Come fare causa per malasanità?

Introduzione: quando il diritto interviene dopo un errore medico

Un intervento andato storto. Una diagnosi sbagliata. Un’infezione contratta in ospedale. Un figlio nato con lesioni da parto. Una morte improvvisa che poteva essere evitata.
Sono eventi che lasciano segni profondi, a volte irreversibili. Quando la medicina fallisce per colpa, negligenza o imperizia, entra in gioco il diritto.

Fare causa per malasanità non è un atto impulsivo: è un percorso legale fondato, documentato, regolato da norme precise. Non basta dire “c’è stato un errore”. Serve dimostrarlo, quantificarne le conseguenze e agire nei tempi e nei modi previsti dalla legge.

In questo articolo rispondiamo alle domande essenziali:

  • Chi può fare causa per malasanità?
  • Quali errori medici danno diritto al risarcimento?
  • Quali sono i passaggi per iniziare una causa?
  • Cosa serve per provare la responsabilità sanitaria?
  • Quanto tempo si ha per agire?
  • Quali sono i costi e i rischi?
  • E come agiscono gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità per tutelare pienamente ogni paziente danneggiato.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Chi può fare causa per malasanità?

Chi può fare causa per malasanità? In linea generale, può agire legalmente per ottenere un risarcimento chi ha subito un danno alla salute a causa di un errore medico, ma anche, in determinati casi, i familiari della vittima, sia in caso di decesso sia in presenza di gravi conseguenze permanenti. La legge riconosce il diritto ad agire sia a chi ha subito il danno direttamente (cosiddetto danneggiato diretto) sia a chi ha subito un danno indiretto, morale o patrimoniale, in conseguenza dell’evento sanitario dannoso.

Il danneggiato diretto, cioè la persona che ha subito l’errore medico, può fare causa contro:

  • La struttura sanitaria pubblica o privata (ospedali, cliniche, ASL), responsabile contrattualmente della corretta esecuzione della prestazione medica
  • Il medico o sanitario (chirurgo, anestesista, infermiere, tecnico) se opera come libero professionista o in autonomia rispetto alla struttura
  • In alcuni casi, anche la compagnia assicurativa della struttura o del professionista, quando il paziente ha già ottenuto una perizia o una decisione favorevole

Il paziente può agire anche se il danno si manifesta a distanza di tempo dall’evento sanitario, purché non siano ancora decorsi i termini di prescrizione (di norma 10 anni contro l’ospedale, 5 anni contro il medico libero professionista, a partire dalla scoperta del danno).

In caso di decesso del paziente a causa di malasanità, possono fare causa:

  • Gli eredi legittimi o testamentari, per richiedere il danno trasmissibile (jure hereditatis), cioè quello che la vittima avrebbe potuto reclamare in vita: sofferenze, invalidità, spese
  • I familiari e conviventi che hanno subito un danno personale (jure proprio), come la perdita del rapporto affettivo, lo sconvolgimento della vita familiare, il danno morale ed esistenziale. Si tratta in genere di:
    – Coniuge o partner unito civilmente
    – Figli, anche maggiorenni e non conviventi
    – Genitori
    – Fratelli o sorelle, specialmente se conviventi
    – Conviventi more uxorio, se il rapporto era stabile e documentabile
    – In casi eccezionali, anche altri familiari o affini che dimostrino un legame affettivo solido

Anche quando il paziente è ancora in vita, ma ha subito un’invalidità grave, i familiari possono fare causa in proprio per ottenere il risarcimento dei danni morali, esistenziali e patrimoniali indiretti: ad esempio, se hanno dovuto lasciare il lavoro per assisterlo, o se il danno ha compromesso l’equilibrio familiare, affettivo o economico.

Nel caso di minori o persone incapaci, l’azione legale viene esercitata da:

  • I genitori esercenti la responsabilità genitoriale (in caso di minori)
  • Il tutore legale o l’amministratore di sostegno (in caso di interdizione, inabilitazione o altre misure di protezione giuridica)

Inoltre, per agire è necessario essere legittimati: ciò significa che è importante dimostrare con documenti ufficiali (certificati di nascita, matrimonio, convivenza, testamenti, atti di successione) il proprio ruolo rispetto alla vittima. In assenza di questi requisiti, la domanda può essere dichiarata inammissibile.

In sintesi, può fare causa per malasanità:

  • Il paziente danneggiato direttamente dall’errore medico
  • Gli eredi della vittima deceduta, per i danni trasmissibili
  • I familiari e conviventi, per danni morali, esistenziali e patrimoniali indiretti
  • I genitori o tutori, se la vittima è un minore o una persona incapace
  • Chiunque dimostri di aver subito un danno effettivo, legato alla condotta medica colposa

In tutti i casi, è indispensabile una consulenza medico-legale preliminare per verificare se esistono i presupposti della responsabilità sanitaria e un avvocato esperto per valutare la legittimazione ad agire e impostare correttamente la richiesta risarcitoria. Solo con una strategia solida e documentata sarà possibile ottenere giustizia e un risarcimento proporzionato.

Quali errori medici danno diritto a una causa per malasanità?

Non tutti gli eventi negativi accaduti in ambito sanitario sono automaticamente casi di malasanità, ma quando si verifica un errore medico causato da negligenza, imperizia o imprudenza, che provoca un danno alla salute del paziente, allora è possibile agire legalmente e chiedere un risarcimento. La giurisprudenza italiana riconosce come “malasanità” ogni condotta sanitaria che viola le regole dell’arte medica o i protocolli di buona pratica clinica, e che, proprio per questo, causa un danno fisico, psichico o patrimoniale al paziente.

Gli errori medici che più frequentemente danno diritto a una causa per malasanità rientrano in diverse categorie, tutte riconosciute come fonte di responsabilità civile (e in alcuni casi anche penale) se accompagnate da un nesso di causalità diretto con il danno subito.

Gli errori più comuni che danno diritto a una causa per malasanità sono:

  • Errori diagnostici: si tratta di diagnosi errate, tardive o mancate. Rientrano in questa categoria casi in cui un tumore non viene individuato in tempo, una frattura viene scambiata per una contusione, oppure un’infezione grave viene sottovalutata. Il ritardo diagnostico può compromettere la possibilità di cura e aggravare il quadro clinico.
  • Errori terapeutici: includono la somministrazione di farmaci sbagliati, dosaggi errati, trattamenti inutili o dannosi, oppure la mancata prescrizione di cure necessarie. Se un paziente riceve una terapia inadeguata o inefficace e ciò aggrava la sua condizione, può esserci responsabilità sanitaria.
  • Errori chirurgici: comprendono interventi eseguiti male, lesioni ad organi vicini, omissione di manovre chirurgiche necessarie, mancata rimozione di garze o strumenti nel corpo, interventi sul paziente sbagliato o sull’organo sbagliato. Questi errori, spesso gravi, possono causare invalidità permanenti o anche la morte.
  • Infezioni ospedaliere evitabili: se un paziente contrae un’infezione durante il ricovero e si dimostra che l’ospedale non ha rispettato i protocolli di igiene, disinfezione e prevenzione (per esempio, mancata sterilizzazione degli strumenti, uso di ambienti contaminati), può esserci responsabilità della struttura sanitaria.
  • Errori legati all’anestesia: includono reazioni avverse non prevenute, dosaggi sbagliati, monitoraggio insufficiente del paziente durante l’intervento o durante il risveglio. Le conseguenze possono essere neurologiche o vitali.
  • Mancata sorveglianza o abbandono del paziente: riguarda i casi in cui il personale sanitario non controlla adeguatamente il paziente ricoverato, causando cadute, peggioramenti non rilevati, o aggravamenti evitabili. Anche il mancato intervento tempestivo in situazioni critiche può configurare malasanità.
  • Violazione del consenso informato: il paziente ha diritto a ricevere spiegazioni chiare e complete su diagnosi, terapie, rischi e alternative. Se un trattamento è eseguito senza consenso valido o in assenza di adeguata informazione, anche se tecnicamente corretto, può generare una responsabilità e un diritto al risarcimento.
  • Errori nei percorsi ostetrici o neonatali: in caso di danni al neonato o alla madre durante il parto (asfissia, ritardi nel cesareo, uso scorretto di ventose o forcipi), si può configurare malasanità. Questi casi sono particolarmente delicati perché spesso comportano danni permanenti.
  • Errori nella gestione delle emergenze: omissioni nei Pronto Soccorso, dimissioni premature, triage errato o ritardo nell’intervento urgente sono tutte situazioni che possono portare a una causa, soprattutto se il paziente ne esce danneggiato in modo serio.
  • Carenze organizzative e strutturali: non solo il comportamento dei singoli medici, ma anche l’assenza di protocolli, la carenza di personale, strumenti obsoleti, errori amministrativi e disservizi gravi nella gestione ospedaliera possono causare responsabilità dell’ospedale.

Per poter agire legalmente e chiedere un risarcimento, non è sufficiente che l’errore sia avvenuto: è necessario dimostrare che l’errore ha effettivamente causato un danno e che, in condizioni normali, il danno sarebbe stato evitabile. Questo accertamento avviene tramite una perizia medico-legale, che è la base di ogni azione di responsabilità sanitaria. Il danno può essere fisico (lesione, menomazione, invalidità), psicologico (depressione, disturbo post-traumatico), economico (spese mediche, perdita di reddito), oppure morale ed esistenziale.

In sintesi, si può fare causa per malasanità quando si verificano:

  • Errori di diagnosi
  • Errori nella terapia o nei farmaci
  • Errori chirurgici
  • Complicanze da infezioni ospedaliere evitabili
  • Errori anestesiologici
  • Mancata sorveglianza o abbandono del paziente
  • Trattamenti senza consenso informato valido
  • Errori nel parto o nella cura del neonato
  • Mancata gestione delle urgenze o dei sintomi gravi
  • Disorganizzazione o negligenza sistemica della struttura

Ogni situazione deve essere valutata caso per caso, con l’aiuto di un medico legale e un avvocato specializzato in responsabilità sanitaria, che sapranno ricostruire i fatti, raccogliere le prove e calcolare il danno. Solo con una consulenza tecnica solida si può capire se davvero esistono le basi per una causa e per ottenere un risarcimento giusto.

Qual è il primo passo per fare causa?

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Serve per:

  • Ricostruire l’intero iter clinico
  • Analizzare dati, referti, prescrizioni
  • Verificare incongruenze o omissioni

Cosa dimostra se c’è stato un errore medico di malasanità?

Capire se c’è stato davvero un errore medico riconducibile a malasanità richiede un’analisi approfondita e rigorosa, che si basa su elementi clinici, tecnici e giuridici. Non basta che un trattamento sanitario non abbia prodotto i risultati sperati o che la situazione del paziente sia peggiorata: per poter parlare di malasanità e ottenere un risarcimento, è necessario dimostrare che l’operato del medico o della struttura sanitaria è stato difforme rispetto alle regole della buona pratica clinica e che questa condotta ha causato in modo diretto il danno subito dal paziente.

Il primo elemento che serve a dimostrare un errore medico è la violazione delle linee guida o delle regole dell’arte medica. I medici devono attenersi a protocolli diagnostici, terapeutici e chirurgici aggiornati, e agire con diligenza, perizia e prudenza. Se un professionista omette un esame diagnostico importante, prescrive una terapia inadeguata, opera senza indicazione, o sottovaluta sintomi gravi, sta uscendo dai parametri professionali accettabili. Questo scostamento può essere considerato errore medico, se accertato tecnicamente.

Il secondo elemento necessario è il nesso causale, cioè la dimostrazione che proprio quell’errore, e non altri fattori, ha provocato il danno al paziente. Per esempio, se un tumore non viene diagnosticato in tempo perché non si sono effettuati gli esami opportuni, e questo ritardo compromette le possibilità di cura, si configura un errore con effetto dannoso diretto. Se invece il danno era inevitabile, anche con una condotta corretta, il medico non può essere ritenuto responsabile.

Il terzo aspetto che dimostra l’errore medico è la presenza di un danno concreto, che può essere fisico (lesioni, infezioni, invalidità), psichico (ansia, disturbo post-traumatico), morale (sofferenza interiore) o patrimoniale (spese mediche, perdita di reddito). Senza un danno misurabile, anche in presenza di una condotta sbagliata, non c’è titolo per un risarcimento.

Per accertare questi tre elementi — errore, nesso causale, danno — è fondamentale una consulenza medico-legale, cioè un’analisi tecnica svolta da un medico specializzato in medicina legale. Questo professionista analizza tutta la documentazione sanitaria (cartella clinica, referti, diagnosi, esami, prescrizioni, terapie) e, in base alle conoscenze scientifiche e alle linee guida, valuta se la condotta del personale sanitario sia stata appropriata o no. Se individua una violazione e un danno collegato, redige una perizia che costituisce la base per avviare una richiesta risarcitoria.

Inoltre, in sede giudiziaria, il giudice può disporre un accertamento tecnico preventivo (ATP), cioè una perizia neutrale da parte di un medico nominato dal tribunale. Il contenuto di questo documento ha un grande peso nella decisione finale del giudice e può anche facilitare una transazione extragiudiziale.

Anche la cartella clinica è uno strumento decisivo: se è incompleta, contraddittoria o alterata, può essere essa stessa indice di responsabilità della struttura sanitaria. La giurisprudenza prevede infatti che, in caso di dubbio, la mancanza o la scarsa qualità della documentazione medica possa portare a una presunzione di responsabilità.

Infine, è importante distinguere tra complicanza e errore: non ogni evento negativo è frutto di malasanità. Alcune complicanze possono insorgere anche in presenza di un trattamento corretto. Ma se la complicanza era prevedibile e non è stata gestita o evitata con le dovute cautele, allora può trasformarsi in errore medico risarcibile.

In sintesi, per dimostrare che c’è stato un errore medico di malasanità servono:

  • Una condotta sanitaria non conforme a linee guida, protocolli o regole di diligenza
  • Il nesso causale diretto tra quella condotta e il danno subito dal paziente
  • Un danno concreto e documentabile: fisico, psichico, morale o economico
  • Una perizia medico-legale che ricostruisca il fatto e le sue conseguenze
  • Una cartella clinica completa, o la prova della sua incompletezza, che può rafforzare la responsabilità
  • Un accertamento tecnico preventivo, se si vuole procedere in via giudiziale

Solo combinando questi elementi è possibile provare che si è verificato un vero caso di malasanità e fondare legalmente una richiesta di risarcimento. Per questo è sempre consigliabile affidarsi a un team di esperti — medico legale e avvocato specializzato — che sappia gestire correttamente ogni fase della valutazione e dell’azione legale.

Come si svolge una causa per malasanità?

1. Analisi preliminare (1–3 mesi)

  • Raccolta documenti sanitari
  • Redazione perizia medico-legale
  • Valutazione giuridica del caso

2. Mediazione civile (2–6 mesi)

Obbligatoria per legge.
Si tenta un accordo con:

  • L’ospedale
  • Il medico
  • L’assicurazione sanitaria

Se la mediazione fallisce, si passa alla fase giudiziale.

3. Causa civile in tribunale (2–5 anni)

  • Atto di citazione
  • Udienze
  • Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU)
  • Sentenza

📌 Il giudice può accogliere la domanda e condannare i responsabili al risarcimento integrale.

È possibile evitare il processo?

Sì. In molti casi, si ottiene il risarcimento con una trattativa stragiudiziale o una mediazione.
Succede quando:

  • La perizia è forte
  • Le prove sono chiare
  • L’assicurazione preferisce evitare la causa

✅ Il risarcimento si ottiene anche in pochi mesi.

Quanto tempo ho per fare causa per malasanità?

Il tempo a disposizione per fare causa per malasanità è regolato dalla prescrizione, cioè il termine oltre il quale non è più possibile far valere legalmente il proprio diritto al risarcimento. In Italia, i termini di prescrizione nei casi di responsabilità medica variano in base al tipo di rapporto tra paziente e struttura o medico, e alla natura del danno subito. È quindi fondamentale conoscere con precisione quando inizia il conteggio e quali regole si applicano, perché anche un solo giorno di ritardo può precludere definitivamente ogni possibilità di ottenere giustizia.

In linea generale, se si agisce contro una struttura sanitaria pubblica o privata, che ha con il paziente un rapporto di tipo contrattuale, il termine di prescrizione è di 10 anni a partire dal momento in cui il paziente viene a conoscenza del danno e del legame tra il danno stesso e la condotta medica (cioè dal momento in cui può sospettare o sapere di essere vittima di malasanità). Questo termine vale anche se il rapporto è implicito, come nel caso di ricovero in ospedale, accettazione al pronto soccorso o prestazioni ambulatoriali.

Se invece si agisce contro un medico libero professionista, ad esempio un chirurgo operante privatamente senza intermediazione della struttura sanitaria, e non vi è un contratto diretto, si applica la responsabilità extracontrattuale, che si prescrive in 5 anni dal momento della conoscenza del danno.

Nei casi di danno grave, invalidante o permanente, che si manifesta nel tempo o viene scoperto solo dopo mesi o anni (come una diagnosi errata che ha impedito cure tempestive, o una complicanza chirurgica inizialmente non evidente), il termine di prescrizione non parte dalla data del trattamento sanitario, ma dal momento in cui il paziente scopre (o dovrebbe scoprire con ragionevole diligenza) l’esistenza del danno e la sua possibile origine sanitaria. Questo principio è stato confermato anche dalla Cassazione, che tutela la posizione del paziente in casi complessi.

In caso di morte del paziente, i familiari eredi o congiunti hanno anch’essi diritto a chiedere un risarcimento, e i termini decorrono:

  • Per il danno jure hereditatis (cioè quello trasmesso dal defunto), dal momento del decesso
  • Per il danno jure proprio (cioè la sofferenza personale per la perdita), anch’esso dalla data della morte o da quando si ha consapevolezza dell’errore medico che ha causato la perdita

Nel caso di minori o incapaci, il termine di prescrizione non decorre fino alla maggiore età o al termine dell’incapacità legale, salvo che siano rappresentati legalmente da genitori o tutori, i quali possono agire in nome e per conto del danneggiato.

Attenzione: l’invio di una semplice lettera di reclamo o richiesta all’ospedale non interrompe automaticamente la prescrizione. Per interrompere validamente i termini è necessario inviare una diffida formale e motivata, meglio se tramite PEC o raccomandata, o depositare un atto giudiziario (come una citazione o una richiesta di accertamento tecnico preventivo).

In sintesi, i tempi per fare causa per malasanità sono:

  • 10 anni contro strutture sanitarie (responsabilità contrattuale)
  • 5 anni contro medici liberi professionisti (responsabilità extracontrattuale)
  • Il termine decorre dal momento in cui si scopre il danno e il suo legame con l’errore medico
  • In caso di morte, decorre dalla data del decesso o dalla scoperta del nesso con l’errore
  • Per minori o incapaci, la prescrizione decorre dalla maggiore età o dalla cessazione dell’incapacità, salvo azioni legali dei genitori/tutori

Vista la complessità delle regole e l’importanza dei termini, è fondamentale agire tempestivamente, conservare tutta la documentazione sanitaria, e rivolgersi quanto prima a un medico legale e un avvocato specializzati in responsabilità medica, per valutare i presupposti del caso e interrompere formalmente la prescrizione entro i tempi previsti.

Quali prove servono per una causa vincente?

  • Cartella clinica
  • Referti e immagini (RX, TAC, RMN)
  • Prescrizioni, certificati
  • Perizia medico-legale
  • Testimonianze (familiari, operatori)
  • Documenti fiscali e lavorativi (per danni patrimoniali)
  • Certificati di invalidità, verbali INPS, CTP di parte

Quanto costa fare causa per malasanità?

Le principali voci di costo:

  • Perizia medico-legale: € 1.000 – € 5.000
  • Spese legali: variabili (anche a esito positivo)
  • Contributo unificato: € 259 – € 518
  • CTU (anticipo): € 1.500 – € 4.000

📌 Molti avvocati offrono la possibilità di procedere senza anticipi, con patto di quota lite o compenso a risarcimento ottenuto.

Quali sono i rischi se perdo una causa per malasanità?

Perdere una causa per malasanità comporta una serie di rischi concreti, sia economici che procedurali, che è importante conoscere prima di intraprendere un’azione legale. Anche se si agisce in buona fede e si è convinti di aver subito un errore medico, non sempre il giudice riconosce il diritto al risarcimento: ciò può dipendere da prove insufficienti, da una perizia tecnica sfavorevole, dalla mancata dimostrazione del nesso causale tra condotta e danno, oppure da una valutazione giuridica diversa rispetto a quella prospettata dal paziente e dai suoi consulenti.

Il primo rischio in caso di soccombenza è quello di dover pagare le spese legali della controparte, cioè le parcelle degli avvocati e dei periti della struttura sanitaria o del medico citato in giudizio. Questo è previsto dal principio “chi perde paga”, applicato nella maggior parte dei procedimenti civili. Le spese possono variare da poche migliaia a decine di migliaia di euro, a seconda della durata del processo, della complessità della vicenda e del numero di soggetti coinvolti.

Il secondo rischio è rappresentato dai costi sostenuti dal paziente per avviare la causa, che in caso di esito negativo non vengono rimborsati: spese per perizie medico-legali, consulenze preliminari, contributi unificati per l’avvio del giudizio, eventuali spese di mediazione obbligatoria. Anche se non si pagano tutte in anticipo, queste spese gravano comunque sul paziente, e non sono recuperabili se il giudice respinge la domanda.

Un ulteriore rischio è quello di un danno morale e psicologico, legato alla delusione, alla frustrazione e allo stress che possono derivare da una lunga causa giudiziaria finita senza esito. Per chi ha subito una sofferenza personale, o ha perso un familiare, l’esito negativo può rappresentare una ferita ulteriore, soprattutto se ci si sentiva dalla parte della ragione.

Ci sono poi conseguenze pratiche e strategiche: una causa persa può rendere più difficile ottenere un risarcimento in futuro sullo stesso fatto, anche in sede extragiudiziale, poiché la decisione del giudice crea un precedente sfavorevole. Inoltre, in alcuni casi può essere difficile riaprire il contenzioso, anche se emergono nuove prove, a causa del principio della cosa giudicata.

Tuttavia, perdere la causa non comporta condanne penali né sanzioni personali per chi agisce, a meno che la causa sia palesemente infondata o temeraria. In quel caso, il giudice potrebbe condannare il paziente al pagamento di una somma ulteriore a titolo di lite temeraria, ma si tratta di un’ipotesi rara e circoscritta.

Per minimizzare i rischi, è fondamentale:

  • Valutare preventivamente la solidità del caso con una perizia medico-legale dettagliata
  • Farsi assistere da un avvocato esperto in responsabilità sanitaria, in grado di costruire una strategia credibile e ben documentata
  • Verificare le possibilità di soluzione stragiudiziale prima di iniziare una causa
  • Valutare l’utilizzo di polizze di tutela legale, che coprono in tutto o in parte le spese processuali
  • Sottoscrivere un accordo con l’avvocato basato sul risultato, per contenere i costi in caso di esito sfavorevole

In sintesi, i principali rischi se si perde una causa per malasanità sono:

  • Obbligo di pagare le spese legali della controparte
  • Perdita delle spese sostenute per perizie e consulenze
  • Frustrazione psicologica per il mancato riconoscimento del torto subito
  • Difficoltà future a riaprire il contenzioso sullo stesso fatto
  • In casi rari, rischio di condanna per lite temeraria

Per questi motivi è essenziale non agire d’impulso, ma solo dopo aver verificato attentamente i presupposti del caso, attraverso una consulenza medico-legale solida e una valutazione legale accurata. Una causa ben impostata, basata su prove concrete e sostenuta da esperti, riduce notevolmente i rischi e aumenta le possibilità di ottenere giustizia e risarcimento.

Quanto può ottenere un paziente danneggiato?

Dipende da:

  • Invalidità subita
  • Età
  • Impatto sulla vita quotidiana
  • Danno morale
  • Danno patrimoniale (lavoro, spese mediche)
  • Spese future e assistenza

📌 I risarcimenti vanno da € 5.000 per danni lievi a oltre € 1.000.000 per gravi invalidità o decessi.

Come agiscono gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità in una causa?

Affrontare una causa per malasanità richiede competenza specifica. Non basta conoscere il diritto: serve una strategia medico-legale integrata, fondata su documenti, perizie, prassi cliniche e giurisprudenza.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità:

  • Valutano la documentazione clinica
  • Individuano subito se ci sono i presupposti per una causa
  • Collaborano con periti e medici legali specializzati
  • Redigono diffide, ricorsi, memorie e citazioni con rigore tecnico
  • Gestiscono trattative con le assicurazioni o procedono in giudizio
  • Difendono il paziente in ogni grado, fino in Cassazione

Ogni caso è trattato come unico. Ogni danno è documentato. Ogni diritto è difeso.

In particolare:

  • Calcolo preciso dei danni risarcibili
  • Rappresentanza in mediazione e processo
  • Tutela del paziente e dei familiari
  • Massimo risarcimento con tempi chiari e costi trasparenti

Fare causa è un diritto. Farlo con chi sa come si vince è un dovere verso se stessi.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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