Introduzione: quando la chirurgia mini-invasiva diventa un maxi-problema
La laparoscopia, conosciuta anche come chirurgia mini-invasiva, è oggi considerata uno degli approcci chirurgici più sicuri ed efficaci. Permette di operare senza aprire l’addome, con piccole incisioni e tempi di recupero molto più rapidi rispetto alla chirurgia tradizionale. Tuttavia, la laparoscopia non è esente da rischi, soprattutto se eseguita con negligenza, senza esperienza adeguata o senza rispettare le linee guida.
Una laparoscopia mal condotta può portare a complicanze gravi, anche irreversibili. Si va da lesioni a organi interni (intestino, ureteri, vescica, milza, fegato), a emorragie interne, fino a infezioni, peritoniti, fistole, occlusioni intestinali e decessi. Non mancano i casi di corpi estranei lasciati all’interno dell’addome, errori di identificazione anatomica, insufflazione eccessiva, perforazioni non riconosciute o gestite troppo tardi.

Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), nel triennio 2021–2024 si sono verificati in Italia oltre 2.800 eventi avversi gravi riconducibili a laparoscopie eseguite in modo scorretto. In almeno il 60% di questi casi l’errore era evitabile, e oltre 1.200 pazienti hanno subito danni permanenti o sono deceduti.
La legge italiana prevede il diritto al risarcimento del danno ogni volta che il paziente subisce un pregiudizio per colpa medica, e le laparoscopie mal condotte rientrano tra le più frequenti cause di contenzioso per malpractice chirurgica.
In questo articolo vedremo quando una laparoscopia è considerata errata, quali sono le complicanze più gravi, quali responsabilità legali si attivano, cosa dice la normativa aggiornata al 2025, come si dimostra il danno e quali risarcimenti si possono ottenere con l’aiuto di avvocati davvero competenti in malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Cos’è la laparoscopia e quando si utilizza?
La laparoscopia è una tecnica chirurgica che consente di accedere all’addome o al bacino tramite piccole incisioni (0,5–1,5 cm), attraverso cui si introducono:
- Una videocamera (laparoscopio)
- Strumenti chirurgici sottili
- Gas (generalmente CO₂) per distendere l’addome e migliorare la visibilità
Viene utilizzata in numerosi interventi:
- Colecistectomia (rimozione della cistifellea)
- Appendicectomia
- Isterectomia e miomectomia
- Asportazione di cisti ovariche
- Resezioni intestinali
- Endometriosi
- Interventi diagnostici
Quali sono le cause più frequenti degli errori e delle complicanze gravi dopo una laparoscopia mal condotta?
La laparoscopia è una delle tecniche chirurgiche più diffuse e apprezzate nella medicina moderna, perché consente di accedere alla cavità addominale in modo minimamente invasivo, con piccole incisioni e l’utilizzo di una telecamera. Viene impiegata per numerose procedure, sia diagnostiche sia terapeutiche, come l’asportazione della colecisti, l’appendicectomia, la resezione intestinale, gli interventi ginecologici o urologici. Quando eseguita correttamente, comporta numerosi vantaggi: minori perdite di sangue, cicatrici più piccole, recupero più rapido e riduzione delle aderenze post-operatorie. Tuttavia, una laparoscopia mal condotta può trasformarsi in una procedura pericolosa, con complicanze anche molto gravi e, in alcuni casi, fatali. Comprendere quali sono le cause più frequenti di errori in laparoscopia e le complicazioni che ne derivano è fondamentale per riconoscere i limiti della tecnica e migliorare la sicurezza dei pazienti.
Uno degli errori più comuni si verifica già nelle fasi iniziali dell’intervento, cioè durante l’accesso alla cavità addominale. L’introduzione dell’ago di Veress o del trocar può causare lesioni iatrogene agli organi interni o ai vasi sanguigni, soprattutto se la parete addominale è sottile, se ci sono aderenze da interventi precedenti o se il paziente è obeso. In questi casi, un gesto troppo energico o mal orientato può perforare l’intestino, lo stomaco, la vescica o, nei casi peggiori, l’aorta o la vena cava. Questo tipo di lesione è tra le più gravi, perché spesso non viene riconosciuta subito e si manifesta con emorragie interne massicce o peritonite a distanza di ore o giorni.
Un altro errore grave riguarda la gestione impropria della pressione di insufflazione del gas, che viene utilizzato per creare lo pneumoperitoneo e garantire visibilità. Se la pressione è eccessiva, può compromettere la perfusione degli organi addominali, causare edema, alterazioni respiratorie e cardiovascolari. Nei pazienti fragili o con patologie preesistenti, questo squilibrio può scatenare una risposta sistemica anche molto seria. Se la pressione è troppo bassa, invece, si riduce lo spazio di manovra e aumenta il rischio di lesioni da contatto con gli strumenti.
Una delle cause più frequenti di complicanze gravi è la scarsa esperienza dell’operatore o dell’équipe, che può portare a errori tecnici nella dissezione, nella coagulazione o nella sutura. In laparoscopia, la visione è bidimensionale e il feedback tattile è assente. Questo rende più difficile riconoscere i piani anatomici, valutare la consistenza dei tessuti o percepire la resistenza delle strutture. Se l’intervento è complesso, se si verifica un sanguinamento improvviso o se si perde l’orientamento, l’operatore inesperto può reagire con manovre brusche, lesive o maldestre. Questo può causare perforazioni intestinali, lesioni ureterali, emorragie, bruciature da energia elettrica o ischemie da trazione eccessiva.
Un altro problema rilevante è l’utilizzo scorretto o eccessivo di strumenti a energia, come bisturi elettrici o pinze bipolari. In laparoscopia, la cauterizzazione è fondamentale per fermare il sanguinamento, ma se viene applicata in modo impreciso, può danneggiare anche i tessuti vicini. Il calore può diffondersi oltre l’area visibile e bruciare vasi, nervi o visceri. Le conseguenze possono non essere immediate: in molti casi, si sviluppano necrosi, perforazioni o fistole dopo 48-72 ore, quando il paziente è già stato dimesso o trasferito in reparto. Se il chirurgo non sospetta questo tipo di danno e non interviene per tempo, l’infezione può diffondersi rapidamente, provocando peritonite, sepsi e, nei casi più gravi, decesso.
Una laparoscopia mal condotta può anche essere la causa di errori di identificazione delle strutture anatomiche, soprattutto in interventi complessi o in pazienti con anomalie congenite o aderenze. Un caso classico è quello dell’intervento di colecistectomia, in cui il dotto biliare comune viene confuso con il dotto cistico e reciso erroneamente. Questo errore comporta la fuoriuscita di bile, la formazione di raccolte intra-addominali, la necessità di ricanalizzazione chirurgica o di posizionamento di protesi biliari, con danni permanenti per il paziente. Anche in chirurgia ginecologica sono documentate numerose lesioni accidentali all’uretere, spesso non riconosciute in tempo e diagnosticate solo dopo lo sviluppo di fistole urinarie o idronefrosi.
Molte complicanze gravi derivano anche dall’incapacità di convertire in tempo l’intervento da laparoscopico a chirurgia tradizionale open. Alcuni chirurghi, nel tentativo di “completare comunque” la procedura per via mininvasiva, nonostante la visibilità scarsa, la presenza di emorragie o la difficoltà nella dissezione, insistono e proseguono per via laparoscopica. Questo atteggiamento, che può derivare da motivi tecnici, di tempo, di orgoglio professionale o di pressione organizzativa, espone il paziente a rischi enormi. In molti casi, sarebbe più sicuro fermarsi e passare all’intervento a cielo aperto, dove la visibilità è migliore e la gestione delle complicanze più agevole.
Dal punto di vista clinico, le complicanze gravi di una laparoscopia mal condotta possono manifestarsi in modo immediato o ritardato. Tra le complicanze immediate ci sono emorragie interne, danni vascolari, insufficienza respiratoria da pneumoperitoneo, aritmie da stimolazione vagale, rottura di visceri. Tra le complicanze tardive ci sono peritoniti, ascessi, fistole enteriche o urinarie, occlusioni da aderenze, infezioni profonde, sepsi. Alcuni pazienti sviluppano anche danni neurologici da compressione dei nervi periferici legati alla posizione operatoria (neuropatie del femorale, dello sciatico, del plesso brachiale).
Dal punto di vista medico-legale, una laparoscopia mal eseguita è frequentemente oggetto di contenzioso per responsabilità sanitaria. I pazienti, o i loro familiari, denunciano l’errore tecnico, la mancata informazione, il ritardo nel riconoscimento delle complicanze o la gestione inadeguata del follow-up. I giudici valutano se l’intervento fosse eseguibile in laparoscopia, se il chirurgo aveva l’esperienza sufficiente, se sono stati rispettati i protocolli di sicurezza, se la conversione a laparotomia è stata omessa quando necessaria. Nei casi più gravi, in cui la complicanza ha causato invalidità permanente o decesso, il risarcimento può essere molto elevato. Soprattutto quando è documentato che la lesione era prevedibile, evitabile e mal gestita.
Le statistiche internazionali indicano che le complicanze gravi dopo laparoscopia si verificano in circa l’1-5% dei casi, ma la loro incidenza aumenta nei pazienti anziani, obesi, affetti da patologie pregresse o operati in emergenza. In particolare, la mortalità legata a errori tecnici laparoscopici può arrivare allo 0,3% nei centri con minore esperienza. Nei casi non letali, le conseguenze sono comunque significative: lunghi ricoveri, reinterventi, stomie, dolore cronico, limitazioni funzionali e danni psicologici.
In definitiva, gli errori e le complicanze gravi di una laparoscopia mal condotta derivano da imperizia tecnica, inesperienza, errori di valutazione anatomica, scarsa gestione delle complicanze intraoperatorie, uso scorretto dell’energia chirurgica, sottovalutazione dei segnali di allarme e mancata conversione tempestiva. Nessuna tecnica mininvasiva è priva di rischi: anzi, proprio perché più “discreta”, può nascondere complicanze più gravi se non condotta con la massima attenzione. La laparoscopia non è una scorciatoia, ma una tecnica avanzata che richiede preparazione, prudenza, umiltà.
Affidarsi a centri chirurgici con elevata esperienza, dove le complicanze vengono riconosciute e affrontate subito, è oggi l’unico modo per beneficiare realmente dei vantaggi della laparoscopia. Perché la chirurgia moderna deve essere sì meno invasiva, ma mai meno sicura. E dietro ogni piccolo foro, resta una grande responsabilità.
Quando si configura la responsabilità medica per complicanze gravi dopo una laparoscopia mal condotta?
La responsabilità medica per complicanze gravi dopo una laparoscopia mal condotta si configura ogni volta che, nel corso di un intervento chirurgico in laparoscopia, vengono commessi errori tecnici, scelte inappropriate o omissioni che portano a lesioni evitabili, danni agli organi interni, infezioni, emorragie o altri eventi avversi tali da compromettere in modo grave la salute del paziente. La laparoscopia, celebrata per la sua mini-invasività, rapidità di recupero e ridotto impatto estetico, non è una tecnica priva di rischi. Al contrario, proprio la sua apparente semplicità richiede una preparazione specifica, una formazione avanzata e una meticolosa attenzione ai dettagli. Quando il chirurgo approccia la cavità addominale con strumenti rigidi e ottiche, senza una perfetta padronanza della tecnica, anche un piccolo errore può avere conseguenze drammatiche.
L’accesso laparoscopico comporta la creazione di un pneumoperitoneo, l’introduzione di trocar, il posizionamento della telecamera e l’utilizzo di strumenti endoscopici per compiere l’intervento. In questo spazio ristretto, la visibilità dipende dalla qualità delle immagini e dalla capacità del chirurgo di orientarsi tridimensionalmente. L’intestino, i vasi, la vescica, gli ureteri, il fegato, la milza e gli altri organi addominali sono a pochi millimetri di distanza l’uno dall’altro. Una pressione eccessiva, un movimento non controllato, un’elettrocoagulazione mal gestita o una dissezione condotta alla cieca possono determinare lesioni gravissime, spesso non immediatamente riconosciute.
La laparoscopia non ammette improvvisazione. Non è sufficiente conoscere la chirurgia tradizionale per operare in endoscopia. La percezione della profondità è alterata, il feedback tattile è quasi assente, l’angolazione degli strumenti richiede coordinazione e precisione assolute. Chi non ha esperienza, chi non ha seguito una formazione specifica o chi agisce in condizioni di emergenza senza valutare la reale fattibilità dell’approccio mini-invasivo, espone il paziente a un rischio non giustificabile. E quando quel rischio si trasforma in complicanza, la responsabilità non può essere nascosta dietro la definizione di “evenienza imprevedibile”.
Tra le complicanze più frequenti vi sono le perforazioni intestinali, le emorragie da lesione vascolare, i danni agli ureteri, le bruciature da elettrobisturi, le infezioni profonde, la formazione di ascessi, le aderenze, la conversione forzata in chirurgia laparotomica per incidenti intraoperatori. Alcune di queste possono essere gestite se riconosciute in tempo. Altre vengono scoperte solo dopo la dimissione, quando il paziente torna in ospedale con dolore addominale, febbre, distensione, nausea, ipotensione. In questi casi, l’esito è spesso un reintervento, una degenza in terapia intensiva, un’infezione sistemica, o l’asportazione di una parte d’organo lesionata.
Il danno per il paziente è evidente: fisico, per la lesione riportata; biologico, per l’invalidità che ne deriva; psicologico, per la consapevolezza che il proprio corpo è stato danneggiato da un errore; morale, per la fiducia tradita; patrimoniale, per le spese sanitarie e la perdita di giorni di lavoro. A ciò si aggiunge, in molti casi, il trauma di dover subire un nuovo intervento per rimediare a ciò che sarebbe stato evitabile. L’impatto sulla qualità della vita è significativo: ci sono pazienti che convivono per anni con dolori cronici, alterazioni della digestione, cicatrici interne, disturbi sessuali, infertilità o disabilità permanenti.
Il nodo cruciale resta sempre lo stesso: si poteva evitare? È stata fatta una corretta valutazione pre-operatoria? Il chirurgo aveva esperienza sufficiente? Sono stati rispettati i protocolli di sicurezza? È stata utilizzata la strumentazione adeguata? L’intervento era davvero indicato in laparoscopia, oppure sarebbe stato più sicuro procedere con chirurgia aperta? E soprattutto: l’équipe medica ha riconosciuto tempestivamente la complicanza o ha lasciato che il tempo aggravasse la situazione? Le risposte a queste domande definiscono la linea tra complicanza e colpa.
Dal punto di vista giuridico, le complicanze da laparoscopia mal condotta sono tra i casi più frequenti di contenzioso in ambito chirurgico. Il motivo è semplice: l’alta aspettativa dei pazienti verso una tecnica mini-invasiva si scontra violentemente con l’inaspettata gravità delle lesioni. La medicina moderna ha reso la laparoscopia una tecnica standard, ma ciò comporta anche un obbligo di qualità. L’errore tecnico, l’imperizia, la fretta, la sottovalutazione del rischio, l’assenza di indicazioni precise trasformano una metodica raffinata in un’arma pericolosa. E la responsabilità che ne deriva è pesante.
Il giudice, con il supporto del consulente tecnico, valuta ogni fase dell’intervento: la scelta dell’indicazione, la gestione intraoperatoria, le immagini disponibili, i tempi di intervento, la cartella clinica, le annotazioni del personale, la reazione dell’équipe davanti ai primi segnali di complicanza. Se emerge che il danno è stato causato da una manovra mal eseguita, da un errore identificativo, da una negligenza durante il posizionamento dei trocar, da una coagulazione mal diretta, da una mancata conversione tempestiva o da un ritardo diagnostico, la responsabilità è pienamente configurabile.
Il risarcimento comprende tutte le voci previste dalla legge: danno biologico, danno morale, danno esistenziale, danno estetico, spese mediche e chirurgiche, perdita di reddito, costi per la riabilitazione, perdita della fertilità o della funzione d’organo. Nei casi più gravi, quando il paziente ha subito un danno permanente o un peggioramento significativo della qualità della vita, i risarcimenti superano facilmente i centomila euro. In caso di morte, i familiari hanno diritto al risarcimento del danno parentale.
Il termine per agire è di cinque anni dalla scoperta del danno, oppure dieci se si configura una responsabilità contrattuale nei confronti di una struttura sanitaria. È fondamentale agire in tempi rapidi: acquisire la cartella clinica completa, documentare l’evento, ottenere una consulenza medico-legale indipendente, affidarsi a un avvocato specializzato. La difesa dei diritti passa per la ricostruzione attenta della sequenza operatoria e post-operatoria. Ogni omissione, ogni errore, ogni sottovalutazione diventa un tassello che può condurre all’accertamento della colpa.
Per il chirurgo, la laparoscopia deve restare ciò che promette: una tecnica sicura, efficace, rispettosa dell’integrità del paziente. Non può essere affidata all’improvvisazione, al risparmio di tempo, al desiderio di prestigio. Ogni scelta deve essere ponderata, ogni gesto misurato, ogni complicanza prevista e affrontata con prontezza. Il paziente che entra in sala per un intervento mini-invasivo non deve uscirne con una lesione maggiore di quella per cui era entrato. E ogni volta che accade il contrario, la responsabilità non è nella tecnica, ma nella mano che l’ha mal gestita.
In conclusione, la responsabilità medica per complicanze gravi dopo laparoscopia mal condotta si configura ogni volta che l’errore, l’imperizia o la negligenza compromettono un atto chirurgico che avrebbe dovuto garantire sicurezza, precisione e rispetto del corpo del paziente. La laparoscopia è un’opportunità straordinaria, ma solo per chi è all’altezza di usarla. E quando viene usata male, non resta che la strada della giustizia per ricostruire ciò che il bisturi, fuori controllo, ha spezzato.
Quali sono i segni che indicano una laparoscopia mal gestita?
- Dolore acuto persistente oltre le 24 ore
- Addome teso e disteso
- Febbre alta
- Tachicardia
- Vomito, ileo paralitico, diarrea con sangue
- Segni neurologici (difficoltà a camminare, parestesie)
- Anemia improvvisa (indicativa di emorragia interna)
Quando si configura la responsabilità medica?
La responsabilità esiste quando:
- L’intervento è stato eseguito senza la necessaria competenza tecnica
- Il chirurgo ha trascurato segnali intraoperatori di danno
- Non è stata monitorata correttamente la fase post-operatoria
- È stato utilizzato strumentario inadeguato o difettoso
- Non è stato chiesto il supporto di un chirurgo più esperto in casi complessi
- Il danno poteva essere evitato con la dovuta diligenza
Cosa prevede la legge italiana aggiornata al 2025?
La normativa di riferimento è:
- Art. 1218 Codice Civile – responsabilità contrattuale del medico e della struttura
- Art. 2043 Codice Civile – responsabilità extracontrattuale
- Legge n. 24/2017 (Legge Gelli-Bianco) – obbligo per medici e strutture sanitarie di seguire linee guida, formazione, trasparenza e assicurazione
La responsabilità è presunta: spetta al medico o alla struttura provare di non aver commesso errori.
Il consenso informato protegge il medico?
No. Il consenso informato:
- Non copre gli errori tecnici
- Non è valido se non personalizzato o generico
- Non giustifica una gestione negligente o una complicanza non prevista nei protocolli
- È inefficace in caso di violazione delle linee guida
Quali danni si possono ottenere in risarcimento?
- Danno biologico (menomazioni, invalidità, esiti permanenti)
- Danno estetico (cicatrici, deformità addominali)
- Danno patrimoniale (spese mediche, fisioterapia, perdita lavoro)
- Danno morale (dolore fisico e sofferenza psichica)
- Danno da morte (in caso di decesso, risarcibile ai familiari)
- Danno esistenziale (cambiamento radicale della vita quotidiana)
Esempi di casi realmente risarciti
- Milano, 2023 – peritonite con shock settico da lesione del colon → €243.000
- Torino, 2024 – danno ureterale non riconosciuto in isterectomia → €118.000
- Napoli, 2023 – intestino perforato e stomia definitiva → €162.000
- Firenze, 2024 – embolia gassosa letale durante colecistectomia → €290.000 ai familiari
Come si dimostra il danno e la colpa medica?
- Acquisizione integrale della cartella clinica
- Referti TAC, ecografie, esami ematochimici
- Verbali operatori e relazioni post-operatorie
- Lettere di dimissione e reinterventi
- Perizia medico-legale chirurgica e anestesiologica
- Documentazione di invalidità, terapie, danni psichici
Entro quanto tempo si può agire legalmente?
- 10 anni per responsabilità contrattuale
- 5 anni per responsabilità extracontrattuale
- In caso di morte, i familiari hanno diritto al risarcimento entro 10 anni
Cosa fare subito se si sospetta una laparoscopia mal eseguita?
- Richiedi subito la cartella clinica completa e autenticata
- Rivolgiti a uno specialista indipendente
- Conserva tutti i referti, lettere di dimissione, fotografie
- Fatti assistere da un medico legale
- Contatta un avvocato esperto in responsabilità sanitaria
Perché affidarsi agli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità?
Perché una laparoscopia sbagliata non è un rischio accettabile: è un errore che lascia cicatrici vere. Non solo sul corpo, ma anche nella fiducia, nei progetti, nella vita di chi ha subito un intervento che doveva migliorare la salute, non distruggerla.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:
- Lavorano con chirurghi esperti e medici legali specializzati in laparoscopia
- Raccolgono prove inconfutabili dell’errore
- Ottenendo risarcimenti completi, anche extragiudiziali
- Ti seguono in ogni fase, dalla consulenza gratuita iniziale fino all’eventuale giudizio
Se un errore chirurgico ti ha cambiato la vita, non aspettare. La giustizia non restituisce il tempo, ma può restituire la dignità.
Contatta oggi gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità. Perché il bisturi deve tagliare l’errore, non il futuro.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: