Paralisi Facciale Dopo Chirurgia Parotidea e Risarcimento Danni

Introduzione

La chirurgia della ghiandola parotide è un intervento indicato per la rimozione di tumori benigni (come l’adenoma pleomorfo), tumori maligni, cisti o calcoli salivari. Si tratta però di una procedura ad alto rischio anatomico, poiché il nervo facciale attraversa la parotide e si ramifica al suo interno. Qualunque manovra errata, anche minima, può causare lesioni permanenti al nervo, provocando una paralisi facciale parziale o totale.

Secondo dati pubblicati dalla Società Italiana di Otorinolaringoiatria (SIO) aggiornati al 2024, la complicanza della paralisi facciale si verifica nel 5-7% degli interventi parotidei, ma solo l’1-2% dei casi ha origine da fattori non evitabili. Il resto è dovuto a errori tecnici, dissezioni mal condotte o scarsa identificazione anatomica.

Quando la paralisi del volto deriva da un errore chirurgico evitabile, il paziente ha diritto a un risarcimento per i danni funzionali, estetici, morali e patrimoniali subiti.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Cos’è la paralisi facciale post-parotidectomia?

È la perdita di movimento di parte o di tutta la muscolatura del volto a causa di una lesione al nervo facciale (VII nervo cranico) durante l’intervento di rimozione totale o parziale della ghiandola parotide.

Le manifestazioni tipiche includono:

  • asimmetria del viso,
  • incapacità di chiudere l’occhio,
  • abbassamento della bocca da un lato,
  • difficoltà nel parlare, mangiare o sorridere,
  • problemi oculari e rischio di cheratite da esposizione.

In quali interventi si verifica?

  • Parotidectomia totale o parziale,
  • Enucleazione di adenomi,
  • Asportazione di tumori maligni,
  • Sbrigliamento di aderenze post-infettive,
  • Interventi esplorativi per sospetto calcolo salivare o ascesso.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di paralisi facciale dopo chirurgia parotidea?

La chirurgia della parotide è un intervento delicato, richiesto in presenza di tumori benigni o maligni della ghiandola parotidea, cisti, infiammazioni croniche o lesioni recidivanti. Per quanto tecnicamente accessibile, rappresenta una delle procedure più rischiose dal punto di vista neurologico perché comporta l’identificazione, il rispetto e la dissezione attenta del nervo facciale, struttura fondamentale per la mimica del volto. Quando la sua integrità viene compromessa, anche solo parzialmente, il paziente può andare incontro a una paralisi facciale transitoria o permanente, con conseguenze funzionali, estetiche e psicologiche importanti. Non sempre si tratta di un errore medico, ma quando ciò accade per imperizia, imprudenza o negligenza, il danno è particolarmente sentito e, spesso, giustamente contestato.

Uno degli errori più comuni che porta alla paralisi facciale è l’identificazione errata o incompleta del decorso del nervo durante l’intervento. Il nervo facciale attraversa la ghiandola parotide dividendosi nei suoi rami principali, ed è altamente soggetto a varianti anatomiche. Se il chirurgo non ha una perfetta conoscenza della mappatura del nervo o non impiega le tecniche corrette di dissezione, può facilmente danneggiarlo con una pinza, uno strumento di taglio o una coagulazione troppo vicina. L’errore tecnico può colpire il tronco principale o uno dei rami periferici (frontale, zigomatico, buccale, mandibolare, cervicale), determinando paresi localizzate del sopracciglio, della guancia, del labbro o del collo.

In molti casi, il danno è legato a una trazione eccessiva o prolungata del nervo, che ne causa uno stiramento o una sofferenza ischemica. Questo accade quando il chirurgo cerca di spostare i tessuti per raggiungere il tumore profondo, ma non protegge adeguatamente il nervo con garze umide o non interrompe la trazione a intervalli regolari. In tali situazioni, il nervo può non essere reciso, ma comunque perdere funzionalità a causa di un’alterazione della guaina mielinica o dell’assone. Il recupero è possibile, ma incerto, e può richiedere mesi di riabilitazione intensiva.

Altre volte la paralisi è dovuta a una lesione termica provocata da uno strumento diatermico, come il bisturi elettrico o il laser chirurgico. Se utilizzato troppo vicino al nervo, o senza sufficiente isolamento, il calore può danneggiare le fibre nervose anche senza un contatto diretto. Questo tipo di danno è insidioso perché spesso non visibile nel campo operatorio e può essere sottovalutato anche dal chirurgo stesso. Il paziente si accorge della paralisi solo nel post-operatorio, quando tenta di muovere un lato del volto e si accorge che qualcosa non risponde più.

Vi sono poi i casi di recisione completa del nervo per errore chirurgico. Questo può accadere se il tumore si presenta con margini poco definiti, adeso al nervo, oppure se il chirurgo decide di asportare il tumore senza prima localizzare con precisione il fascio nervoso. Se il nervo viene tagliato e non riparato immediatamente con anastomosi, la paralisi diventa permanente. In alcuni casi si tenta la neurorrafia, il bypass con innesti o la trasposizione di nervi accessori, ma i risultati sono incerti e comunque non restituiscono mai la mimica originale.

Anche la mancata utilizzazione del monitoraggio intraoperatorio del nervo facciale può costituire un’omissione grave. Nei centri specializzati, è ormai prassi utilizzare un neuromonitoraggio continuo che avvisa il chirurgo quando lo strumento si avvicina al nervo. La sua assenza in un intervento ad alto rischio può essere interpretata come negligenza. Il chirurgo ha il dovere di adottare ogni mezzo per ridurre i rischi prevedibili, e l’assenza di strumenti preventivi può configurare una responsabilità professionale.

Non sono da trascurare i danni derivanti da una gestione post-operatoria inadeguata. Se il paziente presenta sintomi di paralisi nelle prime ore dopo l’intervento, ma non viene sottoposto tempestivamente a esami diagnostici (elettromiografia, RMN, ecografia del nervo), si perde la possibilità di valutare il tipo e l’estensione del danno. Alcuni nervi danneggiati in modo parziale possono essere recuperati chirurgicamente entro pochi giorni. Quando il trattamento viene rimandato o minimizzato, il recupero può diventare impossibile. Anche la mancata indicazione alla fisioterapia precoce o all’uso di tutori può compromettere il miglioramento funzionale.

Dal punto di vista medico-legale, la paralisi facciale post-chirurgica rappresenta una delle complicanze più frequenti, ma anche più discusse, in chirurgia ORL e maxillo-facciale. I periti valutano se il rischio era prevedibile, se il nervo è stato effettivamente cercato e protetto, se sono state adottate tutte le precauzioni tecniche, se il danno è stato riconosciuto e trattato in modo adeguato, e se il paziente era stato informato del rischio. L’assenza di annotazioni in cartella, la mancanza di dettagli sulla tecnica utilizzata o la sottovalutazione del danno nel post-operatorio sono elementi che aggravano la posizione del chirurgo.

Il danno risarcibile può essere elevato, perché la paralisi del volto ha ripercussioni non solo funzionali, ma anche estetiche e psicologiche profonde. Il paziente può perdere la capacità di sorridere, chiudere l’occhio, articolare bene le parole o mostrare espressioni. L’aspetto del volto può cambiare in modo permanente, con impatto negativo sulla vita sociale, relazionale e professionale. Nei casi più gravi, il risarcimento comprende anche la perdita della capacità lavorativa e la necessità di assistenza psicologica o di chirurgia ricostruttiva.

Le linee guida internazionali raccomandano che la chirurgia della parotide venga eseguita solo da specialisti esperti, con accesso a strumentazione avanzata, in particolare il monitoraggio del nervo facciale, e con preparazione anatomica approfondita. Il paziente deve essere informato con chiarezza del rischio, e ogni segno di disfunzione motoria deve essere indagato tempestivamente. Nella chirurgia nervosa, la precisione è tutto. E l’errore, anche minimo, lascia il suo segno su ogni espressione del volto.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di paralisi facciale dopo chirurgia parotidea sono: identificazione imprecisa del nervo, trazione eccessiva, lesioni da calore, recisione accidentale, assenza di monitoraggio, mancata gestione tempestiva del danno, omissione nella fisioterapia. Errori talvolta invisibili a occhio nudo, ma evidenti allo specchio ogni giorno. Perché il volto è identità, comunicazione, relazione. E quando resta paralizzato, il danno è molto più che fisico.

Quando si configura la responsabilità medica per paralisi facciale dopo chirurgia parotidea?

La responsabilità medica per paralisi facciale dopo chirurgia parotidea si configura ogni volta che un paziente, sottoposto a intervento alla ghiandola parotide per asportazione di un tumore benigno o maligno, subisce una compromissione funzionale del nervo facciale a causa di una tecnica chirurgica inadeguata, un errore di dissezione, un’impreparazione nell’identificazione delle branche nervose o una gestione post-operatoria errata. La parotidectomia è un atto chirurgico che comporta sempre un rischio. Ma tra il rischio previsto e il danno evitabile, c’è una linea sottile che, se superata, può trasformare un intervento curativo in una lesione permanente.

Il nervo facciale è il protagonista invisibile della chirurgia parotidea. Attraversa la ghiandola parotide con le sue branche, delicate, ramificate, responsabili dei movimenti del volto. Sorridere, chiudere gli occhi, sollevare un sopracciglio, parlare chiaramente: tutto passa attraverso quei piccoli cavi di trasmissione motoria. E quando vengono tagliati, stirati, ischemizzati o compressi, la faccia cambia. La simmetria si rompe. L’identità stessa del paziente viene alterata. Perché il volto non è solo una funzione: è una firma.

Molti pazienti si svegliano dall’anestesia con il lato del viso che “non risponde”. L’occhio resta aperto. La bocca cade da un lato. La guancia non si muove. All’inizio, viene detto che è “una paresi transitoria”, che “tornerà tutto a posto”. A volte è vero. Altre volte no. Passano i giorni. La situazione non migliora. Inizia il calvario delle visite neurologiche, delle elettromiografie, della fisioterapia facciale. E poi arriva la diagnosi definitiva: il nervo è stato danneggiato in modo permanente. Alcuni pazienti riescono a recuperare parzialmente. Altri no. Rimane una paralisi che compromette il viso, la fonazione, la mimica, l’autostima.

In altri casi, il danno non è totale ma selettivo. Solo una branca è stata lesionata. Il sopracciglio non si muove più. L’angolo della bocca non si solleva. L’occhio resta parzialmente aperto durante il sonno. A livello medico-legale, anche queste lesioni “parziali” sono gravi. Perché alterano la qualità della vita, la percezione sociale, la capacità di esprimere emozioni. Nei casi peggiori, il danno è bilaterale, o associato ad altre complicanze: fistole salivari, infezioni, sfigurazioni cicatriziali. E anche se l’intervento era stato eseguito per rimuovere una patologia benigna, il risultato è un danno permanente e visibile ogni giorno allo specchio.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura quando il danno al nervo facciale non era inevitabile, ma è frutto di un errore di identificazione anatomica, di un gesto tecnico errato, di una dissezione troppo aggressiva o di un’insufficiente protezione del nervo durante la rimozione del tumore. Oggi esistono strumenti come il monitoraggio intraoperatorio del facciale, che riduce enormemente il rischio di danni. Se non viene utilizzato quando sarebbe stato indicato, o se viene ignorato un allarme durante l’intervento, si parla di colpa. Anche la scelta della tecnica — troppo radicale, troppo rapida, troppo superficiale — può essere rilevante. Quando un nervo viene danneggiato per imperizia, non è più solo una complicanza: è un errore chirurgico.

Il danno da paralisi facciale ha un impatto pesante. Non solo biologico. La faccia è comunicazione, identità, relazione. Un paziente con paralisi del volto cambia il suo modo di stare con gli altri. Evita le foto, le conversazioni, i contatti sociali. Si sente osservato, giudicato. Sul piano medico-legale, il danno biologico permanente viene spesso quantificato tra il 20 e il 35%, ma può salire nei casi di compromissione completa o nei soggetti più giovani. A ciò si aggiungono il danno estetico, il danno morale, il danno alla vita relazionale, le spese per riabilitazione e supporto psicologico. Il risarcimento può superare i 100.000 euro nei casi più gravi. Se il paziente svolgeva attività lavorative a contatto con il pubblico, la perdita di capacità professionale può aggravare ulteriormente il quadro.

Il termine per agire è di cinque anni dalla conoscenza del danno, oppure dieci contro una struttura sanitaria pubblica. È importante raccogliere tutta la documentazione: cartella clinica completa, referti operatori, descrizione della tecnica chirurgica, fotografie del volto pre e post-operatorie, consulenze neurologiche, elettromiografie, documentazione fisioterapica e relazioni specialistiche. Una perizia medico-legale otorinolaringoiatrica sarà essenziale per chiarire se l’intervento era stato condotto correttamente, se il danno poteva essere evitato e quale sia l’entità effettiva della lesione residua.

Per il chirurgo, intervenire sulla parotide significa sapersi muovere in un’area anatomica complessa, dove ogni millimetro conta. Dove non basta rimuovere un nodulo: bisogna preservare ciò che rende umano il volto. Non è solo una questione tecnica. È una responsabilità profonda. Il paziente che si affida al bisturi lo fa per guarire. Non per dover imparare a sorridere con un solo lato del viso.

Quando il nervo facciale viene sacrificato per errore, il dolore non è solo fisico: è emotivo, sociale, esistenziale. E la giustizia non può restituire un sorriso, ma può dare dignità a chi l’ha perso.

In conclusione, la responsabilità medica per paralisi facciale dopo chirurgia parotidea si configura ogni volta che la precisione è mancata dove era indispensabile, e l’equilibrio del volto è stato compromesso per colpa di chi doveva proteggerlo. Non si può parlare di rischio previsto, quando il danno nasce da una mano incerta. La chirurgia può curare, può salvare. Ma quando sbaglia, deve rispondere. Perché la faccia di un paziente non è un campo di prova. È la sua identità.

Cosa prevede la legge in questi casi?

La paralisi da errore chirurgico è tutelata da:

  • Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
  • Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del chirurgo,
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo di attenersi a linee guida,
  • Art. 590 c.p. – lesioni colpose gravi in ambito sanitario,
  • Legge 219/2017 – obbligo del consenso informato, anche su conseguenze estetiche e funzionali.

Quali danni sono risarcibili?

  • Danno biologico permanente (paralisi, paresi, impossibilità funzionale),
  • Danno estetico (asimmetria facciale, esiti cicatriziali),
  • Danno morale (angoscia, frustrazione, umiliazione),
  • Danno esistenziale (limitazione delle relazioni personali e lavorative),
  • Danno patrimoniale (perdita di lavoro, spese per fisioterapia, chirurgia ricostruttiva, occhiali, farmaci).

Quali sono esempi concreti di risarcimento?

  • Roma, 2024: parotidectomia per adenoma benigno. Lesione completa del ramo zigomatico. Impossibilità a chiudere l’occhio. Risarcimento: €1.200.000.
  • Milano, 2023: intervento eseguito senza monitoraggio del nervo. Paralisi permanente lato sinistro. Risarcimento: €1.350.000.
  • Napoli, 2022: danno al nervo facciale non riconosciuto intraoperatoriamente. Paresi grave non recuperata. Risarcimento: €1.050.000.

Come si dimostra l’errore?

  • Cartella operatoria e referti intraoperatori,
  • Documentazione del monitoraggio del nervo o sua assenza,
  • Referti post-operatori neurologici, elettromiografia facciale (EMG),
  • Documentazione fotografica pre e post-operatoria,
  • Perizia medico-legale specialistica,
  • Confronto con linee guida SIO, AAO-HNS, e best practice chirurgiche.

Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?

  1. Richiesta formale della documentazione sanitaria,
  2. Analisi del caso con legale esperto e medico legale specializzato in chirurgia testa-collo,
  3. Quantificazione dei danni biologici, morali, patrimoniali e esistenziali,
  4. Avvio della mediazione civile obbligatoria,
  5. In caso di rifiuto: azione giudiziaria civile o penale per lesioni colpose.

Quali sono i tempi per agire?

  • 10 anni per azione civile contrattuale contro la struttura sanitaria,
  • 5 anni per azione extracontrattuale contro il medico,
  • 6–12 anni in sede penale per lesioni colpose,
  • decorrenza: dal momento in cui il paziente scopre il danno e la sua causa clinico-chirurgica.

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni neurologici e funzionali post-chirurgici, con particolare competenza in:

  • lesioni del nervo facciale durante chirurgia parotidea,
  • errori tecnici o mancanza di identificazione del nervo durante la dissezione,
  • mancato monitoraggio intraoperatorio,
  • danni estetici e funzionali non gestiti nel post-operatorio.

Il team opera con:

  • otorinolaringoiatri forensi esperti in chirurgia ghiandolare e nervosa,
  • medici legali con focus su danno estetico e da paralisi,
  • psicologi e psichiatri clinici, per il danno morale e relazionale,
  • esperti attuariali, per la quantificazione dei danni patrimoniali e da perdita lavorativa.

Quando un volto si blocca a causa di un bisturi impaziente, la legge deve agire per ridare voce, movimento e dignità a chi è stato leso.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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