Le cardiomiopatie sono malattie del muscolo cardiaco che alterano la struttura e la funzione del cuore. Possono essere dilatative, ipertrofiche, restrittive o aritmogene, e spesso sono silenti nelle fasi iniziali, ma con il tempo possono portare a scompenso cardiaco, aritmie gravi, sincope e morte improvvisa. La diagnosi precoce è fondamentale per iniziare cure farmacologiche, impiantare dispositivi salvavita (come defibrillatori) e ridurre il rischio di eventi fatali.

Quando i sintomi vengono sottovalutati, gli esami non vengono richiesti o i segnali clinici vengono interpretati in modo errato, la cardiomiopatia può rimanere non diagnosticata fino alla comparsa di eventi gravi o irreversibili. In questi casi, il paziente – o i familiari – hanno diritto a un risarcimento, se l’omissione dipende da negligenza, imperizia o imprudenza medica.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più comuni della mancata diagnosi di cardiomiopatia?
Le cardiomiopatie sono un gruppo eterogeneo di malattie del muscolo cardiaco, caratterizzate da disfunzione meccanica e/o elettrica, che possono condurre a insufficienza cardiaca, aritmie maligne, sincope o morte improvvisa. Nonostante i progressi nella diagnostica per immagini e nella genetica cardiovascolare, la diagnosi di cardiomiopatia viene spesso posta in ritardo o del tutto mancata, soprattutto nelle fasi iniziali o nei pazienti con sintomi sfumati. Le ragioni sono molteplici e coinvolgono sia le caratteristiche cliniche della malattia che il contesto decisionale del medico, influenzato da variabili cognitive, organizzative e ambientali.
Una delle cause principali è la variabilità della presentazione clinica. La cardiomiopatia può manifestarsi con segni molto lievi: affaticamento, intolleranza allo sforzo, palpitazioni occasionali o lievi edemi declivi. Questi sintomi sono facilmente attribuiti ad ansia, decondizionamento fisico, problemi respiratori o disturbi digestivi. Nei soggetti giovani o sportivi, la comparsa di dispnea o stanchezza viene spesso giustificata da allenamenti intensi o da carichi emotivi. Senza un’attenta anamnesi e un esame obiettivo completo, il medico può non sospettare una patologia strutturale del cuore, e dunque non procedere con gli accertamenti necessari.
Un altro aspetto critico è la mancata esecuzione o la sottovalutazione dell’elettrocardiogramma. Un ECG può mostrare alterazioni aspecifiche (come deviazioni dell’asse, blocchi incompleti di branca, onde T invertite, extrasistolia), che vengono spesso interpretate come varianti normali. Tuttavia, in alcune forme di cardiomiopatia — come la ipertrofica, la dilatativa o l’aritmogena — l’ECG può già fornire indizi importanti, purché vengano letti con competenza e correlati alla clinica. Se invece viene ritenuto “normale” in modo sommario, o se le anomalie vengono minimizzate, il sospetto non si attiva.
L’assenza di una valutazione ecocardiografica precoce nei pazienti con sintomi cardiovascolari persistenti rappresenta un’altra causa importante di mancata diagnosi. L’ecocardiogramma transtoracico è uno strumento accessibile, non invasivo e ad alta sensibilità per individuare anomalie della contrattilità, ipertrofia ventricolare, dilatazione delle camere o alterazioni valvolari. Tuttavia, non sempre viene richiesto tempestivamente, soprattutto nei pazienti giovani o senza fattori di rischio coronarico classico. In presenza di dispnea cronica o tachicardia non spiegata, il medico può limitarsi a prescrivere esami ematici e radiografia del torace, senza approfondire con l’imaging cardiaco.
Un problema rilevante è la confusione tra cardiomiopatia e altre condizioni cardiovascolari più comuni, come l’ipertensione o la cardiopatia ischemica. In pazienti con lieve ipertrofia ventricolare o con lieve dilatazione dell’atrio sinistro, le alterazioni vengono spesso attribuite esclusivamente all’ipertensione arteriosa o al semplice invecchiamento cardiaco. Ma la diagnosi di “cardiopatia ipertensiva” non deve essere un’etichetta automatica: la presenza di sintomi o di un pattern atipico dovrebbe indurre a pensare anche a forme primitive o genetiche.
Nei pazienti giovani o asintomatici, soprattutto atleti o soggetti sportivi, la diagnosi di cardiomiopatia viene ostacolata dalla falsa rassicurazione derivante da una buona performance fisica apparente. Tuttavia, proprio in questi soggetti alcune forme di cardiomiopatia — come la ipertrofica o l’aritmogena del ventricolo destro — possono restare silenti fino al primo evento aritmico grave. Se non vengono eseguiti screening elettrocardiografici o ecocardiografici nei contesti sportivi agonistici, o se i sintomi vengono minimizzati, la malattia può progredire inosservata fino a manifestarsi con sincope o morte improvvisa.
La familiarità, quando presente, non sempre viene indagata in modo adeguato. Molti casi di cardiomiopatia dilatativa o ipertrofica hanno una base genetica, con trasmissione autosomica dominante e penetranza variabile. Se il medico non chiede attivamente se in famiglia ci sono stati casi di morte improvvisa, scompenso cardiaco o portatori di defibrillatore, una delle piste diagnostiche più importanti può non essere mai esplorata. Anche le miocardiopatie non classificate, come quelle restrittive, richiedono una sensibilità particolare per essere sospettate.
Una fonte di errore frequente è la sovrapposizione della sintomatologia con quadri respiratori, psichiatrici o metabolici. Pazienti con dispnea cronica, astenia o palpitazioni possono ricevere diagnosi di broncopneumopatia, ansia generalizzata o ipotiroidismo, senza che venga valutato il cuore come possibile origine del problema. Se il medico si limita a un approccio sintomatico e non considera la possibilità di una disfunzione cardiaca sottostante, la cardiomiopatia resta fuori dal percorso diagnostico. Anche le forme “secche”, cioè senza edemi o congestione franca, possono essere erroneamente escluse dalla diagnosi differenziale dello scompenso cardiaco.
Un altro ostacolo è rappresentato dalla variabilità nel quadro clinico e strumentale nel tempo. Alcune cardiomiopatie, soprattutto quelle indotte da farmaci, peripartum o alcoliche, possono iniziare con modeste anomalie, che regrediscono parzialmente e poi peggiorano in seguito. Se il medico osserva un miglioramento clinico transitorio, può decidere di non approfondire ulteriormente. Tuttavia, una cardiomiopatia non va esclusa in base a un solo dato, ma richiede un follow-up attento e prolungato.
La disponibilità limitata di esami di secondo livello — come la risonanza magnetica cardiaca, lo studio elettrofisiologico o la genetica molecolare — può costituire un limite oggettivo. Anche quando il sospetto viene posto, l’accesso a questi strumenti può essere lento, e in alcuni casi la mancanza di consulenze multidisciplinari rallenta o blocca l’iter diagnostico. Un paziente con ECG anomalo, ecocardiogramma dubbio e sintomi persistenti può restare senza diagnosi per mesi, se non inserito in un percorso strutturato di cardiologia avanzata.
In alcuni casi, la cardiomiopatia viene individuata solo in occasione di complicanze gravi: fibrillazione ventricolare, embolia, sincope traumatica, o scompenso acuto refrattario. A quel punto, la diagnosi è evidente, ma le opportunità di prevenzione e di protezione (come l’impianto precoce di un defibrillatore) sono ormai sfumate. La medicina moderna deve mirare a intercettare la cardiomiopatia molto prima, quando è ancora compensata e potenzialmente modificabile.
In conclusione, la mancata diagnosi di cardiomiopatia è spesso il risultato di un’interazione complessa tra presentazioni cliniche sfumate, mancanza di sospetto diagnostico, interpretazioni semplificate, e limiti nell’uso degli strumenti diagnostici. È una malattia che si nasconde tra le pieghe della normalità, che si annuncia con segnali deboli, e che può diventare devastante se ignorata.
Ogni paziente con dispnea inspiegata, sincope, tachicardia persistente o familiarità per patologie cardiache deve essere valutato con attenzione. Ogni ECG anomalo merita uno sguardo in più. Ogni cuore che batte irregolarmente chiede un’ecografia, anche quando sembra in salute. Perché il muscolo cardiaco non parla a voce alta: ma chi lo sa ascoltare, può salvarlo in tempo.
Quanto è pericolosa una cardiomiopatia non diagnosticata?
Le cardiomiopatie, se non individuate, possono evolvere in:
- Scompenso cardiaco congestizio, con edema, ascite, affanno anche a riposo;
- Aritmie ventricolari maligne, spesso fatali se non monitorate;
- Sincope improvvisa, anche durante attività quotidiane o sportive;
- Morte improvvisa, soprattutto nei giovani con forme ipertrofiche o aritmogene;
- Invalidità permanente, con necessità di trapianto cardiaco in fase terminale.
Una diagnosi precoce consente invece l’avvio di farmaci salvavita, dispositivi impiantabili e un controllo stretto del ritmo e della funzione cardiaca.
Quando si configura la responsabilità medica?
La responsabilità medica per diagnosi mancata di cardiomiopatia si configura quando il medico, pur in presenza di sintomi suggestivi, alterazioni elettrocardiografiche, ecocardiografiche o segni di disfunzione cardiaca, non formula il corretto sospetto clinico, non attiva gli accertamenti diagnostici necessari o ritarda il coinvolgimento dello specialista, determinando un peggioramento progressivo della condizione, l’insorgenza di scompenso, aritmie gravi o morte improvvisa. Le cardiomiopatie, soprattutto nelle forme dilatative, ipertrofiche o aritmogene, possono manifestarsi in modo subdolo e insidioso, ma ciò non giustifica la sottovalutazione di segni clinici noti e documentabili. La diagnosi precoce è essenziale per attuare misure di prevenzione, trattamenti farmacologici adeguati e, in molti casi, salvare la vita del paziente.
Le forme più frequenti di cardiomiopatia comprendono la dilatativa, l’ipertrofica e l’aritmogena del ventricolo destro. Ognuna di esse può esordire con segni diversi: affaticamento, dispnea da sforzo, palpitazioni, sincope, dolore toracico atipico, intolleranza all’esercizio o edemi periferici. In molti casi, la sintomatologia è inizialmente attribuita a stress, ansia, asma o infezioni virali. Il medico che non indaga i sintomi cardiovascolari con ECG, ecocardiogramma o, se necessario, risonanza magnetica cardiaca, omette un passaggio diagnostico obbligato in presenza di segnali sospetti.
Un errore frequente si verifica quando un paziente, anche giovane, accusa episodi ricorrenti di sincope, tachicardie o affaticamento senza spiegazione apparente, e non viene indirizzato a una visita cardiologica. Le forme giovanili di cardiomiopatia possono evolvere silenziosamente e diventare evidenti solo al primo evento aritmico maligno o scompenso acuto. Se esistono precedenti familiari, ECG alterato o sintomi ricorrenti, la mancata attivazione del sospetto diagnostico configura una responsabilità per negligenza clinica.
Anche il medico di medicina generale può incorrere in responsabilità se trascura l’esecuzione o l’interpretazione di un ECG anomalo, se non controlla valori di BNP elevati o se non coglie il significato clinico della presenza di soffi cardiaci, ritmo di galoppo o toni ovattati. In soggetti con ipertensione mal controllata, diabete, pregresso abuso di alcol o storia di miocardite, la probabilità di cardiomiopatia è più alta. Se questi elementi vengono ignorati o se i sintomi sono trattati con terapie sintomatiche senza una valutazione della funzione cardiaca, la diagnosi viene rimandata oltre il limite ragionevole di prudenza clinica.
Anche nelle strutture di pronto soccorso il rischio di diagnosi mancata è elevato. Pazienti che accedono con dispnea, astenia o dolore toracico atipico possono essere dimessi con diagnosi di “sindrome influenzale” o “disturbo d’ansia” senza alcun ECG o radiografia del torace, né analisi degli indici cardiaci. In alcuni casi, la cardiomiopatia viene diagnosticata solo dopo il primo episodio di scompenso grave, shock cardiogeno o aritmia ventricolare. Se, a posteriori, si rileva che il paziente aveva già riferito episodi sintomatici nei giorni o settimane precedenti, il ritardo nella diagnosi assume rilevanza medico-legale.
Nei pazienti ricoverati, la responsabilità emerge se non viene effettuato un follow-up cardiologico adeguato nonostante la presenza di segni di sofferenza miocardica: alterazioni di ECG, aumento di troponina o BNP non spiegati da infarto, versamento pericardico o peggioramento improvviso della funzione ventricolare. L’ecocardiogramma rappresenta un’indagine di primo livello irrinunciabile, così come la risonanza cardiaca per l’analisi morfologica e tissutale. Omettere questi accertamenti nei pazienti con dati di laboratorio e clinica compatibili con disfunzione ventricolare è un errore tecnico rilevante.
Le forme familiari o genetiche di cardiomiopatia impongono anche la valutazione dei familiari di primo grado. Se un paziente con storia di morte improvvisa in famiglia, sincope inspiegata o aritmie viene gestito senza alcuna indagine strutturale o genetica, la mancanza di approfondimento configura una colpa per superficialità. In questi casi, anche la mancata raccolta anamnestica approfondita può avere effetti letali.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità per diagnosi mancata si fonda sul nesso tra l’omissione diagnostica e il peggioramento clinico: progressione verso scompenso cardiaco, necessità di impianto di defibrillatore in urgenza, trapianto cardiaco o decesso. Non serve provare che la malattia sarebbe stata curata del tutto: è sufficiente dimostrare che una diagnosi tempestiva avrebbe rallentato l’evoluzione, evitato eventi acuti o consentito una pianificazione terapeutica efficace. Il principio della perdita di chance è pienamente applicabile.
Le consulenze tecniche analizzano l’anamnesi, gli accessi sanitari, gli esami prescritti, i tempi di risposta, i referti ecocardiografici, l’interpretazione dell’ECG e la coerenza dell’iter con le linee guida cardiologiche. Se si dimostra che un altro medico, a parità di condizioni, avrebbe sospettato la cardiomiopatia già in fase iniziale, e attivato un percorso diagnostico appropriato, la colpa professionale diventa giuridicamente fondata.
Le cardiomiopatie sono malattie gravi, spesso progressive, ma non imprevedibili. Richiedono attenzione clinica, tempestività e capacità di lettura integrata dei dati. Quando queste doti mancano, la malattia viene lasciata avanzare senza controllo, e il danno che ne deriva non è più solo biologico: è il risultato di un’occasione perduta per responsabilità medica. E questa occasione, in molti casi, è l’unica che il paziente aveva per salvarsi.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), sulla sicurezza delle cure e la responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 Codice Civile, per il danno ingiusto da fatto illecito;
- Art. 2236 Codice Civile, per responsabilità in ambiti tecnico-specialistici complessi;
- Art. 1218 Codice Civile, per responsabilità contrattuale della struttura sanitaria;
- Art. 589 e 590 Codice Penale, per omicidio colposo e lesioni personali da errore medico.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Giovane sportivo deceduto per arresto cardiaco da cardiomiopatia ipertrofica mai diagnosticata: risarcimento agli eredi di 1.500.000 euro;
- Paziente con sincope recidivante e dispnea trattato per ansia, ricoverato per arresto e salvato in extremis: risarcimento di 980.000 euro;
- Ritardo di 2 anni nella diagnosi di cardiomiopatia dilatativa, poi necessitante trapianto cardiaco: risarcimento di 1.200.000 euro;
- Famiglia con due lutti per morte improvvisa, senza mai essere indirizzata a test genetici o screening cardiologici: risarcimento complessivo di 1.300.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
In caso di cardiomiopatia non diagnosticata o trattata in ritardo, il paziente o i suoi familiari possono:
- Rivolgersi a un avvocato specializzato in malasanità e responsabilità medica cardiologica;
- Richiedere una perizia medico-legale con supporto di cardiologi esperti in aritmologia e genetica cardiovascolare;
- Analizzare tutta la documentazione clinica: referti omessi, diagnosi sbagliate, esami non richiesti;
- Avviare un’azione legale per ottenere il giusto risarcimento per i danni fisici, morali, patrimoniali ed esistenziali subiti.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità collaborano con medici legali, cardiologi e genetisti forensi, garantendo una tutela completa, tecnica e orientata al risultato.
Conclusione
Le cardiomiopatie non sono rare e, se riconosciute in tempo, sono gestibili con farmaci, dispositivi e controlli regolari. Quando un errore medico impedisce questa possibilità, il rischio è la perdita della salute o della vita stessa.
Se tu o un tuo familiare avete vissuto una situazione di malasanità legata a una cardiomiopatia non individuata, non aspettare. Agisci per conoscere la verità e ottenere il risarcimento che ti spetta per legge.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: