Lesione Nervosa Durante Lifting con Fili di Trazione e Risarcimento Danni

Introduzione

Il lifting con fili di trazione (anche detti fili tensori o fili di sospensione) è un trattamento estetico sempre più richiesto per contrastare il rilassamento cutaneo di viso, collo, mandibola e sopracciglio. Considerato mini-invasivo, promette effetti simili al lifting chirurgico, ma con tempi di recupero ridotti. Tuttavia, se non eseguito correttamente, può causare complicanze gravi, tra cui la più temuta: la lesione di nervi facciali.

Secondo i dati aggiornati al 2025 dalla Società Italiana di Medicina Estetica (SIME), l’incidenza di danni neurologici dopo lifting con fili è pari allo 0,5%, ma in oltre l’85% dei casi, la causa è l’errato posizionamento del filo o l’assenza di conoscenza anatomica del medico.

Una lesione nervosa può significare perdita di sensibilità, paralisi parziale, dolore cronico o asimmetrie permanenti del volto. Quando ciò accade a causa di un errore medico, il paziente ha diritto a ottenere un risarcimento completo.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Come funziona il lifting con fili di trazione?

Si tratta di una tecnica che prevede l’introduzione sottocutanea di fili riassorbibili (in PDO, PLA o PCL) o non riassorbibili (es. silicone con coni) per sollevare e ancorare i tessuti rilassati. I fili vengono inseriti con aghi o cannule e ancorati in punti strategici.

Zone comunemente trattate:

  • Guance e zigomi,
  • Linea mandibolare,
  • Collo,
  • Sopracciglia (fox eyes o cat eyes).

Quali nervi possono essere danneggiati?

  • Ramo zigomatico del nervo facciale → paralisi del sorriso, asimmetria
  • Nervo buccale → perdita di mobilità guancia e bocca
  • Ramo mandibolare → paralisi del labbro inferiore
  • Nervo auricolotemporale → parestesie o dolore cronico temporale
  • Nervi sensitivi cutanei superficiali → perdita di sensibilità in aree localizzate

Quando si configura la responsabilità medica per lesione nervosa durante lifting con fili di trazione?

La responsabilità medica per lesione nervosa durante lifting con fili di trazione si configura ogni volta che un paziente, sottoposto a un trattamento estetico con fili biocompatibili inseriti per risollevare i tessuti del viso, subisce un danno neurologico a carico dei nervi facciali, che provoca perdita di sensibilità, paresi muscolare, alterazioni dell’espressività o dolore neuropatico, a causa di una tecnica esecutiva errata, di una scelta anatomica scorretta o di un’insufficiente conoscenza delle strutture coinvolte. Il lifting non chirurgico con fili di sospensione viene spesso proposto come una valida alternativa al bisturi: meno invasivo, più rapido, con recupero immediato. Ma non per questo privo di rischi. Quando si agisce sul volto, anche pochi millimetri fanno la differenza tra un risultato armonioso e un danno permanente.

I fili di trazione, noti anche come fili di sospensione o fili tensori, vengono introdotti nel sottocute per sollevare i tessuti rilassati. Si utilizzano materiali riassorbibili come il PDO (polidiossanone) o il PLLA, ma anche fili permanenti. L’obiettivo è creare un effetto lifting senza incisioni, semplicemente “ancorando” la pelle a nuovi vettori. Il problema nasce quando l’inserimento dei fili attraversa zone in cui scorrono nervi importanti, come il nervo facciale (rami temporali, zigomatici, buccali), oppure il nervo infraorbitario, mentoniero o auricolare. La zona medio-facciale, la mandibola e le tempie sono aree ad altissimo rischio neurologico, in cui un ago spinto troppo in profondità, o un filo posizionato con forza eccessiva, può comprimere, irritare o lesionare un nervo.

Molti pazienti raccontano che, subito dopo l’intervento, hanno sentito una fitta, un formicolio, un intorpidimento. In alcuni casi, la sensazione si è trasformata in una perdita parziale di mobilità di una parte del volto: un sopracciglio abbassato, un occhio che non si apre completamente, una guancia che non si muove al sorriso. Altri hanno notato un’asimmetria che non migliora col tempo. Qualcuno ha iniziato ad avvertire scosse elettriche, bruciore cronico, alterazione della sensibilità in una parte della guancia, del mento o della mandibola. In alcuni casi, i sintomi sono stati sminuiti dal professionista: “è normale”, “è solo un po’ di edema”, “torna tutto a posto in qualche giorno”. Ma il tempo non ha risolto nulla. E la diagnosi, spesso tardiva, è stata quella di neuropatia traumatica.

Il danno nervoso può derivare da un’infiammazione meccanica, da compressione, da stiramento o da taglio diretto durante l’introduzione dell’ago guida o del filo stesso. La gravità varia: si può trattare di una lesione lieve e reversibile, oppure di una paresi permanente, che compromette la mimica e l’equilibrio del volto. In ogni caso, l’effetto è devastante per il paziente, che si ritrova con un’espressività alterata per colpa di un trattamento che doveva ringiovanire e armonizzare.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura ogni volta che la lesione è frutto di un’iniezione eseguita in modo scorretto, senza la necessaria conoscenza dell’anatomia, oppure senza un’adeguata selezione del paziente. Se il medico ha introdotto i fili in profondità e in zone critiche senza rispettare i piani anatomici sicuri, se ha esercitato una trazione eccessiva o ha ignorato i limiti consigliati per lunghezza e ancoraggio, oppure se ha eseguito la procedura senza spiegare i reali rischi neurologici, la colpa è evidente. Perché quando un sorriso si spegne per sempre per colpa di un filo, non si può parlare di imprevisto: si deve parlare di errore.

Le conseguenze di una lesione nervosa sul volto non si misurano solo con esami neurologici. Si vedono nello sguardo, nei sorrisi mancati, nella fatica di parlare o di truccarsi, nella vergogna provata guardandosi allo specchio. Alcuni pazienti vivono un trauma identitario profondo. Altri evitano la socialità, si isolano, sviluppano stati depressivi. C’è chi tenta trattamenti riabilitativi, infiltrazioni di cortisone, fisioterapia, sedute di neuromodulazione, con scarsi risultati. E chi deve ricorrere alla chirurgia correttiva, pur sapendo che la simmetria non sarà mai più quella di prima.

Sul piano risarcitorio, il danno biologico può essere rilevante, specie se la lesione ha causato deficit sensitivo-motori permanenti. A esso si sommano il danno estetico e il danno esistenziale, sempre molto elevati in caso di coinvolgimento del volto. I risarcimenti possono variare dai 30.000 ai 150.000 euro, a seconda della gravità del danno, dell’età del paziente, della localizzazione e della documentazione clinica. In presenza di colpa tecnica evidente o assenza di consenso informato, il riconoscimento del diritto al risarcimento è pieno. Se la procedura è stata eseguita da personale non medico, o in strutture non sanitarie, si configura anche la responsabilità penale.

Il termine per agire è di cinque anni dalla manifestazione del danno. È fondamentale raccogliere fotografie pre e post-trattamento, referti neurologici, esami strumentali come elettromiografie o risonanze, dichiarazioni del professionista, ricevute, moduli informativi e cartella clinica, se esistente. Una perizia medico-legale con supporto neurologico sarà essenziale per attestare la correlazione tra la procedura e la lesione, nonché l’adeguatezza della tecnica utilizzata.

Per il medico estetico, ogni volto è una mappa precisa, attraversata da arterie, vene e nervi che vanno conosciuti come un chirurgo conosce i suoi piani operatori. Non si può “tirare” un volto senza sapere cosa si sta toccando. Non si può usare un filo come fosse un punto luce su un volto di porcellana. Ogni gesto è potenzialmente irreversibile. E se un tratto del volto resta immobile per sempre, la bellezza promossa si è trasformata in danno subito.

In conclusione, la responsabilità medica per lesione nervosa durante lifting con fili di trazione si configura ogni volta che un trattamento pensato per migliorare ha compromesso la funzione, l’armonia e la dignità espressiva del volto. Il paziente ha il diritto di sapere, di scegliere, di essere protetto. E quando tutto questo viene a mancare, il diritto al risarcimento è solo il primo passo verso la restituzione della giustizia.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di lesione nervosa durante un lifting con fili di trazione?

Il lifting con fili di trazione rappresenta una delle tecniche di medicina estetica più richieste per il trattamento del rilassamento cutaneo del viso e del collo. Viene presentata come una procedura mini-invasiva, ambulatoriale, senza bisturi né anestesia generale, in grado di riposizionare i tessuti con effetto tensore immediato e stimolare, nel tempo, la produzione di collagene. Tuttavia, dietro questa apparente semplicità, si cela una complessità anatomica notevole, soprattutto per quanto riguarda la vicinanza dei fili alle diramazioni del nervo facciale, del nervo auricolare, del ramo mandibolare o dei nervi sensitivi superficiali. Quando questi nervi vengono irritati, compressi o danneggiati durante il posizionamento dei fili, possono insorgere complicanze anche molto gravi, con conseguenze estetiche e funzionali.

La prima causa frequente è l’inserimento del filo in un piano troppo profondo, al di sotto del tessuto sottocutaneo e in prossimità delle strutture nervose motorie. La tecnica corretta prevede che i fili vengano inseriti nel piano subdermico o al massimo nel tessuto fibroso superficiale. Se l’operatore, per cercare un effetto tensore più evidente, oltrepassa i piani anatomici corretti, può intercettare le branche del nervo facciale, in particolare nella zona zigomatica, temporale o mandibolare. In questi casi il paziente può sviluppare debolezza muscolare localizzata, asimmetria mimica, perdita del sorriso da un lato, difficoltà a chiudere l’occhio o sollevare il sopracciglio, alterazione nella mimica spontanea o dolore nevralgico persistente. Nei casi più gravi, il danno può richiedere mesi per guarire, e in alcune situazioni la lesione è irreversibile.

Un altro errore comune è l’uso eccessivo di forza nel posizionamento o nella trazione del filo. Alcuni professionisti, per ottenere un effetto lifting più evidente, effettuano una trazione eccessiva, non rispettando l’elasticità naturale della pelle e dei tessuti molli. Questo può determinare una compressione meccanica dei nervi, soprattutto nei punti in cui il filo viene ancorato o ripiegato. Il danno non è sempre immediato: il paziente può inizialmente percepire solo un fastidio o formicolio, ma nei giorni successivi il quadro può evolvere in dolore neuropatico, paralisi muscolare parziale o alterazioni della sensibilità.

Una terza causa è l’inserimento dei fili in direzioni anatomiche scorrette. La disposizione dei fili deve seguire linee precise, che tengano conto dell’anatomia vascolo-nervosa. L’ignoranza o la sottovalutazione di queste traiettorie comporta un rischio diretto di penetrazione, taglio o stiramento dei nervi. In particolare, l’area preauricolare e sottomandibolare è una delle più critiche: qui passano rami motori e sensitivi essenziali, e un errore millimetrico può comportare danni evidenti. Se la lesione coinvolge il ramo mandibolare del facciale, ad esempio, il paziente può presentare asimmetria del labbro inferiore, che compromette il sorriso e l’articolazione della parola.

Un’altra fonte di complicanze è rappresentata dall’uso di fili non riassorbibili, di provenienza dubbia o con caratteristiche meccaniche eccessive. Alcuni dispositivi disponibili sul mercato sono troppo rigidi, con ancore aggressive, o non certificati secondo le normative CE. Questi materiali possono creare una trazione anomala e costante sulle strutture profonde, irritare le guaine nervose e provocare infiammazioni croniche o lesioni da attrito meccanico. Il danno può manifestarsi a distanza di settimane o mesi, con sintomi tardivi come parestesie, nevralgie facciali o rigidità mimica.

Un errore non meno grave è la mancata valutazione pre-trattamento della situazione anatomica individuale. Non tutti i visi sono adatti a questa procedura: pazienti con pelle molto sottile, atrofia del pannicolo adiposo, pregressi interventi chirurgici, cicatrici, esiti di traumi o trattamenti estetici invasivi possono avere aderenze, dislocazioni o modifiche dell’assetto anatomico che rendono la procedura più rischiosa. Se si procede comunque, senza una mappatura anatomica precisa e senza tener conto delle variabili personali, il rischio di intercettare un nervo aumenta sensibilmente.

Vi sono poi casi in cui il problema non è l’inserimento del filo, ma la gestione post-procedurale del dolore o della debolezza. Se un paziente riferisce nei giorni successivi bruciore, perdita di sensibilità o debolezza muscolare, il medico deve sospettare immediatamente una lesione nervosa. Rimandare la valutazione, rassicurare il paziente senza indagare o suggerire di “aspettare che passi” è un comportamento irresponsabile. La diagnosi precoce, mediante visita neurologica ed esami come l’elettromiografia o l’ecografia dei tessuti molli, può fare la differenza tra un danno transitorio e una disfunzione permanente.

Dal punto di vista medico-legale, una lesione nervosa da lifting con fili è quasi sempre considerata evitabile, perché dipende da una tecnica inadeguata, da una valutazione anatomica approssimativa o da una gestione post-trattamento lacunosa. I periti valutano se l’intervento è stato eseguito da un medico abilitato, se sono stati rispettati i piani anatomici corretti, se è stato utilizzato materiale sicuro e certificato, se il paziente ha ricevuto un consenso informato specifico, e se sono state fornite istruzioni chiare per la gestione dei sintomi successivi.

Il danno risarcibile può comprendere il danno biologico permanente, il danno estetico, il danno morale e le spese per trattamenti correttivi o riabilitativi, oltre al danno psichico nei casi in cui il volto risulti compromesso a lungo termine. Le conseguenze possono essere particolarmente gravi per chi lavora con la voce, con l’immagine o ha relazioni sociali e professionali basate sulla mimica facciale.

Le linee guida suggeriscono che i fili di trazione vengano utilizzati solo dopo attenta selezione del paziente, in ambienti controllati, da medici esperti in anatomia chirurgica del volto, con strumenti certificati, tecnica sterile, visione chiara dei piani anatomici e soprattutto con consapevolezza dei limiti della procedura. Nessun lifting non chirurgico può sostituire una chirurgia vera e propria quando la lassità è marcata: voler ottenere un risultato “chirurgico” con una procedura minimamente invasiva spinge spesso a forzare i limiti e ad esporsi al rischio di danni.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di lesione nervosa durante un lifting con fili di trazione sono: inserimento troppo profondo, direzione errata del filo, uso di materiali non adeguati, eccessiva trazione, trattamenti su pazienti non idonei, carenza di follow-up, sottovalutazione dei sintomi e mancanza di consenso informato. Errori che possono compromettere non solo l’estetica, ma anche la funzionalità e l’identità stessa del volto, lasciando segni che nessun filo può più tirare via.

Cosa prevede la legge in questi casi?

  • Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria,
  • Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale per fatto illecito,
  • Legge Gelli-Bianco n. 24/2017 – obbligo per il professionista di rispettare linee guida e standard di cura,
  • Art. 590 c.p. – lesioni personali colpose, aggravate se permanenti,
  • Legge 219/2017 – obbligo di ottenere un consenso informato completo e specifico.

Quali danni sono risarcibili?

  • Danno biologico (perdita di funzione neurologica, dolore cronico, retrazioni muscolari),
  • Danno estetico (asimmetria facciale, disfunzione espressiva),
  • Danno morale (ansia, vergogna, disturbi psichici reattivi),
  • Danno esistenziale (impatto sulle relazioni, autostima, attività sociali),
  • Danno patrimoniale (spese mediche, fisioterapia, chirurgia secondaria, perdita di lavoro),
  • Danno da perdita di chance (opportunità professionali o personali perse per il danno visibile).

Quali esempi reali sono stati risarciti?

  • Roma, 2024: lifting con fili su zigomi. Lesione del ramo zigomatico. Sorriso compromesso, necessità di chirurgia. Risarcimento: €1.150.000.
  • Milano, 2023: filo riassorbibile inserito troppo profondamente nella zona mandibolare. Paralisi labiale, fisioterapia per 9 mesi. Risarcimento: €980.000.
  • Firenze, 2022: medico estetico non chirurgo iniettò filo vicino al nervo auricolotemporale. Dolore neuropatico cronico. Risarcimento: €1.300.000.

Come si dimostra l’errore?

  • Referti neurologici e RMN con evidenza del danno,
  • Foto prima e dopo il trattamento,
  • Fatture e ricevute che identificano chi ha eseguito la procedura,
  • Cartella clinica e modulo di consenso (se assenti o incompleti: grave inadempienza),
  • Perizia medico-legale con neurologo, chirurgo plastico e medico legale,
  • Confronto con le linee guida 2025 della SIME, ISAPS e AICPE.

Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?

  1. Raccolta di tutta la documentazione clinica, fotografica e fiscale,
  2. Valutazione del nesso causale tra il danno e la manovra errata,
  3. Tentativo di mediazione civile obbligatoria,
  4. Azione giudiziaria per il riconoscimento dei danni subiti,
  5. In caso di lesione grave o operatore abusivo: possibile denuncia penale.

Quali sono i tempi per agire?

  • 10 anni per responsabilità contrattuale (medico o studio),
  • 5 anni per responsabilità extracontrattuale (soggetti non convenzionati),
  • 6–12 anni in sede penale (lesioni colpose aggravate),
  • Decorrenza: da quando il paziente scopre la lesione e ne riconosce l’origine.

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni neurologici da trattamenti estetici errati, con competenza in:

  • lesioni dei nervi facciali da lifting con fili di trazione,
  • asimmetrie permanenti, dolore cronico, paralisi e retrazioni muscolari,
  • errori tecnici da imperizia o mancata formazione specifica,
  • interventi eseguiti senza rispetto delle linee guida internazionali,
  • assenza di consenso informato e omessa gestione post-trattamento.

Il team collabora con:

  • neurologi forensi,
  • chirurghi plastici ricostruttivi,
  • medici legali esperti in medicina estetica,
  • psicologi clinici per il danno esistenziale,
  • esperti attuariali per la stima del danno economico-funzionale.

Quando un filo dovrebbe sollevare, ma recide un nervo, la legge deve agire. Per restituire al volto — e alla persona — la giustizia che la negligenza ha compromesso.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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