Introduzione: i termini di prescrizione nei casi di malasanità
Quando si subisce un errore medico in ospedale – una diagnosi sbagliata, un intervento mal eseguito, un’infezione contratta per negligenza, un decesso evitabile – la legge italiana riconosce il diritto al risarcimento.
Ma come ogni diritto, anche questo ha dei limiti temporali.
Non si può aspettare all’infinito. Esiste un termine preciso entro cui agire. Superato quel termine, anche se il danno è evidente, anche se l’errore è stato grave, non sarà più possibile ottenere giustizia.

Ecco perché una delle domande più importanti per chi ha subito malasanità è proprio questa:
“Quanto tempo ho per fare causa all’ospedale?”
In questo articolo rispondiamo in modo chiaro, tecnico e aggiornato:
- Quali sono i termini di prescrizione previsti dalla legge?
- Da quando decorre il conteggio?
- Qual è la differenza tra ospedale pubblico e medico privato?
- E se il danno emerge anni dopo?
- Cosa succede in caso di minori o morte del paziente?
- E come agiscono gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità per evitare ogni rischio di decadenza.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cosa significa “termine di prescrizione” in caso di malasanità in ospedale?
Il “termine di prescrizione” in caso di malasanità in ospedale indica il periodo di tempo entro il quale il paziente o i suoi familiari possono legalmente chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di un errore medico o sanitario. Trascorso questo termine senza aver avviato un’azione formale — come una causa civile o una procedura di accertamento tecnico — il diritto al risarcimento si estingue, anche se il danno è reale e documentabile. Conoscere e rispettare il termine di prescrizione è quindi fondamentale, perché una richiesta fatta anche un solo giorno dopo la scadenza non sarà più accolta, neanche se fondata.
Nei casi di malasanità che coinvolgono ospedali, cliniche e strutture sanitarie pubbliche o private, si applica in genere il termine di 10 anni, perché si parla di responsabilità contrattuale. Il motivo è che tra paziente e struttura esiste un contratto implicito nel momento in cui il paziente viene accettato per una prestazione sanitaria: ciò crea un’obbligazione giuridica che impone alla struttura di garantire cure appropriate, diligenti e conformi alle linee guida mediche. Se questo obbligo viene violato e ne deriva un danno, il paziente ha dieci anni di tempo per chiedere giustizia.
Questo termine non inizia automaticamente dal giorno in cui si verifica l’evento sanitario, ma dalla data in cui il paziente ha avuto (o avrebbe potuto avere, con normale attenzione) conoscenza del danno e della sua possibile origine medica. Per esempio, se un errore chirurgico viene scoperto solo mesi o anni dopo l’intervento, quando compaiono i primi sintomi o viene effettuata una nuova diagnosi, la prescrizione inizia da quel momento, non da quando è stato eseguito l’intervento.
In caso di decesso della vittima, i familiari possono agire sia per conto della persona deceduta (danno ereditato), sia per il proprio danno personale (danno morale o patrimoniale). In entrambi i casi, il termine di prescrizione decorre generalmente dal giorno della morte o dal momento in cui i parenti vengono a conoscenza del nesso tra l’errore medico e il decesso.
Se invece il danno è stato causato da un medico libero professionista, non legato direttamente a una struttura sanitaria, può applicarsi il termine di 5 anni, in quanto si tratta di responsabilità extracontrattuale. Anche qui, però, il termine parte dalla data in cui il paziente scopre — o avrebbe potuto scoprire — l’esistenza del danno e del collegamento con l’errore sanitario.
È importante sapere che il termine di prescrizione può essere interrotto. Un’interruzione fa ripartire da zero il conteggio del tempo, e può avvenire tramite:
- Una diffida formale e motivata inviata all’ospedale o all’assicurazione
- La presentazione di una richiesta di accertamento tecnico preventivo (ATP) al giudice
- L’avvio di una mediazione obbligatoria
- Il deposito di un atto di citazione per iniziare la causa civile
Questi atti formali interrompono la prescrizione e tutelano i diritti del paziente, anche se l’effettivo risarcimento arriverà solo in seguito.
In sintesi, il “termine di prescrizione” in caso di malasanità in ospedale significa:
- Il tempo massimo entro cui si può chiedere un risarcimento per danni causati da errori medici
- È di norma di 10 anni se si agisce contro una struttura sanitaria (responsabilità contrattuale)
- È di 5 anni se si agisce contro un medico libero professionista (responsabilità extracontrattuale)
- Decorrenza non fissa, ma legata alla scoperta del danno e del nesso con l’errore medico
- Può essere interrotto con atti formali che fanno ripartire il termine da capo
- Se scade senza azioni legali, il diritto al risarcimento si perde definitivamente
Per evitare errori o ritardi che possono compromettere il diritto al risarcimento, è sempre consigliabile consultare tempestivamente un medico legale e un avvocato esperto in responsabilità sanitaria, in grado di ricostruire la cronologia dei fatti, calcolare con precisione il termine di prescrizione e intervenire in tempo utile per tutelare il paziente o i suoi familiari.
Quali sono i termini di prescrizione nei casi di malasanità?
Dipende dal tipo di responsabilità giuridica:
🔹 Responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.)
Riguarda:
- Ospedali pubblici
- Ospedali convenzionati (ASL, strutture accreditate)
- Medici dipendenti del SSN
Termine di prescrizione: 10 anni
🔸 Responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.)
Riguarda:
- Medici liberi professionisti (che operano in regime privatistico)
- Strutture private non convenzionate
Termine di prescrizione: 5 anni
Da quando inizia il conteggio della prescrizione in caso di causa all’ospedale per malasanità?
Il conteggio della prescrizione in caso di causa contro un ospedale per malasanità non inizia automaticamente dal giorno in cui si è verificato l’errore medico o il trattamento sanitario, ma da un momento ben preciso stabilito dalla legge e dalla giurisprudenza: da quando il paziente (o i familiari, in caso di decesso) viene a conoscenza – o dovrebbe ragionevolmente venire a conoscenza – del danno subito e del nesso tra quel danno e la condotta della struttura sanitaria. Questo principio tutela il paziente, perché spesso i danni da malasanità non sono immediatamente evidenti o riconducibili con chiarezza a un errore medico, ma emergono nel tempo, anche dopo mesi o anni.
Per esempio, se un paziente subisce un intervento chirurgico apparentemente riuscito ma dopo due anni scopre, tramite nuovi esami, che è stato commesso un errore tecnico che ha causato danni interni, la prescrizione non inizia dal giorno dell’intervento, ma dal giorno in cui riceve la diagnosi che chiarisce la natura del problema e la sua origine medica. Allo stesso modo, se una malattia grave viene diagnosticata troppo tardi perché non sono stati fatti gli esami giusti, la prescrizione decorre dal momento in cui il paziente scopre che il ritardo ha compromesso la possibilità di cura, non dalla data delle visite iniziali.
Questo momento chiave viene definito in termini legali come la “conoscenza effettiva o conoscibilità del danno e del nesso causale”. È importante sapere che non basta conoscere genericamente di avere un problema di salute, ma bisogna avere elementi sufficienti per collegarlo a una condotta sbagliata da parte del medico o dell’ospedale. Solo allora il termine inizia a decorrere.
Per quanto riguarda la durata del termine:
– Se si fa causa all’ospedale o alla struttura sanitaria (pubblica o privata), la responsabilità è considerata contrattuale e la prescrizione è di 10 anni
– Se invece si fa causa a un medico libero professionista non legato da contratto, il termine può essere di 5 anni, in quanto si tratta di responsabilità extracontrattuale
In caso di decesso del paziente, i familiari possono agire sia come eredi che per un proprio danno personale (morale, patrimoniale, esistenziale). Anche in questo caso, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il legame tra la morte e l’errore medico è conoscibile, che può non coincidere con il giorno stesso del decesso. Ad esempio, se solo mesi dopo il funerale una perizia medico-legale rivela che l’ospedale ha sbagliato, la prescrizione inizia da quella scoperta.
Va ricordato che il termine di prescrizione può essere interrotto, cioè sospeso e fatto ripartire da zero, da atti formali come:
– Una diffida motivata inviata alla struttura sanitaria
– L’avvio di un accertamento tecnico preventivo (ATP)
– La richiesta di mediazione obbligatoria
– Il deposito dell’atto di citazione in tribunale
In sintesi, il conteggio della prescrizione in caso di causa all’ospedale per malasanità:
- Non parte automaticamente dal giorno del trattamento ma
- Dalla data in cui si scopre (o si poteva scoprire con normale diligenza) il danno e il legame con l’errore medico
- È di 10 anni per le cause contro l’ospedale (responsabilità contrattuale)
- Può essere interrotto da atti formali che fanno ripartire il conteggio
- In caso di morte, decorre dalla conoscenza del nesso tra decesso e malasanità
Per evitare di perdere il diritto al risarcimento per scadenza dei termini, è essenziale rivolgersi il prima possibile a un avvocato esperto in responsabilità medica e a un medico legale, che possano ricostruire esattamente la cronologia degli eventi, identificare la data di decorrenza della prescrizione e intervenire tempestivamente con gli atti necessari.
Cosa succede se il danno ospedaliero emerge anni dopo l’intervento?
Molti errori medici non si manifestano subito.
Se il danno ospedaliero emerge anni dopo l’intervento, non è automaticamente troppo tardi per fare causa: la legge italiana prevede che il termine per chiedere un risarcimento non decorra dalla data dell’intervento o della cura, ma dal momento in cui il paziente scopre — o avrebbe potuto scoprire con normale attenzione — l’esistenza del danno e il legame tra quel danno e la condotta della struttura sanitaria. Questo principio è ormai consolidato nella giurisprudenza e tutela i pazienti nei casi in cui le conseguenze negative di un errore medico si manifestano solo nel tempo, in maniera graduale o tardiva.
Molti casi di malasanità rientrano in questa situazione: un intervento chirurgico che sembrava riuscito ma che, a distanza di anni, provoca dolori, complicanze, disfunzioni; una diagnosi sbagliata che ha ritardato cure fondamentali; una terapia che ha causato danni interni non visibili subito; un’infezione ospedaliera che si riattiva dopo mesi o anni. In tutti questi casi, la legge riconosce che la persona danneggiata non può essere penalizzata per non aver saputo immediatamente di essere vittima di un errore medico.
Quindi, se il danno si manifesta o viene scoperto anni dopo, la prescrizione inizia a decorrere da quel momento di “consapevolezza”, e non dalla data originaria del trattamento. Questa consapevolezza può derivare da:
- Una nuova diagnosi che rivela l’errore
- Una perizia medico-legale che evidenzia la responsabilità dell’ospedale
- Un secondo intervento che individua il danno provocato dal primo
- L’aggravarsi di una condizione clinica, poi riconosciuta come effetto di un errore precedente
Da quel momento, il paziente ha 10 anni di tempo per fare causa contro l’ospedale (per responsabilità contrattuale), oppure 5 anni se si agisce contro un medico libero professionista (per responsabilità extracontrattuale).
È importante però che il danno venga scoperto in modo oggettivo e documentabile: non basta un sospetto generico o una sensazione. Per questo motivo, quando si sospetta che un problema di salute attuale possa dipendere da un errore medico passato, è fondamentale rivolgersi subito a un medico legale, che possa analizzare la documentazione, ricostruire la storia clinica e determinare con precisione quando il danno si è manifestato e quando è stato possibile collegarlo all’intervento o alla cura ricevuta in ospedale.
Inoltre, è bene sapere che una volta scoperto il danno, la prescrizione può essere interrotta da atti formali, come:
- Una diffida scritta e motivata inviata alla struttura sanitaria
- La presentazione di un’istanza di accertamento tecnico preventivo (ATP)
- L’avvio di una mediazione civile obbligatoria
- L’atto di citazione in giudizio
Questi atti fanno ripartire da zero il conteggio del termine di prescrizione, dando al paziente nuovo tempo per ottenere giustizia.
In sintesi, se il danno ospedaliero emerge anni dopo l’intervento:
- La prescrizione non parte dalla data dell’intervento, ma dal momento in cui il danno viene scoperto o è oggettivamente riconoscibile
- Il paziente ha 10 anni di tempo per agire contro l’ospedale (responsabilità contrattuale) o 5 anni contro un medico libero professionista
- Serve una documentazione chiara che provi la data della scoperta e il legame con l’errore medico
- È fondamentale una perizia medico-legale per dimostrare il nesso causale
- Si può interrompere la prescrizione con atti formali come diffida, ATP o causa civile
Per tutelare al meglio i propri diritti, è essenziale non perdere tempo e farsi assistere da un medico legale e un avvocato specializzati, così da verificare subito se ci sono le basi per agire e da fermare la prescrizione prima che sia troppo tardi.
E se il paziente è deceduto? Quanto tempo hanno i familiari per agire?
I familiari (coniuge, figli, genitori, fratelli) possono agire per il risarcimento dei danni parentali e patrimoniali.
📅 Termini di prescrizione:
- 10 anni se si agisce contro ospedali pubblici o convenzionati
- 5 anni contro medico privato
La decorrenza parte da:
- Il giorno della morte, oppure
- Il momento in cui si scopre che la morte è legata a un errore medico
E se il paziente era un minore?
Per i minori, la prescrizione decorre dal compimento del 18º anno di età.
🔹 Quindi un bambino operato a 5 anni può agire fino ai 28 anni contro un ospedale pubblico.
⚖️ I genitori, però, possono agire prima in sua vece per ottenere un risarcimento tempestivo.
Come si interrompe la prescrizione?
Basta una diffida legale formale inviata da un avvocato all’ospedale o al medico per interrompere il termine.
⏳ Da quel momento, il conteggio riparte da zero.
📌 È lo strumento principale per guadagnare tempo, proteggere il diritto e avviare la mediazione.
Cosa succede se si agisce troppo tardi in caso di malasanità ospedaliera?
Se si agisce troppo tardi in caso di malasanità ospedaliera, cioè dopo che è scaduto il termine di prescrizione previsto dalla legge, si perde definitivamente il diritto al risarcimento, anche se l’errore medico è reale, documentabile e ha causato gravi danni alla salute o la morte del paziente. In pratica, il tribunale rigetterà la domanda senza nemmeno entrare nel merito del caso, perché la legge considera estinto il diritto una volta decorso il tempo previsto per farlo valere.
La prescrizione è un limite di tempo entro il quale una persona deve esercitare il proprio diritto in sede legale. Nei casi di malasanità ospedaliera, la prescrizione è di 10 anni se si agisce contro una struttura sanitaria (ospedale, clinica pubblica o privata), perché il rapporto tra paziente e struttura è considerato contrattuale. Se invece si agisce contro un medico libero professionista non legato da contratto diretto, si applica il termine di 5 anni per responsabilità extracontrattuale.
Ma il punto più importante è che questi termini non decorrono dalla data dell’intervento o della visita, bensì da quando il paziente o i suoi familiari scoprono (o avrebbero potuto scoprire con normale diligenza) che vi è stato un danno e che quel danno dipende da un errore medico. Questo momento è detto “dies a quo” ed è decisivo per stabilire se un’azione è ancora possibile.
Se però il paziente aspetta troppo a lungo dopo questa scoperta, e lascia passare il termine di prescrizione senza compiere atti formali validi (come una diffida o un atto di citazione), il diritto si prescrive: non sarà più possibile ottenere giustizia in tribunale né fuori dal tribunale. Anche una trattativa in corso o una semplice richiesta verbale non bastano a tenere vivo il diritto. Senza un atto interruttivo, la possibilità di ottenere un risarcimento svanisce per sempre.
Agire troppo tardi comporta anche altri effetti negativi:
- Perdita di tutte le spese sostenute (perizie, consulenze, documenti, visite specialistiche), perché non saranno rimborsate
- Impossibilità di provare il danno in sede giudiziaria, anche se esistono prove chiare, perché il giudice non potrà neppure esaminarle
- Frustrazione personale e familiare, soprattutto in caso di danni gravi o perdita di una persona cara
- Chiusura definitiva della possibilità di responsabilizzare la struttura sanitaria o il medico, anche in caso di condotta chiaramente sbagliata
Per evitare questi rischi, è essenziale agire tempestivamente, anche solo per fare una valutazione preliminare. Il primo passo è consultare un medico legale, che possa esaminare la cartella clinica e ricostruire la storia sanitaria, e un avvocato specializzato in responsabilità medica, che possa determinare con esattezza il momento da cui decorre la prescrizione e consigliare l’azione più opportuna.
È possibile anche interrompere la prescrizione e guadagnare tempo, ma solo con atti formali come:
- Una diffida motivata e scritta, inviata alla struttura o all’assicurazione
- La presentazione di un accertamento tecnico preventivo (ATP) al tribunale
- L’avvio della mediazione obbligatoria
- Il deposito di una citazione in giudizio
Questi atti fanno ripartire da capo il termine di prescrizione, proteggendo il diritto e lasciando aperta la possibilità di ottenere un risarcimento anche a distanza di anni dalla scoperta del danno.
In sintesi, se si agisce troppo tardi in caso di malasanità ospedaliera:
- Il diritto al risarcimento si prescrive e non può più essere fatto valere
- Il giudice dichiara inammissibile la causa, anche se il danno è evidente
- Si perdono tempo, energie e risorse già investite
- Si chiude definitivamente ogni possibilità di ottenere giustizia
- È fondamentale agire entro 10 anni dalla scoperta del danno (o 5 anni in caso di medico privato)
- È possibile interrompere i termini, ma solo con atti legali validi
Per questo motivo è cruciale non aspettare troppo: appena si ha il sospetto che qualcosa non sia andato come doveva, è bene rivolgersi a professionisti competenti per valutare subito i tempi, le prove disponibili e la strategia più efficace per far valere i propri diritti prima che sia troppo tardi.
Le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità per agire in tempo
Un giorno in più può essere fatale. Un mese di ritardo può significare perdita totale del diritto.
La prescrizione non perdona l’inerzia, nemmeno nei casi più gravi.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Analizzano immediatamente il caso e la data di decorrenza della prescrizione
- Redigono la diffida formale per interrompere i termini entro le scadenze
- Ricostruiscono l’intera storia clinica per documentare la scoperta del danno
- Attivano mediazione o azioni giudiziarie nei tempi previsti
- Gestiscono la causa con attenzione ai termini processuali, evitando ogni decadenza
Agire in tempo è parte della difesa. E chi conosce bene la legge, sa anche come fermare l’orologio della prescrizione.
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