Cecità da Infiltrazione Intraoculare Errata e Risarcimento Danni

Introduzione

Le infiltrazioni intraoculari sono pratiche sempre più diffuse in oftalmologia, utilizzate per il trattamento di patologie gravi come la degenerazione maculare senile (AMD), l’edema maculare diabetico, la trombosi retinica o l’uveite. Vengono somministrati farmaci come anti-VEGF (ranibizumab, aflibercept), corticosteroidi o antibiotici direttamente all’interno dell’occhio, nel corpo vitreo.

Tuttavia, quando questa procedura viene eseguita in modo scorretto, può causare danni irreparabili: infezioni, lesioni meccaniche, emorragie, distacchi di retina, e nei casi più gravi, cecità totale permanente. E quando il danno è frutto di imperizia, negligenza o violazione dei protocolli, si configura una responsabilità medico-sanitaria piena.

Secondo i dati SOI (Società Oftalmologica Italiana) aggiornati al 2024, in Italia si eseguono oltre 1 milione di iniezioni intraoculari l’anno. L’incidenza delle complicanze gravi è inferiore all’1‰ nei centri ad alta specializzazione, ma aumenta drasticamente se le infiltrazioni vengono effettuate in ambienti non sterili, senza le dovute precauzioni, o con tecnica errata.

Quando la vista viene compromessa per un errore evitabile, il paziente ha pieno diritto a ottenere giustizia e risarcimento.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Cos’è un’infiltrazione intraoculare?

È una procedura iniettiva che prevede l’introduzione di un farmaco nel corpo vitreo o in camera anteriore, tramite una siringa con ago sottile. Serve per trattare:

  • degenerazioni maculari essudative,
  • edemi maculari post-trombotici o diabetici,
  • uveiti posteriori,
  • infezioni intraoculari (endoftalmite),
  • tumori retinici (retinoblastoma).

Deve essere effettuata in condizioni sterili assolute, in ambulatori chirurgici oculistici con personale formato.

In quali casi può causare cecità?

Le principali complicanze che portano alla perdita della vista sono:

  • Endoftalmite infettiva da contaminazione batterica,
  • Emorragia vitreale o retinica da lesione vascolare,
  • Distacco di retina per iniezione in sede errata,
  • Occlusione arteriosa centrale per eccesso di volume iniettato,
  • Perforazione retinica o cristallinica da ago mal posizionato,
  • Danno tossico per concentrazione errata del farmaco.

Quando la responsabilità è del medico?

L’errore è imputabile al sanitario quando:

  • non viene rispettata la sterilità del campo operatorio,
  • l’ago viene inserito in modo troppo profondo o angolato,
  • viene iniettato un dosaggio o un farmaco errato,
  • si usano farmaci scaduti o mal conservati,
  • non si controlla lo stato clinico del paziente prima della somministrazione,
  • si omette di informare il paziente sui rischi concreti dell’infiltrazione.

Quali sono i sintomi della complicanza?

  • Dolore oculare intenso subito dopo l’iniezione,
  • Offuscamento grave o perdita improvvisa della vista,
  • Iperemia, edema, secrezione purulenta,
  • Ombre fisse, lampi o oscuramento completo del campo visivo,
  • Assenza di percezione luminosa nelle ore o giorni successivi.

Quali leggi tutelano il paziente?

Il quadro normativo di riferimento è ampio:

  • Art. 1218 c.c. – responsabilità contrattuale della struttura sanitaria,
  • Art. 2043 c.c. – responsabilità extracontrattuale del medico per fatto illecito,
  • Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017) – obbligo di attenersi a linee guida cliniche e buone pratiche,
  • Art. 590 c.p. – lesioni colpose gravi,
  • Legge 219/2017 – obbligo del consenso informato specifico, completo e aggiornato.

Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di cecità da infiltrazione intraoculare errata?

L’infiltrazione intraoculare è una procedura ampiamente diffusa nella pratica oftalmologica moderna, utilizzata in particolare per il trattamento delle degenerazioni maculari, delle retinopatie diabetiche e delle occlusioni venose retiniche. L’iniezione di farmaci anti-VEGF o corticosteroidi nel vitreo rappresenta una strategia terapeutica efficace e consolidata. Tuttavia, come ogni procedura invasiva che coinvolge l’interno dell’occhio, richiede precisione assoluta, condizioni sterili e una formazione specialistica di alto livello. Quando qualcosa va storto, anche un gesto apparentemente semplice può tradursi in un evento catastrofico: la perdita irreversibile della vista.

Una delle cause più frequenti di cecità da infiltrazione intraoculare errata è la penetrazione eccessiva dell’ago, con danno diretto alla retina o al nervo ottico. L’occhio è un organo piccolo, delicato, e le distanze tra le strutture sono dell’ordine di millimetri. Se l’ago supera la zona corretta di iniezione e viene spinto troppo in profondità, può causare una rottura retinica, un’emorragia submaculare o una lesione del nervo ottico, tutte condizioni che possono portare a un’immediata perdita visiva, spesso non recuperabile.

Altro errore tecnico è l’iniezione del farmaco in una sede errata o con una pressione eccessiva. Se il volume iniettato è superiore a quello tollerabile dalla cavità vitrea, o se la velocità di infiltrazione è troppo elevata, si può verificare un picco pressorio intraoculare transitorio ma estremamente dannoso, che compromette l’irrorazione del nervo ottico o induce un distacco della retina. In pazienti con papilla ottica già sofferente o con glaucoma non ben compensato, anche un breve episodio di ipertono può essere sufficiente a causare un danno ischemico irreversibile.

Un’altra causa drammatica è la contaminazione batterica della siringa, del farmaco o del campo operatorio, che può determinare una endoftalmite acuta fulminante. Questa complicanza, anche se rara, ha un’incidenza molto più alta nelle iniezioni intraoculari rispetto ad altre procedure ambulatoriali, soprattutto se non vengono rispettate tutte le norme di asepsi. L’infezione si manifesta nelle ore o nei primi giorni successivi all’iniezione con dolore, arrossamento, calo visivo rapido, edema corneale e ipopion. Se non trattata immediatamente con antibiotici intravitreali e vitrectomia, può portare alla distruzione completa del bulbo oculare.

Non vanno sottovalutati gli errori di identificazione del farmaco o del dosaggio. In alcuni casi documentati, sono stati iniettati farmaci errati, soluzioni inadatte o dosaggi eccessivi a causa di scambi di siringhe, errori di etichettatura o confusione tra pazienti. L’infiltrazione di un farmaco citotossico non destinato all’uso intraoculare può determinare necrosi retinica, edema massivo, atrofia del nervo ottico e cecità completa. Errori apparentemente “banali”, ma che distruggono per sempre la funzione visiva del paziente.

Alcune iniezioni falliscono a causa di una tecnica inappropriata nel punto di ingresso. L’infiltrazione deve avvenire in un preciso punto della sclera (generalmente 3,5-4 mm dal limbus), in condizioni di immobilità e perfetto orientamento. Se il sito è scelto male, o il paziente si muove per dolore o paura, si può iniettare parzialmente nel cristallino, nel corpo ciliare o nella camera anteriore. Le conseguenze sono: cataratta iatrogena, ipotonia, infiammazione e, nei casi peggiori, phthisis bulbi, ovvero la degenerazione completa dell’occhio.

Una fonte non trascurabile di errore è anche la ripetizione eccessiva delle iniezioni senza adeguato monitoraggio. Le terapie anti-VEGF prevedono cicli frequenti, ma ogni occhio ha una soglia di tolleranza. Se il medico continua a infilare farmaci in un occhio che mostra già segni di danno strutturale (atrofia retinica, fibrosi sottoretinica, glaucomatizzazione secondaria), il rischio di perdita definitiva della vista aumenta ad ogni seduta. L’insistenza terapeutica, in questi casi, diventa accanimento iatrogeno.

Dal punto di vista medico-legale, la cecità da infiltrazione intraoculare errata è una delle complicanze più gravi e risarcibili nella pratica oftalmologica. I periti analizzano se il consenso informato era adeguato, se la tecnica utilizzata era corretta, se erano rispettate le linee guida, se vi è stato errore nel farmaco o nel dosaggio, se la gestione dell’eventuale complicanza è stata tempestiva. Ogni errore nella catena procedurale ha un peso specifico altissimo quando l’esito è la perdita della vista.

Il risarcimento, nei casi riconosciuti, è tra i più elevati nel contenzioso medico. Comprende il danno biologico da cecità, il danno estetico nei casi di bulbo atrofico, il danno morale, esistenziale, lavorativo e relazionale. Perdere la vista da un occhio – o peggio da entrambi in caso di iniezioni bilaterali – cambia radicalmente l’autonomia personale, la capacità di leggere, lavorare, muoversi, riconoscere volti, mantenere relazioni affettive.

Le linee guida internazionali raccomandano che ogni infiltrazione intraoculare sia eseguita da specialisti esperti, in ambiente idoneo, con farmaci conservati e identificati correttamente, in condizioni sterili, con monitoraggio continuo e follow-up attivo. Il paziente va informato chiaramente sui rischi, compresa la possibilità – rara ma reale – di cecità. Va inoltre rispettata una soglia di prudenza: non ogni occhio tollera ogni terapia. E quando si oltrepassa il limite, l’errore diventa irreparabile.

In definitiva, le cause più frequenti degli errori e delle complicanze in caso di cecità da infiltrazione intraoculare errata sono: penetrazione eccessiva dell’ago, iniezione in sede sbagliata o con pressione e volume eccessivi, contaminazione batterica, errore sul farmaco o sul dosaggio, scarsa immobilizzazione del paziente, tecnica chirurgica approssimativa, eccessiva frequenza delle somministrazioni. Errori che possono sembrare minimi, ma che si misurano in diottrie perdute. O in vite che non vedranno più.

Quali sono esempi concreti di risarcimento?

  • Milano, 2024: infiltrazione anti-VEGF in ambulatorio non sterile. Endoftalmite fulminante e perdita della vista. Risarcimento: €1.280.000.
  • Torino, 2023: iniezione con concentrazione errata. Occlusione arteriosa e cecità. Risarcimento: €1.100.000.
  • Bari, 2022: l’ago perfora la retina. Distacco e atrofia del bulbo. Risarcimento: €1.350.000.

Quando si configura la responsabilità medica per cecità da infiltrazione intraoculare errata?

La responsabilità medica per cecità da infiltrazione intraoculare errata si configura ogni volta che un paziente perde totalmente o parzialmente la vista a causa di una somministrazione intravitreale eseguita in modo scorretto, con farmaco non idoneo, tecnica sbagliata, dose errata o in condizioni di sicurezza non adeguate. È un danno che irrompe con violenza in un contesto di fiducia: la fiducia di chi, affidandosi a un’iniezione fatta in pochi secondi, si aspetta un miglioramento, una stabilizzazione, mai una tragedia.

L’iniezione intraoculare è una procedura comune, ormai diffusissima nel trattamento delle maculopatie legate all’età, dell’edema maculare diabetico, della degenerazione maculare neovascolare, di alcune uveiti e delle trombosi venose retiniche. Si utilizza per veicolare farmaci antinfiammatori, anti-VEGF o antibiotici direttamente nel vitreo, con lo scopo di raggiungere alte concentrazioni locali senza sovraccaricare l’organismo. Ma proprio per la sua apparente semplicità, il gesto tecnico può essere sottovalutato. E quando lo si compie con leggerezza, le conseguenze possono essere devastanti.

Una sola iniezione errata può significare la fine della vista per sempre. I rischi non sono teorici: si verificano. Infezioni post-iniezione per errori di asepsi. Emorragie endoculari per tecnica maldestra. Distacchi retinici per trazioni improprie. Edema ischemico per farmaci iniettati troppo vicino alla retina. E poi c’è il peggio: l’iniezione del farmaco sbagliato, o del farmaco giusto nella sede sbagliata. Alcuni pazienti ricevono dosi eccessive. Altri subiscono l’iniezione troppo vicina alla fovea o in una zona dove la pressione improvvisa causa un’ischemia immediata del nervo ottico o della retina centrale. Quando questo accade, il danno è irreversibile.

Ci sono storie che si somigliano. Pazienti che si recano con regolarità in ambulatori per infiltrazioni programmate. Alcuni sono anziani, ipovedenti, fragili. Aspettano con fiducia il loro turno. L’iniezione avviene in pochi secondi. Un dolore più forte del solito. Una luce che si spegne all’improvviso. Tornano a casa. Ma non vedono più nulla da un occhio. Chiamano. Nessuno risponde. Vanno al pronto soccorso. Ed è lì che si scopre l’errore. L’occhio è ipotonico. O gonfio. La retina è sollevata. Il nervo ottico pallido. La visione è persa per sempre.

In altri casi, il paziente riceve un farmaco contaminato. Un lotto non controllato. Un principio attivo scaduto. In alcuni episodi documentati, l’intera partita di un farmaco ha provocato reazioni tossiche in più pazienti nello stesso ambulatorio. Il danno non è stato casuale. È stato sistemico. E ha lasciato cicatrici fisiche e morali. Perché la vista è qualcosa che si perde in un istante, ma che manca ogni giorno.

Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si configura in presenza di errore tecnico, uso improprio del farmaco, violazione delle regole di asepsi, inosservanza delle linee guida o cattiva gestione post-infiltrazione. Anche l’omessa informazione è una colpa. Se al paziente non sono stati illustrati i rischi reali, se non è stato adeguatamente controllato nelle ore successive, se non è stato istruito su cosa segnalare, allora la responsabilità emerge con forza. Nessuna procedura ambulatoriale può essere considerata “a basso rischio” solo perché breve. Quando si opera sull’occhio, ogni gesto è carico di conseguenze.

Il danno da cecità è tra i più gravi nella medicina legale. Nei casi in cui l’occhio era l’unico funzionante, si parla di invalidità prossima al 100%. Ma anche nei casi monolaterali, se l’occhio perso era dominante, i risarcimenti possono superare i 200.000 euro. Si considera il danno biologico, quello estetico, quello morale, ma anche le ripercussioni pratiche: perdita del lavoro, impossibilità di guidare, dipendenza da altri, isolamento. Molti pazienti cadono in depressione. Alcuni smettono di uscire, di vivere. La perdita della vista porta con sé la perdita di autonomia, di sicurezza, di futuro.

Il termine per agire è di cinque anni dalla conoscenza del danno, o dieci se la prestazione è avvenuta in una struttura pubblica. È fondamentale conservare tutta la documentazione: consenso informato, schede di somministrazione, dati del farmaco utilizzato, cartella clinica, referti delle visite successive, immagini del fondo oculare, OCT, ecografie. Una consulenza medico-legale oculistica potrà chiarire la causa del danno, la condotta adottata e la sua correttezza rispetto alle linee guida scientifiche.

Per il medico, l’iniezione intravitreale è un atto che deve essere compiuto con attenzione assoluta. Non può diventare una routine meccanica. Ogni ago che penetra l’occhio può salvare o distruggere. Ogni farmaco che entra può curare o uccidere la vista. Non è il numero di pazienti che fa la competenza. È la cura con cui li si tratta. Quando si perde la vista per un’iniezione mal fatta, non è una complicanza. È un errore. E come tale deve essere riconosciuto.

In conclusione, la responsabilità medica per cecità da infiltrazione intraoculare errata si configura ogni volta che un atto che doveva essere curativo si trasforma in un danno irreversibile per leggerezza, negligenza o imperizia. La fiducia del paziente è sacra. E quando viene tradita, la giustizia deve essere l’unica risposta possibile. Perché nessuno dovrebbe uscire da un ambulatorio vedendo meno di quando è entrato.

Qual è la procedura per ottenere il risarcimento?

  1. Richiesta formale della documentazione medica,
  2. Analisi del caso con esperti in diritto sanitario e oftalmologia legale,
  3. Valutazione dei danni biologici, morali, patrimoniali ed esistenziali,
  4. Avvio della mediazione obbligatoria,
  5. In assenza di accordo: azione civile o penale per lesioni personali gravi.

Quali sono i tempi per agire?

  • 10 anni per azione civile contro la struttura sanitaria (contrattuale),
  • 5 anni contro il medico (extracontrattuale),
  • 6 anni in ambito penale per lesioni personali colpose (fino a 12 in caso di aggravanti),
  • decorrenza: dal momento in cui il paziente ha consapevolezza del danno e della sua origine clinica.

Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità sono specializzati nei danni visivi permanenti causati da errori intraoculari, e affrontano casi come:

  • cecità da infiltrazioni eseguite in ambienti non idonei,
  • iniezioni di farmaci errati o in dosaggi tossici,
  • violazioni del consenso informato,
  • infezioni gravi trasmesse per negligenza durante la procedura.

Il team collabora con:

  • oculisti forensi di riferimento nazionale,
  • medici legali esperti in invalidità visiva,
  • psicologi e neuropsichiatri, per valutare il danno esistenziale,
  • attuariali e consulenti economici, per stimare pensioni, assistenza e mancato reddito.

Perdere la vista non è una semplice complicanza se poteva essere evitata. È un’ingiustizia profonda, che il diritto ha il dovere di riparare.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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