Il cateterismo vescicale è una procedura sanitaria largamente utilizzata per svuotare la vescica, monitorare la diuresi, prevenire la ritenzione urinaria o gestire pazienti allettati. È considerato un intervento di routine, ma deve essere eseguito con attenzione, igiene e precisione tecnica.

Quando il posizionamento del catetere viene eseguito in modo scorretto o con forza, può causare lesioni uretrali, perforazioni, emorragie, infezioni urinarie, dolori persistenti o danni permanenti alla vescica o all’uretra. Se tali eventi derivano da imperizia, negligenza o disattenzione del personale sanitario, il paziente ha diritto a un risarcimento per danni da malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più comuni delle lesioni durante il posizionamento di un catetere vescicale, quando imputabili a colpa medica?
Il cateterismo vescicale è una procedura largamente utilizzata in ambito medico, tanto in regime di emergenza quanto in degenze ospedaliere o in contesti assistenziali cronici. Serve per il drenaggio dell’urina in pazienti che non possono urinare spontaneamente, per monitorare la diuresi, per somministrare farmaci in vescica o per favorire la guarigione dopo interventi urologici. Pur essendo considerata una manovra a bassa complessità, il suo errato posizionamento può provocare lesioni gravi a carico dell’uretra, della prostata, del collo vescicale o della stessa vescica. Quando tali danni sono evitabili e riconducibili a imperizia, negligenza o violazione delle linee guida, si configurano responsabilità professionali specifiche.
Una delle cause più frequenti è l’inserimento del catetere con eccessiva forza o senza adeguata lubrificazione. La mucosa uretrale è delicata, soprattutto nei pazienti anziani, con pregressi interventi, infezioni o stenosi. Se il professionista forza il passaggio del catetere incontrando resistenza, senza interrompere la manovra o senza effettuare una valutazione specialistica, può causare lacerazioni dell’uretra, emorragie, perforazioni o creazione di false strade.
Il mancato riconoscimento di un’anatomia uretrale alterata è una seconda causa rilevante. Pazienti con ipertrofia prostatica benigna, neoplasie urogenitali, stenosi uretrali o esiti cicatriziali presentano maggiori difficoltà nell’inserimento del catetere. Se il medico o l’infermiere procede comunque senza richiedere l’ausilio dell’urologo, senza utilizzare cateteri più sottili, con punta curva (tipo Couvelaire o Tiemann), o senza ecoguida, il danno è prevedibile e quindi evitabile.
L’errato gonfiaggio del palloncino del catetere fuori dalla vescica è una delle complicanze più gravi. Se il palloncino viene gonfiato mentre il catetere si trova ancora nell’uretra o nel collo vescicale, si verifica una dilatazione forzata che può provocare lacerazioni, rotture mucose e dolore intenso. Nei casi peggiori, può causare la rottura uretrale completa, infezioni sovrapposte e necessità di intervento chirurgico. Questa è una delle cause più frequenti di responsabilità clinica legata al cateterismo.
Anche la scarsa preparazione della procedura è un fattore critico. Il cateterismo non dovrebbe mai essere effettuato senza aver prima verificato le indicazioni, informato il paziente, posizionato correttamente il corpo, preparato il campo sterile e lubrificato il dispositivo. In contesti in cui la manovra viene eseguita con superficialità, in fretta o senza rispetto delle norme igieniche, il rischio di lesione aumenta insieme a quello di infezione.
Il posizionamento in pazienti non collaboranti, con demenza, agitazione psicomotoria o disturbi neurologici, richiede cautela e strategie specifiche. Se l’operatore forza l’inserimento su un paziente che si muove, non immobilizza adeguatamente il bacino, non utilizza presidi di contenimento o sedazione leggera quando necessaria, espone il tratto urinario a danni meccanici severi.
Nei pazienti di sesso femminile, un errore frequente è la cattiva identificazione dell’uretra, soprattutto in pazienti obesi, allettati o con incontinenza cronica. In questi casi, il catetere può essere inserito erroneamente nella vagina, causando trauma, lacerazioni e posizionamenti ripetuti con ulteriori rischi di lesione e infezione. Il mancato uso di uno speculum, di una fonte luminosa adeguata o l’assenza di personale di supporto contribuiscono alla genesi dell’errore.
Un altro elemento rilevante è l’insufficiente verifica del corretto posizionamento del catetere. Dopo l’inserimento, il reflusso spontaneo di urina è un segno importante, ma non sempre presente. In assenza di diuresi immediata, il medico o l’infermiere dovrebbero controllare la posizione con una siringa di lavaggio o con ecografia vescicale. Procedere al gonfiaggio del palloncino “alla cieca”, per mancanza di urina visibile, è un comportamento ad altissimo rischio.
L’uso improprio di cateteri rigidi o non indicati per il paziente è un’altra fonte di errore. L’utilizzo di cateteri da uomo su pazienti di sesso femminile o pediatrici, oppure l’impiego di cateteri Foley standard in presenza di chirurgia urologica recente, può comportare danni meccanici e dolore. L’inadeguata formazione nella scelta del materiale è una mancanza organizzativa e individuale.
Le complicanze immediate includono ematuria, dolore acuto, falso passaggio uretrale, ritenzione urinaria paradossa, perforazione del collo vescicale. Quelle tardive comprendono uretriti, stenosi, fistole, infezioni ricorrenti, ritenzione cronica e, in casi estremi, necessità di derivazioni urinarie alternative permanenti.
Dal punto di vista medico-legale, ogni lesione conseguente al posizionamento di un catetere vescicale deve essere valutata alla luce della prevedibilità, della tecnica utilizzata e della documentazione presente. Se vi è un danno anatomico e non vi sono note cliniche che descrivono difficoltà particolari, richieste di consulenze urologiche o tentativi con dispositivi alternativi, l’operatore risponde pienamente dell’evento avverso.
Anche l’omessa segnalazione della complicanza contribuisce alla responsabilità. In molti casi, la lesione viene scoperta solo successivamente, quando il paziente presenta dolore, ematuria o febbre. Se nessuna segnalazione è stata fatta al momento della manovra, e se l’evento è stato minimizzato, la colpa si aggrava, sia dal punto di vista clinico che deontologico.
La formazione specifica su questa procedura è fondamentale. Il cateterismo viene spesso appreso nei primi anni di pratica clinica, ma l’assenza di simulazioni, tutoraggio e aggiornamenti può consolidare errori tecnici che diventano automatismi sbagliati. La supervisione nei contesti ad alto rischio è essenziale.
Il paziente ha diritto a essere informato dei rischi della procedura, anche se considerata routinaria. L’informazione, la registrazione dell’esecuzione e l’identificazione di eventuali difficoltà devono sempre far parte della documentazione clinica. In assenza di queste voci, ogni complicanza viene letta come evento evitabile.
In conclusione, le lesioni da cateterismo vescicale sono spesso il risultato di una manovra semplice trasformata in atto dannoso per mancanza di attenzione, valutazione anatomica, formazione o rispetto delle linee guida. L’apparente banalità del gesto non giustifica mai la superficialità. Il rischio c’è sempre, e proprio per questo la responsabilità è piena.
Ogni uretra ha una storia, ogni vescica una struttura da rispettare. Ogni catetere inserito senza pensiero è una lesione che si poteva evitare. Ogni paziente che soffre per un atto maldestro non ha sbagliato medico, ha subìto un’assenza di cura. E la cura, in medicina, si vede proprio nei gesti più piccoli. In quelli che tutti danno per scontati. Ma che possono cambiare tutto.
Quali sono le possibili conseguenze?
- Lesione dell’uretra, con sanguinamento, dolore e difficoltà urinarie;
- Perforazione vescicale, con rischio di peritonite o intervento chirurgico;
- Infezioni del tratto urinario (IVU) e pielonefriti;
- Ritenzione urinaria paradossa o incontinenza post-trauma;
- Formazione di fistole uretrali o vescico-cutanee;
- Necessità di ricostruzione chirurgica o cateterizzazione permanente;
- Dolore cronico pelvico, disfunzioni sessuali, disagio psicologico;
- Nei casi più gravi, invalidità permanente o sepsi uroseptica.
Quando si configura la responsabilità medica per lesioni durante il posizionamento di un catetere vescicale
La responsabilità medica per lesioni durante il posizionamento di un catetere vescicale si configura ogni volta che la manovra di cateterismo viene eseguita con imperizia tecnica, senza adeguata valutazione clinica, con strumenti non appropriati, o in presenza di controindicazioni non considerate, provocando danni all’uretra, alla vescica, alle strutture pelviche o determinando infezioni urinarie e complicanze post-procedurali. Il catetere vescicale è un presidio molto diffuso in ambito ospedaliero, ma la sua apparente semplicità non lo rende esente da rischi. Quando la mano che lo posiziona è incerta o disattenta, il danno non è una complicanza: è un errore evitabile.
Le lesioni uretrali sono tra le più frequenti. Possono verificarsi in pazienti maschi, soprattutto anziani o con storia di ipertrofia prostatica, nei quali l’anatomia dell’uretra risulta tortuosa e ristretta. Se si forza l’ingresso del catetere in presenza di resistenza, senza utilizzare lubrificanti idonei, senza adottare tecniche alternative o senza richiedere l’intervento di un urologo, il rischio di perforazione o falsa via è elevato. E il gesto che doveva drenare, finisce per lacerare.
Anche la scelta del calibro è cruciale. Se si utilizza un catetere di dimensioni eccessive, o si introduce un palloncino in posizione errata — ad esempio quando la punta del catetere non ha ancora raggiunto la vescica — la distensione può causare lacerazioni della parete uretrale o vescicale. In questi casi, il paziente manifesta immediatamente dolore acuto, sangue nelle urine, resistenza al deflusso o impossibilità di drenaggio. Se il segnale d’allarme viene ignorato, la lesione può aggravarsi rapidamente, fino a causare emorragie o infezioni profonde.
Il cateterismo in emergenza presenta rischi ulteriori. Nei pazienti agitati, incoscienti, politraumatizzati o con deficit neurologici, la manovra va eseguita con estrema cautela, possibilmente con due operatori. Se, per velocizzare, si procede in fretta e senza valutare l’anatomia, il rischio di lesioni meccaniche o di introduzione sterile compromessa è concreto. E quando il danno nasce dalla fretta, la responsabilità si accompagna all’imprudenza.
Le donne non sono esenti da complicanze. Una cattiva identificazione dell’uretra può portare all’inserimento del catetere in vagina, oppure a traumi uretrali per eccessiva manipolazione. Nei casi in cui l’anatomia è alterata da parto, atrofia, interventi ginecologici o prolassi, serve esperienza e attenzione. Se si tenta l’inserimento più volte senza riuscita e senza chiedere aiuto, l’ostinazione tecnica diventa colpa clinica.
L’asepsi è un altro aspetto centrale. La procedura deve essere eseguita con guanti sterili, lubrificante monouso, detergente per il meato e catetere sterile a circuito chiuso. Ogni violazione del protocollo aumenta il rischio di infezioni urinarie ascendenti, che possono evolvere in cistiti, pielonefriti o sepsi. Se il paziente sviluppa una batteriemia e non ci sono annotazioni sulla sterilità del gesto, la catena causale è chiara, e la responsabilità emerge anche per negligenza organizzativa.
La sorveglianza post-procedura è fondamentale. Il paziente con catetere deve essere controllato per quantità e qualità delle urine, presenza di dolore, febbre, sangue, difficoltà di deflusso. Se la lesione non viene riconosciuta tempestivamente, e il paziente peggiora, il danno secondario è attribuibile anche alla mancata vigilanza.
Nei casi peggiori, la lesione comporta la necessità di ricostruzione chirurgica, l’uso di cateteri sovrapubici, infezioni sistemiche, cicatrici uretrali, ritenzione urinaria cronica, fistole o incontinenza. Dal punto di vista medico-legale, la perizia valuta la corretta indicazione al cateterismo, la tecnica impiegata, la registrazione della manovra e la gestione della complicanza. Se la cartella clinica non riporta nulla, o non vi è traccia di consenso informato, l’assenza di trasparenza aggrava la posizione di chi ha eseguito la procedura.
Anche il consenso informato, spesso trascurato per questa manovra considerata “di routine”, assume valore determinante. Il paziente deve essere informato dei rischi di lesioni, infezioni, dolore e sanguinamento, anche se minimi. Un gesto semplice non significa un rischio nullo. E la leggerezza nella comunicazione è già una forma di responsabilità.
La formazione degli operatori è un elemento chiave. Se chi ha posizionato il catetere non era adeguatamente formato o non aveva mai eseguito la manovra sotto supervisione, la responsabilità si estende alla struttura, che non ha garantito la sicurezza del paziente. Ogni manovra invasiva, anche la più semplice, richiede competenza certificata.
Le conseguenze psicologiche del danno non sono trascurabili. Il paziente può sviluppare ansia, paura delle manovre sanitarie, dolore cronico, disagio legato a ematuria, incontinenza o uso prolungato del catetere. Nei soggetti fragili, il danno può causare allettamento, peggioramento dello stato generale e perdita dell’autonomia. Quando un paziente entra per un controllo e ne esce con un trauma evitabile, la medicina ha fallito nel suo compito più elementare: non nuocere.
Il cateterismo vescicale è una manovra semplice solo in apparenza. È una responsabilità tecnica, clinica e comunicativa che richiede esperienza e rispetto del paziente. Perché una procedura fatta male può lasciare danni che nessuna terapia potrà davvero riparare. E quando quel danno era evitabile, la responsabilità è chiara, documentabile e risarcibile.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), sulla responsabilità sanitaria e sicurezza delle cure;
- Art. 2043 Codice Civile, per risarcimento del danno da fatto illecito;
- Art. 1218 e 1228 Codice Civile, per responsabilità contrattuale della struttura e del sanitario;
- Art. 2236 Codice Civile, per colpa tecnica in ambito specialistico;
- Art. 590 Codice Penale, per lesioni personali colpose da errore medico.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Perforazione uretrale con formazione di fistola in paziente neurologico: risarcimento di 1.300.000 euro;
- Catetere inserito forzatamente, con sanguinamento e lesione vescicale: risarcimento di 1.150.000 euro;
- Infezione grave da tecnica non sterile, con sepsi e decesso: risarcimento agli eredi di 1.600.000 euro;
- Insufflazione del palloncino nell’uretra, con necrosi e necessità di intervento chirurgico: risarcimento di 1.450.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
Se hai subito una lesione durante il posizionamento di un catetere vescicale, o se un tuo familiare ha avuto gravi conseguenze o è deceduto in seguito a complicanze evitabili, è fondamentale:
- Rivolgerti a un avvocato specializzato in responsabilità sanitaria e urologia forense;
- Richiedere una perizia medico-legale, con l’analisi della cartella clinica, della dinamica della manovra e delle complicanze;
- Raccogliere documentazione: referti, consulenze urologiche, esami diagnostici, lettere di dimissione;
- Dimostrare il nesso causale tra la condotta sanitaria e il danno subito;
- Agire legalmente per ottenere il risarcimento per danno biologico, morale, patrimoniale e da invalidità permanente.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con urologi forensi, medici legali e consulenti tecnici di parte, per garantire una difesa rigorosa e orientata al risultato.
Conclusione
Un catetere può sembrare una procedura di routine, ma quando viene eseguita male può rovinare una vita. Se la lesione era evitabile, non si tratta di sfortuna, ma di errore.
Hai diritto alla verità. Hai diritto a essere risarcito. Hai diritto a essere tutelato.
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