Estrazione Del Dente Sbagliato E Risarcimento Danni

L’estrazione dentaria è un atto chirurgico che deve essere eseguito solo dopo un’accurata diagnosi clinica e radiologica, con l’individuazione precisa del dente da rimuovere. Tuttavia, l’errore medico nell’estrarre un dente sano o diverso da quello previsto rappresenta una delle forme più gravi di negligenza odontoiatrica. Si tratta di un errore irreversibile che comporta danni estetici, funzionali e psicologici, con la necessità di cure aggiuntive, protesi o impianti sostitutivi.

L’identificazione errata del dente da estrarre può derivare da una diagnosi approssimativa, da un’errata trascrizione sulla cartella clinica o dalla mancata verifica intraoperatoria. Quando l’estrazione avviene su un dente sano, spesso il paziente scopre l’errore solo dopo l’intervento, con conseguenze devastanti.

Il paziente ha il diritto di ottenere un risarcimento se l’estrazione non era necessaria, se è stato rimosso il dente sbagliato o se non è stato informato in modo adeguato.

In questo articolo analizzeremo le cause dell’errore, i danni conseguenti, le normative aggiornate al 2025, i risarcimenti ottenuti in Italia e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quali sono le cause più frequenti dell’estrazione del dente sbagliato?

Tra tutti gli errori che possono verificarsi in odontoiatria, pochi generano un impatto emotivo e legale così immediato come l’estrazione del dente sbagliato. Non si tratta solo di una procedura eseguita su un punto diverso da quello previsto: è un errore chirurgico irreversibile, visibile, che comporta un danno fisico evidente e immediato. Il paziente si accorge subito che qualcosa non va. Sente il vuoto nel posto sbagliato, riceve la notizia con sgomento, scopre che il problema per cui si era presentato è ancora lì, mentre il dente sano – o comunque diverso da quello indicato – è stato definitivamente perso. E a quel punto, né scuse né ricostruzioni possono restituire ciò che è stato tolto.

Una delle cause più frequenti è l’errata identificazione del dente da estrarre nella fase preoperatoria. Può trattarsi di una confusione nella lettura della radiografia, di una descrizione ambigua nella cartella clinica, o di un’indicazione verbale poco chiara. Ad esempio, se il paziente dice “mi fa male il penultimo dente”, ma l’operatore interpreta che si tratti del secondo molare senza verificare con strumenti diagnostici, l’equivoco si traduce in un errore irreparabile. Il problema è che la nomenclatura dentale è tecnica: richiede precisione, codici, archiviazione corretta, non interpretazioni.

Un altro errore cruciale è la mancata verifica incrociata tra cartella clinica, radiografia e piano di trattamento. In uno studio organizzato, prima di ogni estrazione deve essere effettuato un controllo a tre livelli: ciò che è scritto, ciò che si vede, ciò che è stato pianificato. Ma nei contesti caotici, nei turni affollati o nelle urgenze, questa tripla verifica salta. Il dentista può procedere sulla base di un numero dentale errato, di una diagnosi scritta frettolosamente o di una radiografia mal posizionata. E una volta che la pinza stringe, non c’è più modo di tornare indietro.

In molti casi, la comunicazione interna allo studio è deficitaria. Se un collaboratore prepara la cartella, un altro esegue la radiografia, un terzo accoglie il paziente e un quarto esegue l’intervento, ma nessuno ha una visione completa del percorso clinico, il rischio di confondere l’elemento dentale da estrarre aumenta in modo esponenziale. Ogni professionista, in buona fede, esegue il suo compito, ma l’insieme delle informazioni non viene mai integrato. È il paziente a pagarne le conseguenze, con la perdita di un dente che non andava toccato.

Il lato del cavo orale è un’altra fonte classica di errore. Molti pazienti non sanno distinguere con esattezza destra e sinistra guardandosi allo specchio. Alcuni hanno difficoltà linguistiche, problemi cognitivi o semplicemente confondono le informazioni. Se il clinico non verifica in prima persona la sede del dolore, se non effettua test di percussione, sondaggio e verifica della corrispondenza radiografica, può fidarsi di una segnalazione sbagliata. E se estrae il dente corrispondente al lato opposto, l’errore si consuma senza neppure che nessuno se ne accorga, fino al post-operatorio.

Un’altra causa frequente è la distrazione, spesso causata da carichi di lavoro eccessivi o da ritmi serrati. La distrazione non è sempre negligenza, ma nel campo sanitario si traduce comunque in responsabilità. Una chiacchierata durante la procedura, una telefonata, l’assenza di un protocollo scritto per le estrazioni, possono portare a errori fatali. Quando l’attenzione cala, e si lavora in automatico, è facile sbagliare laterizzazione, numerazione, o persino paziente. E il risultato, ancora una volta, è una perdita irreversibile.

Anche la scarsa conoscenza della nomenclatura odontoiatrica internazionale può generare equivoci. Il sistema FDI utilizza due cifre per identificare ogni dente: la prima indica il quadrante, la seconda la posizione. Ma in alcuni studi, soprattutto nei primi anni di formazione, si utilizzano ancora termini ambigui come “primo molare sinistro in alto”, che possono essere confusi in presenza di sovrapposizioni dentali o assenza di denti adiacenti. Se l’operatore non ha padronanza del linguaggio tecnico, o se non controlla con la radiografia in sede, l’equivoco può diventare disastroso.

Il consenso informato incompleto o generico aggrava ulteriormente il quadro. Se nel documento firmato dal paziente non viene indicato con precisione quale dente sarà estratto, utilizzando la nomenclatura corretta e facendo riferimento all’imaging diagnostico, diventa difficile dimostrare che ci sia stata corretta comunicazione. In sede legale, questo rappresenta un punto di vulnerabilità fortissimo per il professionista. Il paziente ha diritto a sapere, con esattezza, cosa verrà fatto, e su quale elemento.

Le radiografie mal interpretate o non aggiornate possono anch’esse causare confusione. Se la panoramica è datata, se il dente da estrarre è già stato curato, se c’è stata una frattura o uno spostamento, la radiografia non corrisponde più al cavo orale attuale. In assenza di una radiografia endorale recente, il dentista può estrarre il dente adiacente per errore, pensando di seguire la pianificazione. E l’incongruenza tra immagine e realtà clinica si manifesta solo dopo, quando il dente giusto è ancora lì, dolente, e quello sbagliato è sparito.

Anche l’intervento su pazienti pediatrici o disabili presenta difficoltà specifiche. Se il paziente non riesce a collaborare, o se l’estrazione avviene in sedazione cosciente o in narcosi, la verifica finale può essere più complessa. Ma questo non giustifica l’errore: anzi, impone protocolli ancora più rigidi, la presenza di un team esperto, e un controllo preoperatorio scrupoloso. Perché quando l’unica voce che può confermare è silenziata, la responsabilità di verificare ricade tutta sul professionista.

Le conseguenze per il paziente sono sempre significative. La perdita di un dente sano comporta dolore, difficoltà nella masticazione, danni estetici, necessità di cure riabilitative complesse e costose. Alcuni pazienti, traumatizzati, sviluppano ansia, sfiducia, evitano nuove cure per paura di nuovi errori. Il dente sbagliato estratto non si può rimettere. E quello giusto, spesso infetto o compromesso, richiede un ulteriore intervento, raddoppiando il dolore, il costo e la frustrazione.

Dal punto di vista medico-legale, l’estrazione del dente sbagliato è un errore facilmente dimostrabile e raramente difendibile. La prova fotografica, la radiografia post-operatoria, la cartella clinica e le dichiarazioni del paziente sono spesso sufficienti a stabilire la dinamica. In tribunale, la questione non è “se” sia avvenuto l’errore, ma “perché” non siano stati seguiti i protocolli di sicurezza. E la mancanza di documentazione chiara, di firme, di fotografie pre-operatorie, diventa una condanna implicita.

In conclusione, l’estrazione di un dente sbagliato non è un errore tecnico: è un errore procedurale, organizzativo, comunicativo. Si verifica quando mancano i controlli incrociati, quando si sottovaluta la verifica finale, quando si lavora in modo frettoloso o senza rigore. Evitarlo non è impossibile. Serve solo attenzione, rispetto per la procedura, ascolto del paziente, tracciabilità completa. Perché un solo dente può sembrare poco, ma per chi lo perde senza motivo, rappresenta la prova che la fiducia è stata mal riposta. E nel rapporto medico-paziente, la fiducia è tutto.

Quali sono le conseguenze per il paziente?

  • Perdita di un dente sano, con compromissione dell’occlusione;
  • Necessità di trattamenti protesici, impianti o ortodonzia correttiva;
  • Danno estetico, specialmente se il dente estratto è visibile;
  • Dolore fisico e recupero da una procedura inutile;
  • Trauma psicologico, perdita di fiducia nel sistema sanitario.

Quali sono gli errori odontoiatrici più frequenti?

  • Estrazione su indicazione verbale senza riscontro scritto;
  • Mancato utilizzo di sistemi di verifica (foto, modelli, schede grafiche);
  • Esecuzione dell’intervento senza consenso informato specifico;
  • Inadeguato aggiornamento della cartella clinica;
  • Mancato utilizzo di sistemi digitali di identificazione.

Quando si configura la responsabilità medica per l’estrazione del dente sbagliato?

L’estrazione dentaria è una procedura chirurgica di routine in odontoiatria, indicata in presenza di denti gravemente compromessi da carie, parodontite avanzata, infezioni recidivanti, fratture radicolari o per esigenze ortodontiche e protesiche. Si tratta di un atto tecnico che, pur nella sua apparente semplicità, richiede un’altissima precisione, soprattutto nella corretta individuazione dell’elemento da rimuovere. Quando viene estratto il dente sbagliato, la responsabilità medica è pressoché automatica, poiché si tratta di un errore evidente e oggettivo, non giustificabile come complicanza né come scelta discrezionale.

L’estrazione del dente sbagliato è classificabile come un errore “never event”, ovvero una di quelle evenienze che, secondo le buone pratiche mediche, non dovrebbe mai accadere. È paragonabile, per gravità concettuale, all’intervento chirurgico sul lato errato o alla somministrazione del farmaco a un paziente diverso. È un errore che ha alla base una mancata verifica, un difetto nella comunicazione tra medico e paziente, una carenza nella documentazione clinica, oppure una superficialità nell’identificazione intraoperatoria. E soprattutto è un danno irreversibile, perché un dente sano e non destinato all’estrazione, una volta rimosso, non può essere reimpiantato né ripristinato nella sua forma originale.

La fase diagnostica è la prima in cui si può generare l’errore. Se la cartella clinica del paziente non riporta chiaramente l’indicazione terapeutica e la numerazione corretta degli elementi dentari (secondo i codici internazionali FDI o Palmer), il rischio di confusione aumenta. È responsabilità del professionista confermare l’indicazione all’estrazione, verificare radiografie recenti, eseguire un esame clinico accurato e annotare con chiarezza quale dente va estratto e perché. La mancanza di una diagnosi documentata, comprensibile e tracciabile è già una violazione dei doveri professionali.

La comunicazione col paziente è altrettanto determinante. Il consenso informato deve riportare il numero preciso del dente da estrarre, la motivazione clinica e, possibilmente, un riferimento radiografico. Il paziente deve essere coinvolto attivamente nella comprensione del piano di trattamento: se la persona era in grado di intendere e volere e non è mai stata informata che il dente n. 36 sarebbe stato rimosso, ma si ritrova con l’estrazione del 37, non c’è giustificazione che possa reggere, se non un errore umano evitabile.

La fase operatoria, ovvero il momento dell’estrazione vera e propria, è quella in cui l’errore si consuma materialmente. In questa fase, la conferma dell’elemento dentario va fatta nuovamente, anche in presenza di documentazione corretta. Non è sufficiente affidarsi al piano terapeutico: il professionista deve ricontrollare il numero del dente sulla cartella clinica, sulla radiografia e in bocca, e se possibile, chiedere al paziente conferma verbale prima di procedere. L’adozione di protocolli di sicurezza chirurgica, come il “time out” pre-estrattivo, è ormai considerata buona pratica in tutti gli studi odontoiatrici aggiornati.

Le cause più frequenti di errore sono legate a confusione nella numerazione dentaria, lateralità invertita, sovrapposizione tra denti simili (come il 14 e il 15), uso di referti vecchi o inadeguati, o errata interpretazione delle immagini radiografiche. Talvolta l’errore deriva da una trascrizione sbagliata da parte di un assistente, da un cambiamento non aggiornato nel piano terapeutico o da una condizione clinica che rende difficile la localizzazione (mobilità, edentulia parziale, arcata affollata). Tuttavia, in nessuno di questi casi è accettabile che un errore così macroscopico si consumi senza alcun filtro di sicurezza.

Le conseguenze per il paziente possono essere molteplici e durature. Oltre al danno biologico, rappresentato dalla perdita irreversibile di un dente sano, esiste un danno funzionale, quando il dente estratto aveva un ruolo masticatorio strategico, o protesico, se era parte di un ponte o un pilastro. Si aggiunge il danno estetico, se l’elemento rimosso era visibile, e soprattutto il danno morale ed esistenziale, legato alla percezione di errore grossolano e alla perdita di fiducia nel medico. In molti casi, il paziente deve affrontare ulteriori interventi ricostruttivi, come impianti o ponti, con costi economici, emotivi e biologici aggiuntivi.

La giurisprudenza italiana ha più volte riconosciuto la responsabilità oggettiva del dentista in caso di estrazione del dente sbagliato. Trattandosi di un errore evidente e oggettivo, la prova del danno non necessita di perizie complesse: basta il confronto tra ciò che era previsto e ciò che è stato effettivamente eseguito. In questi casi, il paziente ha diritto al risarcimento integrale per il danno subito, incluso il costo della riabilitazione protesica, il disagio subito e il danno non patrimoniale.

Anche lo studio odontoiatrico può essere chiamato in causa se l’errore deriva da una disorganizzazione interna. Se la scheda clinica era mal compilata, se l’assistente ha trascritto un numero sbagliato, se la radiografia utilizzata era riferita a un altro paziente o non era aggiornata, la responsabilità diventa anche gestionale, e coinvolge direttamente il titolare della struttura.

La prevenzione di questo tipo di errore passa attraverso l’adozione di protocolli rigidi di identificazione. Ogni studio deve disporre di procedure scritte per la conferma dell’elemento dentario prima dell’estrazione, comprese la consultazione di radiografie digitali, la doppia verifica tra odontoiatra e assistente, l’uso di marcatori visivi intraorali, la registrazione di conferma del paziente e l’indicazione fotografica quando necessario. La medicina odontoiatrica moderna non può più permettersi di affidarsi alla memoria o alla sola intuizione, anche per le procedure più comuni.

Il consenso informato deve essere rafforzato e non ridotto a mera formalità. È fondamentale che il paziente comprenda, anche visivamente, quale dente sarà rimosso, con che tecnica, e quali sono le alternative terapeutiche. La firma sul modulo non può sostituire un colloquio chiaro, documentato, e integrato nella cartella clinica. Nei contenziosi legali, è proprio la mancanza di documentazione a favore del paziente che conduce, quasi sempre, a una condanna.

In conclusione, la responsabilità medica per estrazione del dente sbagliato si configura ogniqualvolta l’intervento venga eseguito in difformità dal piano terapeutico concordato, senza le necessarie verifiche, senza consenso informato completo, o in presenza di carenze documentali e comunicative, e da ciò derivi un danno certo e ingiustificabile al paziente. È una responsabilità diretta, quasi sempre inescusabile, che nasce da superficialità e scarsa aderenza ai protocolli di sicurezza clinica.

Ogni radice rimossa per errore è una verità che manca. Ogni dente perso ingiustamente è una colpa che resta. Ogni sorriso alterato per distrazione è una ferita invisibile ma reale. Perché curare significa anche scegliere con esattezza. E dove la precisione è tutto, non c’è spazio per l’errore che non doveva accadere.

Quali leggi regolano il risarcimento in questi casi?

  • Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla responsabilità sanitaria;
  • Art. 2043 c.c., danno ingiusto da fatto illecito;
  • Art. 2236 c.c., in caso di colpa tecnica del professionista;
  • Art. 590 c.p., lesioni colpose;
  • Linee guida odontoiatriche e protocolli di sicurezza aggiornati al 2025.

Quali risarcimenti sono stati riconosciuti in Italia?

  • Donna 34enne a cui è stato estratto il secondo premolare sano al posto del molare infetto: risarcimento di 85.000 euro;
  • Paziente con incisivo centrale sano rimosso per errore, necessità di impianto e corona estetica: risarcimento di 120.000 euro;
  • Uomo a cui è stato rimosso un dente da latte sano nel figlio minore di 9 anni: risarcimento di 65.000 euro.

A chi rivolgersi per ottenere giustizia?

In caso di estrazione del dente sbagliato, è necessario rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in responsabilità odontoiatrica e diritto sanitario.

La tutela comprende:

  • Analisi della documentazione clinica e radiologica;
  • Ricostruzione del piano terapeutico iniziale e delle azioni compiute;
  • Collaborazione con odontoiatri forensi, periti tecnici e medici legali;
  • Calcolo del danno biologico, estetico, morale e patrimoniale;
  • Azione risarcitoria in sede civile con possibilità di CTU odontoiatrica.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con esperti in odontoiatria legale e medicina forense, offrendo una difesa centrata sull’errore tecnico e documentale, per ottenere un risarcimento adeguato.

Un errore in poltrona odontoiatrica non è solo un danno fisico: è una violazione della fiducia e dei diritti del paziente. Il risarcimento è un dovere giuridico.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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