Emorragie Non Controllate in Fase Post-Operatoria e Risarcimento Danni

Introduzione: quando un’emorragia dopo l’intervento diventa una colpa e non una sfortuna

Dopo un’operazione chirurgica, il paziente entra in una fase cruciale: il decorso post-operatorio. È in questo momento che la vigilanza medica deve essere massima. Non si può abbassare la guardia, non si può improvvisare. Ogni parametro vitale deve essere monitorato con attenzione, ogni sintomo deve essere ascoltato, ogni anomalia deve far scattare un allarme immediato.

Tra le complicanze più gravi che si possono verificare nel post-operatorio c’è l’emorragia non controllata. Si tratta di una perdita di sangue che, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può portare a shock ipovolemico, collasso, arresto cardiaco, insufficienza d’organo e morte.

La legge parla chiaro: quando l’emorragia post-operatoria è conseguenza di una mancata vigilanza, di un errore tecnico o di un ritardo nell’intervento correttivo, ci troviamo davanti a una responsabilità sanitaria. Non si può parlare di “complicanza inevitabile” se non sono state rispettate le linee guida cliniche, se i sintomi sono stati ignorati o se non è stato attivato per tempo il team rianimatorio o chirurgico.

Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2024 si sono registrati in Italia oltre 1.900 casi di emorragia post-operatoria grave, con 370 decessi attribuiti a errori nella gestione del sanguinamento. Più di 700 famiglie hanno avviato azioni legali, e oltre il 60% dei casi si è concluso con un risarcimento per colpa medica.

In questo articolo analizziamo quando un’emorragia diventa responsabilità legale, cosa prevede la normativa aggiornata al 2025, quali danni si possono risarcire, quali prove servono per dimostrare l’errore e come intervenire grazie alla competenza degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze nelle emorragie non controllate in fase post-operatoria?

L’emorragia post-operatoria è una delle complicanze più temute e potenzialmente pericolose che possono insorgere dopo un intervento chirurgico, anche se tecnicamente riuscito. Il sanguinamento che si manifesta a distanza di alcune ore o giorni dall’operazione, se non riconosciuto e gestito tempestivamente, può determinare un rapido peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, fino a condurlo allo shock ipovolemico e, nei casi più gravi, alla morte. Questo tipo di complicanza può coinvolgere qualsiasi distretto anatomico, a seconda del tipo di intervento, ma in ogni caso rappresenta un segnale di allarme che impone un’azione immediata. Capire perché si verificano le emorragie post-operatorie non controllate e quali sono le cause più comuni di errore è un passo fondamentale per migliorare la sicurezza del paziente in ambito chirurgico.

Una delle cause più frequenti è l’inadeguata emostasi intraoperatoria, ovvero il mancato controllo efficace dei punti di sanguinamento prima della chiusura del campo chirurgico. In molte situazioni, soprattutto in interventi lunghi, su tessuti infiammati o su pazienti coagulopatici, piccoli vasi possono essere trascurati o sottovalutati. In apparenza il campo operatorio sembra asciutto, ma un vaso non legato correttamente, una sutura allentata o un coagulo temporaneamente tamponato può riaprire il flusso nelle ore successive. Il paziente, ancora in fase di ripresa, può non manifestare immediatamente i sintomi, e l’emorragia continua a svilupparsi silenziosamente all’interno della cavità addominale, toracica, pelvica o in sede sottocutanea.

Un altro fattore rilevante è la mancata identificazione di un disturbo coagulativo preesistente. Alcuni pazienti presentano patologie della coagulazione note (come emofilia, malattia di von Willebrand o trombocitopenia), ma molti altri assumono farmaci anticoagulanti o antiaggreganti per patologie cardiovascolari che non vengono sospesi correttamente prima dell’intervento. In questi casi, anche una piccola lesione vascolare può trasformarsi in un’emorragia importante. Se la preparazione preoperatoria è incompleta o se non viene eseguito uno studio approfondito dell’anamnesi farmacologica e del profilo emocoagulativo del paziente, il rischio di sanguinamento post-operatorio non controllato aumenta in modo esponenziale.

Altre volte l’emorragia è causata da un danno iatrogeno non rilevato durante l’intervento, come una lesione a un vaso profondo o a un tessuto altamente vascolarizzato che non si manifesta subito. In alcuni casi il danno si verifica durante la manipolazione o la trazione dei tessuti, con rottura parziale della parete vascolare. Il vaso può non sanguinare immediatamente, ma può cedere con la ripresa della pressione arteriosa post-anestesia o durante i primi movimenti del paziente. Il problema in questi casi è duplice: da un lato la difficoltà nel prevedere l’emorragia, dall’altro la sottovalutazione dei segnali clinici precoci, come un modesto calo della pressione, un aumento della frequenza cardiaca o un dolore persistente in sede chirurgica.

Molte emorragie post-operatorie sono favorite anche da errori tecnici nella chiusura della ferita, soprattutto quando si utilizzano suture non adeguate o materiali che non garantiscono una tenuta sufficiente in tessuti fragili. Una legatura che scivola, un nodo che si scioglie o un punto troppo superficiale possono lasciare spazio a una fuoriuscita di sangue, che si accumula nel sottocute o nelle cavità profonde. Il rischio è maggiore nei pazienti obesi, nei pazienti con edema generalizzato, e in tutti i casi in cui il tessuto cutaneo è lasso o poco vascolarizzato. In questi casi il sanguinamento può presentarsi con un’ematoma crescente, tensione della ferita, dolore improvviso o, nei casi peggiori, con la deiscenza completa della sutura chirurgica.

Una condizione ad altissimo rischio è la ripresa precoce del movimento o della deambulazione, soprattutto dopo interventi ortopedici, vascolari o addominali maggiori. Anche se la mobilizzazione precoce è importante per prevenire complicanze tromboemboliche, deve essere effettuata con cautela, rispettando i tempi fisiologici di cicatrizzazione dei tessuti e di consolidamento dell’emostasi. Se il paziente si alza, tossisce o effettua movimenti bruschi prima che i vasi lesionati siano stabilmente coagulati, il rischio di sanguinamento è molto alto. In alcuni casi si verificano veri e propri strappi dei punti di emostasi, con formazione di raccolte ematiche estese, necessità di drenaggio e, nei casi più gravi, reintervento chirurgico d’urgenza.

Un’altra causa importante è la rimozione precoce o inadeguata dei drenaggi chirurgici, che sono spesso fondamentali per monitorare la quantità e la qualità del sangue che fuoriesce dalla sede operata. Se il drenaggio viene tolto troppo presto, o se si ostruisce, l’emorragia può proseguire senza che venga rilevata, accumulandosi all’interno fino a determinare un’emoperitoneo, un ematoma compressivo o una sindrome compartimentale. Anche in questi casi, il paziente può peggiorare rapidamente, soprattutto se è fragile, anziano o con comorbidità cardiovascolari.

Non meno rilevante è l’inadeguato monitoraggio post-operatorio, che può ritardare la diagnosi di emorragia. I segni clinici iniziali di un sanguinamento non sono sempre eclatanti. Possono manifestarsi con un malessere generale, una leggera ipotensione, pallore, oliguria o lieve confusione mentale. Se il personale infermieristico o medico non riconosce questi segnali e non attiva immediatamente gli esami di controllo (come emocromo, ecografia, TAC), il sanguinamento prosegue silenziosamente fino a compromettere la perfusione degli organi vitali. In alcuni casi, il paziente viene trasferito in reparto dopo l’intervento senza un controllo emodinamico continuo, o viene lasciato in osservazione minima perché l’intervento è stato considerato “minore”. Ma proprio in questi contesti si verificano alcune delle situazioni più gravi, perché il sanguinamento viene scoperto solo quando è ormai troppo tardi.

Dal punto di vista clinico, le emorragie post-operatorie non controllate possono comportare complicanze molto serie. La perdita di sangue può determinare uno stato di shock ipovolemico con ipotensione profonda, tachicardia, insufficienza renale acuta, danno cerebrale o miocardico. Nei pazienti fragili, anche una perdita ematica modesta può destabilizzare l’equilibrio metabolico e causare un deterioramento improvviso. In alcuni casi, il sanguinamento si manifesta come un’emorragia visibile (dal drenaggio, dalla ferita, dal tratto gastrointestinale o genitale), ma molto più spesso si presenta come raccolta interna, che richiede imaging per essere localizzata e trattata. Il trattamento varia dalla semplice trasfusione di sangue alla revisione chirurgica del sito, passando per la correzione dei parametri coagulativi o il drenaggio percutaneo delle raccolte.

Sul piano medico-legale, le emorragie post-operatorie non gestite adeguatamente rappresentano una delle principali fonti di contenzioso, soprattutto se il paziente riporta un danno grave, un’invalidità o un decesso. L’elemento cruciale che viene valutato non è solo la comparsa dell’emorragia – che in alcuni casi può essere una complicanza non evitabile – ma la tempestività e la correttezza della risposta clinica. Se si dimostra che il personale non ha monitorato correttamente i parametri vitali, non ha effettuato controlli di laboratorio, non ha interpretato correttamente i sintomi o ha ritardato l’esecuzione di indagini diagnostiche fondamentali, la responsabilità sanitaria è quasi sempre riconosciuta. Anche la documentazione clinica gioca un ruolo centrale: l’assenza di annotazioni su quantità e qualità del drenaggio, la mancata rilevazione della pressione arteriosa o la carenza di controlli post-operatori sono elementi che depongono per una condotta negligente.

Le statistiche cliniche mostrano che le emorragie post-operatorie si verificano in circa il 2-6% degli interventi maggiori, ma la percentuale può salire al 15% in alcune chirurgie vascolari, oncologiche o addominali complesse. Nei casi più gravi, il sanguinamento comporta una mortalità post-operatoria del 10-20%, soprattutto quando non viene trattato in tempo. I costi sanitari associati a queste complicanze sono elevatissimi, in termini di giorni di degenza, necessità di trasfusioni, uso di terapia intensiva e, nei casi più seri, rioperazioni o interventi invasivi aggiuntivi.

In conclusione, gli errori e le complicanze nelle emorragie post-operatorie non controllate derivano da emostasi imperfetta, coagulopatie non diagnosticate, uso inadeguato di farmaci anticoagulanti, monitoraggio clinico insufficiente, rimozione precoce dei drenaggi, gestione superficiale dei segni clinici precoci e mancanza di protocolli di sicurezza chiari. L’attenzione chirurgica non deve finire con l’ultima sutura: è proprio nel post-operatorio che il paziente è più vulnerabile. Riconoscere i segni premonitori, reagire rapidamente e garantire un’assistenza vigile e continua è il solo modo per evitare che una complicanza potenzialmente gestibile si trasformi in un dramma.

Affidarsi a équipe chirurgiche esperte, a strutture dotate di protocolli chiari e personale formato nella gestione del post-operatorio, è la base per ogni intervento realmente sicuro. Perché un’emorragia, se non controllata, può diventare silenziosa. Ma il prezzo del silenzio, in chirurgia, è spesso troppo alto.

Quando si configura la responsabilità medica per emorragie non controllate in fase post-operatoria?

La responsabilità medica per emorragie non controllate in fase post-operatoria si configura ogni volta che, dopo un intervento chirurgico, la comparsa di sanguinamenti interni o esterni non viene riconosciuta, monitorata o trattata in modo tempestivo ed efficace, causando un danno evitabile al paziente. L’emorragia post-operatoria è una delle complicanze più gravi e temute in chirurgia. Può insorgere subito dopo l’operazione, nelle prime ore, oppure manifestarsi in modo subdolo a distanza di un giorno o due, sotto forma di ipotensione, tachicardia, dolore acuto, pallore o alterazione dei valori ematici. In ogni caso, è un segnale d’allarme che richiede una risposta rapida, organizzata e precisa.

Ogni intervento chirurgico, anche il più semplice, può potenzialmente causare un’emorragia. Tagliare tessuti significa anche avvicinarsi o sezionare vasi, capillari, strutture vascolarizzate. Il compito del chirurgo, però, non si conclude con la sutura finale. Fa parte dell’atto medico anche la valutazione del rischio emorragico, il controllo dell’emostasi durante l’intervento, l’uso di drenaggi strategici, la corretta gestione dei parametri vitali nel decorso post-operatorio e la sorveglianza clinica nelle ore successive. Quando una perdita ematica viene sottovalutata, ignorata o mal gestita, il danno per il paziente può essere devastante.

Il paziente che ha appena subito un intervento è, per definizione, fragile. Il suo equilibrio fisiologico è alterato dall’anestesia, dalla ferita chirurgica, dallo stress metabolico. In questo contesto, anche una perdita di sangue moderata può destabilizzare il sistema circolatorio. Quando l’emorragia è abbondante o prolungata, il corpo non riesce a compensare, e si entra rapidamente in uno stato di shock ipovolemico. Tachicardia, ipotensione, difficoltà respiratoria, sudorazione fredda, alterazione dello stato di coscienza sono i segni clinici più evidenti. Se non si interviene con urgenza, con esami diagnostici mirati e misure terapeutiche adeguate, il rischio di morte aumenta in modo esponenziale.

I protocolli ospedalieri prevedono un attento monitoraggio delle condizioni cliniche del paziente nelle prime 24-48 ore. I parametri vitali devono essere controllati con regolarità, il bilancio idrico deve essere valutato, le perdite dai drenaggi devono essere annotate, il dolore deve essere gestito ma anche interpretato. Un addome che si distende rapidamente, una ferita che sanguina in modo anomalo, un drenaggio che raccoglie sangue vivo sono segnali che non possono essere ignorati. Se il personale sanitario non reagisce prontamente, oppure se le informazioni non vengono comunicate al medico responsabile, la catena della sicurezza si spezza. E la colpa non è solo del singolo, ma dell’intero sistema.

Non tutte le emorragie sono prevenibili. In alcuni casi, la causa è un difetto della coagulazione del paziente, un’anomalia vascolare non individuata, o una reazione inaspettata ai farmaci anticoagulanti. Ma anche in questi casi, il dovere del medico è riconoscerla in tempo. Una diagnosi tempestiva può fare la differenza tra una semplice trasfusione e un ricovero in terapia intensiva, tra una guarigione e una disabilità, tra la vita e la morte. Quando si dimostra che l’emorragia era già evidente, o che i segnali clinici erano compatibili ma non sono stati interpretati correttamente, la responsabilità è piena.

Gli errori più frequenti nei casi di emorragia post-operatoria riguardano la sottovalutazione dei sintomi, la mancata richiesta di esami urgenti, il ritardo nel trasporto in sala operatoria per la revisione chirurgica, la scarsa comunicazione tra infermieri e medici, la carenza di personale durante la notte o nei giorni festivi, la somministrazione inappropriata di farmaci che aumentano il rischio emorragico. In altri casi, l’emorragia era già in atto al termine dell’intervento ma non è stata contenuta adeguatamente. Il chirurgo, per fretta o eccesso di fiducia, ha chiuso il campo operatorio senza un controllo meticoloso dell’emostasi. L’omissione di una manovra preventiva si trasforma, nelle ore successive, in una corsa contro il tempo per salvare il paziente.

Il danno derivante da un’emorragia non controllata può essere drammatico. Nei casi meno gravi, si tratta di una degenza prolungata, di un’anemia acuta, di una trasfusione necessaria. Ma in casi più complessi, il paziente può riportare danni cerebrali da ipoperfusione, lesioni ischemiche ad organi interni, insufficienza renale acuta, sindrome da distress respiratorio, o shock settico in caso di contaminazione batterica. Alcuni pazienti perdono la vita. Altri sopravvivono con danni neurologici o disabilità permanenti. In ogni caso, la qualità della vita viene compromessa, e con essa il diritto alla salute e alla sicurezza che ogni ricovero dovrebbe garantire.

Dal punto di vista legale, il paziente (o i suoi familiari) hanno il diritto di ottenere giustizia. È necessario acquisire tutta la documentazione sanitaria: diario clinico, referto operatorio, cartella anestesiologica, schede infermieristiche, esami ematochimici, referti radiologici, report dei drenaggi, eventuali registrazioni dei parametri vitali. La consulenza medico-legale è fondamentale per stabilire se l’emorragia poteva essere prevista, se era già evidente nei dati clinici, se è stata sottovalutata o se è mancata la tempestività nell’intervento. Quando si dimostra che un intervento urgente avrebbe evitato il danno o ridotto le conseguenze, la responsabilità è certa.

Il risarcimento comprende, come sempre, il danno biologico temporaneo e permanente, il danno morale, le spese sostenute, l’eventuale perdita di reddito, e nei casi più gravi il danno esistenziale e quello da perdita di chance di sopravvivenza. In caso di decesso, i familiari possono richiedere il risarcimento per la perdita del congiunto, per il danno da morte, per il dolore subito, per il trauma. I giudici, soprattutto in presenza di omissioni evidenti o ritardi ingiustificabili, non esitano a riconoscere risarcimenti significativi, anche di centinaia di migliaia di euro.

Il termine per promuovere l’azione è di cinque anni dal momento in cui il paziente (o i familiari) hanno avuto conoscenza del danno e della sua probabile origine colposa. Quando il decesso è immediato, il termine decorre dal giorno dell’evento. Quando, invece, la lesione si manifesta in modo graduale, è importante documentare la data della diagnosi, dei sintomi e della consapevolezza acquisita. In tutti i casi, è consigliabile agire quanto prima, richiedere la cartella clinica, farsi assistere da un avvocato specializzato e ottenere una valutazione medico-legale.

Dal lato medico, questa tipologia di errore è una delle più facili da evitare, se si rispettano i protocolli. Significa non abbassare mai la guardia, nemmeno dopo la fine dell’intervento. Significa educare il personale a riconoscere i segni dell’ipovolemia. Significa documentare, comunicare, ascoltare il paziente, fidarsi della clinica prima che dei numeri. Un’emorragia non è silenziosa: parla con il corpo, con la pelle, con i battiti, con lo sguardo. Chi non la riconosce, non ha scuse.

In conclusione, la responsabilità medica per emorragie non controllate in fase post-operatoria si configura ogni volta che la perdita ematica, già visibile o sospettabile, viene ignorata, mal interpretata o affrontata troppo tardi. La chirurgia è fatta di bisturi, ma anche di orecchie e occhi attenti. Perché curare è un gesto che continua anche quando si spengono le luci della sala operatoria. E ogni goccia di sangue non ascoltata è una colpa che resta scritta non solo nelle cartelle, ma nella vita spezzata di chi l’ha versata.

Quali interventi sono più a rischio?

Tutti gli interventi possono avere complicanze emorragiche, ma i più esposti sono:

  • Chirurgia addominale (resezioni, colecistectomia, laparotomie)
  • Chirurgia vascolare (bypass, safenectomie)
  • Chirurgia ginecologica (isterectomia, miomectomia)
  • Chirurgia ortopedica (protesi, osteotomie)
  • Chirurgia toracica e oncologica

Quali sono i segnali di un’emorragia che non deve essere sottovalutata?

  • Tachicardia persistente
  • Ipotensione grave
  • Pallore, sudorazione fredda
  • Dolore acuto in sede operatoria
  • Distensione addominale, lividi inaspettati
  • Diminuzione emoglobina e piastrine

Cosa dice la legge italiana?

Il paziente danneggiato può agire legalmente secondo:

  • Art. 1218 Codice Civile – responsabilità contrattuale
  • Art. 2043 Codice Civile – illecito civile
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, che impone l’adesione alle linee guida

Se il medico o la struttura non ha gestito correttamente l’emorragia, si configura una responsabilità piena, anche in assenza di errore durante l’intervento.

Il consenso informato copre questo tipo di complicanze?

No. Il consenso informato:

  • Non copre l’inerzia medica
  • Non legittima l’assenza di controlli post-operatori
  • Non è sufficiente se il paziente non è stato realmente informato dei rischi e delle misure di prevenzione e controllo

Quali danni si possono chiedere in risarcimento?

  • Danno biologico permanente (invalidità, esiti neurologici, menomazioni)
  • Danno morale e psichico (sofferenza, depressione, ansia, disturbi post-traumatici)
  • Danno patrimoniale (spese sanitarie, mancati redditi, assistenza continua)
  • Danno da perdita di chance (ritardo nella diagnosi, aggravamento)
  • Danno da morte in caso di decesso del paziente (risarcibile ai familiari)

Esempi concreti di risarcimento

  • Firenze, 2023 – emorragia intestinale ignorata dopo laparoscopia → €103.000
  • Milano, 2024 – morte per shock ipovolemico dopo isterectomia → €312.000 ai familiari
  • Roma, 2023 – emorragia post-protesi d’anca con invalidità → €86.000
  • Napoli, 2024 – rottura vaso pelvico non trattato → €94.000

Come si dimostra l’errore?

  1. Acquisizione della cartella clinica completa
  2. Referti di pronto soccorso e terapie effettuate
  3. Esami strumentali post-operatori (TAC, ecografie, dosaggi)
  4. Relazione medico-legale indipendente
  5. Documentazione di ricoveri successivi, invalidità, trattamenti correttivi

Quanto tempo si ha per fare causa?

  • 10 anni per responsabilità contrattuale (medico o struttura)
  • 5 anni per responsabilità extracontrattuale
  • Il termine decorre dal momento in cui il danno è evidente o scoperto

Cosa fare subito se sospetti un’emorragia mal gestita?

  • Richiedi subito assistenza medica esterna
  • Ottieni una diagnosi documentata del danno
  • Domanda la cartella clinica completa
  • Fotografa segni esterni, conserva referti e prescrizioni
  • Rivolgiti a un avvocato esperto in malasanità

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Perché l’emorragia post-operatoria mal gestita è tra gli errori più frequenti e più gravi. È il simbolo di una medicina che dimentica la cosa più importante: restare accanto al paziente anche dopo l’intervento.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:

  • Collaborano con chirurghi, anestesisti e medici legali specializzati
  • Analizzano ogni minuto del decorso post-operatorio
  • Ottengono risarcimenti anche in caso di danno tardivo o morte
  • Rappresentano i pazienti e i familiari con forza, rigore, competenza

Non lasciare che un errore medico venga coperto dal silenzio. Non lasciare che il tuo dolore venga archiviato come una “complicanza”. Pretendi giustizia. Pretendi dignità.

Contatta oggi stesso gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità. Perché quando la negligenza colpisce il tuo corpo, serve qualcuno che lo difenda con la legge.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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