé, per anni, esiti funzionali cronici: insufficienza pancreatica, diabete secondario, dolore persistente. Quando la pancreatite nasce da un errore di manovra, da un’esecuzione affrettata, da una sottovalutazione della complessità anatomica del paziente, il danno si lega direttamente alla mano che ha guidato l’endoscopio.
Non meno grave è la scelta di eseguire un’ERCP in assenza di reale indicazione. Oggi, con tecniche come la colangio-RMN o l’ecoendoscopia, molti casi possono essere inquadrati con metodi non invasivi. Se il paziente viene sottoposto a ERCP solo per ragioni diagnostiche, senza urgenza clinica, o senza che siano state escluse alternative meno rischiose, il principio di proporzionalità terapeutica viene violato. E se da tale scelta deriva una pancreatite, la responsabilità medica è aggravata dal fatto che il danno è nato da un intervento che non doveva nemmeno iniziare.
Anche la prevenzione gioca un ruolo centrale. Esistono protocolli condivisi che prevedono la somministrazione di farmaci come gli antinfiammatori rettali (indometacina o diclofenac) per ridurre il rischio di pancreatite, l’uso selettivo di stent pancreatici in pazienti a rischio, l’impiego di tecniche “wire-guided” per limitare i traumi al dotto pancreatico. Se queste precauzioni non vengono adottate o vengono ignorate, l’omissione di una buona pratica clinica è già, di per sé, una forma di negligenza.
Dal punto di vista della gestione post-procedura, la responsabilità si configura anche quando i sintomi precoci di pancreatite non vengono riconosciuti, i controlli ematochimici non vengono eseguiti, oppure si ritarda l’intervento terapeutico. Se un paziente manifesta dolore addominale dopo ERCP, il primo dovere del medico è escludere tempestivamente l’infiammazione pancreatica. Quando questo non avviene, la diagnosi arriva tardi e le complicanze si aggravano. Il tempo, in questi casi, è un alleato solo per chi sa riconoscere. Per gli altri, diventa colpa.
Le conseguenze per il paziente possono essere devastanti. Dolore costante, ricoveri ripetuti, interventi chirurgici correttivi, paura cronica del cibo e delle recidive, perdita di peso, alterazioni endocrine irreversibili. Alcuni vengono segnati per anni da una patologia che si è manifestata in seguito a un esame che doveva aiutare, non danneggiare. E ogni volta che il pancreas infiammato si ribella, ricorda quel momento in cui si poteva fare meglio. Ma non si è fatto.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica è di tipo contrattuale, ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile. Il paziente deve dimostrare di aver subìto una pancreatite acuta come conseguenza diretta dell’ERCP. Spetterà al medico e alla struttura dimostrare di aver agito secondo le linee guida, con tecnica appropriata, con indicazione corretta, con consenso informato e con tutte le misure preventive previste. In assenza di tracciabilità, descrizione dettagliata delle manovre, motivazione clinica e documentazione del follow-up, la responsabilità si presume.
Il consenso informato, come sempre, non è una difesa se manca la sostanza. Nessun paziente firma per autorizzare una procedura inutile o rischiosa. Nessuno accetta consapevolmente un errore tecnico. Il consenso è valido solo se preceduto da una vera informazione e seguito da una condotta adeguata. Firmare non è cedere alla sorte. È fidarsi. E chi riceve quella fiducia ha il dovere di meritarla.
In conclusione, la responsabilità medica per pancreatite post-ERCP per errore tecnico si configura ogniqualvolta l’infiammazione pancreatica derivi da una manovra scorretta, da una procedura non indicata, da una tecnica inadeguata o da un’omessa prevenzione e sorveglianza. La mano che guida l’endoscopio porta con sé una grande responsabilità: entra in un corpo vivo, fragile, e decide il confine tra aiuto e danno. Quando quel confine viene oltrepassato per imprudenza, il paziente ha diritto alla verità. E a essere risarcito per ogni giorno in cui il dolore ha preso il posto della fiducia.
Cosa prevede la legge?
- Art. 1218 c.c. – Inadempimento dell’obbligazione sanitaria
- Art. 2043 c.c. – Danno da fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di agire secondo linee guida e protocolli condivisi
- Art. 2236 c.c. – Anche nei casi complessi, il medico risponde se agisce con negligenza o imperizia
Esempi concreti?
Uomo di 63 anni, ERCP per sospetto calcolo. Cannulazione forzata. Pancreatite necrotico-emorragica. Morte in rianimazione. Risarcimento ai familiari: 700.000 euro.
Donna di 52 anni, ERCP indicata senza urgenza. Profilassi non somministrata. Pancreatite con ricovero di 28 giorni. Diabete secondario. Risarcimento: 480.000 euro.
Paziente di 46 anni, più tentativi falliti. Enzimi saliti a valori critici, ricovero in intensiva. Pancreas danneggiato. Risarcimento: 530.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Pancreatite reversibile con ricovero: 40.000 – 100.000 euro
- Complicanze con diabete e insufficienza pancreatica: 200.000 – 400.000 euro
- Morte o invalidità permanente: fino a 700.000 euro
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni contro strutture private
- 5 anni contro ospedali pubblici o medici dipendenti
- Il termine decorre dal momento della consapevolezza del danno e della sua origine medico-tecnica
Quali documenti sono indispensabili?
- Cartella clinica dell’ERCP
- Referti degli esami di laboratorio (amilasi, lipasi)
- TAC o RMN addominale post-esame
- Relazioni cliniche sulla gestione della pancreatite
- Consenso informato
- Perizia medico-legale gastroenterologica
Cosa può fare l’avvocato?
- Analizzare la correttezza dell’indicazione e della tecnica usata
- Verificare se sono stati rispettati i protocolli di sicurezza
- Collaborare con gastroenterologi esperti e medici legali
- Quantificare il danno biologico, patrimoniale e morale
- Promuovere l’azione di risarcimento in sede civile o mediazione
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Un esame diagnostico non dovrebbe mai peggiorare la condizione di un paziente. Quando l’ERCP causa pancreatite per un errore tecnico, non si tratta di sfortuna: si tratta di un danno evitabile, e come tale, risarcibile.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità affrontano da anni casi di complicanze da ERCP:
- Collaborano con gastroenterologi forensi e internisti esperti
- Verificano ogni passaggio della procedura, dall’indicazione alla tecnica
- Ricostruiscono l’intero iter clinico alla ricerca del punto critico
- Quantificano con rigore il danno fisico, lavorativo, esistenziale
Perché il diritto è l’unica risposta possibile quando la medicina fallisce per imperizia.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: