Utilizzo Di Materiali Scadenti O Non Certificati Per Protesi E Otturazioni E Risarcimento Danni

Nel campo dell’odontoiatria, la scelta dei materiali utilizzati per otturazioni, capsule, corone, ponti e protesi dentali è fondamentale per garantire la durata, la sicurezza e la compatibilità biologica del trattamento. L’uso di materiali scadenti o non certificati, privi dei requisiti normativi stabiliti a livello europeo e nazionale, rappresenta una grave violazione delle norme sanitarie e può generare danni estetici, biologici, infettivi e funzionali anche permanenti.

Quando i materiali non sono certificati CE, possono contenere sostanze tossiche, allergizzanti o non sterili. I pazienti che subiscono le conseguenze di questi impieghi illeciti possono sviluppare infezioni, reazioni infiammatorie, rigetto della protesi, carie secondarie, fratture dentarie, perdita dell’elemento trattato e danni alle mucose.

Se l’uso di materiali non conformi è riconducibile a negligenza, dolo o mancata informazione da parte dell’odontoiatra, il paziente ha diritto a un risarcimento.

In questo articolo analizzeremo le cause e i rischi dell’uso di materiali inadeguati, gli errori più gravi, le conseguenze cliniche, le normative fino al 2025, esempi concreti di risarcimento e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quali sono le cause più frequenti dell’utilizzo di materiali scadenti o non certificati per protesi e otturazioni?

Nel cuore dell’odontoiatria moderna, la qualità dei materiali utilizzati rappresenta un punto critico, spesso sottovalutato dal paziente ma centrale per il successo clinico a lungo termine. Che si tratti di una semplice otturazione in composito o di una protesi fissa complessa, l’affidabilità, la biocompatibilità e la certificazione del materiale impiegato possono fare la differenza tra una riabilitazione duratura e un fallimento precoce. Tuttavia, nonostante i progressi normativi e tecnologici, l’utilizzo di materiali scadenti o non certificati continua ad essere una realtà in diverse strutture, generando danni biologici, economici ed emotivi spesso irreparabili.

Una delle cause principali di questo fenomeno è la ricerca spasmodica della riduzione dei costi da parte di alcuni studi odontoiatrici. In un mercato sempre più competitivo, dove le cure vengono proposte con sconti aggressivi, pacchetti promozionali e rateizzazioni, l’unico modo per mantenere un margine di profitto è spesso comprimere le spese. I materiali diventano quindi il primo bersaglio: si scelgono compositi di seconda fascia, metalli non nobili, ceramiche economiche, adesivi di bassa qualità, spesso di origine extraeuropea e privi di marcatura CE. Il paziente, ignaro, riceve una cura formalmente corretta ma sostanzialmente fragile.

La mancanza di trasparenza nella filiera dei laboratori odontotecnici è un altro punto critico. Alcuni studi si rivolgono a laboratori che delegano parte del lavoro all’estero, in paesi dove la normativa sui dispositivi medici è meno stringente. Le protesi realizzate con leghe non controllate, resine a basso costo o ceramiche non certificate vengono consegnate come se fossero dispositivi di alta qualità. Ma se non viene rilasciata la dichiarazione di conformità del dispositivo su misura, il paziente non ha alcun mezzo per sapere cosa ha effettivamente in bocca.

La superficialità nella gestione documentale e nella tracciabilità è un ulteriore elemento di rischio. Ogni protesi e ogni materiale da restauro dovrebbe essere accompagnato da una scheda tecnica, una dichiarazione di conformità, un’etichetta di lotto. Ma in molti studi queste informazioni non vengono fornite, oppure restano archiviate senza che il paziente ne sia mai a conoscenza. In caso di reazione allergica, frattura del manufatto, infiammazione gengivale o rigetto, non esiste alcun documento che permetta di risalire con precisione all’origine del materiale utilizzato.

Nei trattamenti low-cost, il risparmio si riflette anche sul tempo clinico e sulla qualità dei prodotti di consumo. Gli adesivi dentinali, i cementi provvisori e definitivi, i materiali da impronta, i compositi fluidi, sono spesso scelti non per le loro proprietà chimiche, ma per il prezzo al grammo. Questo può generare otturazioni che si staccano, protesi che si decementano, corone che si infiltrano o rompono alla prima masticazione più intensa. Il paziente torna, lamenta il problema, ma spesso riceve una nuova riparazione con lo stesso materiale. Il circolo vizioso si ripete, finché il dente cede o il paziente si rivolge altrove.

La formazione inadeguata sull’interazione tra materiali e tessuti biologici aggrava ulteriormente il problema. Alcuni materiali rilasciano monomeri residui, ossidi metallici o componenti tossici che possono irritare la gengiva, modificare il pH salivare, alterare il microbiota orale. In pazienti predisposti, ciò si traduce in gengiviti croniche, alitosi, dolore, sensibilità dentale. Ma se l’operatore non conosce in profondità le caratteristiche chimico-fisiche del materiale che sta usando, non sarà in grado di prevedere né di gestire questi effetti collaterali.

Anche l’estetica viene compromessa dall’uso di materiali scadenti. I compositi economici si pigmentano facilmente, perdono lucentezza, si macchiano, si fratturano ai margini. Le ceramiche low-cost appaiono opache, non si integrano con i tessuti molli, riflettono male la luce naturale. Il risultato è un sorriso visibilmente artificiale, che tradisce l’intervento anziché valorizzarlo. E quando il paziente si rende conto che ha pagato per un lavoro che peggiora la sua immagine, la fiducia nel professionista crolla insieme alla motivazione a proseguire le cure.

I rischi aumentano ulteriormente nei pazienti allergici o sensibili a determinati materiali. Le otturazioni contenenti metalli non nobili, come il nichel o il cromo, possono generare reazioni infiammatorie sistemiche o locali. Le resine acriliche di bassa qualità possono causare dermatiti da contatto, ulcerazioni gengivali, bruciori. Ma se il professionista non raccoglie un’anamnesi dettagliata, se non chiede al paziente eventuali allergie pregresse, la reazione avversa verrà scoperta solo dopo, spesso con gravi conseguenze cliniche e legali.

Anche la durata delle protesi viene drasticamente ridotta dall’uso di materiali non certificati. Corone che si fratturano, ponti che si decementano, protesi mobili che si deformano nel tempo: sono tutte manifestazioni di un difetto strutturale. Il paziente crede di aver risolto il problema, ma nel giro di pochi mesi si ritrova punto e a capo. E se torna nello stesso studio, spesso riceve solo una soluzione provvisoria. Perché quando la base del lavoro è scadente, ogni riparazione diventa solo un rinvio del disastro.

Dal punto di vista medico-legale, l’utilizzo di materiali non certificati o difettosi è una violazione del dovere professionale. Il dentista ha l’obbligo di utilizzare dispositivi medici a norma CE, registrati presso il Ministero della Salute, e tracciabili attraverso documentazione specifica. Se questa documentazione manca, o se si dimostra che il materiale non risponde ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa, la responsabilità è diretta e difficilmente contestabile. Il paziente ha diritto a essere risarcito, non solo per il danno biologico, ma anche per il disagio e per le cure necessarie alla riparazione.

In conclusione, la qualità dei materiali non è un dettaglio: è la base su cui si fonda tutta la medicina odontoiatrica moderna. Un trattamento eseguito con materiali scadenti, anche se tecnicamente corretto, è destinato a fallire. Il paziente ha il diritto di sapere cosa viene utilizzato, di ricevere documentazione, di essere tutelato. Il dentista ha il dovere di scegliere il meglio, di aggiornarsi, di non cedere alla logica del risparmio a ogni costo. Perché una protesi costruita con materiali di dubbia provenienza non è solo una cattiva scelta clinica: è un rischio, un’ingiustizia, e un errore etico. E in bocca, come nella fiducia, ciò che si rompe difficilmente si ricostruisce uguale a prima.

Quali rischi comporta l’utilizzo di materiali scadenti?

  • Infiammazione gengivale cronica e parodontite;
  • Allergie da contatto, dermatiti, pruriti, ulcere orali;
  • Distacco precoce di corone o otturazioni;
  • Fratture dentali da materiali inadatti;
  • Infezioni per l’uso di materiali non sterili;
  • Rigetto della protesi con necessità di rifacimento.

Come si riconosce un materiale non conforme?

  • Mancanza del marchio CE sulla confezione o sul referto clinico;
  • Nessuna tracciabilità del lotto, del laboratorio o del fornitore;
  • Nessun documento consegnato al paziente sui materiali usati;
  • Prestazioni economiche anormalmente basse (indici di risparmio illecito);
  • Degrado rapido dell’otturazione o della protesi.

Quando si configura la responsabilità medica per l’utilizzo di materiali scadenti o non certificati in protesi e otturazioni?

Nel campo dell’odontoiatria moderna, la qualità dei materiali utilizzati riveste un ruolo cruciale per la riuscita a lungo termine dei trattamenti conservativi e protesici. Otturazioni, corone, ponti, intarsi, faccette, protesi fisse e mobili devono garantire non solo un risultato estetico e funzionale, ma anche sicurezza biologica, stabilità nel tempo e compatibilità con i tessuti orali. Quando il professionista utilizza materiali scadenti, non certificati o privi dei requisiti previsti dalle normative europee, la responsabilità professionale diventa diretta e difficilmente contestabile.

Il paziente si affida al dentista non solo per l’atto tecnico, ma anche per la scelta dei materiali. Non ha strumenti per valutarne la provenienza, la composizione o la qualità. È quindi il professionista ad assumersi ogni responsabilità nella selezione di prodotti conformi ai requisiti di legge, dotati di marchio CE, tracciabilità, scheda tecnica e, se necessario, dichiarazione di conformità del laboratorio odontotecnico. Ogni deroga a questi obblighi, per motivi economici, disorganizzazione o negligenza, è una violazione grave del dovere di diligenza professionale.

Le conseguenze cliniche dell’impiego di materiali di bassa qualità o non certificati possono essere gravi. Per le otturazioni, si assiste a infiltrazioni precoci, pigmentazioni anomale, distacchi, sensibilità dentinale e dolore masticatorio. Nei restauri protesici, si possono verificare fratture, usura accelerata, alterazioni occlusali, reazioni allergiche, infiammazioni gengivali croniche e fallimento dell’intero piano terapeutico. Tutti questi esiti rappresentano un danno biologico e patrimoniale che poteva essere evitato con la semplice adozione di materiali idonei.

In ambito legale, il principio è chiaro: il professionista ha l’obbligo di utilizzare dispositivi medici conformi alle normative vigenti, e deve poterne documentare la tracciabilità. Il Regolamento (UE) 2017/745 ha rafforzato il controllo sui dispositivi medici, imponendo obblighi specifici anche per i dispositivi su misura realizzati da laboratori odontotecnici. È necessario conservare la documentazione per ogni protesi inserita, con nome del produttore, lotto, tipo di materiale e destinazione d’uso. L’assenza di questi dati è già di per sé una colpa documentale, che rende il professionista giuridicamente vulnerabile.

La responsabilità può derivare anche dalla scelta consapevole di materiali economici ma non idonei allo scopo clinico. Se, ad esempio, viene posizionata una corona in resina temporanea in una zona ad alto carico masticatorio come soluzione definitiva, oppure se si impiegano compositi non rinforzati su superfici occlusali di molari, il risultato è prevedibilmente destinato al fallimento. Se la scelta non è motivata da esigenze terapeutiche, ma solo da risparmio o superficialità, il danno è imputabile al professionista.

Anche il laboratorio odontotecnico svolge un ruolo cruciale, ma non sostitutivo. L’odontoiatra è responsabile in prima persona della scelta del laboratorio, della verifica della qualità dei manufatti e della corrispondenza tra quanto ordinato e quanto ricevuto. Se riceve una protesi priva di certificazione o con difetti evidenti, e la inserisce ugualmente, non può addurre come scusa l’errore del tecnico: la responsabilità rimane in capo a lui.

La cartella clinica deve contenere indicazioni dettagliate sui materiali utilizzati. In particolare, per ogni dispositivo medico su misura, come una corona o una protesi, deve essere presente la dichiarazione di conformità rilasciata dal laboratorio, archiviata e firmata. Per i materiali da otturazione, è buona pratica annotare il tipo e la marca, oltre alle modalità di applicazione. In assenza di questa documentazione, il paziente non ha alcuna garanzia su ciò che è stato effettivamente inserito nel proprio corpo.

La mancata informazione al paziente sui materiali utilizzati è un ulteriore profilo di responsabilità. Il consenso informato deve contenere, tra gli altri elementi, anche l’indicazione del tipo di materiale previsto: zirconia, ceramica integrale, composito, metallo-resina, materiali temporanei. Se il paziente non è stato reso edotto della qualità del materiale scelto, o se il materiale effettivamente inserito è diverso da quello concordato, si configura un vizio del consenso e un’inadempienza contrattuale.

I danni estetici e funzionali da materiali scadenti possono avere un impatto importante sulla vita del paziente. Una protesi che si frattura o cambia colore dopo pochi mesi, un’otturazione che si distacca lasciando il dente scoperto, un ponte che provoca infiammazione cronica, sono tutti eventi che generano frustrazione, spese aggiuntive e talvolta dolore o disagio sociale. Se il problema è riconducibile alla qualità del materiale, il paziente ha diritto al rifacimento a spese del professionista e, nei casi più gravi, al risarcimento per danno biologico e morale.

La giurisprudenza ha più volte condannato l’uso di materiali non idonei o privi di tracciabilità in odontoiatria. In alcune sentenze, è stato accertato che protesi fratturate dopo pochi mesi derivavano da uso di materiali non certificati, e il giudice ha ritenuto che non potesse esistere un risultato clinico “a breve termine” per terapie a finalità protesica. Il concetto espresso è chiaro: la prestazione odontoiatrica deve garantire un risultato stabile nel tempo, e i materiali impiegati devono rispettare questo presupposto.

Anche gli aspetti igienico-sanitari legati ai materiali scadenti possono diventare causa di contenzioso. Se un paziente sviluppa una reazione allergica, una mucosite, o un’infezione dovuta a materiali contaminati o non sterili, la responsabilità è ancora più grave. I dispositivi medici impiantabili devono rispettare standard severi di sterilità, e il professionista ha l’obbligo di conservarli in condizioni idonee, controllare la scadenza e la provenienza, e garantire che ogni passaggio sia tracciabile. La leggerezza nella gestione dei materiali è una violazione della sicurezza del paziente.

Anche l’aspetto economico può entrare in gioco nella valutazione del danno. Il paziente che ha pagato un trattamento con la convinzione di ricevere un materiale di alta qualità, e scopre in seguito che è stato utilizzato un materiale temporaneo, commerciale o non tracciabile, può agire anche per inadempimento contrattuale. Il rapporto di fiducia viene meno non solo sul piano clinico, ma anche su quello patrimoniale.

In conclusione, la responsabilità medica per l’utilizzo di materiali scadenti o non certificati in odontoiatria si configura ogniqualvolta il professionista utilizzi dispositivi non conformi, privi di tracciabilità, non adatti alla sede clinica o diversi da quelli concordati con il paziente, e da ciò derivi un danno estetico, biologico, funzionale o economico. È una responsabilità che nasce non tanto dalla scelta terapeutica in sé, quanto dalla qualità delle basi su cui tale scelta è costruita.

Ogni materiale che non resiste è una cura che fallisce. Ogni protesi che si spezza è una fiducia che crolla. Ogni otturazione che non tiene è un dettaglio che racconta una negligenza più grande. Perché in bocca del paziente non entra solo una sostanza: entra la credibilità di chi cura. E se il materiale è scadente, anche la cura rischia di esserlo.

Quali normative si applicano fino al 2025?

  • Regolamento UE 2017/745 (MDR) sui dispositivi medici;
  • Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla responsabilità sanitaria;
  • Art. 2043 c.c., responsabilità per fatto illecito;
  • Art. 2236 c.c., colpa professionale;
  • Art. 590 c.p., lesioni personali colpose;
  • Obbligo di tracciabilità e dichiarazione dei materiali utilizzati nei trattamenti odontoiatrici.

Quali risarcimenti sono stati riconosciuti?

  • Paziente con allergia al nichel da protesi non certificata, perdita di due denti e retrazione gengivale: risarcimento di 150.000 euro;
  • Donna con infezione cronica da materiale acrilico non sterile, intervento chirurgico di asportazione: risarcimento di 180.000 euro;
  • Uomo 65enne con frattura multipla di tre corone in composito non certificato, necessità di impianti: risarcimento di 135.000 euro.

A chi rivolgersi per ottenere giustizia?

In caso di danni causati da materiali non certificati o scadenti, è indispensabile rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in odontoiatria legale e dispositivi medici.

La tutela comprende:

  • Analisi della documentazione clinica e dei materiali usati;
  • Verifica della tracciabilità e conformità dei dispositivi;
  • Collaborazione con odontoiatri forensi, esperti di biomateriali e medici legali;
  • Valutazione del danno biologico, economico, psicologico ed estetico;
  • Azione civile per ottenere un risarcimento completo e proporzionato.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con consulenti specializzati in odontoiatria e diritto sanitario, garantendo una difesa tecnica e documentale mirata a far emergere la responsabilità dell’operatore e ottenere il giusto ristoro.

La salute orale non può essere affidata a materiali non sicuri: ogni paziente ha diritto a cure trasparenti, documentate e con prodotti certificati. In caso contrario, la legge tutela il diritto al risarcimento.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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