I filler dermici sono tra i trattamenti estetici più richiesti, impiegati per correggere rughe, aumentare il volume di labbra e zigomi, rimodellare il viso e migliorare l’idratazione cutanea. I più comuni sono a base di acido ialuronico, ma esistono anche filler permanenti o semipermanenti, a base di idrossiapatite di calcio, acido polilattico o silicone liquido, quest’ultimo vietato in Italia.
Quando l’iniezione è effettuata correttamente, i risultati possono essere naturali e sicuri. Tuttavia, un errore nell’esecuzione o l’utilizzo di prodotti non autorizzati può causare gravi complicanze, anche permanenti. Queste includono necrosi cutanea, infezioni gravi, embolie vascolari, cicatrici, asimmetrie e perdita di funzionalità.

Se il danno è riconducibile a imperizia del medico, a mancanza di consenso informato o all’utilizzo di materiali pericolosi, il paziente ha diritto a un risarcimento.
In questo articolo analizzeremo le cause dei danni da filler, gli errori più gravi, le complicanze cliniche, le leggi aggiornate al 2025, casi reali risarciti e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le complicanze più gravi dei filler?
- Occlusione vascolare con necrosi dei tessuti;
- Embolia retinica con perdita della vista;
- Reazioni allergiche gravi e shock anafilattico;
- Formazione di granulomi o noduli duri sottocutanei;
- Asimmetrie evidenti e danni estetici permanenti;
- Infezioni batteriche, micotiche o da biofilm;
- Dolore cronico e alterazioni sensoriali.
Quali sono le cause più frequenti dei danni permanenti da filler?
Negli ultimi anni, l’uso dei filler in medicina estetica ha conosciuto un’espansione senza precedenti. Dalle labbra agli zigomi, dal mento alla fronte, milioni di persone si affidano a sostanze iniettabili per migliorare il proprio aspetto, correggere imperfezioni, ritrovare armonia. La promessa è quella di risultati naturali, rapidi, reversibili. Ma quando la procedura viene eseguita in modo scorretto, in ambienti inadeguati, con materiali sbagliati o senza conoscenze anatomiche approfondite, il rischio non è più solo un risultato deludente: diventa un danno permanente, funzionale ed estetico, spesso irreversibile.
Una delle cause più gravi e purtroppo frequenti di complicanze permanenti è l’iniezione intra-arteriosa accidentale. Quando il filler entra in un vaso sanguigno e ne ostruisce il flusso, si verifica un’ischemia dei tessuti circostanti. Se non si interviene tempestivamente, quei tessuti – pelle, muscoli, nervi, mucose – vanno in necrosi. Le zone più a rischio sono il naso, il solco naso-labiale, la glabella, l’area perioculare. L’occlusione vascolare può portare a necrosi cutanea, cicatrici visibili, perdita di porzioni di tessuto o, nei casi più drammatici, cecità irreversibile per embolizzazione dell’arteria oftalmica.
Un altro errore critico riguarda l’utilizzo di filler non riassorbibili o di qualità scadente. I prodotti permanenti, a base di silicone o poliacrilammide, sono stati molto utilizzati in passato ma oggi sono vietati o fortemente sconsigliati in molti paesi. Eppure, ancora oggi, vengono impiegati in strutture non autorizzate, da personale non medico, o acquistati online da fornitori privi di certificazioni. Queste sostanze, una volta iniettate, possono migrare, infiammarsi, generare granulomi, fibrosi, deformità, infezioni croniche. E non esiste alcun modo per rimuoverle completamente senza danneggiare i tessuti sani.
La mancanza di conoscenze anatomiche da parte dell’operatore è un fattore determinante. Il volto umano è un labirinto di arterie, vene, nervi, piani muscolari e adiposi. Iniettare filler non è un gesto meccanico: richiede una mappa precisa, una consapevolezza di profondità, angolazioni, punti di pericolo. Quando queste competenze mancano – e spesso mancano in chi pratica estetica senza essere un medico – il rischio di lesione nervosa, danno vascolare, asimmetria grave o reazioni infiammatorie è elevatissimo. E una sola siringa può cambiare un volto per sempre.
L’inadeguata gestione dell’igiene e della sterilità può causare infezioni cutanee e sottocutanee che degenerano in ascessi, cellulite, fistole. Il filler, se contaminato, agisce come corpo estraneo e può cronicizzare un’infezione anche per anni. In alcuni casi, batteri opportunisti come Mycobacterium chelonae o Staphylococcus aureus colonizzano l’area, rendendo necessaria un’esplorazione chirurgica con esiti cicatriziali definitivi. In ambienti non idonei, come studi non autorizzati, centri estetici o addirittura abitazioni private, il rischio infettivo è altissimo.
Una complicanza permanente spesso trascurata è il danno psicologico ed emotivo del paziente. Chi si sottopone a filler lo fa con l’obiettivo di sentirsi meglio, di piacersi di più, di correggere un dettaglio. Quando il risultato è un volto deturpato, una paralisi, una cicatrice o un’asimmetria, il disagio diventa devastante. In molti casi si sviluppano disturbi d’ansia, depressione, isolamento sociale, compromissione della propria identità estetica. E anche dopo eventuali correzioni chirurgiche o trattamenti di medicina rigenerativa, la percezione del danno resta profondamente radicata.
Un altro errore frequente è la mancata valutazione delle controindicazioni e delle condizioni mediche pregresse. Pazienti immunodepressi, allergici, con patologie autoimmuni o in terapia farmacologica devono essere attentamente valutati prima di ricevere filler. Alcune sostanze possono scatenare reazioni avverse, reazioni da corpo estraneo, edema persistente, noduli sottocutanei, reazioni granulomatose. Ma se l’anamnesi è frettolosa o inesistente, se non si acquisisce un consenso informato completo, si somministra un trattamento potenzialmente pericoloso senza alcuna tutela preventiva.
L’assenza di gestione dell’emergenza è un ulteriore elemento di rischio. In caso di embolizzazione acuta, l’unica possibilità di salvare i tessuti è intervenire entro pochi minuti con ialuronidasi ad alte dosi. Ma molti operatori non hanno ialuronidasi in studio, o non sono in grado di somministrarla correttamente. Alcuni non riconoscono nemmeno i sintomi iniziali dell’ischemia cutanea. Il risultato è che un’area di pelle che poteva essere salvata diventa una necrosi estesa, con esiti cicatriziali permanenti e rischio di infezione sovrapposta.
L’uso reiterato di filler senza periodi di valutazione può portare a deformità cumulative. In alcuni pazienti, soprattutto vip o influencer, si osservano volti gonfi, asimmetrici, con lineamenti stravolti da anni di trattamenti eccessivi. Iniettare su tessuto già trattato, senza aspettare il riassorbimento, senza controllo, porta a un’alterazione progressiva della fisionomia, perdita di proporzioni, fibrosi. E anche in assenza di complicanze acute, il danno estetico diventa permanente per accumulo, senza possibilità di tornare al volto originario.
Dal punto di vista medico-legale, i danni permanenti da filler sono una delle principali cause di contenzioso in medicina estetica. Il paziente danneggiato ha spesso documentazione fotografica, ricevute, conversazioni, referti. Se il trattamento è stato eseguito da soggetto non autorizzato, in sede non medica, o senza consenso informato, la responsabilità è piena. Ma anche medici esperti possono essere chiamati a rispondere, se non hanno informato il paziente dei rischi, se non hanno gestito l’emergenza, o se hanno trattato in modo inappropriato un quadro già complicato.
In conclusione, il filler non è un trattamento banale. È una procedura medica, invasiva, con rischi reali e talvolta gravi. Per eseguirla servono studio, abilità tecnica, conoscenze avanzate, prodotti certificati, ambienti sterili e capacità di intervenire subito in caso di complicanza. Serve anche onestà nel valutare i limiti, nel saper dire “no” quando il rischio è troppo alto. Perché un volto non è un esperimento, e ogni volto rovinato è una responsabilità profonda, estetica, clinica e morale. E nessun risultato brillante vale un rischio non dichiarato.
Quando si configura la responsabilità medica per danni permanenti da filler?
I filler dermici sono tra i trattamenti estetici più richiesti al mondo, apprezzati per la loro rapidità, mininvasività e risultati spesso immediati. Vengono utilizzati per correggere rughe, solchi, perdita di volume, asimmetrie e per rimodellare specifiche aree del viso come labbra, zigomi, mandibola e mento. Sebbene la maggior parte dei filler impiegati in medicina estetica sia a base di acido ialuronico – una sostanza riassorbibile e ben tollerata – il rischio di complicanze, anche gravi e permanenti, è tutt’altro che trascurabile. Quando il danno è la conseguenza diretta di una cattiva pratica, di un errore tecnico o di una scelta inappropriata del prodotto o della sede di iniezione, la responsabilità medica si configura in modo evidente.
Le complicanze da filler si distinguono in immediate, precoci e tardive. Quelle permanenti si collocano quasi sempre tra le ultime, ma spesso derivano da un errore commesso nelle prime fasi. Tra i danni più gravi e irreversibili figurano la necrosi cutanea, la cecità da embolizzazione intra-arteriosa, la formazione di granulomi, le fibrosi profonde, l’asimmetria irreversibile dei volumi e, nei casi peggiori, alterazioni nervose sensitivo-motorie. Molti di questi esiti potrebbero essere evitati con una corretta conoscenza dell’anatomia facciale, una formazione specialistica avanzata e l’uso di materiali idonei e autorizzati.
L’errore tecnico è la prima fonte di danno permanente. Iniezioni troppo superficiali o troppo profonde, dosaggi eccessivi, scelta di aghi rigidi o cannule inappropriate, pressione esercitata in zone vascolarizzate (come il solco nasolabiale, la glabella, il dorso del naso) sono tra i principali fattori di rischio. Il filler, se iniettato all’interno di un vaso sanguigno, può determinare un’ostruzione arteriosa con ischemia immediata dei tessuti. Se non riconosciuta e trattata in tempo, questa condizione evolve in necrosi e cicatrici irreparabili. Nei casi in cui la sostanza raggiunge l’arteria oftalmica, può causare cecità irreversibile nel giro di pochi minuti.
La responsabilità professionale si manifesta chiaramente quando l’operatore non adotta misure preventive essenziali. Tra queste, l’aspirazione prima dell’iniezione (per verificare di non essere in un vaso), l’uso di aghi o cannule di sicurezza, la conoscenza delle varianti vascolari e l’esecuzione del trattamento in ambienti sanitari certificati. Se il filler viene eseguito in ambulatori estetici non medici, in ambienti privi di sterili condizioni operative, o da personale non autorizzato, il profilo di colpa è aggravato dall’illegalità del contesto e dalla mancanza di requisiti professionali minimi.
Anche la scelta del prodotto gioca un ruolo fondamentale nella configurazione della responsabilità. Il mercato dei filler è vastissimo e non tutti i materiali sono uguali per viscosità, coesività, tempo di riassorbimento e indicazioni cliniche. Utilizzare un filler inadatto alla sede anatomica (per esempio un gel molto denso per labbra sottili o un prodotto troppo fluido per zigomi o mandibola) può determinare migrazioni, noduli, fibrosi o asimmetrie irreversibili. La responsabilità medica si configura anche nella fase di selezione e preparazione del materiale, specie se non si documenta l’origine del prodotto, il lotto e la sua idoneità all’uso.
Il consenso informato è un elemento centrale per la tutela del paziente e del professionista. Il trattamento con filler non può essere considerato un atto banale: è una procedura medica, e come tale deve essere preceduta da un’informazione completa, scritta e verbale, che includa i possibili rischi, anche se rari. Se il paziente non è stato adeguatamente informato delle complicanze potenzialmente permanenti (necrosi, cecità, granulomi, asimmetrie), la responsabilità può essere accertata anche solo per carenza informativa, indipendentemente dalla perizia tecnica con cui è stato eseguito l’atto.
La gestione post-procedurale è altrettanto importante. Il riconoscimento precoce di un’ischemia cutanea – pallore, dolore, livedo reticularis – richiede un intervento immediato: somministrazione di ialuronidasi (enzima che scioglie l’acido ialuronico), impacchi caldi, vasodilatatori locali, e in certi casi ossigenoterapia iperbarica. Se il professionista non è in grado di riconoscere tempestivamente i segni di una complicanza vascolare, se minimizza i sintomi del paziente, o se ritarda l’intervento specialistico, il danno si aggrava e la responsabilità diventa una conseguenza inevitabile.
La giurisprudenza ha già affrontato numerosi casi di danni estetici permanenti da filler, riconoscendo il diritto del paziente al risarcimento non solo per il danno biologico, ma anche per quello estetico e morale. In diverse sentenze, il giudice ha ribadito che anche interventi a finalità esclusivamente estetica devono rispettare i canoni della prudenza, della diligenza e della perizia medica. L’assenza di urgenza o di necessità non giustifica un margine di errore più ampio: al contrario, la volontarietà del trattamento rafforza l’obbligo di precisione.
Anche l’assenza di qualifica medica adeguata rappresenta una causa autonoma di responsabilità. Solo medici iscritti all’albo, con formazione specifica in medicina estetica o dermatologia, possono eseguire legalmente iniezioni di filler. Se il trattamento è effettuato da personale non sanitario, da estetiste o da operatori non abilitati, il danno diventa un fatto penalmente rilevante, configurando reati di esercizio abusivo della professione, lesioni personali colpose o dolose e, nei casi più gravi, lesioni gravissime.
La responsabilità può estendersi anche alla struttura in cui è stato eseguito il trattamento. Se l’ambiente non è abilitato come ambulatorio medico, se non è presente un’anamnesi scritta, se non sono stati adottati protocolli di sterilità e tracciabilità dei prodotti utilizzati, l’ente gestore può essere chiamato in causa per responsabilità contrattuale e organizzativa. La medicina estetica non può essere esercitata in condizioni approssimative o senza garanzie minime di sicurezza.
La tutela del paziente passa infine per una corretta gestione medico-legale del caso. In presenza di danni permanenti da filler, il paziente ha diritto a una valutazione medico-legale che quantifichi il danno biologico, quello estetico (secondo i parametri di deturpazione visibile, simmetria, impatto psicologico), il danno morale ed esistenziale. In sede giudiziaria, la mancanza di consenso informato, la documentazione clinica carente o assente, l’assenza di prove sulla tracciabilità del prodotto utilizzato o l’omissione del trattamento d’urgenza possono pesare in modo decisivo sull’esito della causa.
In conclusione, la responsabilità medica per danni permanenti da filler si configura ogniqualvolta il trattamento venga eseguito in violazione delle linee guida cliniche, senza la necessaria diligenza, senza informare correttamente il paziente dei rischi, con prodotti inappropriati o in ambienti non idonei, e da tale condotta derivi un pregiudizio estetico, funzionale o psicologico irreversibile. È una responsabilità che nasce spesso dalla leggerezza con cui viene considerato il trattamento, ma che trova conseguenze pesanti nella vita del paziente.
Ogni ago non guidato dalla scienza è un rischio. Ogni viso danneggiato è una storia spezzata. Ogni segno che resta sul volto è una cicatrice anche sull’anima. Perché la bellezza cercata con fiducia, se si trasforma in danno, è il confine più sottile tra medicina e inganno. E ogni filler mal gestito non riempie un volto: lo svuota di fiducia.
Quando si configura la responsabilità medica?
- Il trattamento è stato eseguito da persona non autorizzata o in luogo non sanitario;
- Il filler utilizzato non era conforme alle norme CE e AIFA;
- Il medico ha iniettato il prodotto senza tecnica corretta o senza competenze;
- Non è stato informato il paziente dei rischi specifici;
- La complicanza poteva essere evitata con una gestione tempestiva.
Quali leggi regolano il risarcimento per danni da filler?
- Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 c.c., danno ingiusto da fatto illecito;
- Art. 2236 c.c., responsabilità professionale tecnica;
- Art. 590 c.p., lesioni personali colpose;
- Regolamento europeo sui dispositivi medici 2017/745 (MDR);
- Linee guida SIME e AICPE aggiornate al 2025.
Quali risarcimenti sono stati riconosciuti in Italia?
- Donna 39enne trattata al naso, necrosi cutanea e deturpazione del profilo: risarcimento di 320.000 euro;
- Paziente con embolia oculare e perdita della vista dopo filler alle tempie: risarcimento di 700.000 euro;
- Giovane con infezione da filler non sterile, ascesso e cicatrice sulla guancia: risarcimento di 230.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere giustizia?
In caso di danno permanente da filler mal eseguito o non conforme, è fondamentale rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in medicina estetica e responsabilità sanitaria.
La tutela comprende:
- Analisi delle fotografie pre e post trattamento e dei referti clinici;
- Verifica del prodotto utilizzato e della regolarità della struttura;
- Collaborazione con medici estetici, dermatologi, chirurghi plastici e medici legali;
- Valutazione del danno biologico, estetico, psicologico e patrimoniale;
- Azione risarcitoria completa anche in sede penale, se necessario.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con consulenti esperti in medicina estetica, chirurgia ricostruttiva e medicina legale, garantendo una difesa tecnica e accurata per ottenere un risarcimento proporzionato ai danni subiti.
Un trattamento estetico dovrebbe valorizzare la bellezza, non compromettere la salute. Se il risultato è un danno permanente, il diritto al risarcimento è pienamente legittimo.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: