Introduzione
La colonscopia è uno degli esami diagnostici più importanti e diffusi in medicina. Permette di individuare precocemente polipi, infiammazioni, neoplasie e altre patologie dell’intestino crasso. Tuttavia, come ogni procedura invasiva, comporta dei rischi, tra cui il più temuto e grave è la perforazione intestinale.
Una perforazione durante colonscopia è un evento raro, ma potenzialmente devastante. Può comportare peritonite, sepsi, necessità di interventi chirurgici d’urgenza, degenze prolungate, invalidità e in alcuni casi la morte. Quando la perforazione deriva da una manovra imprudente, da una tecnica scorretta o dall’utilizzo di strumenti inadeguati, si configura una responsabilità medica diretta.

In questo articolo rispondiamo a tutte le domande fondamentali: Cos’è una perforazione intestinale? Quando può accadere durante una colonscopia? Quali sono i segnali? Quando l’evento è considerato colposo? Cosa dice la legge? Quali risarcimenti sono previsti? E concluderemo con un’ampia sezione sulle competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, che si occupano da anni di casi come questi.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è una perforazione intestinale?
È una lacerazione o un foro nella parete del colon, che permette il passaggio di aria, contenuto intestinale e batteri nella cavità addominale. Rappresenta una emergenza chirurgica assoluta, che deve essere riconosciuta e trattata tempestivamente per evitare complicazioni gravissime.
Quanto è frequente una perforazione da colonscopia?
- Nella colonscopia diagnostica il rischio è inferiore allo 0,1%
- In caso di colonscopia operativa (polipectomie, biopsie estese) può salire fino all’1%
- Il rischio aumenta in pazienti anziani, con aderenze, diverticolosi diffusa o malattie infiammatorie croniche intestinali
Quando la perforazione è colpa del medico?
- Quando la colonscopia viene eseguita senza valutare i fattori di rischio
- Quando l’endoscopista forza il passaggio dello strumento nonostante resistenze
- Quando la perforazione non viene riconosciuta durante l’esame
- Quando si usano strumenti rigidi o inadatti al paziente
- Quando manca la preparazione intestinale adeguata, che ostacola la visibilità
Quali sono i sintomi di una perforazione intestinale?
- Dolore addominale intenso e improvviso
- Distensione addominale
- Febbre alta
- Nausea, vomito, stato confusionale
- Segni di peritonite e sepsi
- Aria libera in addome visibile alla radiografia o TAC
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di perforazione intestinale durante colonscopia?
La colonscopia è una delle procedure diagnostiche più diffuse nella medicina moderna. Utilizzata per identificare polipi, lesioni precancerose, tumori e patologie infiammatorie intestinali, viene considerata sicura, efficace e routinaria. Ma come ogni procedura endoscopica, non è priva di rischi. Tra le complicanze più gravi, la perforazione intestinale è senza dubbio la più temuta, sia per le sue conseguenze immediate, sia per il peso medico-legale che comporta. Quando una colonscopia provoca una perforazione, è essenziale capire se si è trattato di una complicanza inevitabile o di un errore tecnico, diagnostico o di sorveglianza.
Una delle principali cause di perforazione è l’esecuzione forzata della manovra, spesso legata a una preparazione intestinale inadeguata. In presenza di feci residue, stenosi, diverticolosi o aderenze, l’introduzione del colonscopio può incontrare resistenze. Se il medico insiste nella progressione meccanica, senza modificare l’approccio, senza sospendere la manovra, può causare una lacerazione della parete colica. Questo avviene soprattutto in pazienti anziani o con pregressi interventi addominali. Una buona pratica clinica impone di non forzare mai lo strumento. Ma nella realtà, la fretta, la sottovalutazione delle condizioni anatomiche o l’eccessiva sicurezza tecnica portano a errori fatali.
In altri casi, la perforazione non avviene per spinta meccanica, ma durante la polipectomia. L’uso della corrente elettrica per asportare polipi adenomatosi può bruciare la parete intestinale se applicata troppo in profondità, o per un tempo eccessivo. Anche polipi apparentemente semplici, se situati su pliche o in zone sottili del colon, possono determinare perforazione se rimossi senza adeguate precauzioni. Quando il paziente viene dimesso con dolore addominale persistente, febbre o alterazioni della pressione arteriosa, è fondamentale sospettare subito la perforazione. E intervenire.
Molti casi di perforazione diventano gravi non per l’evento in sé, ma per il ritardo nella diagnosi. Un paziente che, dopo la colonscopia, presenta sintomi acuti non deve mai essere sottovalutato. L’addome doloroso, il respiro corto, la febbre, l’ipotensione sono segnali che vanno indagati con urgenza. Invece, nella pratica, molti pazienti vengono rassicurati con superficialità. “È normale”, “è aria”, “passerà con un antidolorifico”. Nessuno richiede un’ecografia. Nessuno misura la PCR o la procalcitonina. Nessuno effettua una TAC. Il risultato è che la perforazione evolve in peritonite, sepsi, shock settico. E a quel punto, anche un errore inizialmente gestibile diventa una lesione permanente o letale.
Un altro errore ricorrente riguarda la selezione inappropriata dei pazienti da sottoporre alla procedura. Alcuni soggetti con patologie intestinali gravi – come colite ischemica, Crohn attivo, megacolon tossico – hanno un rischio aumentato di perforazione. In questi casi, la colonscopia dovrebbe essere evitata, rimandata o eseguita con tecnica ridotta (es. sigmoidoscopia flessibile senza insufflazione forzata). Ma se non si prende visione della storia clinica completa, se non si chiede nulla sulle malattie pregresse, se si lavora “alla cieca”, il rischio diventa responsabilità.
Esistono anche situazioni in cui l’endoscopista non segnala la perforazione avvenuta durante la procedura. Alcuni operatori si accorgono di aver lacerato la mucosa, ma omettono di annotarlo nel referto. Sperano che il danno sia minimo. Sperano che nessuno se ne accorga. Ma il paziente torna dopo 24 o 48 ore con quadro addominale acuto. E quando si risale al referto, non c’è traccia dell’evento. Nessun accenno, nessuna nota, nessuna allerta. Un’omissione gravissima, che aggrava la responsabilità e pregiudica la possibilità di un trattamento tempestivo.
Dal punto di vista medico-legale, la perforazione intestinale durante colonscopia è uno degli eventi più gravi, perché raramente può essere definita imprevedibile o inevitabile. La sua incidenza è nota, le condizioni predisponenti sono codificate, le tecniche per prevenirla esistono. Quando avviene, la domanda da porsi è: il medico ha rispettato tutte le regole di cautela? Ha valutato i rischi individuali? Ha eseguito la procedura con perizia? Ha fornito al paziente un consenso informato completo, che includesse anche il rischio specifico di perforazione?
Le conseguenze per il paziente possono essere devastanti. Intervento chirurgico d’urgenza, resezione intestinale, stomia, infezioni, aderenze post-operatorie, danni permanenti, mesi di convalescenza. Nei casi più gravi, se la diagnosi viene ritardata, si arriva al decesso per sepsi generalizzata. In altri casi, anche quando il paziente sopravvive, la qualità della vita cambia radicalmente. Dolore cronico, sindrome dell’intestino corto, problemi nutrizionali, disagio psicologico. E tutto per un esame che avrebbe dovuto essere sicuro, controllato, risolutivo.
Ogni procedura medica, anche la più semplice, richiede attenzione, esperienza, prudenza. La colonscopia non fa eccezione. L’endoscopista non è solo un tecnico, è un medico con un’enorme responsabilità. E quando il suo gesto provoca una perforazione evitabile, non si può parlare di sfortuna. Si parla di errore. Di imprudenza. Di responsabilità.
Cosa dice la legge?
- Art. 1218 c.c. – Obbligo del sanitario di adempiere correttamente alla prestazione
- Art. 2043 c.c. – Responsabilità per fatto illecito
- Legge 24/2017 (Gelli-Bianco) – Obbligo di seguire linee guida e buone pratiche cliniche
- Art. 2236 c.c. – Anche nei casi complessi, il medico è responsabile se agisce con imperizia, imprudenza o negligenza
Quando si configura la responsabilità medica per perforazione intestinale durante colonscopia?
La responsabilità medica per perforazione intestinale durante colonscopia si configura ogniqualvolta il paziente subisce una lacerazione della parete del colon nel corso dell’esame endoscopico e tale evento è riconducibile a un errore tecnico, a un’esecuzione imprudente o a una mancata individuazione e gestione tempestiva della complicanza, con conseguente aggravamento clinico o danno permanente. La colonscopia è una procedura diagnostica e terapeutica ampiamente diffusa, utilizzata per identificare polipi, infiammazioni, tumori o sanguinamenti intestinali. Ma non è priva di rischi. Tra le complicanze più gravi e temute vi è proprio la perforazione, che, se non gestita con tempestività e competenza, può trasformarsi in emergenza chirurgica e mettere in pericolo la vita del paziente.
La perforazione può verificarsi in diversi momenti dell’esame: durante l’inserimento del colonscopio, nel tentativo di superare una flessura o un segmento rigido; durante le manovre di avanzamento e rotazione, specie in presenza di aderenze, stenosi o diverticoli; oppure durante procedure operative come la polipectomia o la biopsia profonda. In alcuni casi, la lesione è immediatamente visibile, in altri può essere microscopica ma evolvere rapidamente in una peritonite. L’abilità dell’endoscopista, la conoscenza dell’anatomia intestinale e la valutazione preventiva del rischio sono determinanti per evitare questa complicanza. Quando questi elementi vengono trascurati, la colpa non è del caso, ma della condotta umana.
Il primo livello di responsabilità nasce dalla tecnica. Forzare lo strumento in un’ansa difficile, spingere senza sufficiente visione del lume, esercitare pressione eccessiva o agire con fretta può provocare una lacerazione. Se il medico non adatta la manovra alle condizioni del paziente – età, pregressi chirurgici, infiammazioni croniche – agisce con imperizia. Non esiste una “forza standard”: esiste solo la sensibilità chirurgica, che distingue il gesto esperto da quello negligente. Ogni spinta indebita può diventare una breccia nella parete intestinale.
La seconda responsabilità è diagnostica. Se la perforazione si verifica e non viene riconosciuta subito, il paziente viene dimesso con dolori, febbre, nausea, e rischia di sviluppare rapidamente un quadro di peritonite batterica. Se non viene allertato, se non viene tenuto sotto osservazione, se non gli vengono fornite istruzioni precise su cosa monitorare, l’omissione è ancora più grave. Alcuni pazienti tornano in ospedale solo quando la situazione è già degenerata: addome acuto, sepsi, shock settico. E a quel punto l’unica soluzione è la chirurgia d’urgenza, con resezione intestinale, colostomia temporanea, degenze prolungate, cicatrici fisiche e psicologiche profonde. Tutto ciò che poteva essere evitato, se la complicanza fosse stata gestita per tempo.
Non è raro che la perforazione venga confermata solo a posteriori, dopo esami di imaging come la TC addome con mezzo di contrasto. In certi casi, la presenza di aria libera in addome è evidente fin dalle prime ore, ma viene sottovalutata. In altri, si confonde il dolore post-procedura con una reazione normale, senza accertare la vera natura del sintomo. Se il personale non esegue gli esami diagnostici necessari, o se il quadro viene interpretato con superficialità, la responsabilità si configura come negligenza. L’errore non è solo nel gesto che lacera, ma anche nello sguardo che non vede.
Dal punto di vista terapeutico, la responsabilità medica si rafforza se l’intervento riparativo viene ritardato, se il paziente non viene trasferito tempestivamente in sala operatoria, se viene sottoposto a trattamenti conservativi inadeguati in presenza di peritonite conclamata. Ogni minuto conta. Ogni ora di ritardo può aggravare l’infezione, compromettere gli organi interni, ridurre le possibilità di una guarigione completa. In questi casi, l’errore iniziale diventa solo l’inizio di una catena di eventi che portano a un danno amplificato dalla mancata risposta.
Le conseguenze della perforazione possono essere drammatiche. Alcuni pazienti riportano invalidità permanente, aderenze, problemi digestivi, sindrome da intestino corto. Altri devono convivere per mesi con una stomia, affrontare ulteriori interventi, subire un forte impatto psicologico. La qualità della vita cambia, spesso in modo irreversibile. E la fiducia nel sistema sanitario si incrina profondamente. Perché chi si era affidato a un esame diagnostico si ritrova improvvisamente a combattere una battaglia che nessuno aveva previsto. E che forse non doveva neppure cominciare.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità medica è di tipo contrattuale ai sensi dell’art. 1218 del Codice Civile. Il paziente deve dimostrare di aver subito una perforazione intestinale durante la colonscopia. Spetterà poi al medico e alla struttura sanitaria provare che l’intervento è stato eseguito secondo le regole dell’arte, con diligenza, prudenza, adeguata informazione e corretta gestione dell’evento avverso. In assenza di documentazione esaustiva, la responsabilità si presume. E ogni omissione, ogni silenzio in cartella, ogni sintomo ignorato diventa una prova a carico.
Il consenso informato, inoltre, non è uno scudo contro l’imperizia. Anche se la perforazione è un rischio noto e inserito tra le possibili complicanze, ciò non giustifica una manovra errata, una diagnosi mancata o una risposta terapeutica tardiva. Firmare non equivale ad accettare ogni esito, specie se evitabile. Il consenso tutela solo gli atti medici corretti, non quelli negligenti.
In conclusione, la responsabilità medica per perforazione intestinale durante colonscopia si configura ogniqualvolta la lesione è frutto di un errore tecnico evitabile, o quando non viene diagnosticata e trattata tempestivamente, provocando al paziente un danno grave, prolungato o irreversibile. Il margine tra manovra diagnostica e rischio chirurgico è sottile: e richiede mani esperte, occhi attenti, e parole chiare. Quando tutto questo manca, la medicina cede il passo alla superficialità. E il corpo del paziente, che si era aperto alla cura, si ritrova invaso dal dolore. Con il diritto di chiedere risposte. E giustizia.
Esempi concreti?
Donna di 62 anni, colonscopia operativa con resezione polipo. Perforazione non riconosciuta. Ricovero 48 ore dopo in sepsi. Intervento in urgenza. Colostomia permanente. Risarcimento: 510.000 euro.
Uomo di 71 anni, colonscopia diagnostica in presenza di diverticolosi nota. Perforazione al sigma. Morte per peritonite non trattata in tempo. Risarcimento ai familiari: 640.000 euro.
Paziente di 54 anni, perforazione durante biopsia in paziente con morbo di Crohn. Lesione trattata tardivamente. Danno intestinale irreversibile. Risarcimento: 470.000 euro.
Quanto può valere un risarcimento?
- Trattamento conservativo con guarigione completa: 30.000 – 80.000 euro
- Intervento chirurgico con colostomia reversibile: 120.000 – 250.000 euro
- Colostomia definitiva o invalidità intestinale: 350.000 – 500.000 euro
- Morte per complicanze: fino a 700.000 euro ai familiari
Quanto tempo si ha per agire?
- 10 anni contro strutture sanitarie private
- 5 anni contro ospedali pubblici o medici dipendenti
- Decorrenza: dal momento in cui il paziente scopre il danno e ne comprende la causa
Quali documenti servono?
- Cartella clinica della colonscopia
- Referti radiologici (TAC, Rx addome)
- Cartella del ricovero successivo
- Consenso informato pre-intervento
- Referti operatori se c’è stato un intervento d’urgenza
- Perizia medico-legale
Cosa può fare l’avvocato?
- Valutare l’idoneità dell’esame e la condotta dell’endoscopista
- Dimostrare che la perforazione era evitabile
- Collaborare con gastroenterologi e medici legali
- Quantificare il danno biologico, morale, estetico e professionale
- Attivare mediazione o causa civile per il risarcimento
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità
Una colonscopia è un esame, non un’operazione a cuore aperto. Quando si trasforma in un evento tragico per colpa di un errore tecnico o clinico, il paziente ha il diritto – e il dovere – di far valere i propri diritti.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati in casi di errori in ambito endoscopico e chirurgico:
- Collaborano con gastroenterologi e chirurghi esperti
- Analizzano ogni passaggio della procedura: dalla prescrizione all’esecuzione
- Verificano il consenso, la tecnica adottata, i protocolli di emergenza
- Calcolano con rigore il danno alla salute, alla vita relazionale e lavorativa
Perché quando l’errore è nel gesto che doveva curare, il diritto diventa lo strumento per riparare.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: