Introduzione: cercare giustizia richiede tempo?
Chi ha subito un errore medico spesso si pone, con preoccupazione, una domanda precisa: “Quanto tempo ci vorrà per ottenere giustizia?”
Il danno c’è già. Il dolore è reale. Le conseguenze sono quotidiane. Ma il percorso legale – per chi non è del mestiere – può sembrare lungo, incerto e scoraggiante.
Un processo per malasanità ha tempi tecnici, giuridici e medico-legali precisi. Non si risolve con una semplice lettera. Ma non è nemmeno un calvario infinito, come si pensa. Anzi: con una gestione competente, spesso si arriva a un risarcimento prima ancora di entrare in aula.

In questo articolo rispondiamo a tutte le domande più concrete:
- Quanto dura in media una causa per malasanità?
- Quali sono le fasi di un processo?
- È possibile ottenere un risarcimento senza processo?
- Cosa accelera i tempi?
- Quando invece i tempi si allungano?
- E come gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità possono abbreviare i tempi per ottenere giustizia.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Qual è la durata media di un processo per malasanità in Italia?
Secondo le statistiche ufficiali del Ministero della Giustizia aggiornate al 2024:
Tipo di causa | Durata media stimata |
---|---|
Stragiudiziale (mediazione, trattativa) | 6–12 mesi |
Giudizio ordinario di primo grado | 2–4 anni |
Appello | 1–2 anni |
Ricorso in Cassazione | 1–2 anni |
⚖️ Durata media complessiva di un processo con tre gradi di giudizio: 4–7 anni
⚖️ Durata media di un risarcimento ottenuto in via stragiudiziale: meno di 1 anno
Quali sono le fasi di un procedimento per malasanità?
Il procedimento per malasanità si articola in diverse fasi, che vanno dalla valutazione iniziale del caso fino all’eventuale sentenza del tribunale o alla definizione di un accordo risarcitorio. Si tratta di un percorso tecnico e legale che coinvolge consulenti, avvocati, medici legali e, spesso, il sistema giudiziario. Ogni fase ha una funzione specifica e, se ben gestita, può portare a un risultato positivo anche senza arrivare a un processo completo. Comprendere queste fasi è essenziale per affrontare una richiesta di risarcimento in modo efficace e consapevole.
La prima fase è la raccolta della documentazione sanitaria. Il paziente (o i suoi eredi) deve richiedere all’ospedale o alla struttura sanitaria coinvolta la cartella clinica completa, che include referti, esami, diari medici, autorizzazioni, consenso informato, prescrizioni, annotazioni infermieristiche. Questa documentazione è indispensabile per capire cosa è accaduto e per consentire al medico legale di ricostruire il percorso clinico. La struttura sanitaria è tenuta per legge a consegnarla entro 7–30 giorni dalla richiesta.
La seconda fase è la valutazione medico-legale del caso. Un medico legale esperto analizza la cartella clinica per verificare se ci sono elementi che facciano pensare a un errore, una negligenza, una violazione di protocolli o un’omissione che abbia causato un danno alla salute. Se la valutazione è positiva, il medico redige una relazione preliminare, che serve da base per l’azione legale. In questa fase si quantificano anche l’entità del danno (invalidità, giorni di inabilità, spese) e si valuta il nesso causale tra la condotta medica e il danno.
Segue la consulenza legale, in cui un avvocato specializzato valuta la strategia migliore per tutelare il paziente: si analizzano i tempi di prescrizione, si identificano i soggetti responsabili (ospedale, medici, assicurazioni), e si stima il valore economico del risarcimento. A questo punto si può inviare una diffida formale alla struttura sanitaria o alla compagnia assicurativa, chiedendo il risarcimento e avviando un primo tentativo di risoluzione bonaria.
Se non si ottiene risposta o l’offerta è insoddisfacente, si passa alla fase successiva: l’accertamento tecnico preventivo (ATP). Questo è un passaggio obbligatorio introdotto dalla legge Gelli-Bianco, che serve a stabilire se effettivamente esiste una responsabilità medica. Il giudice nomina un consulente tecnico d’ufficio (CTU) che, in presenza dei consulenti delle parti (CTP), analizza il caso, esamina la documentazione, ascolta le parti e redige una relazione imparziale. L’ATP può concludersi con una proposta conciliativa o con un verbale che fotografa la situazione, utile per proseguire.
Se neanche dopo l’ATP si raggiunge un accordo, si può intraprendere la causa civile vera e propria. L’avvocato deposita un atto di citazione presso il tribunale, chiedendo il riconoscimento del danno e la condanna dell’ospedale al risarcimento. In questa fase si svolgono udienze, si producono prove, si possono sentire testimoni e consulenti, e infine il giudice emette una sentenza. Se la sentenza è favorevole, il paziente ottiene il risarcimento richiesto (più interessi e spese legali); in caso contrario, può valutare l’appello.
Durante tutto il procedimento, è anche possibile concludere un accordo transattivo, in qualsiasi momento, se le parti trovano un’intesa sul risarcimento. Questa soluzione, più rapida e meno costosa, è spesso favorita dal giudice stesso, soprattutto se il danno è accertato ma le parti discutono sull’entità del risarcimento.
In sintesi, le fasi di un procedimento per malasanità sono:
- 1. Raccolta della documentazione clinica, richiesta alla struttura sanitaria
- 2. Valutazione medico-legale con relazione preliminare e stima del danno
- 3. Consulenza legale e invio di una diffida per risarcimento
- 4. Accertamento tecnico preventivo (ATP) disposto dal giudice
- 5. Causa civile ordinaria, se non si trova un accordo dopo l’ATP
- 6. Eventuale sentenza con condanna al risarcimento o rigetto della domanda
- 7. Possibile accordo stragiudiziale in qualunque momento della procedura
Ogni fase può rappresentare un punto di svolta: per questo è fondamentale essere assistiti da professionisti competenti, che sappiano leggere la documentazione, valutare correttamente i danni e guidare il paziente con trasparenza, precisione e attenzione ai costi. Una gestione accurata delle fasi iniziali può evitare un processo lungo e massimizzare le possibilità di ottenere un risarcimento giusto.
Si può evitare il processo per malasanità con una transazione extragiudiziale?
Sì, è assolutamente possibile evitare il processo per malasanità attraverso una transazione extragiudiziale, cioè un accordo tra il paziente danneggiato e la struttura sanitaria (o la sua compagnia assicurativa) per la definizione anticipata del risarcimento. Questa soluzione viene spesso preferita quando le parti riconoscono la fondatezza del danno o quando desiderano evitare tempi lunghi, costi elevati e l’incertezza di una causa civile. Si tratta di un accordo privato, legalmente valido, con cui si chiude la controversia in modo consensuale e definitivo, rinunciando ad ulteriori azioni legali.
La transazione può essere proposta prima di iniziare una causa o in qualsiasi momento del procedimento, anche dopo un accertamento tecnico preventivo (ATP), se il contenuto della perizia tecnica evidenzia responsabilità da parte dell’ospedale. In alcuni casi, la compagnia assicurativa della struttura può addirittura contattare direttamente il paziente o il suo avvocato per proporre un risarcimento economico, soprattutto quando il danno è evidente, documentato e il rischio di soccombenza in giudizio è elevato.
Per avviare una trattativa, è necessario prima svolgere una valutazione medico-legale preliminare, che permetta di quantificare il danno subito, individuare le responsabilità e stimare il valore del risarcimento. Sulla base di questa perizia, l’avvocato del paziente invia una diffida scritta alla struttura sanitaria o alla compagnia assicurativa, allegando la documentazione clinica e una richiesta formale di risarcimento. Se la controparte è disponibile, si apre un dialogo per arrivare a una somma concordata.
La transazione si perfeziona con un accordo scritto, firmato da entrambe le parti, che definisce l’importo da corrispondere, i tempi di pagamento e la rinuncia definitiva da parte del paziente a qualsiasi ulteriore azione giudiziaria per lo stesso fatto. Questo tipo di accordo ha valore legale vincolante e produce effetti immediati: il paziente riceve il risarcimento, e la struttura è liberata da ogni ulteriore responsabilità.
La soluzione extragiudiziale presenta diversi vantaggi: è più rapida (può concludersi in poche settimane o mesi), evita il rischio di una sentenza negativa, riduce le spese legali e peritali, e garantisce un risarcimento certo, anche se talvolta leggermente inferiore a quello teoricamente ottenibile in giudizio. Tuttavia, è fondamentale valutare l’offerta con attenzione, per evitare di accettare importi non proporzionati al danno subito.
Per questo è sempre consigliabile farsi assistere da un medico legale e da un avvocato esperto, che possano stimare correttamente il valore della pretesa risarcitoria, negoziare condizioni e clausole a tutela del paziente, e verificare che l’accordo non contenga rinunce troppo ampie o penalizzanti.
In sintesi, si può evitare il processo per malasanità con una transazione extragiudiziale quando:
- C’è disponibilità al dialogo da parte dell’ospedale o della compagnia assicurativa
- È stata svolta una perizia medico-legale preliminare che supporta la richiesta di risarcimento
- Viene inviata una diffida formale con proposta economica motivata
- Le parti raggiungono un accordo su importo e modalità di pagamento
- Viene firmato un documento transattivo, con cui il paziente rinuncia alla causa in cambio del risarcimento
La transazione extragiudiziale è spesso la via più conveniente e veloce per ottenere un risarcimento, soprattutto quando il caso è ben documentato e le prove a favore del paziente sono solide. L’importante è non accettare accordi affrettati o al ribasso, ma basarsi su valutazioni tecniche affidabili e sulla consulenza di professionisti specializzati in responsabilità medica.
Cosa accelera i tempi del risarcimento in un processo per malasanità?
Nei procedimenti per malasanità, i tempi possono essere lunghi, ma ci sono diversi fattori e strategie che possono contribuire ad accelerare l’ottenimento del risarcimento, evitando ritardi inutili e migliorando l’efficacia dell’azione legale. Conoscere cosa incide realmente sulla durata della procedura aiuta il paziente a pianificare il percorso e a muoversi con tempestività e precisione fin dall’inizio.
Uno degli elementi più importanti è la qualità della documentazione clinica: se il paziente presenta fin da subito tutta la cartella clinica completa e leggibile, inclusi referti, esami, diario operatorio e consenso informato, si evitano perdite di tempo legate alla richiesta di integrazioni o chiarimenti. Più completa è la documentazione, più rapidamente il medico legale può analizzare il caso e redigere una relazione tecnica solida.
La tempestività nella consulenza medico-legale è un altro fattore determinante. Far valutare il caso subito dopo l’evento sanitario sospetto permette di evitare la perdita di prove, di rispettare i termini di prescrizione e di costruire una perizia accurata. Un parere tecnico fondato e ben argomentato consente all’avvocato di avviare la fase legale con maggiore efficacia, riducendo i tempi di verifica da parte del giudice o della controparte.
Anche la strategia legale preventiva incide sulla velocità della procedura. Un avvocato esperto in responsabilità sanitaria saprà individuare la strada più efficace per il singolo caso: per esempio, potrà decidere di avviare subito una trattativa stragiudiziale o una mediazione civile, evitando il processo, oppure potrà presentare in tempi rapidi una domanda di accertamento tecnico preventivo (ATP), che è una fase obbligatoria e decisiva in molti casi. Un’ATP ben impostata, con una perizia favorevole, può condurre rapidamente a un accordo risarcitorio senza attendere la sentenza.
La collaborazione della compagnia assicurativa dell’ospedale è un altro elemento che può accelerare i tempi. Quando la compagnia è disponibile al confronto e riceve una richiesta ben documentata e fondata, può decidere di chiudere la pratica in via bonaria, proponendo un indennizzo prima ancora che venga avviato un giudizio. Anche qui, la chiarezza della documentazione e la forza della perizia fanno la differenza.
Inoltre, è possibile guadagnare tempo con una buona organizzazione della difesa, evitando errori procedurali, documenti incompleti o mancanze formali che obbligherebbero il tribunale a rinvii o integrazioni. Un avvocato e un medico legale che lavorano in sinergia, comunicano costantemente e rispettano le scadenze processuali sono un elemento chiave per la velocità dell’intera procedura.
Infine, in alcuni casi, è possibile chiedere la trattazione prioritaria del procedimento, se il danno ha causato gravi conseguenze personali o economiche, o se vi sono situazioni urgenti (per esempio, necessità di cure costose o stato di invalidità). Il giudice può, su richiesta motivata, anticipare l’esame della causa.
In sintesi, i principali fattori che accelerano i tempi del risarcimento in un processo per malasanità sono:
- Documentazione clinica completa e disponibile sin dall’inizio
- Valutazione medico-legale tempestiva e dettagliata, con perizia ben argomentata
- Avvio rapido dell’azione legale, con strategia personalizzata e mirata
- Utilizzo dell’accertamento tecnico preventivo (ATP) ben costruito
- Disponibilità della controparte a trattare e chiudere la vertenza in via bonaria
- Organizzazione e comunicazione efficiente tra medico legale e avvocato
- Richiesta di priorità nel processo, nei casi di urgenza documentata
Agire con tempestività, scegliere professionisti esperti e fornire prove solide sono le vere leve per ottenere un risarcimento in tempi più brevi e con maggiori probabilità di successo. L’approccio corretto nelle fasi iniziali è spesso ciò che fa la differenza tra un iter veloce e uno lungo e complesso.
Quando il processo si allunga?
- Quando la documentazione sanitaria è lacunosa
- Se il danno è complesso e richiede più specializzazioni
- Quando le parti coinvolte sono più di una (ospedale + medici + ASL)
- Se la compagnia assicurativa contesta il nesso causale
- In caso di decesso del paziente con più eredi
È possibile fare causa per malasanità e ottenere giustizia anche dopo molti anni dal fatto?
Sì, è possibile fare causa per malasanità e ottenere giustizia anche dopo molti anni dal fatto, ma solo se non sono ancora decorsi i termini di prescrizione previsti dalla legge. La prescrizione rappresenta il limite di tempo entro cui è possibile esercitare un diritto, e nel caso della malasanità il decorso non inizia sempre dal giorno dell’evento medico, ma dal momento in cui il paziente ha avuto (o avrebbe potuto avere) piena consapevolezza del danno e della sua causa. Questo principio, riconosciuto dalla giurisprudenza italiana, consente in molti casi di agire anche a distanza di anni, soprattutto se il danno si è manifestato in modo progressivo o è stato riconosciuto solo successivamente grazie a nuovi accertamenti.
In linea generale, se la responsabilità è attribuita a una struttura sanitaria pubblica o privata, si applica la prescrizione decennale (10 anni) perché si tratta di responsabilità contrattuale: accettare un paziente per una prestazione sanitaria genera un contratto implicito tra le parti. Se invece si agisce contro un medico libero professionista, la responsabilità è extracontrattuale e il termine è di 5 anni. Tuttavia, la decorrenza non è automatica dalla data del trattamento: comincia solo quando il danneggiato scopre, o avrebbe potuto scoprire usando l’ordinaria diligenza, sia l’esistenza del danno sia il nesso con la condotta sanitaria.
Per esempio, se un paziente subisce un errore durante un intervento chirurgico ma scopre solo anni dopo, tramite una nuova risonanza magnetica o una perizia medico-legale, che il danno è stato causato da quella specifica operazione, la prescrizione inizia da quel momento. Ciò vale anche nei casi di diagnosi sbagliate, infezioni ospedaliere latenti, complicazioni post-operatorie non riconosciute, oppure quando si scopre solo più avanti che il consenso informato era assente o incompleto.
In presenza di minori o persone incapaci, i termini di prescrizione iniziano solo dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene meno la condizione di incapacità. Inoltre, se dopo il decesso del paziente i familiari intendono fare causa per danno proprio o come eredi, i termini di prescrizione cominciano per loro dal giorno della morte, o da quando hanno saputo del legame tra la condotta medica e il decesso.
In molti casi, anche dopo molti anni dal fatto, è possibile avviare il procedimento senza che la prescrizione sia scaduta. Tuttavia, per interrompere il decorso del termine è sufficiente inviare una diffida scritta alla struttura o al medico responsabile, oppure avviare una procedura di mediazione o accertamento tecnico preventivo (ATP). Questi atti interrompono la prescrizione e fanno ripartire il termine da capo, garantendo più tempo per valutare il caso e raccogliere prove.
È quindi fondamentale affidarsi a un avvocato esperto in responsabilità medica, che possa calcolare con precisione i termini, valutare se la causa è ancora proponibile e agire tempestivamente. Anche quando sembrano passati molti anni, è possibile che la prescrizione non sia ancora maturata, soprattutto se il danno si è rivelato solo in un secondo momento.
In sintesi, è possibile fare causa per malasanità dopo molti anni se:
- La prescrizione non è ancora maturata (10 anni per strutture sanitarie, 5 anni per medici liberi)
- Il danno è stato scoperto solo successivamente, anche molto tempo dopo il fatto
- Il nesso causale è stato accertato tardi, tramite nuove visite o esami
- La prescrizione è stata interrotta con una diffida, una citazione o una procedura legale
- Il paziente era minorenne o incapace, e i termini non erano ancora iniziati
Il tempo non è sempre un ostacolo: molti pazienti ottengono giustizia anche dopo anni, soprattutto quando il danno è emerso gradualmente. Per questo è fondamentale non escludere a priori la possibilità di agire, ma rivolgersi quanto prima a professionisti competenti, che possano verificare se esistono ancora i margini legali per ottenere il risarcimento.
Esempi reali di durata di casi chiusi positivamente
- Errore chirurgico con invalidità parziale: mediazione chiusa in 9 mesi, risarcimento € 110.000
- Morte per infezione ospedaliera evitabile: causa durata 3 anni, risarcimento agli eredi € 670.000
- Diagnosi tardiva oncologica: causa in due gradi, durata totale 5 anni, risarcimento € 290.000
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità nella gestione dei tempi del processo
Il tempo è una risorsa essenziale nella vita del paziente danneggiato. Ogni mese in più senza giustizia è un peso in più da sopportare. Per questo la gestione del tempo processuale è parte integrante della strategia legale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Analizzano da subito la fattibilità del risarcimento nei tempi più brevi possibili
- Scelgono la strada più rapida tra mediazione, perizia tecnica e processo
- Anticipano i tempi preparando ogni documento con rigore e precisione
- Intervengono in mediazione con fermezza per ottenere un accordo vantaggioso
- Gestiscono con competenza ogni fase del contenzioso, evitando rinvii, vizi procedurali, errori tecnici
Un buon avvocato non fa solo vincere una causa. Fa anche risparmiare tempo, risorse e stress.
In particolare:
- Consulenza medico-legale rapida e solida
- Mediazione e CTU con tempi ridotti
- Strategie processuali mirate per evitare dilazioni
- Difesa efficace anche nei gradi successivi
La giustizia non è lenta per tutti. Per chi è ben difeso, arriva. E arriva in tempo.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: